Fiabe che curano anche gli adulti
Lette o raccontate le favole spingono a riflettere e a fare un percorso di introspezione che porta al cambiamento
Le fiabe sono molto di più che storie della buonanotte per i bambini: per gli adulti possono costituire una forma di terapia, recuperando antiche forme di saggezza e stimolando la creatività.
Che si tratti di leggerle o di raccontarle, le storie racchiudono tanti insegnamenti utili per affrontare i problemi quotidiani.
Le storie come medicine
A rendere le fiabe molto popolari come forma di self help è stata Clarissa Pinkola Estés, psicanalista junghiana con radici messicane e ungheresi. I suoi libri si rivolgono soprattutto alla crescita interiore delle donne, utilizzando miti e storie come vere e proprie medicine per l’anima. Perché gli archetipi contenuti nelle fiabe e nei miti possano avere un effetto sulla psiche, però, non basta una lettura superficiale o disimpegnata. Come scrive nel celebre Donne che corrono coi lupi, tradotto ormai in 40 paesi, le storie vanno assimilate mentre si affrontano i compiti quotidiani, prendendo spunto dalle tradizioni popolari in cui il racconto era molto spesso un accompagnamento al lavoro manuale anziché una distrazione. Non bisogna dimenticare che nella loro versione originale tutte queste storie di streghe, principesse e bambini sperduti erano ricche di insegnamenti pratici: sul sesso, sull’amore, sul matrimonio, sul denaro, sul parto, sulla morte e sulla trasformazione.
Cosa si può imparare
Secondo l’autrice, queste letture possono ancora essere un valido aiuto per uscire dalle impasse e ritrovare la propria autenticità, purché ogni racconto sia accompagnato da una serie di riflessioni che invitano all’introspezione e al cambiamento.
Chi si sente eternamente fuori posto, ad esempio, può imparare a gestire i sentimenti di inadeguatezza e solitudine rileggendo Il brutto anatroccolo di Hans Christian Andersen, che nella versione della Estés insegna a rivalutare in positivo la prospettiva dell’outsider senza negare la sofferenza che si prova ad essere esiliati per la propria diversità. Allo stesso modo, le prove che la vecchia Baba Yaga sottopone a Vassilissa, giovane protagonista di un antico racconto russo, costituiscono un percorso di iniziazione adatto a chi fa fatica a lasciare il nido caldo e sicuro dell’infanzia per abbracciare le sfide della vita adulta. Il primo passo? Uccidere (metaforicamente!) la “buona madre” iperprotettiva che ci portiamo dentro e che ci frena: a volte una matrigna perfida che ci spedisce nel bosco, senza tante cerimonie, è proprio quello che ci serve.
La tecnica della fiabazione
Le storie non vanno solo ascoltate, ma anche raccontate: la tecnica della fiabazione è consigliata da esperte come Paola Santagostino e Maria Varano (autrici di due volumi quasi omonimi, Guarire con una fiaba, edito da Feltrinelli, e Guarire con le fiabe. Come trasformare la propria vita in un racconto, edito da Meltemi), come allenamento per sviluppare e rafforzare la propria sensibilità. La creatività che esprimevamo liberamente da bambini può essere recuperata e impiegata per conoscere meglio sia il mondo che ci circonda che le profondità della nostra psiche, anche come una forma di arteterapia da praticare senza l’aiuto di un terapeuta. Immaginarsi protagonisti di una fiaba serve a tessere una trama che dia coerenza a tutti gli eventi che fanno parte della nostra vita, compresi i momenti più bui. Imparare a raccontarsi, insomma, rende più felici: guarisce le ferite e soprattutto insegna a trovare soluzioni, lasciando la libertà di sperimentare con la fantasia diverse versioni di sé senza correre rischi.
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