Email-anxiety: soffri anche tu di stress da posta elettronica?
Quante email ricevete ogni giorno? Ci sono quelle personali e poi quelle di lavoro, di solito numerosissime, anche troppo numerose: queste ultime sono spesso fonte di stress, perché si ha la sensazione de essere travolti dal loro numero esorbitante, dai loro contenuti e di non riuscire a gestirle tutte correttamente. Se anche voi, durante le vostre giornate, vi sentite sopraffatte dal gran numero di messaggi che vi arrivano, sappiate che siete in buona compagnia: lo provano i risultati di una ricerca commissionata dalla piattaforma Babbel all’istituto OnePoll e condotta negli Stati Uniti sull’impatto della posta elettronica e del suo linguaggio sulla vita lavorativa, sul benessere mentale e sul comportamento delle persone. È verosimile che la fotografia che ne emerge non si discosti molto anche dalla realtà nel nostro Paese.
Il 18% degli intervistati ha attualmente più di 1.000 email di lavoro non lette nella propria casella di posta in arrivo e uno su 100 ne ha più di 50.000.
E lo stress si impenna
Fra i dati emersi dalla ricerca, uno dei più significativi è che per 6 lavoratori su 10 l’elevato volume di email ricevute aumenta il livello di stress: il 39% auspica di riceverne meno in futuro e solo il 25% considera questa forma di comunicazione meno invadente, ad esempio, delle telefonate, e non vive come problematico l’aumento del numero di messaggi ricevuti. L’“email anxiety” (nota anche come “apnea da email”) porta a procrastinare l’apertura dei messaggi ricevuti e la fascia di età in cui ci si sente maggiormente preda di questo stato d’animo è quella della Gen-Z: oltre un terzo (36%) degli impiegati appartenenti a questa generazione ha circa 1.000 email non lette.
Un altro aspetto interessante è legato alla natura formale e “irrecuperabile” delle email, se paragonata ad altri strumenti di messaggistica (che beneficiano di una funzione “cancella per tutti” in caso di ripensamenti). Ben il 28% degli intervistati afferma che le email hanno avuto un impatto negativo sulla loro carriera, con quasi 9 persone su 10 (88%) che sostengono di essersi pentite del contenuto di un’email di lavoro subito dopo aver premuto il tasto di invio.
Galateo e posta elettronica
Esteban Touma, esperto culturale e linguistico di Babbel, racconta che nel corso degli ultimi 20 anni, gli atteggiamenti nei confronti delle email sul posto di lavoro e le regole per la loro composizione ed interpretazione si sono progressivamente radicati: ad esempio l’85% degli intervistati sa che lo stile e il linguaggio usato per scrivere le email (rigorosi, formali, educati e gentili) differiscono da quelli del linguaggio quotidiano. Questo porta anche a giudicare severamente i dettagli, come gli errori di battitura (48% del campione) o la firma (79%), e a provare irritazione leggendo messaggi automatici di assenza per ferie (33%), soprattutto se di tono divertente. Quest’ultimo sentimento, una forma di invidia, aumenta nella Gen-Z (48%), che è comunque la principale artefice dello svecchiamento del lessico da email (più di una persona su due ritiene appropriato l’uso di emoji nelle email aziendali). Esteban Touma commenta a tale proposito: «Con le nuove generazioni cresciute sui social, i confini tra la comunicazione online più informale, come l’invio di messaggi scherzosi e pieni di emoji tra amici, e le email sul posto di lavoro si fanno sempre più labili. È naturale». Chissà se contribuirà a rendere meno stressante anche l’uso di questo strumento, indispensabile nella nostra società.
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