Judy, arriva il film con una grande Renée Zellweger
Storia di una donna forte, con un talento straordinario, Judy Garland, e della sua lotta con una Hollywood cinica e spietata
Il 6 febbraio arriva nelle sale italiane Judy, commovente biopic sulle ultime settimane di Judy Garland. La protagonista è Renée Zellweger, candidata agli Oscar per la sua interpretazione della diva in tutte le sue contraddizioni. Il film, diretto da Rupert Goold, adatta per il grande schermo il musical End of the Rainbow di Peter Quilter, ritratto tenero e triste di un’icona sulla via del tramonto ma ancora piena di grinta.
Il ritratto struggente di una diva al tramonto interpretato da una straordinaria Renée Zellweger
Il trionfo di Renée
La critica non è stata sempre generosa nei suoi confronti, ma questo non le ha impedito di conquistare le giurie della scorsa edizione dei BAFTA e dei più recenti Golden Globes, dove Renée ha trionfato come miglior attrice protagonista nonostante la spietata concorrenza di colleghe come Scarlett Johansson, Charlize Theron e Saoirse Ronan. E pensare che quando ha ricevuto il copione di Judy si è chiesta come mai avessero pensato proprio a lei, che pur avendo una voce gradevole non si è mai immaginata nei panni della cantante. Per diventare Judy Garland ha passato settimane a setacciare YouTube specchio alla mano, imitando il suo linguaggio del corpo alla perfezione. La trasformazione ha richiesto anche parecchie ore al trucco, per indossare parrucca, denti finti, lenti a contatto e farsi ritoccare il naso: chissà se tutta questa fatica la aiuterà ad arrivare al traguardo del secondo Oscar il prossimo 9 febbraio, compensando gli alti e bassi di carriera degli ultimi anni.
Di cosa parla il film
Il film ripercorre con qualche licenza poetica l’ultima tournée di Judy Garland, nella Londra di fine anni ’60. In questo momento della sua vita Judy non è più una stella del cinema ma una diva in declino, indebitata e dipendente da alcol e farmaci. Ama moltissimo i suoi figli, ma rischia di perdere la custodia dei due più giovani, Lorna e Joey (Bella Ramsey e Lewin Lloyd), in una feroce battaglia per l’affidamento con l’ex marito, Sidney Luft. È proprio per questo che decide di lasciarli temporaneamente per volare a Londra, dove una serie di concerti nel nightclub di Bernard Delfort (Michael Gambon) potrebbero essere sufficienti a rimettere in sesto le sue finanze e vincere il braccio di ferro tra genitori. Dimostrare al mondo di essere ancora all’altezza del suo mito non sarà facile, complice la turbolenta relazione con il suo nuovo giovane marito, Mickey Deans (Finn Wittrock).
Non chiamatela fragile
La Judy Garland del film è prima di tutto una sopravvissuta. La rabbia e l’energia che traspaiono dalle sue confessioni autobiografiche sono state la principale fonte d’ispirazione per la sceneggiatura, affidata a Tom Edge. Per capire la Judy Garland di quegli anni è necessario tornare nel passato, mettendo in risalto la fibra d’acciaio con cui è riuscita a sopportare delusioni e avversità. Nata nel 1922 come Frances Ethel Gumm in una famiglia di artisti di vaudeville, Judy non ha avuto molto tempo per godersi l’infanzia: a soli due anni e mezzo ha debuttato a teatro cantando “Jingle bells”, con il nome d’arte di Baby Gumm. A quella prima esibizione sono seguiti anni di ingaggi come cantante e ballerina insieme alle due sorelle più grandi, finché nel 1934 non viene notata da un talent scout della Metro-Goldwyn-Mayer. Il risvolto amaro del suo successo è il trattamento ai limiti dell’abuso che Hollywood riservava alle sue attrici, dall’ossessivo controllo del peso al mix di tranquillanti e stimolanti necessari per piegare il corpo alle esigenze di lavoro. I flashback in cui vediamo una Judy giovanissima costretta a festeggiare i suoi sedici anni con due mesi d’anticipo – perché la sua agenda non le consente di fare altrimenti – ma senza potersi nemmeno avvicinare alla torta, servono a ricordare al pubblico quanta resilienza fosse necessaria per sopravvivere al dorato mondo del cinema negli anni ’30 e ’40.
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