20/10/2020

Vuoi avere successo? Sii gentile con te stessa

Veronica Colella Pubblicato il 20/10/2020 Aggiornato il 20/10/2020

Sapersi accettare anche con qualche difetto rende più motivati ed efficienti. Lo sostiene la psicologa Susan David della Harvard Medical School, grande sostenitrice del principio della compassione

Woman kissing the mirror in the bathroom

Chi pensa che la compassione sia una forma di debolezza dovrà ricredersi. La ricerca smentisce questo preconcetto, insegnando che i risultati migliori si raggiungono coltivando un atteggiamento consapevole anziché punitivo e ipercritico.

Parlarsi con gentilezza è infatti un modo per continuare a piacersi anche quando non si riesce a essere perfetti, consolidando la fiducia nelle proprie capacità.

Lo spiega la psicologa Susan David, autrice del saggio Agilità emotiva (Giunti) ed esperta di management e coaching.

I falsi miti sulla compassione

Il primo mito da sfatare è che la compassione di sé sia una forma di pigrizia. Chi vive ogni giorno come una gara di Ironman potrebbe essere sconcertato dall’idea che per essere più produttivi sia necessario fermarsi, di tanto in tanto, ma le critiche e i rimproveri non sono sempre uno sprone a fare di meglio. Le stesse persone potrebbero ritenere le parole gentili una forma di autosuggestione, praticata da chi preferisce accantonare problemi e pensieri sgradevoli per convincersi che andrà tutto bene. Al contrario, precisa David, essere compassionevoli significa trovare finalmente il coraggio per affrontare a viso aperto le emozioni più difficili e i lati di noi stessi di cui siamo meno orgogliosi. La prova? Chi si critica troppo facilmente finisce per seppellirsi sotto una valanga di sensi di colpa, ignorando le emozioni negative o vergognandosene. Essere compassionevoli significa invece smettere di nascondersi dietro a un dito, osservando con distacco scientifico le ragioni dei propri fallimenti o delle delusioni. Ecco perché si tratta di una qualità che andrebbe coltivata proprio quando si hanno degli obiettivi da raggiungere.

Liberi di sbagliare

Difetti e incidenti di percorso fanno parte della vita, ma non sempre chi sbaglia riesce a perdonarsi. Il risultato di un atteggiamento troppo inflessibile è che si diventa rinunciatari, smettendo del tutto di provare cose nuove pur di proteggersi da un eventuale fallimento. Per avere successo bisogna sentirsi liberi di sperimentare, spiega David, e la ricerca lo prova. Non solo essere meno rigidi aumenta la motivazione e sconfigge la pigrizia, ma aiuta a crescere e ad adattarsi con più successo alle sfide poste dall’ambiente. Per diventare più compassionevoli bisogna iniziare a farsi le domande giuste, giocando al detective con pensieri ed emozioni. Una serie di giornate frustranti sul posto di lavoro, ad esempio, possono essere il segnale che non ci sentiamo ascoltati, oppure che non stiamo crescendo professionalmente quanto avremmo voluto. Capire cosa non va è il primo passo per trovare una soluzione, mentre ripetersi che non si è all’altezza della situazione garantisce solo che tutto rimanga com’è (o che peggiori).

Attenti al paradosso…

Il guaio, per chi ha il senso di colpa facile, è che ci si butta giù anche per il fatto di buttarsi giù. Sgridarsi perché non si riesce a essere più gentili con se stessi è un paradosso da cui David mette in guardia, incoraggiandoci invece a prenderci cura del nostro bambino interiore. A nessuno verrebbe mai in mente di punire un bambino perché non riesce a farsi degli amici o perché nonostante tutti i suoi sforzi ha preso un brutto voto. Allo stesso modo, dovremmo imparare ad ascoltare e consolare anche la parte di noi che soffre o che sbaglia, mettendoci in ascolto delle nostre vere esigenze.