Dipendenze: come riconoscere il pericolo. E difendersi
Maniache dello shopping, fanatiche del ritocchino e workaholic spesso hanno in comune la difficoltà nel gestire emozioni negative e stress. Una fragilità che può trasformarsi in una fonte di disagio e di sofferenza
A dare dipendenza non sono solo caffè e sigarette, ma anche quei comportamenti che riescono a far sentire meglio in circostanze stressanti.
Rifugiarsi nel lavoro, nel sesso o nello shopping compulsivo può essere un modo per tenere a bada emozioni spiacevoli, almeno finché le conseguenze di comportamenti sregolati non creano nuove difficoltà.
Ne abbiamo parlato con il dott. Giuseppe Iannone, psicologo, sessuologo e psicoterapeuta.
Un porto sicuro
In una certa misura, è un rischio che corriamo tutti. «Siamo tutti dipendenti da qualcosa o da qualcuno» spiega l’esperto. «Per alcuni è una sostanza, inclusi tè e caffè, per altri una relazione, per altri ancora il lavoro. O i figli, i genitori, il cibo, il sesso… Dipendere da qualcosa o da qualcuno significa spesso cercare un appoggio, un appiglio, un porto sicuro lì dove la fragilità dell’esistenza ci ricorda che non possiamo bastare a noi stessi».
Dipendenza o dipendenze?
Le forme della dipendenza sono davvero molteplici. Quelle da sostanza sono le più conosciute, dalle sostanze psicoattive legali a quelle illegali. Alcuni esperti però ritengono che si possa parlare di dipendenza anche rispetto a determinati comportamenti, con cui si instaura un rapporto poco sano. Dal lavoro al gioco, passando per lo shopping compulsivo, le relazioni, la chirurgia plastica o il sesso.
«Le dipendenze comportamentali o dipendenze senza sostanza, come la dipendenza dal gioco d’azzardo –che insieme al gaming online è per il momento la sola a essere stata inclusa nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) – sono ancora oggetto di accesi dibattiti e sono purtroppo del tutto ignorate sia da molti clinici che dal pubblico generale. Tuttavia, il fatto che le dipendenze comportamentali non siano riconosciute come disturbi mentali non implica che chi ne soffre non esperisca disagio o sofferenza» chiarisce il dott. Iannone.
I punti in comune
«Esistono alcuni fattori che accomunano queste forme di dipendenza a quelle classiche da sostanza. Innanzitutto, la reiterazione del comportamento da cui si diventa gradualmente dipendenti da un punto di vista psicologico. E poi la tolleranza, ovvero il bisogno di spingersi sempre più in là, il craving, ovvero il desiderio irrefrenabile di mettere in atto il comportamento problematico, la perdita di controllo, la negazione di avere un problema e la voglia di continuare nonostante la consapevolezza dei rischi medici, psicologici, psichiatrici e sociali associati a quel comportamento».
Chi è più vulnerabile
Ogni situazione deve essere valutata nel suo contesto, ma esistono alcuni fattori di rischio individuali che possono portare a sviluppare una dipendenza comportamentale. «Sicuramente sono più vulnerabili le persone con livelli bassi di autocontrollo e bassa autostima, ma giocano un ruolo fondamentale anche alcuni fattori ambientali. Per esempio, si è visto che crescere in ambienti poveri di stimoli possa produrre nelle persone comportamenti di dipendenza. Anche la genetica, infine, spiega dal 40% al 60% di questo tipo di comportamenti».
Il ruolo delle emozioni
Anche le emozioni giocano un ruolo determinante nell’orientare il comportamento. «Le emozioni più comunemente associate a queste forme di dipendenza senza sostanza includono noia, rabbia, ansia e tristezza. Anche elevati livelli di stress possono far sì che la persona precipiti in un agito autodistruttivo (come un’abbuffata di cibo, spese eccessive e sconsiderate o un uso smodato della pornografia). È quindi importante riconoscere e intervenire sugli antecedenti che possono scatenare una condotta di questo tipo». Indebitarsi per lo shopping, correre il rischio di rovinarsi il viso con interventi poco ragionati o magari di sviluppare un disturbo alimentare non sono conseguenze da prendere alla leggera.
A chi rivolgersi nel momento del bisogno?
«I servizi per le dipendenze (gli ex Sert, oggi chiamati Serd) sono storicamente stati appannaggio delle tossicodipendenze. La psicoterapia può invece rappresentare un’occasione per fare emergere la problematica che porta a abusare di un determinato comportamento e gli aspetti psicologici che riportano a galla esperienze negative o traumi del passato, più difficili da individuare» conclude l’esperto.
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