ZELBORAF 56CPR RIV 240MG
3.425,81 €
Prezzo indicativo
Data ultimo aggiornamento: 19/06/2013
Vemurafenib è indicato, in monoterapia, per il trattamento di pazienti adulti con melanoma inoperabile o metastatico, positivo alla mutazione del BRAF V600 (vedere paragrafo 5.1).
Ogni compressa contiene 240 mg di vemurafenib (in forma di co-precipitato di vemurafenib e ipromellosa acetato succinato). Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Controindicazioni
- Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.
Posologia
- Il trattamento con vemurafenib deve essere iniziato e supervisionato da un medico qualificato, esperto nell’uso di medicinali antitumorali.
Prima di iniziare la terapia con vemurafenib, si deve accertare la presenza della mutazione BRAF V600 nel tessuto tumorale dei pazienti, mediante un test validato (vedere paragrafi 4.4 e 5.1).Posologia La dose raccomandata di vemurafenib è di 960 mg (4 compresse da 240 mg), due volte al giorno, (equivalente ad un dosaggio giornaliero complessivo di 1.920 mg).
Vemurafenib può essere assunto con o senza cibo, tuttavia deve essere evitata una costante assunzione di entrambe le dosi giornaliere a stomaco vuoto (vedere paragrafo 5.2).
Durata del trattamento Il trattamento con vemurafenib deve protrarsi fino alla progressione di malattia o allo sviluppo di un livello inaccettabile di tossicità (vedere la tabella 1 e 2 di seguito riportate).Dimenticanza di dosi Qualora venga dimenticata una dose, è possibile assumerla fino a 4 ore prima della dose successiva, al fine di mantenere il regime di due volte al giorno.
Non si devono assumere due dosi contemporaneamente.
Vomito In caso di vomito dopo la somministrazione di vemurafenib, il paziente non deve assumere una dose supplementare del medicinale ed il trattamento deve essere continuato come al solito.
Adeguamenti della posologia È possibile che la gestione di reazioni avverse da farmaco o il prolungamento dell’intervallo QTc richiedano una riduzione della dose, l’interruzione temporanea e/o la cessazione del trattamento (vedere tabelle 1 e 2).
Non sono raccomandati adeguamenti della posologia che comportino una dose inferiore a 480 mg due volte al giorno.
Qualora il paziente sviluppi un carcinoma cutaneo a cellule squamose (cuSCC), si raccomanda di continuare il trattamento senza modificare la dose di vemurafenib (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
Tabella 1: Schema di modifica della dose in base al grado di qualsiasi evento avverso (AE)
(a) L’intensità degli eventi avversi clinici è valutata secondo i Comuni Criteri della Terminologia per gli Eventi Avversi v4.0 (CTC-AE).Grado (CTC-AE) (a) Modifica della dose raccomandata Grado 1 o Grado 2 (tollerabile) Mantenere vemurafenib a una dose di 960 mg due volte al giorno. Grado 2 (intollerabile) o Grado 3 1a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 2 o 3 Interrompere il trattamento fino al grado 0-1.
Riprendere alla dose di 720 mg, due volte al giorno (o 480 mg, due volte al giorno, se la dose è già stata ridotta).2a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 2 o 3, o persistenza dopo l’interruzione del trattamento Interrompere il trattamento fino al grado 0-1.
Riprendere alla dose di 480 mg due, volte al giorno (o interrompere definitivamente, se la dose è già stata diminuita a 480 mg, due volte al giorno).3a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 2 o 3, o persistenza dopo la 2a riduzione della dose Sospendere definitivamente. Grado 4 1a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 4 Sospendere definitivamente o interrompere il trattamento con vemurafenib fino al grado 0-1.
Riprendere alla dose di 480 mg due, volte al giorno (o interrompere definitivamente se la dose è già stata ridotta a 480 mg, due volte al giorno).2a manifestazione di qualsiasi evento avverso di grado 4 o persistenza di qualsiasi evento avverso di grado 4 dopo la 1a riduzione della dose Sospendere definitivamente.
Un prolungamento dell’intervallo QT, dipendente dall’esposizione, è stato osservato in uno studio non controllato, in aperto, di fase II, in pazienti che avevano già ricevuto trattamenti per il melanoma metastatico.
È possibile che la gestione del prolungamento dell’intervallo QTc richieda misure di monitoraggio specifiche (vedere paragrafo 4.4).
Tabella 2: Schema di modifica della dose in base al prolungamento dell’intervallo QT
Popolazioni speciali Anziani Non è richiesta alcuna correzione speciale della dose in pazienti di età > 65 anni.Valore QTc Modifica della dose raccomandata QTc>500 ms al basale Trattamento non raccomandato. L’aumento del QTc soddisfa sia valori > 500 ms che variazione >60 ms, rispetto ai valori di pre-trattamento Sospendere definitivamente. 1a manifestazione del QTc >500 ms durante il trattamento e variazione rispetto al valore di pre-trattamento che rimane <60 ms Interrompere temporaneamente il trattamento fino a quando il valore di QTc non scende al di sotto di 500 ms.
Vedere le misure di monitoraggio al paragrafo 4.4.
Riprendere alla dose di 720 mg due volte al giorno (o 480 mg due volte al giorno, se la dose è già stata ridotta).2a manifestazione del QTc >500 ms durante il trattamento e variazione rispetto al valore di pre-trattamento che rimane <60 ms Interrompere temporaneamente il trattamento fino a quando il valore di QTc non scende al di sotto di 500 ms.
Vedere le misure di monitoraggio al paragrafo 4.4.
Riprendere alla dose di 480 mg due volte al giorno (o interrompere definitivamente, se la dose è già stata diminuita a 480 mg due volte al giorno).3a manifestazione del QTc >500 ms durante il trattamento e variazione rispetto al valore di pre-trattamento che rimane <60 ms Sospendere definitivamente.
Compromissione renale Nei pazienti con compromissione renale sono disponibili dati limitati.
Nei pazienti con severa compromissione renale non è possibile escludere il rischio di un’aumentata esposizione.
I pazienti con severa compromissione renale devono essere monitorati attentamente (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).
Compromissione epatica Nei pazienti con compromissione epatica, sono disponibili dati limitati.
Dal momento che vemurafenib viene eliminato a livello epatico, è possibile che i pazienti con compromissione epatica da moderata a severa possano avere un’aumentata esposizione e pertanto devono essere monitorati attentamente (vedere paragrafi 4.4 e 5.2).
Popolazione pediatrica Nei bambini di età inferiore a 18 anni, la sicurezza e l’efficacia di vemurafenib non sono state stabilite.
I dati al momento disponibili sono riportati nei paragrafi 4.8, 5.1 e 5.2, ma non può essere fatta alcuna raccomandazione riguardante la posologia.
Pazienti non caucasici In pazienti non caucasici, la sicurezza e l’efficacia di vemurafenib non sono state stabilite.
Non ci sono dati disponibili.
Modo di somministrazione Vemurafenib è per uso orale.
Le compresse devono essere inghiottite intere con acqua.
Non devono essere masticate o schiacciate. Avvertenze e precauzioni
- Prima di iniziare la terapia con vemurafenib, si deve accertare la presenza della mutazione BRAF V600 nel tessuto tumorale dei pazienti, mediante un test validato.
In pazienti con tumori che esprimono mutazioni rare del BRAF, diverse da V600E e V600K, l’efficacia e la sicurezza di vemurafenib non sono state dimostrate in modo convincente (vedere paragrafo 5.1).
Vemurafenib non deve essere usato in pazienti con melanomi maligni BRAF “ceppo selvatico” (wild-type).
Reazione di ipersensibilità Sono state segnalate gravi reazioni di ipersensibilità associate a vemurafenib, compresa l’anafilassi (vedere paragrafi 4.3 e 4.8).
Tra le reazioni di ipersensibilità severe possono essere incluse la sindrome di Stevens-Johnson, eruzione cutanea generalizzata, eritema o ipotensione.
In pazienti che manifestano reazioni di ipersensibilità severe, occorre interrompere definitivamente il trattamento con vemurafenib.
Reazioni dermatologiche Durante lo studio clinico registrativo, nei pazienti trattati con vemurafenib sono state osservate reazioni dermatologiche severe, tra cui rari casi di sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica.
Reazioni al farmaco, con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS), sono stati osservati in associazione a vemurafenib, successivamente alla commercializzazione (vedere paragrafo 4.8).
Nei pazienti che manifestano una reazione dermatologica severa, il trattamento con vemurafenib deve essere definitivamente interrotto.
Potenziamento della tossicità da radiazioni In pazienti trattati con radioterapia, prima, durante o successivamente al trattamento con vemurafenib, sono stati osservati casi di reazioni da richiamo e di sensibilizzazione da radiazioni.
La maggior parte dei casi erano di natura cutanea, ma alcuni casi che hanno visto l’interessamento di organi viscerali, hanno avuto esito fatale (vedere paragrafi 4.5 e 4.8) Vemurafenib deve essere usato con cautela quando somministrato in concomitanza o successivamente a radioterapia.
Prolungamento dell’intervallo QT Un prolungamento dell’intervallo QT, dipendente dall’esposizione, è stato osservato in uno studio non controllato, in aperto, di fase II, su pazienti che avevano già ricevuto trattamenti per il melanoma metastatico (vedere paragrafo 4.8).
Il prolungamento dell’intervallo QT può tradursi in un aumento del rischio di aritmie ventricolari, compresa la Torsione di punta.
Il trattamento con vemurafenib va evitatoin pazienti con anomalie degli elettroliti (compreso il magnesio) non correggibili, sindrome del QT lungo, oppure che stanno assumendo medicinali noti per allungare l’intervallo QT.
In tutti i pazienti, si devono monitorare l’elettrocardiogramma (ECG) e gli elettroliti (compreso il magnesio), prima del trattamento con vemurafenib, dopo un mese di trattamento e dopo la correzione della dose.
In particolare, nei pazienti con compromissione epatica da moderata a severa, si raccomanda un ulteriore monitoraggio, con cadenza mensile durante i primi 3 mesi di trattamento, successivamente ogni 3 mesi o con frequenza maggiore se dettato da necessità cliniche.
Non si raccomanda di iniziare un trattamento con vemurafenib in pazienti con QTc>500 millisecondi (ms).
Se durante il trattamento il QTc supera 500 ms, si deve interrompere temporaneamente il trattamento con vemurafenib, correggere le anomalie degli elettroliti (compreso il magnesio) e controllare i fattori di rischio cardiaci per il prolungamento dell’intervallo QT (ad es., insufficienza cardiaca congestizia, bradiaritmie).
Il trattamento deve essere ripreso una volta che il QTc sarà sceso al di sotto di 500 ms, e ad una dose inferiore, come descritto nella Tabella 2.
Nel caso in cui l’aumento del tratto QTc abbia un valore sia >500 ms che >60 ms rispetto ai valori pre-trattamento, si raccomanda di interrompere definitivamente la somministrazione di vemurafenib.
Reazioni oftalmologiche Sono state osservate gravi reazioni oftalmologiche, comprese uveite, irite e occlusione della vena retinica.
I pazienti devono essere monitorati periodicamente per individuare eventuali reazioni oftalmologiche.
Carcinoma cutaneo a cellule squamose (cuSCC) In pazienti trattati con vemurafenib, sono stati segnalati casi di cuSCC (compresi quelli classificati come cheratoacantoma o cheratoacantoma sottotipo misto) (vedere paragrafo 4.8).
Su tutti i pazienti, si raccomanda di effettuare una valutazione dermatologica prima di iniziare la terapia e di monitorarli routinariamente durante il trattamento.
Ogni eventuale lesione cutanea sospetta deve essere asportata, sottoposta a valutazione dermatopatologica e trattata secondo gli standard di assistenza in vigore a livello locale.
Il medico che ha effettuato la prescrizione deve esaminare il paziente per cuSCC, durante il trattamento, con cadenza mensile e fino ai sei mesi successivi alla sospensione della terapia.
Nei pazienti che sviluppano cuSCC, si raccomanda di continuare il trattamento senza correzione della dose.
Il monitoraggio deve continuare per i 6 mesi successivi all’interruzione di vemurafenib o fino all’inizio di un’altra terapia antineoplastica.
I pazienti devono essere istruiti a informare il medico nel caso in cui dovessero verificarsi alterazioni cutanee.
Carcinoma non cutaneo a cellule squamose (non-cuSCC) In studi clinici, dove i pazienti sono stati trattati con vemurafenib, sono stati segnalati casi di non-cuSCC.
I pazienti devono essere sottoposti all’esame della testa e del collo, consistente in almeno un’ispezione visiva della mucosa orale e nella palpazione dei linfonodi, prima di cominciare il trattamento e ogni 3 mesi durante il trattamento.
Inoltre, i pazienti devono essere sottoposti a scansione mediante Tomografia Computerizzata (TC) del torace, prima del trattamento e ogni 6 mesi durante il trattamento.
Si raccomandano esami anali e pelvici (per le donne) prima e alla fine del trattamento o quando considerato clinicamente indicato.
Successivamente alla sospensione di vemurafenib, il monitoraggio di non-cuSCC deve continuare per un massimo di 6 mesi o fino all’inizio di un’altra terapia antineoplastica.
I rilevamenti anomali devono essere gestiti secondo la pratica clinica.
Nuovo melanoma primario Negli studi clinici, sono stati segnalati nuovi melanomi primari.
I casi sono stati gestiti mediante asportazione locale e i pazienti hanno proseguito il trattamento senza correzione della dose.
Per il carcinoma cutaneo a cellule squamose, il monitoraggio delle lesioni cutanee deve essere effettuato come descritto in precedenza.
Altri tumori Sulla base del meccanismo d’azione, vemurafenib può causare progressione di tumori associati alle mutazioni di RAS (vedere paragrafo 4.8).
In pazienti con un pregresso o concomitante tumore, associato alla mutazione di RAS, occorre considerare attentamente i benefici e i rischi prima della somministrazione di vemurafenib.
Pancreatite In soggetti trattati con vemurafenib, sono stati osservati casi di pancreatite.
Un dolore addominale di eziologia non certa, deve essere prontamente indagato (anche con la misurazione di amilasi e lipasi nel siero).
I pazienti devono essere strettamente monitorati quando riprendono il trattamento con vemurafenib, dopo un episodio di pancreatite.
Danni epatici Con vemurafenib, sono stati segnalati casi di danno epatico, inclusi casi di danno epatico severo (vedere paragrafo 4.8).
Si devono misurare gli enzimi epatici (transaminasi e fosfatasi alcalina) e la bilirubina, prima di cominciare il trattamento e monitorare, con cadenza mensile, durante il trattamento o, comunque, in accordo alle necessità cliniche.
Le anomalie nei risultati di laboratorio devono essere gestite mediante riduzione della dose, sospensione del trattamento o con la definitiva interruzione del trattamento (vedere paragrafi 4.2 e 4.8).
Tossicità renale Con vemurafenib è stata osservata tossicità renale, da un aumento della creatinina sierica fino a nefrite interstiziale acuta e necrosi tubulare acuta.
La creatinina sierica deve essere misurata prima dell’inizio del trattamento e monitorata durante il trattamento, in accordo alle necessità cliniche (vedere paragrafi 4.2 e 4.8).
Compromissione epatica Nei pazienti con compromissione della funzionalità epatica, non è necessaria alcuna correzione della dose iniziale.
I pazienti con compromissione epatica lieve, dovuta a metastasi epatiche, senza iperbilirubinemia, possono essere monitorati secondo le raccomandazioni generali.
Sono disponibili solo dati molto limitati in pazienti con compromissione epatica da moderata a severa.
I pazienti con compromissione epatica da moderata a severa possono incorrere in un’aumentata esposizione (vedere paragrafo 5.2).
Pertanto, è necessario un attento monitoraggio, in particolare dopo le prime settimane di trattamento, perché si può verificare un accumulo in un periodo di tempo prolungato (diverse settimane).
Si raccomanda, inoltre, il monitoraggio con ECG, a cadenza mensile durante i primi tre mesi.
Compromissione renale Nei pazienti con compromissione renale lieve o moderata, non è necessaria alcuna correzione della dose iniziale.
Sono disponibili solo dati limitati in pazienti con compromissione renale severa (vedere paragrafo 5.2).
Vemurafenib deve essere utilizzato con cautela nei pazienti con compromissione renale severa, che devono essere monitorati attentamente.
Fotosensibilità In pazienti a cui è stato somministrato vemurafenib, negli studi clinici, e stata osservata fotosensibilità, da lieve a severa (vedere paragrafo 4.8).
A tutti i pazienti deve essere consigliato di evitare l’esposizione al sole durante la terapia con vemurafenib.
Durante la terapia con il medicinale, ai pazienti deve essere consigliato di indossare indumenti protettivi e di utilizzare una protezione solare ad ampio spettro contro gli ultravioletti A (UVA)/ultravioletti B (UVB) e burro di cacao per le labbra (fattore di protezione ≥ 30), quando si trovano all’aperto, per proteggersi dalle scottature solari.
Per fotosensibilità di grado 2 (intollerabile) o maggiore, si consiglia di apportare modifiche alla dose (vedere paragrafo 4.2).
Contrattura di Dupuytren e fibromatosi della fascia plantare Con l’utilizzo di vemurafenib sono stati segnalati casi di contrattura di Dupuytren e fibromatosi della fascia plantare.
La maggior parte dei casi è stata di severità da lieve a moderata, ma sono stati segnalati anche casi di contrattura di Dupuytren severi ed invalidanti (vedere paragrafo 4.8).
Gli eventi devono essere gestiti attraverso una riduzione della dose, con la sospensione temporanea o l’interruzione definitiva del trattamento (vedere paragrafo 4.2).
Effetti di vemurafenib su altri medicinali Vemurafenib può aumentare l’esposizione plasmatica di medicinali prevalentemente metabolizzati dal citocromo CYP1A2 e diminuire l’esposizione plasmatica di medicinali prevalentemente metabolizzati dal citocromo CYP3A4.
L’uso concomitante di vemurafenib ed agenti metabolizzati da CYP1A2 e CYP3A4 con ridotte finestre terapeutiche, non è raccomandato.
Per i medicinali prevalentemente metabolizzati mediante CYP1A2 o CYP3A4, si devono considerare correzioni della dose, sulla base delle loro finestre terapeutiche, prima di trattare in concomitanza con vemurafenib (vedere paragrafi 4.5 e 4.6).
Quando si usa vemurafenib in concomitanza con warfarin, fare attenzione e considerare l’ipotesi di effettuare un ulteriore monitoraggio dell’INR (rapporto internazionale normalizzato).
Vemurafenib può aumentare l'esposizione plasmatica di medicinali che sono substrati della P-gp (glicoproteina-P).
Quando vemurafenib viene somministrato in concomitanza con substrati della P-gp, occorre prestare cautela.
Può essere considerata una riduzione della dose e/o un monitoraggio addizionale dei livelli di medicinali, con ristretto indice terapeutico, substrati della P-gp (NTI) (ad es., digossina, dabigatran etexilato, aliskiren), quando tali medicinali sono usati in concomitanza con vemurafenib (vedere paragrafo 4.5).
Effetti di altri medicinali su vemurafenib La somministrazione concomitante di forti induttori di CYP3A4, P-gp e glucoronidazione (ad es., rifampicina, rifabutina, carbamazepina, fenitoina o erba di San Giovanni [ipericina]), deve essere evitata, quando possibile, perchè può portare ad una ridotta esposizione di vemurafenib (vedere paragrafo 4.5).
Per mantenere l’efficacia di vemurafenib, si deve considerare un trattamento alternativo provvisto di minore potenziale di induzione.
Deve essere usata cautela quando vemurafenib viene somministrato con forti inibitori del CYP3A4/P-gp.
I pazienti devono essere monitorati attentamente per gli eventi avversi e, se clinicamente indicato, si deve considerare un aggiustamento della dose (vedere Tabella 1 al paragrafo 4.2).
Co-somministrazione con ipilimumab In uno studio di Fase I, a seguito della co-somministrazione di ipilimumab (3 mg/kg) e vemurafenib (960 mg BID or 720 mg BID), è stato osservato l’aumento asintomatico di grado 3 delle transaminasi (ALT/AST >5x ULN) e della bilirubina (bilirubina totale >3x ULN).
Sulla base di questi dati preliminari, la somministrazione di ipilimumab e vemurafenib non è raccomandata. Interazioni
- Effetti di vemurafenib sugli enzimi farmaco-metabolizzanti I risultati di uno studio di interazione farmacologica, in vivo, condotto su pazienti affetti da melanoma metastatico, hanno dimostrato che vemurafenib è un inibitore moderato del CYP1A2 e un induttore del CYP3A4.
L’uso concomitante di vemurafenib con agenti metabolizzati da CYP1A2 e con ridotte finestre terapeutiche (ad es., agomelatina, alosetron, duloxetina, melatonina, ramelteon, tacrina, tizanidina, teofillina) non è raccomandato.
Se la co-somministrazione non può essere evitata, occorre prestare cautela, in quanto vemurafenib può incrementare l’esposizione plasmatica di farmaci che sono substrati del CYP1A2.
Se clinicamente indicato, è possibile valutare una riduzione della dose del farmaco concomitante, substrato del CYP1A2.
In uno studio clinico, la co-somministrazione di vemurafenib ha incrementato l’esposizione plasmatica (AUC) della caffeina (substrato del CYP1A2) di 2,6 volte.
In un altro studio clinico, vemurafenib ha aumentato Cmax e AUCinf di una singola dose da 2 mg di tizanidina (substrato del CYP1A2) approssimativamente di 2,2 volte e di 4,7 volte, rispettivamente.
L’uso concomitante di vemurafenib ed agenti metabolizzati dal CYP3A4, con ristrette finestre terapeutiche, non è raccomandato.
Se la co-somministrazione non può essere evitata, occorre considerare che vemurafenib può ridurre la concentrazione plasmatica dei substrati del CYP3A4 e in tal modo la loro efficacia può essere alterata.
Su questa base, l’efficacia delle pillole contraccettive metabolizzate dal CYP3A4, usate in concomitanza con vemurafenib, può essere ridotta.
Per i substrati con ristretto indice terapeutico, possono essere considerate correzioni della dose, se clinicamente indicato (vedere paragrafi 4.4 e 4.6).
In uno studio clinico, la co-somministrazione di vemurafenib ha ridotto l’AUC di midazolam (substrato del) di circa il 39% (massima riduzione fino all’80%).
Con una concentrazione di vemurafenib di 10 mcM, si è osservata, in vitro, una lieve induzione del CYP2B6, causata dal medicinale.
Al momento non è noto se vemurafenib, a un livello plasmatico di 100 mcM, osservato in pazienti allo stato stazionario (approssimativamente 50 mcg/ml), possa diminuire le concentrazioni plasmatiche di substrati del CYP2B6, ad es., il bupropione, somministrati in concomitanza.
La co-somministrazione di vemurafenib ha incrementato l’AUC di S-warfarin (substrato del CYP2C9), del 18% Durante l’uso concomitante di vemurafenib e warfarin occorre prestare cautela e valutare un ulteriore monitoraggio dell’INR (rapporto internazionale normalizzato) (vedere paragrafo 4.4).
Vemurafenib, in vitro, inibisce moderatamente CYP2C8.
La rilevanza in vivo di questo dato non è nota, ma non si può escludere il rischio di un effetto clinicamente rilevante, in caso di somministrazione concomitante dei substrati di CYP2C8.
La somministrazione concomitante di substrati del CYP2C8, con una ridotta finestra terapeutica, deve essere effettuata con cautela, in quanto vemurafenib può aumentare le loro concentrazioni.
In considerazione della lunga emivita di vemurafenib, il completo effetto inibitorio di vemurafenib su un medicinale concomitante può non essere osservato prima di 8 giorni di trattamento con vemurafenib.
Al termine del trattamento con vemurafenib, può essere necessario un periodo di washout di 8 giorni per evitare interazioni con un trattamento successivo.
Radioterapia In pazienti trattati con vemurafenib, è stato osservato un potenziamento della tossicità da radioterapia (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
Nella maggior parte dei casi i pazienti avevano ricevuto regimi di radioterapia con dosi maggiori o uguali a 2Gy/giorno (regimi ipofrazionati).
Effetti di vemurafenib sui sistemi di trasporto dei farmaci Studi in vitro hanno dimostrato che vemurafenib è un inibitore dei trasportatori di efflusso P-glicoproteina (P-gp) e proteina resistente al cancro della mammella (BCRP).
Uno studio di interazione farmacologica clinica ha dimostrato che dosi orali multiple di vemurafenib (960 mg, due volte al giorno), hanno aumentato l'esposizione di una singola dose orale del substrato P-gp digossina, approssimativamente di 1,8 e 1,5 volte per AUClast e Cmax della digossina, rispettivamente.
Deve essere prestata cautela nel dosaggio di vemurafenib, quando usato in concomitanza con substrati della P-gp (ad es., aliskiren, ambrisentan, colchicina, dabigatran etexilato, digossina, everolimus, fexofenadina, lapatinib, maraviroc, nilotinib, posaconazolo, ranolazina, sirolimus, sitagliptin, talinololo, topotecan) e, se clinicamente indicato, può essere presa in considerazione una riduzione della dose del medicinale somministrato in concomitanza.
Bisogna considerare un monitoraggio addizionale dei livelli di medicinali substrati di P-gp, con un indice ristretto terapeutico (ad es., digossina, dabigatran etexilato, aliskiren) (vedere paragrafo 4.4).
Gli effetti di vemurafenib sui medicinali che sono substrati di BCRP non sono noti.
Non si può escludere che vemurafenib possa aumentare l’esposizione di medicinali trasportati dal BCRP (ad es., metotrexato, mitoxantrone, rosuvastatina).
Molti medicinali antitumorali sono substrati del BCRP e pertanto esiste un rischio teorico di interazione con vemurafenib.
I possibili effetti di vemurafenib su altri trasportatori, al momento, non sono noti.
Effetti dei medicinali concomitanti su vemurafenib Studi in vitro indicano che il metabolismo del CYP3A4 e la glucuronidazione, sono responsabili del metabolismo di vemurafenib.
L’escrezione biliare sembra essere un’altra via importante di eliminazione.
Studi in vitro hanno dimostrato che vemurafenib è un substrato dei trasportatori di efflusso della P-gp e BCRP.
Al momento non è noto se vemurafenib è un substrato anche di altre proteine di trasporto.
La somministrazione concomitante di forti inibitori o induttori del CYP3A4 o inibitori/induttori dell’attività della proteina di trasporto, può alterare le concentrazioni di vemurafenib.
La somministrazione concomitante di itraconazolo, un forte inibitore del CYP3A4/Pgp, ha incrementato l’AUC di vemurafenib allo stato stazionario del 40% circa.
Vemurafenib deve essere utilizzato con cautela, quando somministrato in associazione con forti inibitori del CYP3A4, della glucuronidazione e/o delle proteine di trasporto (ad es., ritonavir, saquinavir, telitromicina, ketoconazolo, itraconazolo, voriconazolo, posaconazolo, nefazodone, atazanavir).
Pazienti co-trattati con questi agenti devono essere monitorati attentamente per gli eventi avversi e, se clinicamente indicato, si deve considerare un aggiustamento della dose (vedere Tabella 1 al paragrafo 4.2).
In uno studio clinico, la somministrazione concomitante di una singola dose di 960 mg di vemurafenib con rifampicina, ha ridotto significativamente (40% circa) l’esposizione plasmatica di vemurafenib.
La somministrazione concomitante di forti induttori di P-gp, glucuronidazione e/o CYP3A4 (ad es., rifampicina, rifabutina, carbamazepina, fenitoina, erba di San Giovanni [Hypericum perforatum]), può portare a un’esposizione subottimale a vemurafenib, pertanto deve essere evitata.
Gli effetti degli inibitori di P-gp e BCPR che non sono anche forti inibitori del CYP3A4 non sono noti.
Non è possibile escludere che la farmacocinetica di vemurafenib possa essere compromessa da alcuni medicinali attraverso l’influenza sulla P-gp (ad es., verapamil, ciclosporina, chinidina,) o BCRP (ad es., ciclosporina, gefitinib). Effetti indesiderati
- Riassunto del profilo di sicurezza Le più comuni reazioni avverse da farmaco (ADR), di qualsiasi grado (> 30%), segnalate con vemurafenib, comprendono, artralgia, stanchezza, eruzione cutanea, reazione di fotosensibilità, alopecia, nausea, diarrea, cefalea, prurito, vomito, papilloma della cute e ipercheratosi.
Le ADR più comuni (≥ 5%), di grado 3, sono state cuSCC, cheratoacantoma, eruzione cutanea, artralgia gamma-glutamil transferasi (GGT) aumentata.
Il più comune trattamento di CuSCC è stato mediante asportazione locale.
Tabella riassuntiva delle reazioni avverse Le ADR che sono state segnalate in pazienti con melanoma sono elencate qui di seguito, secondo la classificazione MedDRA per sistemi e organi, frequenza e ordine di gravità.
Per la classificazione della frequenza ci si è avvalsi della seguente convenzione: Molto comune ≥ 1/10 Comune ≥ 1/100, < 1/10 Non comune ≥ 1/1.000, < 1/100 Raro ≥ 1/10.000, < 1/1.000 Molto raro < 1/10.000 Nel presente paragrafo, le ADR si basano sui risultati ottenuti in 468 pazienti, trattati in uno studio in aperto, randomizzato, di fase III, in pazienti adulti con melanoma positivo per la mutazione del BRAF V600, inoperabile o allo stadio IV, nonché di uno studio a singolo braccio, in fase II, in pazienti con melanoma positivo per la mutazione del BRAF V600, allo stadio IV, nei quali in precedenza almeno una terapia sistemica non aveva dato buon esito (vedere paragrafo 5.1).
In aggiunta, sono riportate le ADR derivanti da rapporti di sicurezza (safety reports), nell’ambito di tutti gli studi clinici e successivamente alla commercializzazione.
Tutti i termini compresi si basano sulla percentuale più elevata osservata tra gli studi clinici di fase II e di fase III.
All’interno di ciascun gruppo di frequenza, le ADR vengono presentate in ordine di gravità decrescente e sono state segnalate usando NCI-CTCAE v 4.0 per la valutazione della tossicità (criteri comuni di tossicità).
Tabella 3: ADR che si sono manifestate in pazienti trattati con vemurafenib nello studio di fase II o di fase III e eventi riportati nei rapporti di sicurezza (safety reports), nell’ambito di tutti gli studi clinici(1) e successivamente alla commercializzazione (2) .
(1) Eventi riportati nei rapporti di sicurezza (safety reports) nell’ambito di tutti gli studi clinici (2) Eventi riportati successivamente alla immissione in commercio (3) È ragionevole ipotizzare una relazione di causalità tra il medicinale e l’evento avverso (4) Progressione di una pre-esistente leucemia mielomonocitica cronica con mutazione di NRAS.Classificazione sistemica organica Molto comune Comune Non comune Raro Infezioni ed infestazioni Follicolite Tumori benigni, maligni e non specificati (incl.
cisti e polipi)Carcinoma a cellule squamose della cute (d), cheratoacantoma, cheratosi seborroica, papilloma della cute Carcinoma a cellule basali, nuovo melanoma primario(3) non-cuSCC(1)(3) Leucemia Mielomonocitica cronica (CMML) (2)(4), Adenocarcinoma pancreatico(5) Patologie del sistema emolinfopoietico Neutropenia, trombocitopenia (6) Disturbi del sistema immunitario Sarcoidosi (1)(2)(j) Disturbi del metabolismo e della nutrizione Appetito ridotto Patologie del sistema nervoso Cefalea, disgeusia, capogiri Paralisi del settimo nervo, neuropatia periferica Patologie dell’occhio Uveite Occlusione della vena retinica, iridociclite Patologie vascolari Vasculite Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Tosse Patologie gastrointestinali Diarrea, vomito, nausea, costipazione Stomatite Pancreatite(2) Patologie epatobiliari Lesione epatica(1)(2) (g) Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Reazione di fotosensibilità, cheratosi attinica, eruzione cutanea, eruzione cutanea maculo-papulare, prurito, ipercheratosi, eritema, eritrodisestesia palmo-plantare, alopecia, cute secca, ustione solare Eruzione cutanea papulare, pannicolite (incluso eritema nodoso), cheratosi pilare Necrolisi epidermica tossica (e), sindrome di Stevens-Johnson (f) Reazione da farmaco con eosinofilia e sintomi sistemici (1)(2) Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Artralgia, mialgia, dolore ad un arto, dolore muscoloscheletrico, dolore dorsale Artrite Fibromatosi della fascia plantare (1)(2), Contrattura di Dupuytren(1)(2) Patologie renali e urinarie Nefrite interstiziale acuta(1)(2) (h), necrosi tubulare acuta (1)(2) (h) Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione Stanchezza, piressia, edema periferico, astenia Esami diagnostici ALT aumentata (c), fosfatasi alcalina aumentata (c), AST aumentata (c), bilirubina aumentata (c), GGT aumentata (c), peso diminuito, QT dell’elettrocardiogramma prolungato, creatinina ematica aumentata(1)(2) (h) Traumatismi, intossicazioni e complicazioni da procedura Potenziamento della tossicità da radiazioni(1) (2) (i)
(5) Progressione di un pre-esistente adenocarcinoma pancreatico con mutazioni KRAS (6) Calcolato sulla base di studi di fase II e di fase III.
Descrizione di reazioni avverse selezionate Enzimi epatici aumentati (c) Le alterazioni enzimatiche epatiche rilevate nello studio clinico di fase III, vengono riportate di seguito come percentuale di pazienti che hanno avuto un incremento degli enzimi epatici fino al grado 3 o 4, rispetto al valore basale: • Molto comune: GGT • Comune: ALT, fosfatasi alcalina, bilirubina • Non comune: AST Non sono stati registrati aumenti di ALT, fosfatasi alcalina o bilirubina di grado 4.
Lesione epatica (g) Sulla base dei criteri di lesione epatica indotta dal farmaco, sviluppati da un gruppo di lavoro internazionale di esperti clinici e scienziati, la lesione epatica è stata definita come una qualsiasi delle seguenti anomalie dei valori di laboratorio: • ≥ 5x ULN ALT • ≥ 2x ULN ALP (senza altre cause di aumento di ALP) • ≥ 3x ULN ALT con aumento simultaneo della concentrazione di birilubina > 2x ULN Carcinoma cutaneo a cellule squamose (cuSCC) (d) In pazienti trattati con vemurafenib sono stati segnalati casi di cuSCC.
Nell’ambito di studi clinici, in pazienti trattati con vemurafenib, l’incidenza di cuSCC è stata di circa il 20%.
La maggioranza delle lesioni asportate, esaminate da un laboratorio dermopatologico centrale indipendente, è stata classificata come SCC-sottotipo cheratoacantoma o con elementi misti-cheratoacantoma (52%).
La maggior parte delle lesioni classificate come “altra” (43%) erano lesioni cutanee benigne (ad es., verruca volgare, cheratosi attinica, cheratosi benigna, cisti/cisti benigna).
Normalmente il cuSCC si manifestava in una fase precoce del trattamento, con un tempo mediano alla prima insorgenza di 7 o 8 settimane.
Dei pazienti che hanno sviluppato cuSCC, circa il 33% ha sviluppato >1 manifestazione, con un tempo mediano tra le manifestazioni pari a 6 settimane.
Di norma i casi di cuSCC sono stati gestiti mediante semplice asportazione e generalmente i pazienti continuavano il trattamento senza modifica della dose (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).
Carcinoma non cutaneo a cellule squamose (non-cuSCC) In pazienti in trattamento con vemurafenib, mentre erano arruolati negli studi clinici, sono stati segnalati casi di non-cuSCC.
Il monitoraggio di non-cuSCC deve essere effettuato come riportato nel paragrafo 4.4.
Nuovo melanoma primario Negli studi clinici, sono stati segnalati nuovi melanomi primari.
Questi casi sono stati gestiti mediante asportazione ed i pazienti hanno proseguito il trattamento senza correzione della dose.
Il monitoraggio delle lesioni cutanee deve avvenire come definito al paragrafo 4.4.
Potenziamento della tossicità da radiazioni (i) I casi segnalati includono fenomeno di richiamo, lesioni cutanee da radiazioni, polmonite da radiazioni, esofagite da radiazioni, proctite da radiazioni, epatite da radiazioni, cistite da radiazioni, e necrosi da radiazioni.
In uno studio clinico di fase III (MO25515, n= 3219), è stata osservata una più alta incidenza del potenziamento della tossicità da radiazioni, quando i pazienti trattati con vemurafenib hanno ricevuto radioterapia prima e durante la terapia con vemurafenib (9,1%), rispetto a quei pazienti trattati con radioterapia e vemurafenib contemporaneamente (5,2%) o a quelli per i quali la radioterapia è stata precedente al trattamento con vemurafenib (1,5%).
Reazioni di ipersensibilità (e) Sono state segnalate gravi reazioni di ipersensibilità, compresa l’anafilassi, in associazione a vemurafenib.
Tra le reazioni di ipersensibilità severe essere sono in incluse la sindrome di Stevens-Johnson, eruzione cutanea generalizzata, eritema o ipotensione.
In pazienti che manifestano reazioni di ipersensibilità severe, occorre interrompere definitivamente il trattamento con vemurafenib (vedere paragrafo 4.4).
Reazioni dermatologiche (f) Nei pazienti trattati con vemurafenib, nello studio clinico registrativo, sono state osservate reazioni dermatologiche severe, tra cui rari casi di sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica.
Nei pazienti che manifestano una reazione dermatologica severa, occorre interrompere definitivamente il trattamento con vemurafenib.
Prolungamento dell’intervallo QT L’analisi dei dati ECG centralizzati, provenienti da un sotto-studio QT di fase II, non controllato, in aperto, condotto su 132 pazienti a cui era stata somministrata una dose di vemurafenib di 960 mg, due volte al giorno (NP22657), ha evidenziato un prolungamento del QTc, dipendente dall’esposizione.
L’effetto QTc medio è rimasto stabile tra 12 e 15 ms, oltre il primo mese di trattamento, con il maggiore prolungamento medio del QTc (15,1 ms; IC superiore 95%: 17,7 ms), osservato entro i primi 6 mesi (n=90 pazienti).
Due pazienti (1,5%) hanno sviluppato valori assoluti di QTc emergenti col trattamento >500 ms (CTC Grado 3) e solo un paziente (0,8%) ha mostrato un cambiamento di QTc dai valori basali di >60 ms (vedere paragrafo 4.4).
Danno renale acuto(h) Con vemurafenib, sono stati riportati casi di tossicità renale, dall’aumento della creatinina fino a nefrite interstiziale acuta e necrosi tubulare acuta, alcuni osservati in un contesto di eventi di disidratazione.
Aumenti di creatinina sierica sono stati nella maggior parte dei casi di entità da lieve (>1-1.5x ULN) a moderata (>1.5-3x ULN) ed è stato osservato essere reversibili (vedere tabella 4).
Tabella 4: Modifiche della creatinina dal valore basale nello studio di fase III
Tabella 5: Casi di danno renale acuto nello studio di fase IIIVemurafenib (%) Dacarbazina (%) Modifica ≥ 1 grado, dal basale a qualsiasi altro grado 27,9 6,1 Modifica ≥ 1 grado, dal basale al grado 3 o maggiore 1,2 1,1 • Al grado 3 0,3 0,4 • Al grado 4 0,9 0,8
Tutte le percentuali sono espresse come casi sul totale dei pazienti, esposti a ciascun medicinale.Vemurafenib (%) Dacarbazina (%) Casi di lesione renale acuta* 10,0 1,4 Casi di lesione renale acuta associati ad eventi di disidratazione 5,5 1,0 Dose modificata per lesione renale acuta 2,1 0
* Comprende la lesione renale acuta, compromissione renale e anomalie di laboratorio, coerenti con la lesione renale acuta.
Sarcoidosi (j) Nei pazienti trattati con vemurafenib sono stati osservati casi di sarcoidosi, che per lo più hanno visto l’interessamento di pelle, polmoni ed occhi.
Nella maggior parte dei casi, vemurafenib è stato mantenuto e l’evento di sarcoidosi si è risolto o è persistito.
Popolazioni speciali Anziani Nello studio di fase III, 94 (28%) dei 336 pazienti con melanoma inoperabile o metastatico, trattati con vemurafenib avevano ≥ 65 anni.
Nei pazienti anziani (≥ 65 anni), c’è una probabilità maggiore che si verifichino reazioni avverse, compresi cuSCC, diminuzione dell’appetito e disturbi cardiaci.
Genere Durante gli studi clinici con vemurafenib, le reazioni avverse di grado 3, più frequentemente segnalate in pazienti di sesso femminile, rispetto a quelli di sesso maschile, sono state eruzione cutanea, artralgia e fotosensibilità.
Popolazione pediatrica La sicurezza di vemurafenib nei bambini e negli adolescenti non è stata stabilita.
Da uno studio clinico condotto su sei pazienti adolescenti, non è emerso alcun nuovo segnale di sicurezza.
Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale.
Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato all’indirizzo https://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse. Gravidanza e allattamento
- Donne in età fertile/Contraccezione nelle donne Le donne in età fertile devono utilizzare un metodo contraccettivo efficace durante il trattamento e per almeno 6 mesi dopo il trattamento.
È possibile che vemurafenib provochi una diminuzione dell’efficacia dei contraccettivi ormonali (vedere paragrafo 4.5).
Gravidanza Non esistono dati sull’utilizzo di vemurafenib in donne in gravidanza.
Vemurafenib non ha mostrato alcuna evidenza di teratogenicità, su embrioni/feti di ratto o coniglio (vedere paragrafo 5.3).
In studi sugli animali è stato osservato che vemurafenib attraversa la placenta.
Per via del suo meccanismo d’azione, vemurafenib può causare danno fetale quando somministrato a donne in gravidanza.
Vemurafenib non deve essere somministrato a donne in gravidanza, a meno che il beneficio potenziale per la madre superi il rischio potenziale per il feto.
Allattamento Non è noto se vemurafenib sia escreto nel latte materno.
Il rischio per i neonati/lattanti non può essere escluso.
Deve essere presa la decisione se interrompere l’allattamento o interrompere la terapia con vemurafenib, tenendo in considerazione il beneficio dell’allattamento per il bambino e il beneficio della terapia per la donna.
Fertilità Negli animali, non sono stati effettuati studi specifici con vemurafenib per valutarne l’effetto sulla fertilità.
Tuttavia, in studi di tossicità a dose ripetuta, condotti su ratti e cani, non sono stati rilevati reperti istopatologici negli organi riproduttivi maschili e femminili (vedere paragrafo 5.3). Conservazione
- Conservare nella confezione originale per proteggere il medicinale dall’umidità.
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Segnalazione degli effetti indesiderati
Se dovesse manifestarsi un qualsiasi effetto indesiderato, compresi quelli non elencati in questo foglio, è doveroso rivolgersi al proprio medico, ad uno specialista e/o al farmacista. La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Gli effetti indesiderati possono essere segnalati direttamente tramite il sistema nazionale di segnalazione all'indirizzo www.agenziafarmaco.it/it/responsabili. Segnalando gli effetti indesiderati si può contribuire a fornire maggiori informazioni sulla sicurezza di questo medicinale.