29/01/2021

Beata ignoranza: quando è meglio non sapere

Veronica Colella Pubblicato il 29/01/2021 Aggiornato il 29/01/2021

Ci sono occasioni in cui l’ignoranza può diventare strategica. Limita le opzioni a disposizione e ci rende più soddisfate di noi stesse

Young blond beauty enjoying silence, eyes closed

A volte non sentire o non vedere è un atto di autodifesa. Protegge dal senso crescente di insoddisfazione di chi si rende conto che c’è sempre un nuovo livello di benessere a cui aspirare, nuove esperienze da fare o percorsi alternativi che avrebbero potuto renderci più felici.

E ci impedisce di iniziare mille progetti per poi lasciarli a metà, perché a guardarsi intorno c’è sempre qualcosa di più promettente a cui dedicare il nostro tempo.

Ecco perché secondo lo psicologo Benjamin Hardy un pizzico di ignoranza è preferibile e sano.

Il paradosso della libertà

La libertà di scelta di cui godiamo nel XXI secolo è senza precedenti, spiega Hardy in un intervento su Ted Ideas. Molti di noi hanno la possibilità di seguire i propri sogni e le proprie passioni, di fare prove tecniche di convivenza, di cambiare stile di vita e regime alimentare con una facilità che alla generazione dei nostri bisnonni non era concessa. Un privilegio che paghiamo con quella che gli esperti chiamano decision fatigue, ovvero la fatica di dover prendere una decisione dopo l’altra, dalle più banali alle più complesse. Avere troppe opzioni aperte significa impegnare la mente a continui confronti, fino a esaurire del tutto le energie richieste per fare scelte razionali e informate. Così cominciamo a prendere la scorciatoia della scelta d’impulso, che è un po’ come farsi prendere per stanchezza, oppure rimandiamo all’infinito il momento di decidere nel timore di fare la scelta sbagliata. La responsabilità di scegliere l’università o il tirocinio giusto, il partner perfetto, la carriera ideale è soltanto nostra, un peso che rischia di diventare insopportabile.

Scegliere di non sapere

Il consiglio di Hardy è di superare questo paradosso abituandoci a chiudere qualche porta alle nostre spalle. Sicuramente ci sarà qualche opportunità meravigliosa che ci sfuggirà per sempre, ma ci saranno anche situazioni molto stupide in cui avremo evitato di impelagarci semplicemente non sapendo che quella scelta (tragicamente sbagliata, nonostante al momento fosse travestita da buona idea) era a nostra disposizione. Indossare volontariamente dei paraocchi impedisce di auto-sabotarsi con sussulti di indecisione o di lasciarsi fuorviare dall’opinione degli altri su cosa sia meglio per noi, conservando la determinazione necessaria per portare a termine i nostri obiettivi. In più, dare un limite alla complessità è necessario anche per godersi la vita. A volte non sapere che qualcosa di più divertente sta succedendo altrove ci permette di apprezzare quello che stiamo vivendo, incluse le piccole gioie quotidiane che rischiano di essere sminuite da continui confronti con l’erba del vicino.

Quando essere ricettive

Questa forma di ignoranza strategica, precisa Hardy, non vuole essere un elogio della chiusura mentale. L’invito è quello di imparare a evitare le distrazioni inutili, tenendo al minimo il rumore di fondo. Rimanere concentrati non è solo questione di forza di volontà, ma richiede di ignorare ad arte quello che non ci serve sapere al momento. Il trucco è imparare a distinguere tra quello che ci arricchisce e quello di cui potremmo fare a meno, senza rinunciare a imparare cose nuove o a prestare ascolto alle critiche costruttive che aiutano a crescere.