Odio in rete: perché gli attacchi fanno così male
La comunicazione virtuale, per sua natura, tende ad annullare e a ignorare le emozioni altrui: così gli haters insultano e umiliano, provocando danni psichici a volte incalcolabili
Chiunque frequenti i social, esponga le proprie opinioni e mostri qualcosa di sé è potenzialmente vittima di haters, destinatario cioè di espressioni di odio anche violento e destabilizzante. In rete tutti possono essere sottoposti ad attacchi e a forme di umiliazione dalle mille sfaccettature, insidiose e subdole. È uno dei temi di cui parla la psicologa clinica e psicoterapeuta Nicoletta Travaini nel volume “Tutto, tanto, sempre. Sensibilità e altri superpoteri” (Rizzoli), sottolineando come la gogna, che esisteva nel Medioevo e che consisteva nell’esporre al dileggio della piazza chi si era macchiato di qualche colpa, abbia oggi la sua corrispondente versione hi-tech. Con conseguenze spesso emotivamente pesantissime e a volte addirittura drammatiche.
“Digitare su una tastiera protegge dall’esporsi e dall’assumersi la responsabilità delle proprie parole e azioni” osserva la dottoressa.
Analfabetismo emotivo
L’esperta analizza le dinamiche che si celano dietro agli scambi virtuali (e quindi anche alle offese e agli insulti) e approfondisce il loro legame con l’analfabetismo emotivo generalizzato, che è nello stesso tempo una causa e un effetto della comunicazione attraverso la rete.
Nel mondo reale le comunicazioni interpersonali, di tipo verbale diretto, sono arricchite da una serie di elementi come la mimica facciale e il linguaggio del corpo, che permettono di avere la percezione della sensibilità dell’altro attraverso le sue reazioni. Questi elementi, essenziali per una comunicazione adeguata e rispettosa dell’essere umano che si ha di fronte, nel mondo digitale non esistono e le emozioni vengono quindi distorte, totalmente cancellate o ignorate.
Lo schermo dietro cui si interagisce con gli altri e il nuovo linguaggio della comunicazione rapida (basta pensare alle emoticon, che semplificano fino all’estremo lo stato d’animo che intendono trasmettere) accentuano l’involuzione emotiva nella società. Le persone hanno infatti progressivamente perso consapevolezza delle emozioni, di cui non conoscono o non riconoscono più le sfumature, non sono in grado di dare loro un nome e non sanno né definire che cosa provano loro stesse, né tanto meno percepire o considerare le emozioni altrui.
La velocità del web
In questo appiattimento generale della sensibilità, qualunque perfetto sconosciuto si prende la libertà di commentare (o peggio) ciò che altri scrivono o mostrano sul web: la rete trasporta poi a velocità vertiginosa ogni attacco, ogni insulto, ogni giudizio negativo, amplificandolo e raggiungendo un uditorio vastissimo, con conseguenze a volte molto gravi sulla psiche delle vittime. Le persone altamente sensibili, che sono più soggette a vacillare quando provano emozioni violente e profonde, rischiano di soccombere quando sono prese di mira dagli haters, ma non è necessario essere ipersensibili per trovarsi a soffrire di paure, ansie e fobie tipiche dei disturbi post-traumatici in simili situazioni. La sola via d’uscita possibile è disintossicarsi dai social e dalla vita virtuale, allontanandosene, per ritrovare equilibrio, benessere e riscoprire le infinite tonalità di colore dell’anima umana (propria e altrui).
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