Rabbia e malumore: spesso è colpa della fame
La fame spesso si riflette sui nostri atteggiamenti rendendoci meno obiettive e causando non pochi incidenti diplomatici. Per questo chi è a dieta deve fare ancora più attenzione
Arrabbiarsi a stomaco vuoto è più facile, come ha scoperto chiunque sia mai stato a dieta o abbia saltato la pausa pranzo una volta di troppo. Se appena la pancia inizia a brontolare diventiamo intrattabili non è solo colpa del famigerato calo di zuccheri, che secondo alcune ricerche potrebbe interferire con la nostra capacità di giudizio. Un ruolo ancora più determinante è esercitato dal contesto in cui affiorano le emozioni suscitate dalla fame, che possono essere scambiate per una reazione ai piccoli fastidi di tutti i giorn. Gli studi che esplorano il legame tra fame e aggressività hanno dimostrato che bassi livelli di glucosio nel sangue possono avere ricadute negative sull’umore.
Se la fame incattivisce
C’è chi ha testato la resistenza delle coppie sposate, mettendo a disposizione dei partecipanti un kit di bambole voodoo e relativi spilloni con cui misurare gli scatti d’ira, e chi invece ha analizzato le sentenze dei giudici in tribunale scoprendo che prima di pranzo le pene sono più aspre. La spiegazione più semplice è che agli affamati manchi il carburante necessario per tenere a freno le emozioni, che ribollono sotto la superficie rendendoli più impulsivi, irritabili e vendicativi rispetto a chi è sazio.
Il peso delle emozioni
Questa ipotesi è stata recentemente messa in discussione dalle neuroscienziate Jennifer MacCormack e Kristen Lindquist della University of North Carolina at Chapel Hill, convinte che dietro alla rabbia da fame ci sia più che altro un errore di valutazione. Perché la fame si trasformi in rabbia o in tristezza non basta avere la pancia vuota, spiegano MacCormack e Lindquist. Non si tratta di una reazione automatica e uguale per tutti, ma del risultato di un processo di costruzione delle emozioni che ha una componente soggettiva e che dipende in parte dai segnali ricevuti dall’ambiente. Siccome la nostra mente tende a lavorare per associazione, i morsi della fame non fanno che rafforzare le sensazioni negative. Se quando siamo affamati veniamo a contatto con uno stimolo spiacevole è probabile che tenderemo a giudicare male anche segnali più ambigui, magari vedendo una provocazione dove non c’è o esacerbando i piccoli attriti. Questo perché ormai la nostra attenzione si è spostata verso l’esterno, alla ricerca di un colpevole a cui attribuire il malessere che stiamo provando. Se invece il languorino arriva in una situazione più rilassata, magari mentre siamo distese sulla spiaggia senza un pensiero al mondo, oppure dopo aver ricevuto un complimento, è più difficile che il vuoto allo stomaco venga scambiato per una forte reazione emotiva di cui qualcuno o qualcosa è responsabile.
L’importante è sapersi ascoltare
Non è sempre così semplice capire che dietro alla nostra negatività c’è solo la voglia di un panino. Chi tende a cercare una causa esterna a cui attribuire le sensazioni sgradevoli connesse alla fame inizierà effettivamente a sentirsi più scontroso e più stressato, ad essere più suscettibile alle critiche e meno incline a fidarsi degli altri. È qui che la fame inizia a riflettersi sui nostri atteggiamenti, a renderci meno obiettivi e a causare incidenti diplomatici.
Un circolo vizioso che si auto-alimenta, ma che può essere interrotto facendo un passo indietro e cercando di dare un nome alle nostre emozioni prima di guardarci intorno alla ricerca di un capro espiatorio.
Una maggiore consapevolezza delle nostre sensazioni è il primo passo per imparare a prenderci cura di noi stessi, senza trascurare i segnali che arrivano dal nostro corpo. A guadagnarci non sarà solo la salute, ma anche il rendimento sul lavoro e la qualità delle nostre relazioni interpersonali.
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