03/07/2021

Tormentoni: perché ci piacciono nei momenti difficili

Veronica Colella Pubblicato il 03/07/2021 Aggiornato il 03/07/2021

I testi delle canzoni pop di successo sono diventati sempre più semplici, complici anche i momenti difficili che stiamo vivendo

canzonette

I gusti musicali si stanno orientando verso la semplicità, almeno per quanto riguarda i testi delle canzoni. È la teoria di un gruppo di ricercatori in psicologia sociale che ha analizzato 60 anni di musica pop, scoprendo che le canzonette piacciono di più – o almeno, sono quelle che hanno più probabilità di entrare in classifica.

L’ipotesi dei ricercatori è che la relativa semplicità dei testi vada a braccetto con l’aumento vertiginoso di novità che caratterizza il mercato discografico, mai così affollato.

Dietro al successo dei tormentoni potrebbe esserci la ripetitività dei loro testi, da mandare a memoria come un mantra. E grazie al circolo vizioso tra popolarità e onnipresenza finiscono per prendere per stanchezza anche chi inizialmente era rimasto tiepidino.

Giudica l’algoritmo

Nello studio, pubblicato su Plos One, sono state analizzate le canzoni entrate nella Billboard Hot 100 tra il 1958 e il 2016, con l’aiuto di un algoritmo di compressione pensato per valutare rapidamente la densità di informazioni e la ripetitività del linguaggio nei testi delle canzoni più famose. In effetti sembra che la semplicità sia premiata, in un panorama musicale che privilegia chiarezza e ripetitività. Una tendenza che si fa notare soprattutto negli anni in cui sul mercato sono arrivate più novità, un dato ricavato utilizzando le informazioni raccolte da database come Discogs e Wikipedia.

Un ecosistema affollato

A livello individuale i gusti sono gusti, ma facendo riferimento ai grandi numeri si scopre che le circostanze possono orientare in parte le nostre scelte. Più il nostro ambiente è saturo di informazioni, più siamo attratti dalla semplicità. Al nostro cervello piacciono le scorciatoie, un trucco di cui ci ha dotati l’evoluzione per non disperdere inutilmente energie mentali. Ecco perché è plausibile che in tempi così densi di novità da assimilare le nostre preferenze vadano a quei prodotti che ci chiedono il minor sforzo per essere apprezzati. E se ci sembrava di avere troppe novità da gestire ai tempi di Mtv, nell’epoca dello streaming le possibilità sono virtualmente infinite. I brani caricati ogni giorno nelle librerie digitali sono nell’ordine delle decine di migliaia e l’ecosistema in cui le novità sono costrette a competere per la nostra attenzione è davvero agguerrito.

Lo specchio dei tempi

Se il bisogno umano di semplicità rimane l’ipotesi più interessante, in gioco potrebbero esserci altri fattori. Rispetto ai tardi anni ’50, la popolazione degli Stati Uniti si è ulteriormente diversificata e non è così improbabile ritenere che chi parla inglese come seconda lingua preferisca ascoltare canzoni facili da interpretare. In più, potrebbe essere cambiato il modo in cui la musica viene consumata. Anziché comprare un disco e correre a casa per accendere lo stereo, infiliamo le cuffie e lasciamo che le canzoni facciano da sottofondo ad altre attività, come il tragitto tra casa e lavoro o le ore passate in palestra. Tuttavia, gli adolescenti erano già dotati di cuffie e stereo portatile quarant’anni fa. A essere cambiati nel frattempo potrebbero essere altri fattori socioculturali, come il tasso di disoccupazione e la scarsità di risorse. Studi precedenti hanno suggerito che in tempi di magra ci sia una tendenza a preferire lo status quo all’innovazione, mentre la creatività e l’anticonformismo fioriscono in tempi di abbondanza.