Stress: calma la mente con Vipassana, la meditazione buddista
Grazie a facili esercizi, riuscire a interagire con il proprio respiro permette di distaccarsi dal flusso degli eventi e dei pensieri esterni, ritrovando tranquillità e benessere
Tutte noi sappiamo per esperienza diretta quanto sia stretto il legame fra la respirazione e le emozioni, o meglio fra le modalità con cui respiriamo e il nostro stato d’animo. Lo sottolinea Milena Screm, psicologa e counselor supervisor trainer nel volume “BreathWork. Una risorsa per il ben-essere fisico, mentale ed emotivo” (Armenia). Sospiriamo quando siamo malinconiche, ansimiamo se siamo eccitate, sbuffiamo se insofferenti, sbadigliamo per stanchezza e noia, proviamo senso di soffocamento quando siamo agitate. In condizioni di calma la respirazione è regolare. Ecco perché, oltre a osservarlo, imparare a interagire con il respiro attraverso la pratica di una tecnica respiratoria ha potenzialità immense nel controllo e nella gestione della vita emotiva.
Ci sono tecniche differenti per lavorare sul respiro: occidentali come il rebirthing e orientali come il pranayama yogico.
La meditazione buddista
Vipassana è una delle meditazioni buddiste più conosciute e praticate. Plurimillenaria, nata in Tibet, è uno strumento di conoscenza di sé e di benessere: attraverso tecniche progressive, infatti, punta alla purificazione della mente, allontanandola dai conflitti e dalle preoccupazioni quotidiane e abituandola a guardarli con più distacco.
La pratica consiste nel seguire il respiro, perché questo aiuta a mantenere la mente stabile e “occupata”. In posizione comoda, ferme, dovete solo seguire il flusso dell’aria che entra e che esce: passa attraverso le narici, la gola, la trachea. Seguite i movimenti della gabbia toracica che si allarga e poi, in fase espiratoria, si contrae. Concentrarsi su ogni momento degli atti respiratori è vagamente ipnotico e fa “mancare” alla mente il tempo per pensare ad altro, regalando distacco e aiutando a liberarsi dai condizionamenti.
Inutile attaccarsi alle cose
Man mano che si progredisce nell’esercizio e si apprendono le tecniche degli antichi maestri, si scopre l’inutilità dell’attaccamento alle cose, che è fonte di paure e sofferenza ma da cui è possibile liberarsi: lo si sperimenta infatti anche solo soffermando l’attenzione sul proprio respiro, che riporta al “qui-e-ora” senza altre divagazioni o fonti di turbamento. Tutta la tradizione buddista tibetana insegna quanto il pensiero possa essere ingannevole e possa portare ad ansie e affanni: riuscire a “silenziarlo” è un utile strumento di tranquillità.
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