Venezia 77: Favino è la star della Mostra
Alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia è arrivato Pierfrancesco Favino, nella doppia veste di attore e produttore, con Padrenostro di Claudio Noce
Mancheranno anche le star internazionali alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia, ma in compenso ci sono quelle italiane. E al Lido è arrivato l’attore più amato del momento: Pierfrancesco Favino.
Il 2020 gli ha portato il successo al cinema con Hammamet di Gianni Amelio (in cui vestiva i panni di Bettino Craxi) e un bel David di Donatello per l’interpretazione di Tommaso Buscetta ne Il traditore di Marco Bellocchio, ma potrebbe non essere finita qui.
A Venezia è infatti in concorso con Padrenostro, film diretto da Claudio Noce, di cui non è solo protagonista ma anche produttore. Questo è un progetto in cui crede molto e ha tutte le carte in regola per portargli tante soddisfazioni, anche una volta che arriverà in sala (il 24 settembre).
Padrenostro, da una storia vera
Il film è ambientato a Roma, nel 1976, nel pieno degli Anni di Piombo. Valerio ha dieci anni e la sua infanzia viene sconvolta quando, insieme alla madre Gina, assiste all’attentato ai danni di suoi padre Alfonso da parte di un commando di terroristi. Da quel momento lui e la sua famiglia saranno segnati dalla paura e dal senso di vulnerabilità. È però proprio durante questo momento così difficile che Valerio conosce Christian, un ragazzino ribelle e sfrontato, che gli cambierà la vita.
Padrenostro racconta la vera storia dell’attentato al padre del regista, il vicequestore Alfonso Noce (responsabile dei Servizi di sicurezza per il Lazio), durante il quale morirono un agente della scorta e uno dei terroristi.
«Quando ho pensato di scrivere questo film stavo vivendo un periodo complicato, ma proprio questo mi ha spinto a raccontare finalmente la storia dal punto di vista di un bambino, nello specifico mio fratello che ha assistito alla scena» ha dichiarato Claudio Noce. «L’idea si è resa concreta quando mi sono reso conto che la vicenda poteva essere narrata come storia universale e non privata».
Cinquantenni, una generazione di silenti educati
Pierfrancesco Favino, affascinante come sempre (con tanto di baffi), non riesce a nascondere l’entusiasmo che lo ha spinto a sostenere questo progetto. «Tre anni e mezzo fa mi sono ritrovato a prendere un caffè con Claudio e, mentre lui mi parlava di questo film, mi sono reso conto che nella storia c’era anche una parte di me e della mia infanzia. Ne riconoscevo gli odori, i sapori, i silenzi e mi sembrava di riaffacciarmi sulle stanze della mia casa» spiega l’attore (e produttore) . «Questo film racconta una generazione (la mia, quella dei cinquantenni) che la realtà di quegli anni non l’ha vissuta ma subita. Raramente qualcuno ha messo l’accento su quei bambini che, una volta andati a letto, sembravano non esistere più e invece ascoltavano e sapevano tutto. Io ricordo ancora le voci dei miei genitori in salotto e dei loro amici. Siamo una generazione di silenti educati che ogni tanto, anche oggi, si sente di dover chiedere il permesso. Noi la storia l’abbiamo vissuta così, ma io sono stanco di chiedere scusa per non aver partecipato a certi eventi». E aggiunge: «In più ho visto la possibilità di poter raccontare una cosa che sento fortemente, ovvero il mistero che c’è nel rapporto tra padre e figlio».
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