08/12/2020

Pensa positivo, ma senza forzature

Veronica Colella Pubblicato il 08/12/2020 Aggiornato il 08/12/2020
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Un conto è utilizzare il pensiero positivo in maniera strategica, un altro è trasformare la positività in una performance a beneficio degli altri o in una bugia che si racconta a se stessi. In queste occasioni anche i social diventano una vetrina in cui mostriamo al mondo solo cose belle, alimentando aspettative irragionevoli su cosa significhi davvero essere felici o avere successo. Un atteggiamento che alla lunga rende ancora più fragili.

Felici sì, ma non sempre

Molti autori ritengono che la libertà di essere di tanto in tanto apertamente infelici o imperfetti andrebbe riconquistata. Se pretendiamo di sentire “solo vibrazioni positive” non lasciamo molto spazio alla complessità dell’esistenza. Il lato più ironico di tutta questa fissazione sulla positività, scrive Mark Manson nel suo La sottile arte di fare quello che c***o ti pare (Newton Compton), è che serve solo “a ricordarci di continuo cosa non siamo, cosa ci manca, cosa saremmo dovuti diventare se non avessimo fallito”.

Chi è felice per davvero non ha bisogno di ripeterselo davanti allo specchio.  E rimuovere ogni traccia di emozioni negative può innescare un “ciclo di risposta infernale” che amplifica quello che cerchiamo di non sentire.

Dopotutto, gli fa eco Oliver Burkeman, è così che Dostoevskij tormentava suo fratello: avete mai provato a dire a qualcuno di non pensare a un orso bianco per un minuto intero? Quando ci vietiamo di sentirci soli, tristi, ansiosi o arrabbiati stiamo facendo la stessa cosa.

Il ruolo della rete

In una cultura in cui siamo abituati a mostrare e condividere ogni momento della nostra vita, la realtà finisce inevitabilmente per subire qualche ritocchino. Anche chi è consapevole di questi meccanismi di tanto in tanto cade in tentazione, perché è gratificante mostrarsi al meglio anche quando ci si sente giù di tono. Sui social infatti “viene comunicato ciò che è positivo, ciò che può accrescere la propria immagine, aumentare il ranking. Per questo ciò che è negativo viene eliminato e nascosto e la realtà va aggiustata per entrare meglio in uno scatto, filtrata perché rimanga soltanto ciò che è performativo”, scrivono i filosofi Maura Gancitano e Andrea Colamedici in La società della performance (Tlon). Così facendo però diventiamo sempre meno autentici, praticando una forma di autocensura: chiediamo a una parte di noi stessi di smettere di esistere, rifiutandoci di comprenderla e di accettarla.

Ogni emozione ha il suo valore

Quello che nessuno ci dice mai, spiega la psicologa Lisa Firestone sulla rivista Psychology Today, è che non è possibile diventare insensibili in maniera selettiva. Proibirsi di sentire dolore rende anche la gioia meno intensa, discorso applicabile anche all’amore, alla passione, al calore, al desiderio e a tutte le emozioni che rendono la vita degna di essere vissuta. È vero che bisogna evitare di ruminare ossessivamente su quello che non funziona o sui torti subiti, ma questo non significa che provare sentimenti negativi sia di per sé inaccettabile. Anzi, reprimere le emozioni serve solo a imbottigliarle sotto la superficie. Il modo più sano di affrontarle è lasciarle fluire e dissipare, come un’onda che ci attraversa. Altrimenti rischiamo che il tappo salti nel momento meno opportuno, magari scaricando tutta questa negatività su qualcun altro.