LAMIVUDINA MY 28CPR RIV 100MG
55,31 €
Prezzo indicativo
Data ultimo aggiornamento: 11/02/2016
Lamivudina è indicata per il trattamento dell’epatite B cronica nei pazienti adulti con: • malattia epatica compensata con evidenza di attiva replicazione virale, livelli sierici di alanina aminotransferasi (ALT) persistentemente elevati ed evidenza istologica di infiammazione attiva del fegato e/o fibrosi. L’inizio del trattamento con lamivudina deve essere considerato solo quando non sia disponibile o appropriato l’impiego di un agente antivirale alternativo con una barriera genetica più elevata (vedere paragrafo 5.1). • malattia epatica scompensata in associazione con un secondo agente senza resistenza crociata alla lamivudina (vedere paragrafo 4.2).
Ogni compressa rivestita con film contiene 100 mg di lamivudina.Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Controindicazioni
- Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.
Posologia
- La terapia con lamivudina deve essere iniziata da un medico esperto nel trattamento dell’epatite B cronica.
Posologia Adulti La dose raccomandata di lamivudina è di 100 mg una volta al giorno.
Nei pazienti con malattia epatica scompensata, lamivudina deve essere sempre usata in associazione con un secondo agente senza resistenza crociata verso lamivudina, al fine di ridurre il rischio di resistenza ed ottenere una rapida soppressione virale.
Durata del trattamento La durata ottimale del trattamento non è nota.
• nei pazienti con epatite B cronica (CHB) HBeAg positiva senza cirrosi, il trattamento deve essere somministrato per almeno 6-12 mesi dopo che la sieroconversione HBeAg (scomparsa di HBeAg e HBV DNA con rilevazione di HBeAb) è stata confermata, per limitare il rischio di recidiva virologica o fino alla sieroconversione HBsAg o se si verifica perdita di efficacia (vedere paragrafo 4.4).
I livelli sierici di ALT e HBV DNA devono essere monitorati regolarmente dopo la sospensione del trattamento per rilevare ogni recidiva virologica tardiva.
• nei pazienti con CHB HBeAg negativa (mutanti pre-core) senza cirrosi, il trattamento deve essere somministrato almeno fino alla sieroconversione HBs o se vi è evidenza di perdita di efficacia.
Con il trattamento prolungato deve essere effettuata una regolare valutazione al fine di confermare che la continuazione della terapia scelta rimanga appropriata per il paziente.
• nei pazienti con malattia epatica scompensata o cirrosi, e in quelli sottoposti a trapianto di fegato, deve essere evitata la cessazione del trattamento (vedere paragrafo 5.1).
In caso di interruzione di lamivudina, i pazienti devono essere periodicamente controllati allo scopo di evidenziare una epatite recidivante (vedere paragrafo 4.4).
Resistenza clinica Nei pazienti con CHB, sia HBeAg positiva che HBeAg negativa, lo sviluppo del mutante YMDD (tirosina-metionina-aspartato-aspartato) dell’HBV, può portare ad una diminuita risposta terapeutica alla lamivudina, evidenziata da un aumento di HBV DNA e di ALT rispetto ai precedenti livelli in corso di trattamento.
Per ridurre il rischio di resistenza nei pazienti trattati con lamivudina in monoterapia, un passaggio a/o l’aggiunta di un agente alternativo senza resistenza crociata a lamivudina, sulla base delle linee guida terapeutiche, devono essere presi in considerazione qualora i livelli sierici di HBV DNA rimangano rilevabili dopo 24 settimane e oltre di trattamento (vedere paragrafo 5.1).
Nei pazienti con infezione concomitante da HIV e che ricevono, o stanno per ricevere, il trattamento con lamivudina o l’associazione lamivudina/zidovudina, deve essere mantenuta la dose di lamivudina prescritta per l’infezione da HIV (in genere 150 mg due volte al giorno in associazione con altri antiretrovirali).
Popolazioni speciali Danno renale Nei pazienti con danno renale da moderato a grave, le concentrazioni di lamivudina nel siero (AUC) risultano aumentate a causa della ridotta clearance renale.
Il dosaggio deve pertanto essere ridotto nei pazienti con clearance della creatinina inferiore a 50 ml/minuto.
Se sono richieste dosi inferiori a 100 mg, si deve impiegare la soluzione orale di lamivudina (vedere Tabella 1 seguente).
Tabella 1: Dosaggio di lamivudina nei pazienti con clearance renale ridotta.
*Lamivudina soluzione orale contenente 5 mg/ml di lamivudina.Clearance della creatinina (ml/min) Dose iniziale di lamivudina soluzione orale* Dose di mantenimento una volta al giorno da 30 a < 50 20 ml (100 mg) 10 ml (50 mg) da 15 a < 30 20 ml (100 mg) 5 ml (25 mg) da 5 a < 15 7 ml (35 mg) 3 ml (15 mg) < 5 7 ml (35 mg) 2 ml (10 mg)
I dati disponibili in pazienti sottoposti ad emodialisi intermittente (per una durata inferiore o uguale a 4 ore di dialisi 2-3 volte a settimana), indicano che dopo la riduzione della dose iniziale di lamivudina per compensare la clearance della creatinina del paziente, durante la dialisi non è necessario nessun altro adattamento del dosaggio.
Compromissione epatica I dati ottenuti nei pazienti con compromissione epatica, compresi quelli con malattia epatica allo stadio terminale e in attesa di trapianto, mostrano che la farmacocinetica di lamivudina non è significativamente influenzata dalla disfunzione epatica.
Sulla base di questi dati, non è necessario un adattamento della posologia nei pazienti con compromissione epatica a meno che questa non sia accompagnata dal danno renale.
Pazienti anziani Nei pazienti anziani, il normale invecchiamento accompagnato da riduzione della funzionalità renale non ha effetti clinicamente significativi sull’esposizione a lamivudina, tranne che nei pazienti con clearance della creatinina <50 ml/min.
Popolazione pediatrica La sicurezza e l’efficacia di lamivudina negli infanti, nei bambini e negli adolescenti al di sotto dei 18 anni di età non sono state stabilite.
I dati al momento disponibili sono descritti nei paragrafi 4.4 e 5.1 ma non può essere fatta alcuna raccomandazione circa la posologia.
Modo di somministrazione Per uso orale.
Lamivudina Mylan Pharma può essere assunto con o senza cibo. Avvertenze e precauzioni
- Riacutizzazione dell’epatite Riacutizzazione durante il trattamento Le riacutizzazioni spontanee dell’epatite cronica B sono relativamente comuni e sono caratterizzate da aumenti transitori dell’ALT nel siero.
Dopo l’inizio della terapia antivirale, l’ALT del siero può aumentare in alcuni pazienti mentre i livelli sierici di HBV DNA diminuiscono.
Nei pazienti con malattia epatica compensata, tali aumenti di ALT del siero in generale non sono stati accompagnati da un aumento delle concentrazioni della bilirubina sierica o da segni di scompenso epatico.
Con una terapia prolungata sono state identificate sub-popolazioni virali HBV con ridotta suscettibilità alla lamivudina (mutante YMDD dell’HBV).
In alcuni pazienti lo sviluppo del mutante YMDD dell’HBV può portare ad una riacutizzazione dell’epatite, evidenziata soprattutto dall’innalzamento dei valori sierici delle ALT e dalla ricomparsa di HBV DNA (vedere paragrafo 4.2).
Nei pazienti con presenza del mutante YMDD dell’HBV, si deve considerare un passaggio a/o l’aggiunta di un agente alternativo senza resistenza crociata alla lamivudina sulla base delle linee guida terapeutiche (vedere paragrafo 5.1).
Riacutizzazione dopo sospensione del trattamento Riacutizzazione acuta dell’epatite è stata osservata nei pazienti che avevano sospeso la terapia per l’epatite B ed era in generale caratterizzata dall’aumento delle ALT sieriche e dalla ricomparsa dell’HBV-DNA.
Negli studi controllati di fase III senza alcun trattamento attivo di follow-up, l’incidenza di aumento delle ALT dopo il trattamento (più di tre volte rispetto ai valori basali) era più alto nei pazienti trattati con lamivudina (21%) rispetto a quelli che ricevevano placebo (8%).
Comunque, la percentuale di pazienti che avevano avuto aumenti dopo il trattamento, associati con incrementi della bilirubina, era bassa e simile in entrambi i bracci in trattamento (vedere la Tabella 3 nel paragrafo 5.1).
Per i pazienti trattati con lamivudina, la maggior parte degli aumenti delle ALT dopo trattamento, si è registrata tra le 8 e le 12 settimane dopo il trattamento.
La maggior parte degli eventi è risultata essere autolimitante, tuttavia si sono osservati alcuni decessi.
Se la lamivudina viene sospesa i pazienti devono essere periodicamente monitorati sia a livello clinico che attraverso la valutazione di test sierici di funzionalità epatica (livelli di ALT e di bilirubina) per almeno quattro mesi, e in seguito come previsto dalla pratica clinica.
Riacutizzazione nei pazienti con cirrosi scompensata Coloro che subiscono il trapianto e i pazienti con cirrosi scompensata corrono maggior rischio di replicazione virale attiva.
In tali pazienti, a causa di una ridotta funzionalità epatica, la riattivazione dell’epatite dovuta alla sospensione della lamivudina o alla perdita di efficacia durante il trattamento, può provocare scompenso grave, anche fatale.
Questi pazienti devono essere controllati per i parametri clinici, virologici e sierologici associati all’epatite B, per la funzione renale ed epatica e per la risposta antivirale durante il trattamento (almeno ogni mese), e, se il trattamento viene sospeso per qualsiasi ragione, per almeno 6 mesi dopo il trattamento.
I parametri di laboratorio da controllare devono includere (come minimo) ALT sierica, bilirubina, albumina, ureico ematico, creatinina e stato virologico: antigeni/anticorpi HBV, e dove possibile, le concentrazioni sieriche di DNA dell’HBV.
I pazienti che manifestano segni di insufficienza epatica durante o dopo il trattamento devono essere controllati più frequentemente come ritenuto appropriato.
Per i pazienti che manifestano evidenza di epatite ricorrente dopo il trattamento, non esistono dati sufficienti relativi al beneficio di una ripresa del trattamento con lamivudina.
Disfunzione mitocondriale dopo esposizione in utero Gli analoghi nucleosidici e nucleotidici, possono influire sulla funzione mitocondriale a livelli variabili, più pronunciati con stavudina, didanosina e zidovudina.
Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati HIV-negativi esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita: questi riguardavano prevalentemente regimi terapeutici contenenti zidovudina.
Le principali reazioni avverse osservate riguardano patologie ematologiche (anemia, neutropenia) e disturbi metabolici (iperlipasemia).
Questi eventi sono stati spesso transitori.
Raramente sono state osservate patologie neurologiche a insorgenza ritardata (ipertonia, convulsioni, anomalie comportamentali).
Al momento non è noto se tali patologie neurologiche siano transitorie o permanenti.
Questi risultati devono essere tenuti in considerazione per qualsiasi bambino esposto in utero ad analoghi nucleosidici e nucleotidici, che presenta manifestazioni cliniche severe di eziologia non nota, soprattutto manifestazioni neurologiche.
Questi risultati non hanno effetto sulle attuali linee guida nazionali di impiego della terapia antiretrovirale nelle donne in gravidanza per prevenire la trasmissione verticale dell’HIV.
Pazienti pediatrici La lamivudina è stata somministrata ai bambini (dai due anni in poi) e agli adolescenti con epatite B cronica compensata.
Tuttavia a causa della limitazione dei dati, la somministrazione di lamivudina in questa popolazione di pazienti non è attualmente raccomandata (vedere paragrafo 5.1).
Epatite Delta o epatite C L’efficacia di lamivudina in pazienti con concomitante infezione da epatite Delta o epatite C non è stata stabilita e si raccomanda cautela.
Trattamenti immunosoppressivi Esistono dati limitati sull’uso di lamivudina nei pazienti HBeAg negativi (mutanti pre-core) e in quelli sottoposti a concomitanti regimi immunosoppressivi, compresa la chemioterapia antitumorale.
La lamivudina deve essere usata con cautela in tali pazienti.
Controlli Durante la terapia con lamivudina i pazienti devono essere controllati regolarmente.
I livelli sierici di ALT e di HBV DNA devono essere controllati ad intervalli di 3 mesi e nei pazienti HBeAg positivi, l’HBeAg deve essere valutato ogni 6 mesi.
Concomitante infezione da HIV Nei pazienti con infezione concomitante da HIV e che ricevono, o stanno per ricevere, la terapia con lamivudina o l’associazione lamivudina/zidovudina, deve essere mantenuta la dose di lamivudina prescritta per l’infezione da HIV (in genere 150 mg due volte al giorno in associazione con altri antiretrovirali).
Nei pazienti con infezione concomitante da HIV che non richiedono terapia antiretrovirale, esiste il rischio di mutazione del virus HIV quando la lamivudina viene usata da sola per il trattamento dell’epatite B cronica.
Trasmissione dell’epatite B Non ci sono informazioni relative alla trasmissione materno-fetale del virus dell’epatite B, nelle donne gestanti trattate con lamivudina.
Devono essere seguite le normali procedure raccomandate per l’immunizzazione contro il virus dell’epatite B nei bambini.
I pazienti devono essere informati che la terapia con lamivudina non ha mostrato essere in grado di ridurre il rischio di trasmissione del virus dell’epatite B ad altri, pertanto devono continuare ad essere adottate adeguate precauzioni.
Interazioni con altri medicinali Lamivudina Mylan Pharma non deve essere presa con qualsiasi altro medicinale contenente lamivudina o medicinali contenenti emtricitabina (vedere paragrafo 4.5).
La combinazione di lamivudina con cladribina deve essere evitata (vedere paragrafo 4.5).
Lamivudina Mylan Pharma contiene sodio Questo medicinale contiene meno di 1 mmol di sodio (23 mg) per compressa, cioè essenzialmente “senza sodio”. Interazioni
- Sono stati effettuati studi di interazione solo negli adulti.
La probabilità di interazioni metaboliche è bassa a causa del limitato metabolismo, del basso legame con le proteine plasmatiche e della eliminazione renale pressoché completa della sostanza nella sua forma immodificata.
Lamivudina è prevalentemente eliminata per secrezione cationica organica attiva.
Deve esser tenuta in considerazione la possibilità di interazioni con altri medicinali somministrati in concomitanza, particolarmente se la loro principale via di eliminazione è la secrezione renale attiva, per mezzo del sistema di trasporto dei cationi organici, come per esempio trimetoprim.
Altri medicinali (per esempio ranitidina, cimetidina) vengono eliminati solo in parte tramite questo meccanismo e non hanno mostrato di interagire con lamivudina.
Le sostanze prevalentemente escrete attraverso il sistema attivo degli anioni organici, oppure tramite filtrazione glomerulare, difficilmente danno luogo ad interazioni clinicamente significative con lamivudina.
La somministrazione di trimetoprim/sulfametossazolo 160 mg/800 mg determina un aumento dell’esposizione a lamivudina di circa il 40%.
Lamivudina non ha alcun effetto sulla farmacocinetica di trimetoprim o di sulfametossazolo.
Tuttavia, non è necessaria alcuna modifica posologica di lamivudina, a meno che il paziente non abbia danno renale.
È stato osservato un lieve aumento del parametro Cmax (28%) di zidovudina, quando somministrata in associazione con lamivudina; tuttavia l'esposizione complessiva (AUC) non risulta alterata in modo significativo.
Zidovudina non ha effetti sulla farmacocinetica di lamivudina (vedere paragrafo 5.2).
Lamivudina non presenta interazione farmacocinetica con l’alfa-interferone, quando i due medicinali sono somministrati insieme.
Nei pazienti che ricevevano lamivudina in concomitanza con comuni medicinali immunosoppressori (per es.
ciclosporina A), non è stata osservata alcuna interazione sfavorevole clinicamente rilevante.
Tuttavia, non sono stati realizzati formali studi di interazione.
Emtricitabina A causa di analogie, lamivudina non deve essere somministrata in concomitanza con altri analoghi della citidina, come emtricitabina.
Inoltre, lamivudina non deve essere assunta con altri medicinali contenenti lamivudina (vedere paragrafo 4.4).
Cladribina In vitro lamivudina inibisce la fosforilazione intracellulare di cladribina portando ad un potenziale rischio di perdita di efficacia di cladribina, in caso di associazione in ambito clinico.
Alcune evidenze cliniche supportano anche una possibile interazione tra lamivudina e cladribina.
Pertanto, la somministrazione concomitante di lamivudina con cladribina deve essere evitata (vedere paragrafo 4.4).
Sorbitolo La somministrazione concomitante di sorbitolo soluzione (3,2 g, 10,2 g, 13,4 g) con una singola dose di 300 mg (dose giornaliera adulto per l’HIV) di lamivudina soluzione orale ha determinato diminuzioni dose-dipendenti del 14%, 32%, e 36% nell’esposizione a lamivudina (AUC∞) e 28%, 52%, e 55% nella Cmax di lamivudina negli adulti.
Quando possibile, evitare la co-somministrazione cronica di lamivudina con medicinali contenenti sorbitolo o altri poli-alcoli ad azione osmotica o alcoli monosaccaridici (per esempio xilitolo, mannitolo, lactitolo, maltitolo).
Qualora la co-somministrazione cronica non possa essere evitata, prendere in considerazione un monitoraggio più frequente della carica virale dell’HBV. Effetti indesiderati
- Sommario del profilo di sicurezza L’incidenza di reazioni avverse e le anomalie di laboratorio (ad eccezione dell’innalzamento dei livelli di ALT e CPK, vedere di seguito) sono risultate simili tra i pazienti trattati con placebo e quelli trattati con lamivudina.
Le reazioni avverse più comunemente osservate erano malessere ed affaticamento, infezioni del tratto respiratorio, mal di gola e disturbi tonsillari, cefalea, dolore o crampi addominali, nausea, vomito e diarrea.
Riassunto tabellare delle reazioni avverse Le reazioni avverse sono elencate di seguito in base alla classificazione per sistemi e organi e alla frequenza.
Le categorie di frequenza sono assegnate solo a quelle reazioni avverse considerate possibilmente correlate, almeno causalmente, alla lamivudina.
Le frequenze sono definite come: molto comune (≥ 1/10), comune (≥ 1/100 a < 1/10), non comune (≥ 1/1000 a < 1/100), raro (≥ 1/10.000 a < 1/1000), molto raro (< 1/10.000) e non nota (non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
Le categorie di frequenza assegnate alle reazioni avverse sono principalmente basate sull’esperienza proveniente dagli studi clinici comprendenti un totale di 1171 pazienti con epatite B cronica, trattati con lamivudina 100 mg.
*La frequenza osservata negli studi clinici di fase III nel gruppo in trattamento con lamivudina non è stata maggiore di quella osservata nel gruppo trattato con placebo.Patologie del sistema emolinfopoietico Non nota Trombocitopenia Disturbi del metabolismo e della nutrizione Molto raro Acidosi lattica Disturbi del sistema immunitario Raro Angioedema Patologie epatobiliari Molto comune Aumento dei livelli di ALT (vedere paragrafo 4.4) Le riacutizzazioni dell’epatite rilevate essenzialmente dagli incrementi delle ALT sieriche sono state riportate durante il trattamento e dopo la sospensione di lamivudina.
La maggior parte degli eventi è stata di natura autolimitante, tuttavia molto raramente sono stati osservati casi fatali (vedere paragrafo 4.4).Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Comune Eruzione cutanea, prurito Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Comune Aumento dei livelli di CPK Comune Disturbi muscolari, comprendenti mialgia e crampi* Non nota Rabdomiolisi
Popolazione pediatrica Sulla base dei dati limitati nei bambini da 2 a 17 anni di età, non è stato identificato alcun nuovo problema di sicurezza rispetto agli adulti.
Altre popolazioni speciali In pazienti con infezione da HIV, sono stati osservati casi di pancreatite e neuropatia periferica (o parestesia).
In pazienti con epatite B cronica non è stata osservata alcuna differenza nell’incidenza di questi eventi fra pazienti trattati con lamivudina e con placebo.
Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale.
Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse. Gravidanza e allattamento
- Gravidanza Gli studi nell’animale con lamivudina hanno mostrato un aumento delle morti embrionali precoci nei conigli ma non nei ratti (vedere paragrafo 5.3).
Nell’uomo è stato dimostrato il verificarsi del passaggio di lamivudina attraverso la placenta.
I dati disponibili nell’uomo dall’Antiretroviral Pregnancy Registry che riportano più di 1000 esiti dopo esposizione dal primo trimestre e più di 1000 esiti dal secondo e terzo trimestre nelle donne in gravidanza non indicano alcun effetto in termini di malformazione e a livello feto/neonatale.
Meno dell’1% di queste donne erano state trattate per l’HBV, mentre la maggior parte erano state trattate per l’HIV a dosaggi più alti e con altri medicinali concomitanti.
Lamivudina può essere usata in gravidanza se clinicamente necessario.
Per le pazienti che vengono trattate con lamivudina e successivamente iniziano una gravidanza, si deve considerare la possibilità di una ricomparsa dell’epatite a seguito della sospensione della lamivudina.
Allattamento Si raccomanda che le donne sieropositive non allattino al seno i loro neonati al fine di evitare la trasmissione dell'HIV.
Sulla base di più di 200 coppie madre/figlio in trattamento per HIV, le concentrazioni sieriche di lamivudina nei bambini allattati al seno da madri in trattamento per HIV sono molto basse (meno del 4% delle concentrazioni sieriche materne), e progressivamente diminuiscono a livelli non rilevabili quando i bambini allattati al seno raggiungono le 24 settimane di età.
La quantità totale di lamivudina ingerita da un bambino allattato al seno è molto bassa e pertanto è probabile che ciò porti ad esposizioni che forniscono un effetto antivirale sub-ottimale.
L’epatite B materna non comporta una controindicazione all’allattamento al seno se il neonato viene adeguatamente gestito per la prevenzione dell’epatite B alla nascita e non vi è evidenza che la bassa concentrazione di lamivudina nel latte materno comporti effetti indesiderati nei bambini allattati al seno.
Pertanto l’allattamento al seno può essere preso in considerazione nelle madri che allattano trattate con lamivudina per l’HBV, tenendo in considerazione il beneficio dell'allattamento al seno per il bambino e il beneficio della terapia per la madre.
Qualora vi fosse trasmissione materna dell’HBV, nonostante l'adeguata profilassi, deve essere presa in considerazione l'interruzione dell'allattamento al seno per ridurre il rischio di insorgenza di mutanti resistenti alla lamivudina nel neonato.
Fertilità Studi sulla riproduzione negli animali non hanno mostrato effetti sulla fertilità maschile o femminile (vedere paragrafo 5.3).
Disfunzione mitocondriale È stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici, sia in vivo che in vitro, causano danno mitocondriale di grado variabile.
Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita (vedere paragrafo 4.4). Conservazione
- Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.
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Segnalazione degli effetti indesiderati
Se dovesse manifestarsi un qualsiasi effetto indesiderato, compresi quelli non elencati in questo foglio, è doveroso rivolgersi al proprio medico, ad uno specialista e/o al farmacista. La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Gli effetti indesiderati possono essere segnalati direttamente tramite il sistema nazionale di segnalazione all'indirizzo www.agenziafarmaco.it/it/responsabili. Segnalando gli effetti indesiderati si può contribuire a fornire maggiori informazioni sulla sicurezza di questo medicinale.