28/03/2025

Giornata mondiale dell’endometriosi: tutte le novità, dalla dieta agli esercizi per alleviare il dolore

Simona Lovati
A cura di Simona Lovati
Pubblicato il 28/03/2025 Aggiornato il 28/03/2025

Sottovalutata, sottostimata e ancora mal gestita. In occasione della Giornata mondiale dell’endometriosi, il 28 marzo, l’obiettivo è puntare sulla ricerca e su pratiche dolci per dare sostegno alle donne colpite dalla malattia

giornata endometriosi 2025

Si celebra il 28 marzo la Giornata mondiale dell’endometriosi, una malattia infiammatoria cronica che interessa in Italia il 10 per cento della popolazione femminile in età fertile (oltre 3 milioni di donne), anche se i dati sono parziali e ancora sottostimati.

Nonostante l’inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza, la patologia rimane sottovalutata, specialmente per quanto riguarda il riconoscimento dell’invalidità civile e la tutela nel mondo del lavoro.

È quanto sottolinea l’Associazione Progetto Endometriosi (A.P.E.), nata nel 2005 con lo scopo di dare un sostegno nel migliorare la comprensione e la diagnosi precoce di una condizione che ancora oggi rappresenta un enigma per molti professionisti della salute.

Le diagnosi arrivano ancora troppo tardi

«Troppe donne ricevono una diagnosi tardiva, troppe soffrono in silenzio senza risposte adeguate: in questa giornata mondiale vogliamo ribadire che stare male non è normale», dice Annalisa Frassinetti, presidente A.P.E. È fondamentale puntare su ricerca, formazione per i professionisti sanitari e un concreto supporto alle pazienti.

Come riconoscerla

I sintomi più diffusi sono forti dolori mestruali e, in concomitanza dell’ovulazione, cistiti ricorrenti, irregolarità intestinale, pesantezza al basso ventre, dolori durante i rapporti sessuali, infertilità nel 35 per cento dei casi. Purtroppo, per la diagnosi sono necessari in media circa dieci anni. «Sul versante sanitario, emerge una forte disparità territoriale: la disponibilità di centri specializzati e percorsi diagnostico-terapeutici varia tra le diverse regioni italiane», precisa la vice presidente Jessica Fiorini. Le zone settentrionali mostrano tassi di ricovero per endometriosi più elevati rispetto ad altre aree del Paese. L’obiettivo è garantire un accesso omogeneo a diagnosi precoci e trattamenti adeguati, indipendentemente dalla regione di residenza, assicurando così un’effettiva tutela della salute femminile.

Lo yoga per alleviare il dolore

Si chiama Endogym ed è una pratica per aiutare la gestione del dolore da endometriosi, ideata dall’Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena, grazie al dottor Claudio Vagnini, direttore generale, e al dottor Carlo Alboni, responsabile dell’ambulatorio Endometriosi e Dolore Pelvico, assieme all’unità operativa di Ginecologia e Ostetricia del Policlinico di Modena, la struttura complessa di Medicina Riabilitativa dell’Ospedale civile di Baggiovara e il contributo dell’A.P.E. «Eseguendo esercizi riabilitativi le pazienti riescono a capire sia le difficoltà e le capacità di movimento, sia le connessioni fasciali, viscerali e ossee dei distretti circostanti al perineo, che influenzano le funzioni e il dolore del pavimento pelvico», commenta Sara Bertoletti, fisioterapista. Gli esercizi, associati a diversi tipi di respirazione, riescono a migliorare l’elasticità dei tessuti e la coordinazione del movimento e del respiro, i principali alleati della salute del perineo. Le donne apprendono posizioni che le aiutano a ridurre il dolore: nei momenti acuti, più ci si irrigidisce più è alta la percezione dell’infiammazione.

Ricerca e alimentazione

Alla Clinica L. Mangiagalli di Milano con il finanziamento dell’Università degli Studi di Milano, ha preso il via un nuovo studio clinico per valutare come l’alimentazione possa aiutare le donne con endometriosi, e comprendere in che modo la dieta FODMAP, regime alimentare studiato per sostenere le persone con problemi digestivi tipo la sindrome dell’intestino irritabile, possa agire sul dolore, la qualità della vita e la funzionalità sessuale. FODMAP è l’acronimo inglese che indica alcune tipologie di carboidrati che fermentano eccessivamente nell’intestino (biscotti, farine bianche, cracker, legumi). «Le pazienti che seguono la dieta vengono monitorate dalla nutrizionista Giulia Privitera e dai ginecologi dopo tre mesi e dopo sei mesi, valutando se questo piano alimentare possa fare la differenza sullo stato di salute della donna oppure no», conclude la dottoressa Agnese Donati, responsabile dello studio.