Uomini e donne: sono davvero emotivamente diversi?
L’apparente differenza di sensibilità fra i due sessi dipende da un’educazione e da una cultura che, per generazioni, hanno assegnato precisi ruoli e atteggiamenti agli uni e agli altri
È diventata ormai un cliché la convinzione (tutta femminile) che le donne siano più sensibili, empatiche ed emotive e che gli uomini, al contrario, siano affettivamente ed emotivamente più primordiali. Ma che cosa ne pensa un’esperta? La psicologa clinica e psicoterapeuta Nicoletta Travaini affronta anche questo argomento nel volume “Tutto, tanto, sempre. Sensibilità e altri superpoteri” (Rizzoli) e ci aiuta a fare chiarezza, tra riscontri scientifici e verifiche “sul campo”.
È proprio vero che la donna è per sua natura predestinata a essere compagna, madre, accogliente, protettiva e a pensare più agli altri che a se stessa, a scapito anche della propria felicità?
Un mosaico di elementi maschili e femminili
Sono indubbiamente numerosi gli studi che mostrano differenze fra maschi e femmine dal punto di vista della morfologia e del funzionamento di alcune parti del cervello, evidenziando come queste possano influire sui processi emotivi, cioè sul modo di percepire e di reagire alle emozioni. Ci sono però anche ricerche recenti che negano una netta differenza fra i due sessi, enfatizzando invece come in entrambi il cervello sia un mosaico di elementi sia maschili che femminili e questo, secondo l’esperta, spiega lo scambio di ruoli e di comportamenti che in passato erano considerati “solo da uomo” o “solo da donna” e che oggi diventano sempre più spesso “unisex”.
Un numero crescente di donne affronta sfide che erano appannaggio esclusivo dei maschi e gli uomini, dal canto loro, scoprono e mostrano di più il loro lato sensibile e delicato. È un fenomeno diffuso, ma spesso fonte di difficoltà o di infelicità per chi lo vive, perché la società fa ancora fatica ad accettare queste situazioni come naturali e normali: una donna tosta, in carriera o determinata a farsi valere viene considerata “una con le palle” (anche il linguaggio fotografa la cultura radicata, secondo cui quello forte può essere solo il maschio), mentre un uomo che prova emozioni gentili è spesso visto ancora come una “femminuccia”.
Ipersensibilità senza distinzione di genere
In realtà le statistiche provano che tanto fra gli uomini quanto fra le donne, e in pari proporzioni, esistono persone ipersensibili: la differenza negli atteggiamenti quotidiani deriva dall’educazione, dall’ambiente in cui si vive, dalla cultura e dall’esempio famigliare. È solo questo il motivo per cui gli uomini tendono ancora oggi (anche se sempre meno) a reprimere le loro emozioni e, quando sono dotati di un’elevata sensibilità, la nascondono: non perché siano davvero anaffettivi, insensibili, aridi e glaciali, ma perché da generazioni indossano una maschera imposta loro dalle aspettative di ruolo e diventata parte imprescindibile della loro mascolinità.
Per fortuna, conclude la dottoressa Travaini, sono sempre più numerosi gli uomini che scoprono la loro parte tenera, emotiva e delicata, senza temere i giudizi altrui: sono loro i primi a godere di questa ritrovata completezza, ma ne trae vantaggio indiscusso anche l’equilibrio fra i generi.
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