07/06/2022

Smetti di guardare… l’erba del vicino

Veronica Colella Pubblicato il 07/06/2022 Aggiornato il 07/06/2022

Fare paragoni con gli altri è un vizio o una virtù? Dipende in gran parte dalle conclusioni che traiamo da questi continui confronti, inevitabili ma non sempre obiettivi

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Se imporsi di non fare paragoni è impossibile, possiamo almeno imparare a farlo meglio. Il confronto con gli altri aiuta a prendere le misure, a capire quali sono le qualità che vogliamo coltivare e i difetti che vorremmo smussare, a scoprire quali strategie pagano di più e quali invece portano a un vicolo cieco.

Il guaio è che non sempre siamo in grado di scegliere il metro di valutazione più azzeccato, finendo per svalutarci troppo o per sovrastimare le nostre possibilità.

Perché facciamo confronti

La tendenza a controllare se l’erba del vicino è più o meno verde della nostra potrebbe avere una sua funzione, almeno secondo alcuni psicologi. Secondo la teoria del confronto sociale, formulata nel 1954 dallo psicologo e sociologo Leon Festinger, è inevitabile cercare termini di paragone con cui soppesare i propri successi e il proprio valore.

Le persone che più ci somigliano sono i nostri modelli di riferimento, il metro di valutazione più adatto per capire quanto siamo intelligenti o attraenti, se possiamo dirci fortunati o se, al contrario, avremmo il diritto di piangerci un po’ addosso. E non è detto che un paragone sfavorevole debba essere per forza una cattiva notizia: c’è anche chi utilizza il confronto come spunto per migliorarsi, darsi nuovi obiettivi o ricalibrare le proprie aspettative. Un clima di competizione amichevole può tenere alta la motivazione, basta che non si trasformi in gelosia o invidia.

Sarebbe disonesto però fare finta che sbirciare nelle vite degli altri abbia solo effetti positivi: a volte il paragone con i successi di chi è vicino a noi butta giù, tra sensi di colpa e insoddisfazione per quello che non si è o non si ha. E quello con i loro insuccessi potrebbe gonfiarci troppo l’ego, rendendoci arroganti o troppo sicuri di noi stessi, convinti di essere più furbi o più intelligenti della media.

Sentirsi sempre mancanti

Per chi soffre di ansia sociale, la tendenza a fare continuamente paragoni potrebbe essere particolarmente dolorosa. Lo racconta una nuova ricerca pubblicata sul Journal of Abnormal Psychology, prendendo spunto dalla teoria del confronto sociale per capire quanto i paragoni influiscano in negativo sull’umore di chi ha già una bassa opinione di sé.

Quello che pensiamo di noi dopo esserci misurati con le capacità o i successi degli altri condiziona il nostro umore per il resto della giornata, soprattutto per chi è spesso preoccupato di essere giudicato e rifiutato dagli altri. Ma è anche vero che i picchi di ansia sociale possono far sentire ancora più piccoli e insignificanti, rendendo questi paragoni poco obiettivi. Ecco perché chi ne soffre può osservare nella stessa giornata alti e bassi anche nella valutazione di sé.

Cambiare prospettiva

Un altro elemento che contribuisce ad ammaccare l’ego quando si fanno paragoni è la tendenza a perdere di vista il quadro di insieme. Ricerche precedenti sulla FOMO – ovvero la paura di perdersi qualcosa, osservando via social gli altri che si divertono o si innamorano dalla solitudine del proprio salotto – suggeriscono che questi paragoni siano un po’ viziati. Non solo dovremmo ricordare che una foto racconta solo una parte della storia, ma anche renderci conto che fare paragoni con la persona più estroversa e socievole della propria cerchia di amici significa destinarsi a perdere il confronto.

Allo stesso modo, fare sempre paragoni al ribasso per tirarsi su – guardando solo e sempre a chi sta peggio o a chi è meno bravo di noi – non permette di crescere e rischia di mettere i presupposti per un brusco risveglio.

Forse la giusta via di mezzo sta nel guardare agli altri come a una possibile fonte di ispirazione, rivolgendo poi lo sguardo a sé stessi per capire quali sono i nostri reali bisogni e obiettivi.