Hoarding: quando le cose ti possiedono
La difficoltà a separarsi dagli oggetti (anche quelli più inutili) può sfuggire di mano, creando imbarazzo e rischi per la salute. Ecco perché chiedere aiuto è importante
Si inizia a non buttare mai via niente perché un giorno potrebbe tornare utile, si finisce con il perdere il controllo di corridoi e sottoscala perché invasi da pile traballanti di scatole di cui si è dimenticato il contenuto. L’armadio è stracolmo di vestiti, i cassetti quasi non si chiudono. Per non parlare delle bollette e dei documenti importanti inghiottiti da una scrivania piena di volantini, libri lasciati a metà, cavetti aggrovigliati di dubbia provenienza e cumuli di scontrini ormai illeggibili.
La vita di un accumulatore compulsivo è decisamente stressante, non solo per le difficoltà oggettive del dover convivere quotidianamente con il caos e di non riuscire più a tenere puliti i propri spazi.
Chi soffre di questo disturbo lo vive spesso con imbarazzo, isolandosi da amici e parenti o trascurando le riparazioni in casa pur di non esporsi al giudizio degli sconosciuti.
Perché buttare è così difficile
Si fa presto a invocare Marie Kondo. Dal punto di vista dell’accumulatore compulsivo tutti gli oggetti suscitano gioia e piacere, soprattutto nel momento in cui entrano in casa. Per contro, pensare di separarsene mette a disagio o spaventa. Quello che agli occhi di un altro è perfettamente inutile diventa irrinunciabile, necessario. Non solo, per alcune persone buttare via fa sentire in colpa anche verso l’oggetto, come se avesse dei sentimenti tutti suoi.
Lo stereotipo è quello della persona anziana e sola che vive tra cumuli di quotidiani e scatole di cibo andato a male, ma non è sempre questo il caso. Alcuni esperti hanno ipotizzato che questo disagio si possa riflettere anche nella vita digitale, rendendo impossibile cestinare newsletter e pubblicità, fare spazio sul telefono o sul pc buttando via foto o documenti, o ancora peggio decidersi a cancellare conversazioni e gruppi ormai abbandonati da amici e colleghi.
Come accorgersi che qualcosa non va
Un segnale da non sottovalutare, secondo gli esperti, è la portata del disordine. Se utilizzare alcune stanze diventa difficile per via della quantità di oggetti o della disorganizzazione, se fare le pulizie diventa un dramma e si inizia a provare disagio al pensiero che qualcuno veda le condizioni in cui versa la casa, potrebbe essere un indizio che la situazione è diventata difficile da gestire.
Nel dubbio, meglio chiedere il parere di un esperto con competenze specifiche. Imporsi semplicemente di cambiare vita potrebbe non essere sufficiente, mentre la terapia cognitivo comportamentale si è dimostrata piuttosto efficace.
Quando la confusione è una scelta
Un conto è l’accumulo seriale, un conto il disordine mirato. Lo stile cluttercore è ostentatamente “massimalista”: scaffali affollati, pareti coperte di memorabilia, mobiletti decorati, pile di cuscini, così tante piante in vaso che le camere da letto sembrano piccole giungle accoglienti. Ne parla la studiosa di design Vanessa Brown su The Conversation, attribuendo la fascinazione delle nuove generazioni per gli interni eccentrici a fattori come la sindrome della capanna vissuta in pandemia, al fascino vittoriano del bric-à-brac e anche al rifiuto dell’estetica fredda e noiosa del minimalismo amato dai millennial.
Si tratta però di un caos controllato, pulito, esteticamente piacevole e curato nei minimi dettagli: collezionisti e amanti del cluttercore accumulano per scelta cosciente e non hanno sensi di colpa al pensiero di disfarsi dei loro oggetti.
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