Vampiri emotivi: maneggiare con cura
I vampiri emotivi sono tra noi. Anzi, a volte siamo noi: il problema è che non ce ne accorgiamo
Quando si passa del tempo in compagnia di un vampiro emotivo, ogni minuto può durare un’eternità. Sono relazioni che ti lasciano svuotata, confusa e con un vago senso di malessere che può essere curato solo con dei carboidrati complessi. A differenza dei vampiri psichici – ovvero quel collega o quell’amico capace di portarti al limite della frustrazione a forza di dettagli pedanti, domande inopportune o continue lamentele – i vampiri emotivi sono più pericolosi e seducenti.
Piacevoli finché non si sentono minacciati: solitamente dalla noia, dall’incertezza o dalle responsabilità della vita adulta.
Come riconoscerli
A rendere popolare il termine “vampiro emotivo” è lo psicologo americano Albert Bernstein, autore di un libro di auto-aiuto che sfata il mito del mostro (Emotional Vampires: How to deal with people who drain you dry, 2012). Per la maggior parte del tempo, infatti, i vampiri emotivi si comportano come adulti responsabili e persino equilibrati. Alcuni potrebbero addirittura essere inconsapevoli dei loro lati oscuri. Peccato che questo non li renda meno deleteri per il benessere di chi hanno intorno.
Ci sono vampiri con tendenze antisociali, amanti dei party, del sesso e di ogni attività stimolante, brillanti nei colloqui e irresistibili nelle relazioni salvo poi rivelarsi completamente inaffidabili. I loro cugini prossimi sono i vampiri-istrionici, quelli che vivono per l’approvazione e l’attenzione degli altri, incapaci di ammettere i loro errori e drama queen per natura.
Poi ci sono i vampiri-narcisisti – quelli con l’aspirazione di essere i migliori in tutto e la tendenza a ritenersi al di sopra delle regole – quelli ossessivo-compulsivi che pretendono di avere controllo su ogni aspetto dell’esistenza, impossibili da accontentare o da convincere a uscire dal seminato, e infine quelli paranoici, eternamente diffidenti e con la tendenza a fare di ogni sassolino una montagna.
Comprensive sì, succubi no
Essere vampiri emotivi non significa essere persone cattive, solo immature. Su questo punto Bernstein è molto chiaro: sono tratti della personalità che in una certa misura abbiamo tutti, chi più e chi meno. La differenza è che i vampiri emotivi faticano a considerare le altre persone individui dotati di bisogni e sentimenti, ma tendono a vederle come potenziali risorse per soddisfare le loro necessità.
La buona notizia è che non sempre è necessario o consigliabile escluderli dalla propria vita, a volte basta riportare un po’ di equilibrio in una relazione sbilanciata. Amore e comprensione aiutano, ma è importante stabilire dei limiti, essere coerenti, tenere al minimo gli spiegoni (a cui sono generalmente poco ricettivi), premiare i comportamenti positivi e ignorare i tentativi di provocazione. E occasionalmente prendersi delle pause per ripristinare le energie.
Se il vampiro è dentro di te
Riconoscersi nell’identikit del vampiro è un buon segno, significa che si è pronti a crescere. Lavorando sui lati della personalità che tendono a sfuggire di mano e sabotare relazioni importanti, o a sminuire l’impegno e la passione dimostrata nei momenti di serenità interiore.
Per esempio, impegnandosi per riconoscere e poi per tenere sotto controllo la tendenza a volere tutto e subito, a ignorare il punto di vista degli altri e dare per scontato di essere sempre mosse dalle migliori intenzioni, o magari a lasciarsi prendere dalle emozioni fino a toccare vette teatrali che si trasformano in scenate distruttive.
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