TRUXIMA INFUS 1FL 500MG 50ML

1.653,59 €

Prezzo indicativo

Principio attivo: RITUXIMAB
  • ATC: L01FA01
  • Descrizione tipo ricetta: OSP - USO OSPEDALIERO
  • Presenza Glutine:
  • Presenza Lattosio:

Data ultimo aggiornamento: 27/07/2017

Truxima è indicato negli adulti per le seguenti indicazioni: Linfoma non-Hodgkin (LNH) Truxima è indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da linfoma follicolare al III-IV stadio, precedentemente non trattati, in associazione con chemioterapia. La terapia di mantenimento con Truxima è indicata per il trattamento di pazienti adulti con linfoma follicolare che rispondono a terapia di induzione. Truxima in monoterapia è indicato per il trattamento di pazienti adulti con linfoma follicolare al III-IV stadio che sono chemioresistenti o che sono alla loro seconda o successiva recidiva dopo chemioterapia. Truxima è indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da linfoma non-Hodgkin, CD20 positivo, diffuso a grandi cellule B, in associazione con chemioterapia CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisolone). Truxima in associazione con chemioterapia è indicato per il trattamento di pazienti pediatrici (di età compresa tra ≥ 6 mesi e < 18 anni) con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) CD20 positivo, linfoma di Burkitt (BL)/leucemia di Burkitt (leucemia acuta tipo cellule B mature; BAL) o linfoma tipo Burkitt (BLL), in stadio avanzato precedentemente non trattato. Leucemia linfocitica cronica (LLC) Truxima in associazione con chemioterapia è indicato per il trattamento di pazienti con leucemia linfocitica cronica (LLC) precedentemente non trattata e recidiva/refrattaria. Sono disponibili solo dati limitati sull’efficacia e la sicurezza per pazienti precedentemente trattati con anticorpi monoclonali, incluso Truxima, o per pazienti refrattari a un trattamento precedente con Truxima più chemioterapia. Vedere paragrafo 5.1 per ulteriori informazioni. Artrite reumatoide Truxima in associazione con metotrexato è indicato per il trattamento dell’artrite reumatoide in forma attiva di grado severo in pazienti adulti che hanno mostrato una risposta non adeguata o una intolleranza ad altri farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD), compresi uno o più terapie con inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF). Truxima ha mostrato di ridurre la percentuale di progressione del danno articolare, come valutato mediante raggi X e di migliorare la funzione fisica, quando somministrato in associazione con metotrexato. Granulomatosi con poliangioite e poliangioite microscopica Truxima in associazione con glucocorticoidi è indicato per il trattamento di pazienti adulti con granulomatosi con poliangioite (di Wegener) (GPA) e poliangioite microscopica (MPA) in forma attiva di grado severo. Truxima in associazione con glucocorticoidi è indicato per l’induzione della remissione in pazienti pediatrici (di età ≥ 2 e < 18 anni) con GPA (di Wegener) e MPA in forma attiva di grado severo. Pemfigo volgare Truxima è indicato per il trattamento di pazienti con pemfigo volgare (PV) da moderato a severo.
Truxima 100 mg concentrato per soluzione per infusione Ogni mL contiene 10 mg di rituximab. Ogni flaconcino da 10 mL contiene 100 mg di rituximab. Truxima 500 mg concentrato per soluzione per infusione Ogni mL contiene 10 mg di rituximab. Ogni flaconcino da 50 mL contiene 500 mg di rituximab. Rituximab è un anticorpo monoclonale chimerico murino/umano ottenuto con tecniche di ingegneria genetica, costituito da una immunoglobulina glicosilata con le regioni costanti IgG1 di origine umana e con le sequenze della regione variabile della catena leggera e della catena pesante di origine murina. L’anticorpo viene prodotto utilizzando una coltura di cellule di mammifero in sospensione (cellulle ovariche di Hamster Cinese) e purificato con cromatografia di affinità e scambio ionico, incluse specifiche procedure di inattivazione e rimozione virale. Eccipienti con effetti noti Ogni flaconcino da 10 mL contiene 2,3 mmol (52,6 mg) di sodio. Ogni flaconcino da 50 mL contiene 11,5 mmol (263,2 mg) di sodio.Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

Controindicazioni

Controindicazioni all’uso nel linfoma non-Hodgkin e nella leucemia linfocitica cronica Ipersensibilità al principio attivo, alle proteine di origine murina o ad uno qualsiasi degli altri eccipienti elencati nel paragrafo 6.1.
Infezioni attive, severe (vedere paragrafo 4.4).
Pazienti in stato di severa immunocompromissione.
Controindicazioni all’uso nell’artrite reumatoide, nella granulomatosi con poliangioite, nella poliangioite microscopica e nel pemfigo volgare Ipersensibilità al principio attivo, alle proteine di origine murina o ad uno qualsiasi degli altri eccipienti elencati nel paragrafo 6.1.
Infezioni attive, severe (vedere paragrafo 4.4).
Pazienti in stato di severa immunocompromissione.
Insufficienza cardiaca severa (classe IV della New York Heart Association) o malattia cardiaca severe e non controllata (vedere paragrafo 4.4 per altri disordini cardiaci).

Posologia

Rituximab deve essere somministrato sotto lo stretto controllo di un operatore sanitario esperto e in un ambiente con immediata disponibilità di apparecchiature per la rianimazione (vedere paragrafo 4.4).
Premedicazione e trattamento profilattico La premedicazione con un farmaco antipiretico ed un antistaminico, ad es., paracetamolo e difenidramina, deve sempre essere assunta prima di ogni somministrazione di rituximab.
In pazienti adulti affetti da linfoma non-Hodgkin e leucemia linfocitica cronica (LLC), la premedicazione con glucocorticoidi deve essere presa in considerazione se rituximab non è somministrato in associazione con chemioterapia contenente glucocorticoidi.
Nei pazienti pediatrici affetti da linfoma non-Hodgkin, deve essere somministrata una premedicazione con paracetamolo e un antistaminico anti-H1 (= difenidramina o equivalente) 30-60 minuti prima l’inizio dell’infusione di rituximab.
Occorre inoltre somministrare prednisone come indicato nella tabella 1.
Per i pazienti con LLC si raccomanda la profilassi con adeguata idratazione e somministrazione di uricostatici, iniziando 48 ore prima dell’inizio della terapia per ridurre il rischio di sindrome da lisi tumorale.
Per i pazienti con LLC la cui conta dei linfociti è > 25 x 109/L si raccomanda di somministrare prednisone/prednisolone 100 mg per via endovenosa immediatamente prima dell’infusione di rituximab, per diminuire la percentuale e la gravità delle reazioni acute correlate a infusione e/o la sindrome da rilascio di citochine.
In pazienti affetti da artrite reumatoide, GPA o MPA o da pemfigo volgare, la premedicazione con 100 mg di metilprednisolone per via endovenosa deve essere completata 30 minuti prima di ogni infusione di rituximab, al fine di ridurre l’incidenza e la gravità delle reazioni correlate a infusione (IRR).
In pazienti adulti affetti da GPA o MPA è raccomandata la somministrazione di metilprednisolone per via endovenosa alla dose di 1.000 mg/die, da 1 a 3 giorni prima della prima infusione di rituximab (l’ultima dose di metilprednisolone può essere somministrata nello stesso giorno della prima infusione di rituximab).
Questa deve essere seguita da prednisone per via orale alla dose di 1 mg/kg/die (non si devono superare gli 80 mg/die e la riduzione scalare della dose deve avvenire quanto più rapidamente possibile sulla base della condizione clinica) durante e dopo la fase di induzione di 4 settimane del trattamento con rituximab.
Per i pazienti adulti con GPA o MPA o con pemfigo volgare (PV), durante e dopo il trattamento con rituximab, è raccomandata la profilassi per la polmonite da Pneumocystis jirovecii (PJP), come appropriato, in accordo alle linee guida locali sulla pratica clinica.
Popolazione pediatrica In pazienti pediatrici affetti da GPA o MPA, prima della prima infusione endovenosa di rituximab, devono essere somministrate tre dosi giornaliere di metilprednisolone per via endovenosa da 30 mg/kg/die (non si deve superare 1 g/die), per trattare i sintomi severi di vasculite.
Prima della prima infusione di rituximab possono essere somministrate fino a tre ulteriori dosi giornaliere di metilprednisolone per via endovenosa da 30 mg/kg.
Una volta completata la somministrazione endovenosa di metilprednisolone, i pazienti devono ricevere prednisone per via orale alla dose di 1 mg/kg/die (non si devono superare i 60 mg/die) e la riduzione scalare della dose deve avvenire quanto più rapidamente possibile sulla base della condizione clinica (vedere paragrafo 5.1).
Per i pazienti pediatrici con GPA o MPA, durante e dopo il trattamento con rituximab, è raccomandata la profilassi per la polmonite da Pneumocystis jirovecii (PJP), come appropriato.
Posologia Linfoma non-Hodgkin Linfoma non-Hodgkin follicolare Terapia di associazione La dose raccomandata di rituximab, in associazione con chemioterapia, per il trattamento di induzione di pazienti con linfoma follicolare precedentemente non trattati o recidivanti/refrattari è: 375 mg/m² di superficie corporea per ciclo, fino a 8 cicli.
Rituximab deve essere somministrato il giorno 1 di ogni ciclo di chemioterapia, dopo somministrazione endovenosa del componente glucocorticoide della chemioterapia, se previsto.
Terapia di mantenimento • Linfoma follicolare precedentemente non trattato Per i pazienti con linfoma follicolare, precedentemente non trattati, che hanno risposto al trattamento di induzione, la dose raccomandata di rituximab, usata come trattamento di mantenimento, è: 375 mg/m² di superficie corporea una volta ogni due mesi (con inizio 2 mesi dopo l’ultima dose della terapia di induzione), fino a progressione della malattia o per un periodo massimo di due anni (12 infusioni in totale).
• Linfoma follicolare recidivante/refrattario Per i pazienti con linfoma follicolare ricaduto/resistente che hanno risposto al trattamento di induzione, la dose raccomandata di rituximab, usata come trattamento di mantenimento, è: 375 mg/m² di superficie corporea una volta ogni 3 mesi (con inizio 3 mesi dopo l’ultima dose della terapia di induzione), fino a progressione della malattia o per un periodo massimo di due anni (8 infusioni totali).
Monoterapia • Linfoma follicolare recidivante/refrattario Per i pazienti adulti con linfoma follicolare allo stadio III-IV che sono chemioresistenti o che sono alla loro seconda o successiva recidiva dopo chemioterapia, la dose raccomandata di rituximab in monoterapia usata come trattamento di induzione, è: 375 mg/m² di superficie corporea, somministrata come infusione endovenosa una volta alla settimana per quattro settimane.Per i pazienti che hanno risposto al precedente trattamento con rituximab in monoterapia per linfoma follicolare recidivante/refrattario, la dose raccomandata per il ritrattamento con rituximab in monoterapia, è: 375 mg/m² di superficie corporea, somministrata come infusione endovenosa una volta alla settimana per quattro settimane (vedere paragrafo 5.1).
Linfoma non-Hodgkin diffuso a grandi cellule B in pazienti adulti Rituximab deve essere impiegato in associazione con chemioterapia CHOP.
Il dosaggio raccomandato è di 375 mg/m² di superficie corporea, somministrato il giorno 1 di ogni ciclo di chemioterapia per 8 cicli, dopo infusione endovenosa del componente glucocorticoide del CHOP.
Nel linfoma non- Hodgkin diffuso a grandi cellule B, non sono ancora state stabilite la sicurezza e l’efficacia di rituximab in associazione con altre chemioterapie.
Adeguamento del dosaggio durante il trattamento Non sono raccomandate riduzioni della dose di rituximab.
Quando rituximab è somministrato in associazione con chemioterapia, si devono applicare le riduzioni standard del dosaggio per i medicinali chemioterapici.
Leucemia linfocitica cronica In pazienti precedentemente non trattati e recidivi/refrattari, il dosaggio raccomandato di rituximab in associazione con chemioterapia è di 375 mg/m² di superficie corporea somministrato il giorno 0 del primo ciclo di trattamento seguito da 500 mg/m² di superficie corporea somministrato il giorno 1 di ogni ciclo successivo per 6 cicli totali.
La chemioterapia deve essere somministrata dopo infusione di rituximab.
Artrite reumatoide Ai pazienti in terapia con rituximab deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione.
Un ciclo di rituximab consiste di due infusioni endovenose da 1.000 mg ciascuna.
Il dosaggio raccomandato di rituximab è di 1.000 mg per infusione endovenosa, seguita, due settimane dopo, da una seconda infusione endovenosa di 1.000 mg.
La necessità di ulteriori trattamenti deve essere valutata 24 settimane dopo il ciclo precedente.
Il ritrattamento deve essere effettuato in quel momento, se l’attività residua della malattia rimane, altrimenti il ritrattamento deve essere ritardato fino a ricomparsa dell’attività residua della malattia.
I dati disponibili suggeriscono che la risposta clinica di solito è raggiunta entro 16-24 settimane di un ciclo iniziale di trattamento.
Nei pazienti nei quali non si evidenzia un beneficio terapeutico entro questo periodo di tempo, la continuazione della terapia deve essere attentamente riconsiderata.
Granulomatosi con poliangioite (GPA) e poliangioite microscopica (MPA) Ai pazienti trattati con rituximab deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione.
Induzione della remissione in pazienti adulti In pazienti adulti con GPA e MPA, il dosaggio raccomandato di rituximab per la terapia d’induzione della remissione, è di 375 mg/m² di superficie corporea, somministrato per infusione endovenosa una volta alla settimana per 4 settimane (4 infusioni totali).
Terapia di mantenimento in pazienti adulti In pazienti adulti con GPA e MPA, dopo la fase d’induzione della remissione con rituximab, la terapia di mantenimento deve essere iniziata non prima che siano trascorse 16 settimane dall’ultima infusione di rituximab.
Dopo la fase d’induzione della remissione con altri immunosoppressori impiegati per il trattamento standard, la terapia di mantenimento con rituximab deve essere iniziata durante il periodo di 4 settimane successivo alla remissione della malattia.
La somministrazione di rituximab deve avvenire mediante due infusioni endovenose da 500 mg ciascuna, separate da un intervallo di due settimane, e seguite successivamente da un’infusione endovenosa da 500 mg ogni 6 mesi.
Il trattamento dei pazienti con rituximab deve proseguire per almeno 24 mesi dopo l’ottenimento della remissione (assenza di segni e sintomi clinici).
Per i pazienti che possono essere a più alto rischio di recidiva, i medici devono valutare un prolungamento della terapia di mantenimento con rituximab, fino a una durata massima di 5 anni.
Pemfigo volgare Ai pazienti trattati con rituximab deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione.
Il dosaggio raccomandato di rituximab per il trattamento del pemfigo volgare è di 1000 mg per infusione endovenosa, seguita, due settimane dopo, da una seconda infusione endovenosa di 1000 mg, in associazione con un ciclo di glucocorticoidi, con riduzione scalare della dose.
Terapia di mantenimento Dopo 12 e 18 mesi e, se necessario, successivamente, ogni 6 mesi, sulla base della valutazione clinica deve essere somministrata per via endovenosa un’infusione di mantenimento di 500 mg.
Trattamento della recidiva In caso di recidiva, i pazienti possono essere trattati con 1000 mg per via endovenosa.
Sulla base della valutazione clinica, l’operatore sanitario deve altresì prendere in considerazione la ripresa o l’incremento della dose di glucocorticoidi da somministrare al paziente.
La somministrazione delle successive infusioni può avvenire non prima che siano trascorse 16 settimane dall’infusione precedente.
Popolazioni speciali Pazienti anziani In pazienti anziani (di età > 65 anni), non è necessaria la modifica del dosaggio.
Popolazione pediatrica Linfoma non-Hodgkin Nei pazienti pediatrici di età compresa tra ≥ 6 mesi e < 18 anni con DLBCL CD20 positivo/BL/BAL/BLL in stadio avanzato, precedentemente non trattato, rituximab deve essere usato in associazione con chemioterapia sistemica per Linfoma di Barkitt (Lymphome Malin B” (LMB) (vedere tabelle 1 e 2).
Il dosaggio raccomandato di rituximab è di 375 mg/m² di superficie corporea (BSA), somministrato per infusione endovenosa.
Non sono necessari modificazioni della dose di rituximab diversi da quelli per BSA.
Nei pazienti pediatrici di età compresa tra ≥ 6 mesi e < 18 anni, la sicurezza e l’efficacia di rituximab per indicazioni diverse dal DLBCL CD20 positivo/BL/BAL/BLL in stadio avanzato, precedentemente non trattato, non sono state ancora stabilite.
Per i pazienti di età inferiore a 3 anni sono disponibili soltanto dati limitati.
Vedere paragrafo 5.1 per ulteriori informazioni.
Rituximab non deve essere usato nei pazienti pediatrici con linfoma diffuso a grandi cellule B CD20 positivo dalla nascita a < 6 mesi di vita (vedere paragrafo 5.1).
Tabella 1 Posologia della somministrazione di rituximab per i pazienti pediatrici con linfoma non-Hodgkin
Ciclo Giorno di trattamento Dettagli relativi alla somministrazione
Prefase (COP) Nessuna somministrazione di rituximab -
Ciclo di induzione 1 (COPADM1) Giorno -2 (corrispondente al giorno 6 della prefase) 1a infusione di rituximab Durante il 1° ciclo di induzione, prednisone viene somministrato nell’ambito del regime chemioterapico e deve essere somministrato prima di rituximab.
Giorno 1 2a infusione di rituximab Rituximab sarà somministrato 48 ore dopo la prima infusione di rituximab.
Ciclo di induzione 2 (COPADM2) Giorno -2 3a infusione di rituximab Nel 2° ciclo di induzione, prednisone non viene somministrato contestualmente alla somministrazione di rituximab.
Giorno 1 4a infusione di rituximab Rituximab sarà somministrato 48 ore dopo la terza infusione di rituximab.
Ciclo di consolidamento 1 (CYM/CYVE) Giorno 1 5a infusione di rituximab Prednisone non viene somministrato contestualmente alla somministrazione di rituximab.
Ciclo di consolidamento 2 (CYM/CYVE) Giorno 1 6a infusione di rituximab Prednisone non viene somministrato contestualmente alla somministrazione di rituximab.
Ciclo di mantenimento 1 (M1) Giorni 25-28 del ciclo di consolidamento 2 (CYVE) Nessuna somministrazione di rituximab Ha inizio una volta ripristinata la conta delle cellule periferiche dal ciclo di consolidamento 2 (CYVE), con ANC > 1,0 x 109/l e piastrine > 100 x 109/l.
Ciclo di mantenimento 2 (M2) Giorno 28 del ciclo di mantenimento 1 (M1) Nessuna somministrazione di rituximab -
ANC = conta assoluta dei neutrofili; COP = ciclofosfamide, vincristina, prednisone; COPADM = ciclofosfamide, vincristina, prednisolone, doxorubicina, metotrexato; CYM = citarabina (Aracytin, Ara-C), metotrexato; CYVE = citarabina (Aracytin, Ara-C), etoposide (VP16)
Tabella 2 Piano terapeutico per i pazienti pediatrici con linfoma non-Hodgkin: chemioterapia concomitante con rituximab
Piano terapeutico Stadiazione del paziente Dettagli relativi alla somministrazione
Gruppo B Stadio III con alti livelli di LDH (> N x 2), stadio IV con SNC negativo Prefase seguita da 4 cicli: 2 cicli di induzione (COPADM) con HDMTX 3 g/m² e 2 cicli di consolidamento (CYM)
Gruppo C Gruppo C1: BAL con SNC negativo, stadio IV e BAL con SNC positivo e CSF negativo Prefase seguita da 6 cicli: 2 cicli di induzione (COPADM) con HDMTX 8 g/m², 2 cicli di consolidamento (CYVE) e 2 cicli di mantenimento (M1 e M2)
Gruppo C3: BAL con CSF positivo, stadio IV con CSF positivo
I cicli consecutivi devono essere somministrati non appena consentito dal ripristino della conta delle cellule ematiche e dalla condizione del paziente, eccetto per i cicli di mantenimento che vengono somministrati a intervalli di 28 giorni.
BAL = leucemia di Burkitt (leucemia acuta a cellule B mature); CSF = liquido cerebrospinale; HDMTX = metotrexato ad alte dosi; LDH = lattato deidrogenasi; SNC = sistema nervoso centrale
Granulomatosi con poliangioite (GPA) e poliangioite microscopica (MPA) Induzione della remissione In pazienti pediatrici con GPA o MPA in forma attiva di grado severo, il dosaggio raccomandato di rituximab per la terapia d’induzione della remissione è di 375 mg/m² di superficie corporea, somministrato per infusione endovenosa una volta alla settimana per 4 settimane.
In pazienti pediatrici (di età ≥ 2 e < 18 anni), la sicurezza e l’efficacia di rituximab non sono ancora state stabilite per indicazioni diverse dalla GPA o MPA in forma attiva di grado severo.
Rituximab non deve essere usato in pazienti pediatrici di età inferiore a 2 anni affetti da GPA o MPA in forma attiva di grado severo, poiché esiste la possibilità di una risposta immunitaria inadeguata verso le vaccinazioni pediatriche contro comuni malattie infantili prevenibili con un vaccino (ad es., morbillo, parotite, rosolia e poliomielite) (vedere paragrafo 5.1).
Modo di somministrazione Rituximab è per uso endovenoso.
La soluzione preparata di rituximab deve essere somministrata per infusione endovenosa tramite una linea dedicata.
Non deve essere somministrata a pressione (push) o come bolo endovenoso.
I pazienti devono essere attentamente monitorati per l’insorgenza della sindrome da rilascio di citochine (vedere paragrafo 4.4).
Ai pazienti che sviluppano reazioni severe, soprattutto dispnea severa, broncospasmo o ipossia, deve essere immediatamente interrotta l’infusione.
I pazienti con linfoma non-Hodgkin devono poi essere valutati per la presenza di sindrome da lisi tumorale attraverso l’effettuazione di appropriati esami di laboratorio e, in presenza di infiltrazione polmonare, tramite radiografia del torace.
In tutti i pazienti, l’infusione non deve essere ripresa fino a completa risoluzione di tutti i sintomi e anormalizzazione dei valori di laboratorio e della radiografia del torace.
A questo punto l’infusione può essere inizialmente ripresa a una velocità ridotta della metà rispetto a quella precedentemente adottata.
Qualora le stesse reazioni avverse severe, dovessero manifestarsi una seconda volta, la decisione di interrompere il trattamento deve essere attentamente considerata caso per caso.
Le reazioni correlate a infusione (infusion-related reactions, IRR) lievi o moderate (vedere paragrafo 4.8), generalmente rispondono a una riduzione della velocità di infusione.
Quando i sintomi migliorano, la velocità di infusione può essere aumentata.
Prima infusione La velocità di infusione iniziale raccomandata è di 50 mg/h; dopo i primi 30 minuti, può essere aumentata con incrementi di 50 mg/h ogni 30 minuti, fino a un massimo di 400 mg/h.
Successive infusioni Per tutte le indicazioni Le successive dosi di rituximab possono essere somministrate con una velocità di infusione iniziale di 100 mg/h e aumentate di 100 mg/h ad intervalli di 30 minuti, fino a un massimo di 400 mg/h.
Pazienti pediatrici - Linfoma non-Hodgkin Prima infusione La velocità di infusione iniziale raccomandata è di 0,5 mg/kg/h (massimo 50 mg/h); in assenza di ipersensibilità o reazioni correlate a infusione, tale velocità può essere incrementata progressivamente di 0,5 mg/kg/h ogni 30 minuti, fino a un massimo di 400 mg/h.
Infusioni Successive Le successive dosi di rituximab possono essere somministrate con una velocità di infusione iniziale di 1 mg/kg/h (massimo 50 mg/h), che può essere aumentata di 1 mg/kg/h ogni 30 minuti fino a un massimo di 400 mg/h.
Solo per l’artrite reumatoide Schema alternativo per la somministrazione più rapida delle infusioni successive Se con la prima o con le successive infusioni, somministrate alla dose di 1.000 mg di rituximab, secondo lo schema infusionale standard, i pazienti non hanno manifestato una reazione grave correlata all’infusione, la seconda infusione e quelle successive possono essere somministrate a una velocità maggiore, alla stessa concentrazione delle infusioni precedenti (4 mg/mL per un volume di 250 mL).
Iniziare l’infusione a una velocità di 250 mg/h per i primi 30 minuti e, successivamente, di 600 mg/h per i successivi 90 minuti.
Se l’infusione più rapida risulta ben tollerata, per la somministrazione delle infusioni successive, è possibile impiegare il medesimo schema infusionale.
L’infusione più rapida non deve essere somministrata a pazienti affetti da malattie cardiovascolari clinicamente significative, comprese le aritmie o che in passato hanno manifestato gravi reazioni all’infusione di rituximab o a qualsiasi terapia biologica precedente.

Avvertenze e precauzioni

Tracciabilità Per migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, il nome commerciale e il numero di lotto del prodotto somministrato devono essere chiaramente registrati.
Leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) A tutti i pazienti in terapia con rituximab per l’artrite reumatoide, la GPA, la MPA o il pemfigo volgare, deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione.
La scheda di allerta contiene importanti informazioni di sicurezza per i pazienti riguardo il rischio potenzialmente maggiore di infezioni, compresa la PML.
Casi fatali molto rari di PML sono stati osservati in seguito all’utilizzo di rituximab.
I pazienti devono essere monitorati ad intervalli regolari per ogni nuovo sintomo neurologico o di un suo peggioramento o per segni indicativi di PML.
In caso di sospetta PML, le ulteriori somministrazioni devono essere sospese fino a quando la diagnosi di PML sia stata esclusa.
Il medico deve valutare il paziente per determinare se i sintomi sono indicativi di disfunzione neurologica e, se così fosse, se tali sintomi sono suggestivi di possibile PML.
Deve essere richiesta una consulenza neurologica se clinicamente indicata.
In caso di dubbio, deve essere presa in considerazione un’ulteriore valutazione, che includa esami quali la RMN, preferibilmente con contrasto, il test del liquido cerebrospinale (CSF) per valutare il DNA del virus JC e ripetute valutazioni neurologiche.
Il medico deve essere particolarmente attento ai sintomi indicativi di PML che il paziente può non notare (ad es., sintomi cognitivi, neurologici o psichiatrici).
Occorre inoltre consigliare al paziente di informare il proprio partner, o chi si prende cura di lui, riguardo al trattamento, poiché essi possono notare sintomi dei quali il paziente non è a conoscenza.
Se un paziente sviluppa PML, la somministrazione di rituximab deve essere definitivamente interrotta.
Nei pazienti immunocompromessi con PML, a seguito della ricostituzione del sistema immunitario, si sono notati stabilizzazione o miglioramento.
Non è noto se la diagnosi precoce di PML e la sospensione della terapia con rituximab possano portare ad una stabilizzazione o ad un miglioramento simili.
Linfoma non-Hodgkin e leucemia linfocitica cronica Reazioni correlate a infusione Rituximab è associato a reazioni correlate a infusione (IRR), che possono, a loro volta, essere correlate al rilascio di citochine e/o altri mediatori chimici.
La sindrome da rilascio di citochine può risultare clinicamente indistinguibile dalle reazioni acute di ipersensibilità.
Questo insieme di reazioni, che include sindrome da rilascio di citochine, sindrome da lisi tumorale e reazioni anafilattiche e di ipersensibilità, è descritto di seguito.
Durante l’uso successivo alla commercializzazione di rituximab in formulazione endovenosa, sono state segnalate severe reazioni con esito fatale correlate all’infusione, la cui insorgenza si è verificata in un intervallo di tempo compreso tra 30 minuti e 2 ore dopo l’inizio della prima infusione endovenosa di rituximab.
Tali reazioni sono state caratterizzate da eventi polmonari, incluse, in alcuni casi, rapida lisi tumorale e caratteristiche della sindrome da lisi tumorale oltre a febbre, brividi, brividi febbrili, ipotensione, orticaria, angioedema e altri sintomi (vedere paragrafo 4.8).
La sindrome da rilascio di citochine severa è caratterizzata da dispnea severa, spesso accompagnata da broncospasmo e ipossia, oltre a febbre, brividi, brividi febbrili, orticaria e angioedema.
Questa sindrome può essere associata ad alcune caratteristiche della sindrome da lisi tumorale come iperuricemia, iperkaliemia, ipocalcemia, iperfosfatemia, insufficienza renale acuta, lattato deidrogenasi (LDH) aumentata e può essere associata ad insufficienza respiratoria acuta e morte.
L’insufficienza respiratoria acuta può essere accompagnata da eventi quali infiltrazione polmonare interstiziale o edema polmonare, rilevabili con la radiografia del torace.
La sindrome si manifesta frequentemente entro una o due ore dall’inizio della prima infusione.
I pazienti con anamnesi di insufficienza polmonare o con infiltrazione tumorale del polmone, possono essere esposti a un maggiore rischio di scarsi risultati e devono essere trattati con maggiore cautela.
Ai pazienti che sviluppano sindrome da rilascio di citochine severa, deve essere immediatamente interrotta l’infusione (vedere paragrafo 4.2) e deve essere somministrato un trattamento sintomatico aggressivo.
Poiché il miglioramento iniziale dei sintomi clinici può essere seguito da un peggioramento, questi pazienti devono essere attentamente monitorati fino alla risoluzione o all’esclusione della sindrome da lisi tumorale e dell’infiltrazione polmonare.
L’ulteriore trattamento dei pazienti dopo la completa risoluzione di sintomi e segni ha raramente portato al ripetersi della sindrome da rilascio di citochine severa.
I pazienti con elevata massa tumorale o con elevato numero (≥ 25 x 109/l) di cellule neoplastiche circolanti, come i pazienti con LLC, che possono essere esposti a un rischio maggiore di sindrome da rilascio di citochine particolarmente severa, devono essere trattati con estrema cautela.
Questi pazienti devono essere monitorati molto attentamente per tutto il corso della prima infusione.
In tali pazienti, per la prima infusione, deve essere preso in considerazione l’utilizzo di una velocità di infusione ridotta o una suddivisione della dose in due giorni durante il primo ciclo e a ogni ciclo successivo, se la conta dei linfociti fosse ancora > 25 x 109/l.Nel 77% dei pazienti trattati con rituximab sono state osservate reazioni avverse di ogni tipo correlate a infusione (compresa la sindrome da rilascio di citochine accompagnata da ipotensione e broncospasmo nel 10% dei pazienti) (vedere paragrafo 4.8).
Questi sintomi sono generalmente reversibili con l’interruzione dell'infusione di rituximab e con la somministrazione di farmaci antipiretici, antistaminici e, occasionalmente, ossigeno, soluzione sodio cloruro per via endovenosa o farmaci broncodilatatori e glucocorticoidi, se necessario.
Per le reazioni severe vedere la sindrome da rilascio di citochine descritta sopra.
In seguito alla somministrazione endovenosa di proteine, nei pazienti sono state osservate reazioni di tipo anafilattico e altre reazioni di ipersensibilità.
Diversamente dalla sindrome da rilascio di citochine, le vere reazioni da ipersensibilità si manifestano, solitamente, entro minuti dall’inizio dell’infusione.
In caso di reazione allergica nel corso della somministrazione di rituximab, i prodotti medicinali per il trattamento delle reazioni da ipersensibilità, ad es., epinefrina (adrenalina), antistaminici e glucocorticoidi, devono essere disponibili per l'uso immediato.
Le manifestazioni cliniche dell’anafilassi possono apparire simili alle manifestazioni cliniche della sindrome da rilascio di citochine (descritta sopra).
Le reazioni attribuite a ipersensibilità sono state osservate con minore frequenza rispetto a quelle attribuite al rilascio di citochine.
In alcuni casi sono state osservate ulteriori reazioni quali infarto del miocardio, fibrillazione atriale, edema polmonare e trombocitopenia acuta reversibile.
Poiché durante la somministrazione di rituximab si può verificare ipotensione, si deve prendere in considerazione la sospensione di medicinali anti-ipertensivi 12 ore prima dell’infusione di rituximab.
Patologie cardiache Nei pazienti trattati con rituximab si sono verificati casi di angina pectoris, aritmia cardiaca, come flutter atriale e fibrillazione, insufficienza cardiaca e/o infarto miocardico.
Pertanto i pazienti con anamnesi di malattia cardiaca e/o chemioterapia cardiotossica devono essere attentamente monitorati.
Tossicità ematologiche Sebbene rituximab non sia mielosoppressivo in monoterapia, deve essere posta particolare attenzione nel considerare il trattamento di pazienti con neutrofili < 1,5 x 109/l e/o con conta delle piastrine < 75 x 109/l, poiché per questo tipo di popolazione si ha una limitata esperienza clinica.
Rituximab è stato utilizzato in 21 pazienti che avevano effettuato trapianto di midollo osseo autologo e in altri gruppi a rischio con una presumibile ridotta funzionalità midollare senza indurre mielotossicità.
Durante la terapia con rituximab deve essere eseguita regolarmente la conta ematica completa, inclusa la conta dei neutrofili e delle piastrine.
Infezioni Infezioni gravi, anche fatali, possono avvenire durante la terapia con rituximab (vedere paragrafo 4.8).
Rituximab non deve essere somministrato a pazienti con infezioni attive severe (ad es., tubercolosi, sepsi e infezioni opportunistiche, vedere paragrafo 4.3).
I medici devono essere cauti quando prendono in considerazione l’uso di rituximab in pazienti con una storia di infezioni ricorrenti o croniche o con condizioni di base che possono ulteriormente predisporre i pazienti stessi a infezioni gravi (vedere paragrafo 4.8).
In soggetti che hanno ricevuto rituximab, sono stati osservati casi di riattivazione di epatite B, incluse segnalazioni di epatite fulminante ad esito fatale.
La maggior parte di questi soggetti riceveva anche chemioterapia citotossica.
Informazioni limitate provenienti da uno studio condotto in pazienti con LLC recidivante/refrattaria suggeriscono che il trattamento con rituximab può anche peggiorare l’esito di infezioni di epatite B primarie.
In tutti i pazienti, lo screening per il virus dell’epatite B (HBV) deve essere effettuato prima di iniziare il trattamento con rituximab e dovrebbe almeno includere il dosaggio dell’HBsAg e dell’HBcAb.
Questi esami possono poi essere integrati con altri marcatori appropriati secondo le linee guida locali.
I pazienti con infezione attiva di epatite B non devono essere trattati con rituximab.
I pazienti con sierologia positiva per epatite B (sia HBsAg che HBcAb) devono essere valutati da un clinico epatologo prima dell’inizio del trattamento e devono essere monitorati e seguiti secondo gli standard clinici locali per prevenire la riattivazione dell’epatite B.
Casi molto rari di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) sono stati osservati durante l’uso successivo alla immissione in commercio di rituximab nel LNH e nella LLC (vedere paragrafo 4.8).
La maggior parte dei pazienti aveva ricevuto rituximab in associazione con chemioterapia o come parte di un programma di trapianto con cellule staminali ematopoietiche.
Casi di meningoencefalite enterovirale inclusi casi fatali sono stati registrati dopo il trattamento con rituximab.
Test sierologici falsi negativi per le infezioni A causa del rischio di test sierologici falsi negativi per le infezioni, devono essere considerati strumenti diagnostici alternativi per i pazienti che presentino sintomi indicativi di malattie infettive rare, ad es.
virus del Nilo occidentale (West Nile virus) e neuroborreliosi.
Immunizzazioni La sicurezza dell’immunizzazione con vaccini virali vivi, a seguito di terapia con rituximab, non è stata studiata per pazienti con LNH e LLC e non si raccomanda la vaccinazione con vaccini con virus vivo.
I pazienti trattati con rituximab possono ricevere vaccinazioni con virus non vivo; le percentuali di risposta ai vaccini con virus non vivo possono tuttavia essere ridotte.
In uno studio non randomizzato, pazienti adulti con LNH con basso grado di recidiva, che hanno ricevuto rituximab in monoterapia, quando confrontati con controlli di volontari sani non trattati, hanno mostrato un più basso tasso di risposte alla vaccinazione di richiamo con antigeni del tetano (16% rispetto a 81%) e neoantigeni Keyhole Limpet Haemocyanin (KLH) (4% rispetto a 76%, quando valutati per un aumento del titolo anticorpale > 2 volte).
Per pazienti con LLC sono prevedibili risultati simili considerando le similitudini tra le due patologie, tuttavia ciò non è stato valutato attraverso studi clinici.
La media dei titoli anticorpali pre-terapeutici contro un pannello di antigeni (Streptococcus pneumoniae, influenza A, parotite, rosolia, varicella) è stata mantenuta per almeno 6 mesi dopo il trattamento con rituximab.
Reazioni cutanee Sono state segnalate reazioni cutanee severi quali la necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e la sindrome di Stevens-Johnson, alcune ad esito fatale (vedere paragrafo 4.8).
In caso di tali eventi, se si sospetta una correlazione con rituximab, il trattamento deve essere interrotto in modo permanente.
Popolazione pediatrica Per i pazienti di età inferiore a 3 anni sono disponibili soltanto dati limitati.
Vedere paragrafo 5.1 per ulteriori informazioni.
Artrite reumatoide, granulomatosi con poliangioite (GPA) e poliangioite microscopica (MPA) e pemfigo volgare Popolazioni con artrite reumatoide non esposti (naïve) a metotrexato (MTX) L’uso di rituximab non è raccomandato nei pazienti non esposti (naïve) a MTX, dal momento che non è stato stabilito un rapporto beneficio/rischio favorevole.
Reazioni correlate a infusione Rituximab è associato a reazioni correlate a infusione (IRR), che possono essere associate al rilascio di citochine e/o di altri mediatori chimici.
In pazienti con artrite reumatoide, nella fase successiva all’immissione in commercio, sono stati osservati casi di IRR di grado severo con esito fatale.
Nel trattamento dell’artrite reumatoide, negli studi clinici, la maggior parte delle reazioni correlate a infusione era di intensità lieve-moderata.
I sintomi più comuni erano reazioni allergiche come cefalea, prurito, irritazione della gola, rossore, eruzione cutanea, orticaria, ipertensione e piressia.
In generale, la proporzione di pazienti che manifestavano una qualche reazione all’infusione era più alta dopo la prima infusione che dopo la seconda, in qualsiasi ciclo di trattamento.
L’incidenza di IRR diminuiva nei cicli successivi (vedere paragrafo 4.8).
Le reazioni osservate erano generalmente reversibili con la riduzione della velocità di infusione o con l’interruzione della somministrazione di rituximab e l’assunzione di antipiretici, antistaminici e, occasionalmente, ossigeno, soluzione sodio cloruro per via endovenosa o broncodilatatori e glucocorticoidi, se necessario.
Monitorare attentamente i pazienti con condizioni cardiache preesistenti e quelli che, in precedenza, hanno manifestato, reazioni avverse cardiopolmonari.
In funzione della severità delle IRR e all’intervento necessario, interrompere temporaneamente o definitivamente la somministrazione di rituximab.
Nella maggior parte dei casi, quando i sintomi sono stati completamente risolti, l’infusione può essere ripresa riducendo la velocità al 50% (per es., da 100 mg/h a 50 mg/h),.
Medicinali per il trattamento delle reazioni di ipersensibilità, ad es., epinefrina (adrenalina), antistaminici e glucocorticoidi, devono essere disponibili per l’uso immediato, in caso di reazioni allergiche durante la somministrazione di rituximab.
Non ci sono dati relativi alla sicurezza di rituximab nei pazienti con scompenso cardiaco moderato (classe III NYHA) o malattia cardiaca severa e non controllata.
Nei pazienti trattati con rituximab, si è osservato che condizioni preesistenti di ischemia cardiaca, quali l’angina pectoris, sono divenute sintomatiche, così come fibrillazione e flutter atriale.
Pertanto, nei pazienti con anamnesi di cardiopatia, e in quelli che, in precedenza, hanno manifestato reazioni avverse cardiopolmonari, prima del trattamento con rituximab deve essere considerato il rischio di complicanze cardiovascolari conseguenti alle reazioni infusionali e i pazienti devono essere attentamente monitorati durante la somministrazione.
Poiché, durante l’infusione di rituximab si può verificare ipotensione, si deve prendere in considerazione la sospensione di medicinali anti-ipertensivi 12 ore prima dell’infusione di rituximab.
Le IRR in pazienti con GPA, MPA e pemfigo volgare erano coerenti con quelle osservate negli studi clinici condotti in pazienti con artrite reumatoide e nella fase successiva all’immissione in commercio (vedere paragrafo 4.8).
Patologie cardiache Nei pazienti trattati con rituximab si sono osservati casi di angina pectoris, aritmia cardiaca, come flutter e fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca e/o infarto miocardico.
Pertanto, i pazienti con anamnesi di malattia cardiaca devono essere attentamente monitorati (vedere “Reazioni correlate all’infusione”, sopra).
Infezioni Sulla base del meccanismo d’azione di rituximab e della conoscenza del ruolo importante che le cellule B svolgono nel mantenimento della normale risposta immune, i pazienti hanno un incremento del rischio di infezioni in seguito alla terapia con rituximab (vedere paragrafo 5.1).
Infezioni gravi, inclusi eventi fatali, possono manifestarsi durante la terapia con rituximab (vedere paragrafo 4.8).
Rituximab non deve essere somministrato a pazienti con infezione attiva severa (ad es., tubercolosi, sepsi e infezioni opportunistiche, vedere paragrafo 4.3) o ai pazienti severamente immunocompromessi (ad es., laddove i valori di CD4 o CD8 sono molto bassi).
I medici devono prestare attenzione nel considerare l’impiego di rituximab nei pazienti con anamnesi di infezioni ricorrenti o croniche o con condizioni di base che possono ulteriormente predisporre i pazienti a gravi infezioni ad es., ipogammaglobulinemia (vedere paragrafo 4.8).
Si raccomanda che i livelli di immunoglobuline siano determinati prima dell’inizio del trattamento con rituximab.
I pazienti che, a seguito di trattamento con rituximab, manifestano segni e sintomi di infezione, devono essere prontamente valutati e adeguatamente trattati.
Prima di iniziare un ciclo successivo di trattamento con rituximab, i pazienti devono essere rivalutati per qualsiasi rischio potenziale di infezioni.
Casi molto rari di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) ad esito fatale sono stati osservati a seguito dell’impiego di rituximab per il trattamento dell’artrite reumatoide e di patologie autoimmuni inclusi il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) e vasculite.
Casi di meningoencefalite enterovirale inclusi casi fatali sono stati registrati dopo il trattamento con rituximab.
Test sierologici falsi negativi per le infezioni A causa del rischio di test sierologici falsi negativi per le infezioni, devono essere considerati strumenti diagnostici alternativi per i pazienti che presentino sintomi indicativi di malattie infettive rare, ad es.
virus del Nilo occidentale (West Nile virus) e neuroborreliosi.
Infezione da Epatite B Nei pazienti affetti da artrite reumatoide, GPA e MPA che hanno ricevuto rituximab, sono stati osservati casi di riattivazione dell’epatite B, inclusi quelli a esito fatale.
In tutti i pazienti prima dell’inizio del trattamento con rituximab, deve essere effettuato lo screening per il virus dell’epatite B (HBV) e deve includere almeno il dosaggio dell’HBsAg e dell’HBcAb.
Questi tests possono poi essere integrati con altri marcatori appropriati secondo le linee guida locali.
I pazienti con infezione di epatite B in forma attiva non devono essere trattati con rituximab.
I pazienti con sierologia positiva per epatite B (sia HBsAg che HBcAb), devono essere valutati da un clinico epatologo e devono essere monitorati e seguiti secondo gli standard clinici locali per prevenire la riattivazione dell’epatite B.
Neutropenia a esordio tardivo Contare i neutrofili prima di ciascun ciclo di rituximab e ad intervalli regolari fino a 6 mesi dopo l’interruzione del trattamento e in caso di segni o sintomi di infezione (vedere paragrafo 4.8).
Reazioni cutanee Sono state segnalate reazioni cutanee severe quali la necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e la sindrome di Stevens-Johnson, alcune ad esito fatale (vedere paragrafo 4.8).
In caso di tali eventi, se si sospetta una correlazione con rituximab, il trattamento deve essere interrotto in modo permanente.
Immunizzazione I medici devono rivedere lo stato delle vaccinazioni del paziente e i pazienti, prima di iniziare la terapia con rituximab, devono, se possibile, aver completato tutte le immunizzazioni, in accordo con le linee guida vigenti per l’immunizzazione.
Le vaccinazioni devono essere completate almeno 4 settimane prima della prima somministrazione di rituximab.
La sicurezza dell’immunizzazione con vaccini virali vivi seguente alla terapia con rituximab non è stata studiata.
Perciò la vaccinazione con vaccini con virus vivo non è raccomandata durante la terapia con rituximab o durante il periodo di deplezione delle cellule B periferiche.
I pazienti trattati con rituximab possono ricevere vaccinazioni con virus non vivo; comunque, le percentuali di risposta ai vaccini con virus non vivo possono essere ridotte.
In uno studio randomizzato, pazienti con artrite reumatoide trattati con rituximab e metotrexato hanno avuto tassi di risposta comparabili con quelle dei pazienti che hanno ricevuto solo metotrexato: antigeni di richiamo del tetano (39% rispetto a 42%), ridotte percentuali al vaccino polisaccaride del pneumococco (43% rispetto a 82% ad almeno 2 sierotipi di anticorpi anti-pneumococco) e ai neoantigeni KLH (47% rispetto a 93%), quando dati 6 mesi dopo rituximab.
Se durante la terapia con rituximab vengono richieste vaccinazioni con virus non vivo, queste devono essere completate almeno 4 settimane prima dell’inizio del successivo ciclo di rituximab.
Nell’esperienza globale di ripetuti trattamenti di rituximab, nell’ambito dell’artrite reumatoide, nell’arco un anno, le percentuali di pazienti con titoli anticorpali positivi contro S.
pneumoniae
, influenza, parotite, rosolia, varicella e tossina del tetano, sono state generalmente simili alle percentuali in condizioni basali.
Impiego concomitante/sequenziale di altri DMARD nel trattamento dell’artrite reumatoide Nell’indicazione e nella posologia relative all’artrite reumatoide, l’impiego concomitante di rituximab e di terapie antireumatiche diverse da quelle specificate, non è raccomandato.
Dagli studi clinici, ci sono dati limitati per valutare pienamente la sicurezza dell’uso sequenziale di altri DMARD (inclusi inibitori del TNF e altri biologici), dopo rituximab (vedere paragrafo 4.5).
I dati disponibili indicano che il tasso di infezioni clinicamente rilevanti è invariata quando tali terapie sono utilizzate in pazienti precedentemente trattati con rituximab; comunque i pazienti devono essere strettamente osservati per segni di infezione se, dopo la terapia con rituximab, vengono utilizzati agenti biologici e/o DMARD.
Tumori I farmaci immunomodulatori possono aumentare il rischio di tumori.
Tuttavia, i dati disponibili non suggeriscono un incremento del rischio di tumori con rituximab usato nelle indicazioni per patologie autoimmuni oltre il rischio associato alla condizione autoimmune preesistente.
Eccipienti Questo prodotto medicinale contiene 2,3 mmol (o 52,6 mg) di sodio nel flaconcino da 10 mL e 11,5 mmol (o 263,2 mg) di sodio nel flaconcino da 50 mL, equivalenti, rispettivamente, al 2,6% e al 13,2% dell’apporto giornaliero massimo raccomandato dall’OMS di 2 g di sodio per un adulto.

Interazioni

Al momento si hanno dati limitati sulla possibile interazione di medicinali con rituximab.
In pazienti con LLC, la co-somministrazione con rituximab non sembra avere un effetto sulla farmacocinetica di fludarabina o ciclofosfamide.
In aggiunta, non c’è un apparente effetto di fludarabina e ciclofosfamide sulla farmacocinetica di rituximab.
Nei pazienti con artrite reumatoide, la co-somministrazione con metotrexato non ha avuto alcun effetto sulla farmacocinetica di rituximab.
I pazienti che hanno sviluppato anticorpi anti-proteine murine (HAMA) anticorpi anti-farmaco (ADA) possono manifestare reazioni allergiche o di ipersensibilità quando vengono trattati con altri anticorpi monoclonali diagnostici o terapeutici.
In pazienti con artrite reumatoide, 283 pazienti, dopo rituximab, hanno ricevuto successivamente una terapia con un DMARD biologico.
In tali pazienti, la percentuale di infezioni clinicamente rilevanti durante la terapia con rituximab è stata 6,01 su 100 pazienti/anno confrontata con 4,97 su 100 pazienti/anno dopo il trattamento con il DMARD biologico.

Effetti indesiderati

Esperienza clinica nel linfoma non-Hodgkin e nella leucemia linfocitica cronica nei pazienti adulti Riassunto del profilo di sicurezza Il profilo di sicurezza complessivo di rituximab nel linfoma non-Hodgkin e nella leucemia linfocitica cronica si basa su dati di pazienti in studi clinici e sulla sorveglianza successiva all’immissione in commercio.
Questi pazienti sono stati trattati con rituximab in monoterapia (come trattamento di induzione o come trattamento di mantenimento post-induzione) o in associazione con chemioterapia.
In pazienti che hanno ricevuto rituximab, le reazioni avverse (ADR) osservate più frequentemente sono state le IRR che si sono manifestate nella maggior parte dei pazienti durante la prima infusione.
L’incidenza di sintomi correlati a infusione diminuisce significativamente con le successive infusioni ed è inferiore all’1% dopo otto dosi di rituximab.
Gli eventi infettivi (soprattutto batterici e virali) si sono verificati in studi clinici nel 30-55 % circa dei pazienti con LNH e nel 30-50% circa dei pazienti con LLC.
Le reazioni avverse gravi più frequentemente registrate o osservate sono state: • IRR (incluse la sindrome da rilascio di citochine e la sindrome da lisi tumorale), vedere paragrafo 4.4.
• Infezioni, vedere paragrafo 4.4.
• Eventi cardiovascolari, vedere paragrafo 4.4.
Altre ADR gravi riportate includono la riattivazione di epatite B e la PML (vedere paragrafo 4.4).
Tabella delle reazioni avverse Le frequenze delle ADR riportate con rituximab in monoterapia o in associazione con chemioterapia sono riassunte nella tabella 3.
La frequenza è definita come molto comune (≥ 1/10), comune (da ≥ 1/100 a < 1/10), non comune (da ≥ 1/1.000 a < 1/100), raro (da ≥ 1/10.000 a < 1/1.000), molto raro (< 1/10.000) e non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità.
Le ADR identificate solo durante la sorveglianza successiva all’immissione in commercio e per le quali non è possibile stimare una frequenza, sono elencate sotto la voce “non nota”.
Tabella 3 ADR osservate negli studi clinici o durante la sorveglianza successiva all’immissione in commercio, in pazienti con LNH e LLC trattati con rituximab in monoterapia/mantenimento o in associazione con chemioterapia
Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota8
Infezioni ed infestazioni infezioni batteriche, infezioni virali, +bronchite sepsi, + infezione polmonare, +infezione febbrile, +herpes zoster, +infezioni delle vie respiratorie, infezioni micotiche, infezioni a eziologia sconosciuta, +bronchite acuta, +sinusite, epatite B¹  infezioni virali gravi², Pneumocystis jirovecii PML meningoencefalite enterovirale2,3
Patologie del sistema emolinfopoietico neutropenia, leucopenia, +neutropenia febbrile, +trombocitopenia anemia, +pancitopenia, +granulocitopenia disturbi della coagulazione, anemia aplastica, anemia emolitica, linfoadenopatia  aumento transitorio nel siero del livello delle IgM4 neutropenia tardiva4
Disturbi del sistema immunitario reazioni correlate a infusione, angioedema5 ipersensibilità  anafilassi sindrome da lisi tumorale, sindrome da rilascio di citochine5, malattia da siero trombocitopenia acuta reversibile correlata all’infusione5
Disturbi del metabolismo e della nutrizione  iperglicemia, calo ponderale , edema periferico, edema facciale, LDH aumentata, ipocalcemia    
Disturbi psichiatrici   depressione, nervosismo   
Patologie del sistema nervoso  parestesia, ipoestesia, agitazione, insonnia, vasodilatazione, capogiro, ansia disgeusia  neuropatia periferica, paralisi del nervo facciale6 neuropatia dei nervi cranici, perdita di altri sensi6
Patologie dell'occhio  disturbo della lacrimazione, congiuntivite   perdita severa della vista6 
Patologie dell'orecchio e del labirinto  Tinnito, dolore all’orecchio    perdita dell’udito6
Patologie cardiache  +infarto miocardico5,7, aritmia, +fibrillazione atriale, tachicardia, +patologie cardiache +insufficienza ventricolare sinistra, +tachicardia sopraventricolare, +tachicardia ventricolare, +angina, +ischemia miocardica, bradicardia patologie cardiache severe 5,7 insufficienza cardiaca5,7 
Patologie vascolari  ipertensione, ipotensione ortostatica, ipotensione   vasculite (soprattutto cutanea), vasculite leucocitoclastica 
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche  broncospasmo 5, malattia respiratoria, dolore toracico, dispnea, tosse aumentata, rinite asma, bronchiolite obliterante, malattia polmonare, ipossia malattia polmonare interstiziale8 insufficienza respiratoria5 infiltrazione polmonare
Patologie gastrointestinali nausea vomito, diarrea, dolore addominale, disfagia, stomatite, stipsi, dispepsia, anoressia, irritazione della gola dilatazione addominale  perforazione gastro- intestinale8 
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo prurito, eruzione cutanea, +alopecia orticaria, sudorazione, sudorazioni notturne, +patologie della cute   reazioni cutanee bollose severe, sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell)8 
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo  ipertonia, mialgia, artralgia, dolore dorsale, dolore al collo, dolore    
Patologie renali e urinarie     insufficienza renale5 
Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione febbre, brividi, astenia, cefalea dolore tumorale, rossore, malessere, sindrome da freddo, +stanchezza, +tremori, +insufficienza Multiorgano5 dolore in sede di infusione   
Esami diagnostici IgG diminuite     
Per ciascuna voce, la frequenza si è basata sulle reazioni di qualsiasi grado (da lieve a severo) ad eccezione delle voci contrassegnate con "+" dove la frequenza si è basata solo sulle reazioni severe (≥ grado 3 secondo i criteri di tossicità comuni NCI).
È riportata solo la frequenza più elevata osservata negli studi.
¹ Include riattivazione e infezioni primarie; frequenza basata sul regime R-FC nella LLC recidiva/refrattaria.
² Vedere anche la sottostante sezione “Infezioni”.
³ osservate durante la sorveglianza post marketing 4 Vedere anche la sottostante sezione “Reazioni avverse ematologiche”.
5 Vedere anche la sottostante sezione relativa alle reazioni correlate all’infusione.
Raramente riportati casi fatali.
6 Segni e sintomi di neuropatia dei nervi cranici.
Si è manifestata in tempi diversi fino a vari mesi dal completamento della terapia con rituximab.
7 Osservate soprattutto in pazienti con precedenti patologie cardiache e/o chemioterapia cardiotossica e sono state soprattutto associate con reazioni correlate all’infusione.
8 Inclusi casi fatali.
I seguenti termini sono stati riportati come eventi avversi durante gli studi clinici; tuttavia, sono stati riportati con un’incidenza simile o inferiore nei bracci rituximab rispetto ai bracci di controllo: ematotossicità, infezione neutropenica, infezione delle vie urinarie, disturbo sensoriale, piressia.
Segni e sintomi caratteristici di una reazione correlata a infusione sono stati osservati in studi clinici in più del 50% dei pazienti e sono stati osservati soprattutto durante la prima infusione, generalmente nelle prime due ore.
Questi sintomi comprendono soprattutto febbre, brividi e brividi febbrili.
Altri sintomi includono rossore, angioedema, broncospasmo, vomito, nausea, orticaria/eruzione cutanea, stanchezza, cefalea, irritazione della gola, rinite, prurito, dolore, tachicardia, ipertensione, ipotensione, dispnea, dispepsia, astenia e sintomi della sindrome da lisi tumorale.
Reazioni severe correlate a infusione (come broncospasmo, ipotensione) si sono verificate con frequenza fino al 12% dei casi.
In alcuni casi, ulteriori reazioni osservate sono state infarto miocardico, fibrillazione atriale, edema polmonare e trombocitopenia acuta reversibile.
Esacerbazione di condizioni cardiache preesistenti come angina pectoris o insufficienza cardiaca congestizia oppure patologie cardiache severe (insufficienza cardiaca, infarto miocardico, fibrillazione atriale), edema polmonare, insufficienza multiorgano, sindrome da lisi tumorale, sindrome da rilascio di citochine, insufficienza renale e insufficienza respiratoria sono state osservate con una frequenza inferiore o sconosciuta.
L’incidenza di sintomi correlati a infusione è diminuita sostanzialmente con le infusioni successive ed è < 1% dei pazienti dall’ottavo ciclo di trattamento contenente rituximab.
Descrizione di una selezione di reazioni avverse Infezioni Rituximab induce deplezione delle cellule B nel 70-80% circa dei pazienti, ma questo evento è stato associato ad una diminuzione delle immunoglobuline sieriche solo in una minoranza di pazienti.
In studi randomizzati, infezioni localizzate da candida, come da Herpes zoster, sono state osservate con una più elevata incidenza nel braccio con rituximab.
Infezioni severe sono state osservate nel 4% circa dei pazienti trattati con rituximab in monoterapia.
Frequenze più elevate di tutte le infezioni, incluse infezioni di grado 3 o 4, sono state osservate durante il trattamento di mantenimento con rituximab della durata di due anni se confrontate con il gruppo di controllo.
Nel periodo di trattamento della durata di due anni, in termini di infezioni osservate, non si è verificata tossicità cumulativa,.
In aggiunta, durante il trattamento con rituximab sono state osservate altre infezioni virali gravi, sia nuove, che riattivate o esacerbate, alcune delle quali sono state fatali.
La maggior parte dei pazienti aveva ricevuto rituximab in associazione con chemioterapia o come parte di un trapianto di cellule staminali ematopoietiche.
Esempi di queste infezioni virali gravi sono le infezioni causate da virus herpetici (Citomegalovirus, Virus Varicella-Zoster e Virus dell’Herpes Simplex), JC virus (leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML)), enterovirus (meningoencefalite) e virus dell’epatite C (vedere paragrafo 4.4).
Durante gli studi clinici sono stati anche osservati casi di PML ad esito fatale che si sono verificati dopo la progressione della malattia e il ritrattamento.
Sono stati osservati casi di riattivazione di epatite B, la maggior parte dei quali si sono verificati in pazienti che hanno ricevuto rituximab in associazione con chemioterapia citotossica.
In pazienti con LLC recidivante/refrattaria, l’incidenza di infezione di epatite B di grado 3/4 (riattivazione e infezione primaria) è stata del 2% in R-FC vs 0% in FC.
In pazienti con sarcoma di Kaposi preesistente, esposti a rituximab, si è osservata progressione del sarcoma di Kaposi.
Questi casi si sono verificati con indicazioni non approvate e la maggior parte dei pazienti erano HIV positivi.
Reazioni avverse ematologiche Negli studi clinici con impiego di rituximab in monoterapia somministrato per 4 settimane, in una minoranza di pazienti si sono manifestate anomalie ematologiche che sono state generalmente lievi e reversibili.
Neutropenia severa (grado 3/4) è stata osservata nel 4,2% dei pazienti, anemia nell’1,1% e trombocitopenia nell’1,7% dei pazienti.
Durante il trattamento di mantenimento con rituximab, della durata di due anni, leucopenia (5% vs 2%, grado 3/4) e neutropenia (10% vs 4%, grado 3/4), sono state osservate con un’incidenza più elevata quando confrontata con il gruppo di controllo.
L’incidenza di trombocitopenia è stata bassa (< 1%, grado 3/4) e non è stata differente tra i bracci di trattamento.
Durante il trattamento negli studi con rituximab in associazione con chemioterapia, sono state osservate leucopenia di grado 3/4 (R-CHOP 88% vs CHOP 79%, R-FC 23% vs FC 12%), neutropenia (R-CVP 24% vs CVP 14%; R-CHOP 97% vs CHOP 88%, R-FC 30% vs FC 19% nella LLC precedentemente non trattata), pancitopenia (R-FC 3% vs FC 1% nella LLC precedentemente non trattata), generalmente con frequenze più elevate, quando confrontate con chemioterapia da sola.
Comunque, la più elevata incidenza di neutropenia in pazienti trattati con rituximab e chemioterapia, non è stata associata ad una incidenza più alta di infezioni e infestazioni, se confrontata con pazienti trattati con sola chemioterapia.
Studi sulla LLC precedentemente non trattata recidivante/refrattaria, hanno stabilito che nel 25% dei pazienti trattati con R-FC la neutropenia è stata prolungata (definita come conta dei granulociti neutrofili inferiore a 1x109/l tra il giorno 24 e il giorno 42 dopo l’ultima dose) o si è manifestata con esordio tardivo (definito come conta dei granulociti neutrofili inferiore a 1x109/l oltre il giorno 42 dopo l’ultima dose, nei pazienti che non avevano una precedente neutropenia prolungata o che avevano recuperato prima del giorno 42), dopo il trattamento con rituximab e FC.
Non sono state osservate differenze nell’incidenza di anemia.
Sono stati riportati alcuni casi di neutropenia tardiva che si sono verificati più di quattro settimane dopo l’ultima infusione di rituximab.
Nello studio di prima linea sulla LLC, i pazienti nello stadio C di Binet hanno manifestato più eventi avversi nel braccio R-FC rispetto al braccio FC (R-FC 83% vs FC 71%).
Nello studio sulla LLC recidiva/refrattaria, è stata riportata trombocitopenia di grado 3/4 nell’11% dei pazienti nel gruppo R- FC vs il 9% dei pazienti nel gruppo FC.
Negli studi con rituximab in pazienti con macroglobulinemia di Waldestrom, sono stati osservati aumenti transitori dei livelli sierici di IgM dopo l’inizio del trattamento, i quali possono essere associati con iperviscosità e sintomi correlati.
L’aumento transitorio di IgM generalmente ritorna almeno al livello basale entro 4 mesi.
Reazioni avverse cardiovascolari Negli studi clinici con rituximab in monoterapia, sono state osservate reazioni cardiovascolari nel 18,8% dei pazienti con ipotensione e ipertensione quali eventi più frequentemente segnalati.
Durante l’infusione sono stati osservati casi di aritmia di grado 3 o 4 (incluse tachicardia ventricolare e sopraventricolare) e angina pectoris.
Durante il trattamento di mantenimento, l’incidenza di disordini cardiaci di grado 3/4 è stata paragonabile tra i pazienti trattati con rituximab e il gruppo di controllo.
Eventi cardiaci sono stati osservati come eventi avversi seri (inclusa la fibrillazione atriale, l’infarto miocardico, l’insufficienza ventricolare sinistra, l’ischemia miocardica) nel 3% dei pazienti trattati con rituximab in confronto a < 1% del gruppo di controllo.
Negli studi di valutazione di rituximab in associazione con chemioterapia, l’incidenza di aritmie cardiache di grado 3 e 4, soprattutto aritmie sopraventricolari come tachicardia e flutter/fibrillazione atriale, è stata più elevata nel gruppo R-CHOP (14 pazienti, 6,9%) se confrontato con il gruppo CHOP (3 pazienti, 1,5%).
Tutte queste aritmie si sono verificate nel contesto dell’infusione di rituximab o sono state associate con condizioni predisponenti quali febbre, infezione, infarto miocardico acuto o patologia respiratoria e cardiovascolare preesistente.
Non è stata osservata differenza tra il gruppo R-CHOP e CHOP in termini di incidenza di altri eventi cardiaci di grado 3 e 4, inclusi l’insufficienza cardiaca, la malattia del miocardio e le manifestazioni di malattia coronarica.
Nella LLC, l’incidenza globale di patologie cardiache di grado 3 o 4 è stata bassa sia nello studio di prima linea (4% R-FC, 3% FC) che nello studio sulla recidiva/refrattaria (4% R-FC, 4% FC).
Apparato respiratorio Sono stati osservati casi di malattia polmonare interstiziale, alcuni con esito fatale.
Patologie neurologiche Durante il periodo di trattamento (fase della terapia di induzione costituita da R-CHOP per un massimo di otto cicli), quattro pazienti (2%) trattati con R-CHOP, tutti con fattori di rischio cardiovascolare, hanno manifestato accidenti tromboembolici cerebrovascolari durante il primo ciclo di trattamento.
Non c’è stata differenza tra i gruppi di trattamento in termini di incidenza di altri eventi tromboembolici.
Al contrario, tre pazienti (1,5%) hanno manifestato eventi cerebrovascolari nel gruppo CHOP, i quali si sono tutti manifestati durante il periodo di osservazione (follow-up).
Nella LLC, l’incidenza globale di disordini del sistema nervoso di grado 3 o 4 è stata bassa sia nello studio di prima linea (4% R-FC, 4% FC) che nello studio sulla recidiva/refrattaria (3% R-FC, 3% FC).
Sono stati osservati casi di sindrome da encefalopatica posteriore reversibile (PRES) / sindrome della leucoencefalopatia posteriore reversibile (RPLS).
I segni e i sintomi includevano disturbo visivo, cefalea, crisi convulsive e alterazioni dello stato mentale, con o senza ipertensione associata.
Una diagnosi di PRES/RPLS, richiede conferma con imaging cerebrale.
I casi osservati hanno riconosciuto fattori di rischio per PRES/RPLS, inclusi il concomitante stato di malattia preesistente del paziente, ipertensione, terapia immunosoppressiva e/o chemioterapia.
Patologie gastrointestinali In pazienti che ricevevano rituximab per il trattamento di linfoma non-Hodgkin, è’ stata osservata perforazione gastrointestinale che, in alcuni casi, ha portato a morte.
Nella maggior parte di questi casi, rituximab era somministrato con la chemioterapia.
Livelli di IgG Nello studio clinico che ha valutato rituximab nel trattamento di mantenimento del linfoma follicolare recidivante/refrattario, dopo il trattamento di induzione, la mediana dei livelli di IgG è stata sotto il limite inferiore di normalità (LLN) (< 7 g/l), sia nel gruppo di controllo, che nel gruppo rituximab.
Nel gruppo di controllo, la mediana dei livelli di IgG è aumentata successivamente sopra il LLN, ma è rimasta costante nel gruppo rituximab.
Nei due anni del periodo di trattamento, la percentuale di pazienti con livelli di IgG sotto il LLN è stata del 60% circa nel gruppo rituximab, mentre è diminuita nel gruppo di controllo (36% dopo due anni).Nei pazienti pediatrici trattati con rituximab è stato osservato un piccolo numero di casi spontanei e di letteratura riferiti a ipogammaglobulinemia, in alcuni casi severi, e che hanno richiesto una terapia sostitutiva con immunoglobuline a lungo termine.
Le conseguenze della deplezione a lungo termine delle cellule B nei pazienti pediatrici non sono note.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Sono stati segnalati, molto raramente, casi di necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e sindrome di Stevens-Johnson, alcuni ad esito fatale.
Sottopopolazioni di pazienti - rituximab in monoterapia Anziani (≥ 65 anni): L’incidenza delle ADR di tutti i gradi e di grado 3/4 è stata simile nei pazienti anziani rispetto a pazienti più giovani (< 65 anni).
Malattia voluminosa ( bulky) Si è verificata una più elevata incidenza di ADR di grado 3/4 in pazienti con malattia voluminosa (bulky), rispetto a pazienti senza malattia voluminosa (bulky) (25,6% vs 15,4%).
L’incidenza di ADR di ogni grado è stata simile in questi due gruppi.
Ritrattamento La percentuale di pazienti che hanno manifestato ADR durante il ritrattamento con ulteriori cicli di rituximab è stata simile alla percentuale di pazienti che hanno manifestato ADR durante l’esposizione iniziale (ADR di ogni grado e di grado 3/4).
Sottopopolazioni di pazienti - Terapia di associazione con rituximab Anziani (≥ 65 anni) L’incidenza di eventi avversi di grado 3/4 a livello dell’apparato emolinfopoietico è stata più alta in pazienti anziani se confrontati a pazienti più giovani (< 65 anni), con leucemia linfatica cronica precedentemente non trattata o recidivante/refrattaria.
Esperienza clinica nei pazienti pediatrici con DLBCL/BL/BAL/BLL Riassunto del profilo di sicurezza È stato condotto uno studio multicentrico, in aperto, randomizzato, sulla chemioterapia del linfoma di Burkitt (Lymphome Malin B) (LMB), con o senza rituximab, in pazienti pediatrici (di età compresa tra ≥ 6 mesi e < 18 anni) affetti da DLBCL CD20 positivo/BL/BAL/BLL in stadio avanzato, precedentemente non trattato.
Un totale di 309 pazienti pediatrici hanno ricevuto rituximab e sono stati inclusi nella nell’analisi di sicurezza di popolazione.
I pazienti pediatrici randomizzati al braccio sottoposto a chemioterapia LMB con rituximab o arruolati nel braccio singolo dello studio, sono stati trattati con rituximab con una dose da 375 mg/m² di BSA e hanno ricevuto un totale di sei infusioni endovenose di rituximab (due durante ciascuno dei due cicli di induzione e una durante ciascuno dei due cicli di consolidamento dello schema LMB).
Il profilo di sicurezza di rituximab nei pazienti pediatrici (di età compresa tra ≥ 6 mesi e < 18 anni), affetti da DLBCL CD20 positivo/BL/BAL/BLL in stadio avanzato, non trattato in precedenza, è risultato generalmente coerente, in termini di tipo, natura e severità, con il profilo di sicurezza noto per i pazienti adulti affetti da LNH e LLC.
Rispetto alla sola chemioterapia, l’aggiunta di rituximab al regime chemioterapico ha determinato un aumento del rischio di alcuni eventi, tra cui le infezioni (ivi inclusa sepsi).
Esperienza clinica nell’artrite reumatoide Riassunto del profilo di sicurezza Nell’artrite reumatoide, il profilo di sicurezza complessivo di rituximab si basa sui dati provenienti da pazienti trattati in studi clinici e dalla sorveglianza successiva all’immissione in commercio.
In pazienti con artrite reumatoide, da moderata a severa, il profilo di sicurezza di rituximab è riassunto nelle sezioni sottostanti.
Negli studi clinici più di 3.100 pazienti hanno ricevuto almeno un ciclo di trattamento e sono stati seguiti per un periodo variabile da 6 mesi a più di 5 anni; circa 2.400 pazienti hanno ricevuto due o più cicli di trattamento con oltre 1.000 pazienti sottoposti a 5 o più cicli.
Le informazioni sulla sicurezza raccolte durante l’esperienza successiva all’immissione in commercio riflettono il profilo atteso per le reazioni avverse già osservato negli studi clinici per rituximab (vedere paragrafo 4.4).
I pazienti hanno ricevuto 2 dosi da 1.000 mg di rituximab separate da un intervallo di due settimane, in associazione con metotrexato (10-25 mg/settimana).
Le infusioni di rituximab sono state somministrate dopo infusione endovenosa di 100 mg di metilprednisolone; i pazienti hanno anche ricevuto un trattamento con prednisone orale per 15 giorni.
Elenco tabulato delle reazioni avverse Le reazioni avverse sono elencate nella tabella 4.
La frequenza è definita come molto comune (≥ 1/10), comune (da ≥ 1/100 a < 1/10), non comune (da ≥ 1/1.000 a < 1/100), raro (da ≥ 1/10.000 a < 1/1.000), molto raro (< 1/10.000) e non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità.
Le reazioni avverse più frequenti ritenute dovute all’assunzione di rituximab sono state le IRR.
Negli studi clinici, l’incidenza totale di IRR è stata del 23% con la prima infusione ed è diminuita con le infusioni successive.
IRR gravi sono state non comuni (0,5% dei pazienti) e si presentavano prevalentemente durante il ciclo iniziale.
In aggiunta alle reazioni avverse osservate negli studi clinici sull’artrite reumatoide condotti con rituximab, durante l’esperienza successiva all’immissione in commercio, sono state osservate leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) (vedere paragrafo 4.4) e reazione simile alla malattia da siero.
Tabella 4 Riassunto delle reazioni avverse riportate negli studi clinici o durante la sorveglianza successiva all’immissione in commercio, che si sono manifestate nei pazienti con artrite reumatoide che hanno ricevuto rituximab
Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota
Infezioni ed Infestazioni infezione delle vie respiratorie superiori, infezioni delle vie urinarie bronchiti, sinusiti, gastroenteriti, tinea pedis   PML, riattivazione dell’epatite B Infezioni virali gravi¹, meningoencefalite enterovirale²
Patologie del sistema emolinfopoietico  Neutropenia³  neutropenia tardiva4 Reazione simil-malattia da siero 
Disturbi del sistema immunitario 5reazioni correlate a infusione (ipertensione, nausea, eruzione cutanea, piressia, prurito, orticaria, irritazione della gola, vampata di calore, ipotensione, rinite, brividi febbrili, tachicardia, stanchezza, dolore orofaringeo, edema periferico, eritema)  5reazioni correlate a infusione (edema generalizzato, broncospasmo, respiro sibilante, edema della laringe, edema angioneurotico, prurito generalizzato, anafilassi, reazione anafilattoide)   
Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione
Disturbi del metabolismo e della nutrizione  ipercolesterolemia    
Disturbi psichiatrici  depressione, ansia    
Patologie del sistema nervoso cefalea parestesia, emicrania vertigini, sciatica    
Patologie cardiache    angina pectoris, fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca, infarto miocardico flutter atriale 
Patologie gastrointestinali  Dispepsia, diarrea, reflusso gastroesofageo, ulcerazione della bocca, dolore addominale alto    
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo  alopecia   necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell), sindrome di Stevens-Johnson7 
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo  artralgia / dolore muscoloscheletrico, osteoartrite, borsite    
Esami diagnostici IgM diminuite 6 IgG diminuite 6    
¹ Vedere anche la sezione infezioni di seguito.
² Osservate durante la sorveglienza successiva all’immissione in commercio.
³ Categoria di frequenza derivante dai valori di laboratorio raccolti nell’ambito del monitoraggio laboratoristico di routine negli studi clinici.
4 Categoria di frequenza derivante dai dati successivamente all’immissione in commercio.
5 Reazioni che si verificano durante o entro le 24 ore dall’infusione.
Vedere anche il sottostante paragrafo sulle reazioni correlate all’infusione.
Le IRR possono anche dipendere da ipersensibilità e/o dal meccanismo d’azione.
6 Include osservazioni raccolte nell’ambito del monitoraggio laboratoristico di routine.
7 Include casi fatali.
Cicli ripetuti Cicli ripetuti di trattamento sono associati ad un profilo di reazioni avverse simile a quello osservato in seguito alla prima esposizione.
A seguito della prima esposizione a rituximab, la percentuale di tutte le reazioni avverse era più alta durante i primi 6 mesi e successivamente diminuiva.
Questo si verificava soprattutto per le IRR (più frequentemente durante il primo trattamento), l’esacerbazione dell’artrite reumatoide e le infezioni; tutte queste erano più frequenti nei primi 6 mesi di trattamento.
Descrizione di una selezione di reazioni avverse Reazioni correlate a infusione Negli studi clinici, dopo il trattamento con rituximab, le reazioni avverse (ADR) più frequenti erano le IRR (vedere tabella 4).
Tra i 3.189 pazienti trattati con rituximab, 1.135 (36%) ha manifestato almeno una IRR con 733/3.189 (23%) di pazienti che hanno manifestato una IRR successivamente alla prima infusione del primo trattamento con rituximab.
L’incidenza delle IRR diminuisce con le infusioni successive.
Negli studi clinici, meno dell’1% (17/3.189) dei pazienti ha manifestato un IRR grave.
Negli studi clinici, secondo i comuni criteri di tossicità (CTC), non ci sono state IRR di grado 4 e nessun caso di morte dovuto a IRR.
La proporzione di eventi di grado 3 secondo CTC e le IRR che portavano alla sospensione del trattamento si riduceva nel corso dei trattamenti e risultavano rare dal terzo ciclo in poi.
La premedicazione con glucocorticoide per via endovenosa ha ridotto in modo significativo l’incidenza e la gravità delle IRR (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).
Nella fase successiva all’immissione in commercio, sono stati osservati casi severi di IRR con esito fatale.
In uno studio disegnato per valutare la sicurezza di un’infusione più rapida di rituximab in pazienti affetti da artrite reumatoide, ai pazienti con artrite reumatoide in forma attiva, da moderata a severa, che non avevano manifestato una IRR grave durante o entro le 24 ore successive alla prima infusione studiata, è stato consentito di sottoporsi a un’infusione endovenosa di rituximab della durata di 2 ore.
Non sono stati ammessi allo studio i pazienti con anamnesi di grave reazione all’infusione di una terapia biologica per l’artrite reumatoide.
L’incidenza, le tipologie e la gravità delle IRR erano coerenti con i dati storici.
Non sono state osservate IRR gravi.
Infezioni L’incidenza globale di infezioni riportata negli studi clinici era di circa 94 su 100 pazienti/anno nel gruppo trattato con Truxima.
Le infezioni erano soprattutto da lievi a moderate e riguardavano principalmente infezioni delle vie aeree superiori e delle vie urinarie.
L’incidenza delle infezioni gravi o che richiedevano antibiotici per via endovenosa era di circa 4 su 100 pazienti/anno.
L’incidenza delle infezioni gravi non ha mostrato alcun aumento significativo in seguito a cicli ripetuti con rituximab.
Nel corso degli studi clinici sono state osservate infezioni delle basse vie aeree (inclusa infezione polmonare), con incidenza simile nei gruppi trattati con rituximab rispetto ai gruppi di controllo.
Nell’esperienza post marketing, infezioni virali gravi sono state riportate in pazienti con artrite reumatoide trattati con rituximab.
Casi di leucoencefalopatia multifocale progressiva con esito fatale, sono stati osservati in seguito all’uso di rituximab per il trattamento di patologie autoimmuni.
Queste includono l’artrite reumatoide e patologie autoimmuni fuori dall’indicazione approvata (off-label), quali il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) e la vasculite.
In pazienti con linfoma non-Hodgkin, che avevano ricevuto rituximab in combinazione con chemioterapia citotossica (vedere linfoma non-Hodgkin), sono stati riportati casi di riattivazione di epatite B.
Molto raramente, in pazienti con AR che avevano ricevuto rituximab, sono state anche osservate riattivazioni di infezione da epatite B (vedere paragrafo 4.4).
Reazioni avverse cardiovascolari Reazioni cardiache gravi sono state osservate con un’incidenza di 1,3 su 100 pazienti/anno tra quelli trattati con rituximab e 1,3 su 100 pazienti/anno nei pazienti trattati con placebo.
La proporzione di pazienti con reazioni cardiache (tutte o gravi) non è aumentata nei vari cicli.
Eventi neurologici Sono stati segnalati casi di sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES)-sindrome della leucoencefalopatia posteriore reversibile (RPLS).
Segni e sintomi includevano disturbo visivo, cefalea, crisi convulsive e alterazione dello stato mentale, con o senza ipertensione associata.
Una diagnosi di PRES/RPLS richiede la conferma attraverso imaging cerebrale.
I casi descritti presentavano fattori di rischio noti per PRES/RPLS, tra cui la malattia preesistente dei pazienti, ipertensione, terapia immunosoppressiva e/o chemioterapia.
Neutropenia In seguito a trattamento con rituximab sono stati osservati casi di neutropenia, la maggior parte dei quali erano transitori e di intensità lieve o moderata.
La neutropenia può manifestarsi diversi mesi dopo la somministrazione di rituximab (vedere paragrafo 4.4).
Negli studi clinici controllati verso placebo, lo 0,94% (13/382) dei pazienti trattati con rituximab e lo 0,27% (2/731) dei pazienti trattati con placebo ha sviluppato neutropenia severa.
Nell’esperienza successiva all’immissione in commercio sono stati raramente segnalati eventi neutropenici, inclusa neutropenia ad esordio tardivo severa e persistente, alcuni dei quali sono stati associati ad infezioni fatali.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Molto raramente, sono stati segnalati casi di necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e sindrome di Stevens-Johnson, alcuni ad esito fatale.
Anomalie di laboratorio In pazienti con artrite reumatoide trattati con rituximab è stata osservata ipogammaglobulinemia (IgG o IgM sotto il limite inferiore della norma).
Non c’è stato aumento della percentuale di infezioni generali o gravi in seguito a bassi livelli di IgG o IgM (vedere paragrafo 4.4).
Nei pazienti pediatrici trattati con rituximab è stato osservato un piccolo numero di casi spontanei e di letteratura riferiti a ipogammaglobulinemia, in alcuni casi severi e che hanno richiesto una terapia sostitutiva con immunoglobuline a lungo termine.
Le conseguenze della deplezione a lungo termine delle cellule B nei pazienti pediatrici non sono note.
Esperienza clinica nella granulomatosi con poliangioite (GPA) e poliangioite microscopica (MPA) Induzione della remissione in pazienti adulti (Studio 1 su GPA/MPA) Nello Studio 1 su GPA/MPA, 99 pazienti adulti sono stati trattati con rituximab (375 mg/m², una volta alla settimana per 4 settimane) e glucocorticoidi, per l’induzione della remissione della GPA e MPA (vedere paragrafo 5.1).
Elenco tabulato delle reazioni avverse Le ADR elencate nella tabella 5 rappresentano tutti gli eventi avversi che si sono manifestati con un’incidenza 5% nel gruppo rituximab e con una frequenza più alta rispetto al gruppo di confronto.
Tabella 5 Reazioni avverse verificatesi a 6 mesi in 5% dei pazienti che hanno ricevuto rituximab nell’ambito dello Studio 1 su GPA/MPA(Rituximab n=99, con una frequenza più alta rispetto al gruppo di confronto), o durante la sorveglianza successiva all’immissione in commercio.
Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA Reazione avversa Frequenza
Infezioni ed infestazioni
Infezioni delle vie urinarie 7%
Bronchite 5%
Herpes zoster 5%
Nasofaringite 5%
Infezioni virali gravi1,2 non nota
Meningoencefalite enterovirale¹ non nota
Patologie del sistema emolinfopoietico
Trombocitopenia 7%
Disturbi del sistema immunitario
Sindrome da rilascio di citochine 5%
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Iperkaliemia 5%
Disturbi psichiatrici
Insonnia 14%
Patologie del sistema nervoso
Capogiro 10%
Tremore 10%
Patologie vascolari
Ipertensione 12%
Rossore 5%
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Tosse 12%
Dispnea 11%
Epistassi 11%
Congestione nasale 6%
Patologie gastrointestinali
Diarrea 18%
Dispepsia 6%
Stipsi 5%
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Acne 7%
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Spasmi muscolari 18%
Artralgia 15%
Dolore dorsale 10%
Debolezza muscolare 5%
Dolore muscoloscheletrico 5%
Dolore agli arti 5%
Patologie generali e condizioni relativealla sede di somministrazione
Edema periferico 16%
Esami diagnostici
Emoglobina ridotta 6%
¹Osservate durante la sorveglianza successiva all’immissione in commercio.
²Vedere anche la sezione infezioni di seguito.
Terapia di mantenimento negli adulti (Studio 2 su GPA/MPA) Nello Studio 2 su GPA/MPA, un totale di 57 pazienti adulti affetti da GPA e MPA in forma attiva di grado severo sono stati trattati con rituximab per il mantenimento della remissione (vedere paragrafo 5.1).
Tabella 6 Reazioni avverse verificatesi in 5% dei pazienti che hanno ricevuto rituximab, nell’ambito dello Studio 2 su GPA/MPA (Rituximab n=57), e con una frequenza più alta rispetto al gruppo di confronto, o durante la sorveglianza successiva all’immissione in commercio.
Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA Reazione avversa da farmaco¹ Frequenza
Infezioni ed infestazioni
Bronchite 14%
Rinite 5%
Infezioni virali gravi1,2 non nota
meningoencefalite enterovirale,1 non nota
Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione
Piressia 9%
Malattia simil-influenzale 5%
Edema periferico 5%
Patologie gastrointestinali
Diarrea 7%
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Dispnea 9%
Traumatismi, intossicazioni e complicazioni da procedura
Reazioni correlate a infusione² 12%
1 Osservate durante la sorveglianza successiva all’immissione in commercio.
² Vedere anche la sezione infezioni sotto.
³ Informazioni più dettagliate sulle reazioni correlate a infusione sono fornite nel paragrafo “Descrizione di una selezione di reazioni avverse”.
Il profilo di sicurezza complessivo è risultato coerente con quello ben definito di rituximab nelle indicazioni autoimmuni approvate, ivi incluse GPA e MPA.
Complessivamente, il 4% dei pazienti nel braccio trattato con rituximab ha manifestato eventi avversi che hanno comportato l’interruzione della terapia.
Gli eventi avversi nel braccio trattato con rituximab erano, per la maggior parte, di intensità da lieve a moderata.
Nel braccio trattato con rituximab nessun paziente ha sviluppato eventi avversi con esito fatale.
Gli eventi più frequentemente segnalati e considerati reazioni avverse da farmaco sono stati infezioni e reazioni correlate a infusione.
Osservazione (follow-up) a lungo termine (Studio 3 su GPA/MPA) In uno studio di sicurezza osservazionale, a lungo termine, 97 pazienti affetti da GPA e MPA hanno ricevuto il trattamento con rituximab (media di 8 infusioni [intervallo da 1 a 28]) fino a un massimo di 4 anni, a discrezione dei rispettivi medici e secondo la loro pratica abituale.
Il profilo di sicurezza complessivo è risultato coerente con quello ben definito di rituximab nell’artrite reumatoide, nella GPA e nella MPA, e non sono state segnalate nuove reazioni avverse.
Popolazione pediatrica Uno studio a braccio singolo, in aperto, è stato condotto su 25 pazienti pediatrici affetti da GPA o MPA in forma attiva di grado severo.
Il periodo complessivo dello studio era costituito da una fase d’induzione della remissione della durata di 6 mesi, con un periodo di osservazione (follow-up) della durata minima di 18 mesi e massima complessiva di 4,5 anni.
Durante la fase di osservazione (follow-up) rituximab è stato somministrato a discrezione dello sperimentatore (17 su 25 pazienti hanno ricevuto un trattamento aggiuntivo con rituximab).
Era consentito il trattamento concomitante con altre terapie immunosoppressive (vedere paragrafo 5.1).
Le ADR sono state considerate eventi avversi manifestatisi con un’incidenza ≥ 10% e comprendevano: infezioni (17 pazienti [68%] nella fase d’induzione della remissione; 23 pazienti [92%] nel periodo complessivo dello studio), IRR (15 pazienti [60%] nella fase d’induzione della remissione; 17 pazienti [68%] nel periodo complessivo dello studio) e nausea (4 pazienti [16%] nella fase d’induzione della remissione; 5 pazienti [20%] nel periodo complessivo dello studio).
Durante il periodo complessivo dello studio il profilo di sicurezza di rituximab è risultato coerente con quello riportato nel corso della fase d’induzione della remissione.
Il profilo di sicurezza di rituximab, in pazienti pediatrici affetti da GPA o MPA, è risultato coerente per tipologia, natura e severità degli eventi avversi, con quello noto in pazienti adulti per le indicazioni autoimmuni approvate, ivi incluse GPA o MPA nell’adulto.
Descrizione di una selezione di reazioni avverse Reazioni correlate a infusione Nello Studio 1 su GPA/MPA (valutazione dell’induzione della remissione patologica in pazienti adulti), le IRR sono state definite come qualsiasi evento avverso verificatosi entro 24 ore dall’infusione e considerato, per la sicurezza, correlato a infusione dallo sperimentatore nella popolazione studiata.
Dei 99 pazienti trattati con rituximab, 12 (12%) hanno manifestato almeno una IRR.
Tutte le IRR erano di grado 1 o 2 secondo CTC.
L’IRR più comune comprendeva la sindrome da rilascio di citochine, rossore, irritazione della gola e tremore.
Rituximab è stato somministrato in associazione con glucocorticoidi per via endovenosa che possono ridurre l’incidenza e la severità di tali eventi.
Nello Studio 2 su GPA/MPA (valutazione della terapia di mantenimento in pazienti adulti), 7 su 57 (12%) pazienti del braccio trattato con rituximab hanno manifestato almeno una IRR.
L’incidenza dei sintomi indicativi di IRR è risultata maggiore durante o dopo la prima infusione (9%), mentre è diminuita con le infusioni successive (< 4%).
Nello studio clinico condotto su pazienti pediatrici affetti da GPA o MPA, le IRR segnalate sono state prevalentemente osservate con la somministrazione della prima infusione (8 pazienti [32%]) per poi diminuire nel corso del tempo con il numero delle infusioni di rituximab (20% con la seconda infusione, 12% con la terza infusione e 8% con la quarta infusione).
I sintomi di IRR riportati con maggiore frequenza durante la fase d’induzione della remissione sono stati: cefalea, eruzione cutanea, rinorrea e piressia (8% per ogni sintomo).
I sintomi di IRR osservati sono risultati simili a quelli noti nei pazienti adulti affetti da GPA e MPA, in terapia con rituximab.
Le IRR sono state, per la maggior parte, di grado 1 e grado 2, si sono verificate due IRR non gravi di grado 3 e non sono state segnalate IRR di grado 4 o 5.
In un paziente è stata riportata una IRR grave di grado 2 (edema generalizzato risoltosi con il trattamento) (vedere paragrafo 4.4).
Infezioni Nello Studio 1 su GPA/MPA, il tasso complessivo di infezioni è stato di circa 237 per 100 paziente/anno (95% IC 197-285) per il criterio di valutazione (end-point) primario a 6 mesi.
Le infezioni erano prevalentemente da lievi a moderate e consistevano principalmente in infezioni delle vie respiratorie superiori, herpes zoster ed infezioni del tratto urinario.
Il tasso di infezioni serie era di circa 25 per 100 paziente/anno.
L’infezione grave più frequentemente segnalata nel gruppo rituximab è stata l’infezione polmonare con una frequenza del 4%.
Nello Studio 2 su GPA/MPA, 30 pazienti su 57 (53%) del braccio trattato con rituximab hanno manifestato infezioni.
L’incidenza di infezioni di qualsiasi grado è risultata simile tra i bracci in trattamento.
Le infezioni erano prevalentemente lievi e moderate e quelle più frequentemente segnalate nel braccio trattato con rituximab includevano infezioni delle vie respiratorie superiori, gastroenterite, herpes zoster e infezioni del tratto urinario.
L’incidenza di infezioni gravi è risultata simile in entrambi i gruppi di trattamento (circa 12%).
L’infezione grave più frequentemente segnalata nel gruppo rituximab è stata la bronchite di intensità lieve o moderata.
Nello studio clinico condotto su pazienti pediatrici affetti da GPA e MPA in fase attiva e di grado severo, le infezioni segnalate sono state per il 91% non gravi e per il 90% da lievi a moderate.
Le infezioni più frequentemente riportate per l’intero periodo dello studio sono state: infezioni delle vie respiratorie superiori (URTI; 48%), influenza (24%), congiuntivite (20%), nasofaringite (20%), infezioni delle basse vie aeree (16%), sinusite (16%), infezione delle vie respiratorie superiori (URTI) virali (16%), infezione auricolare (12%), gastroenterite (12%), faringite (12%) e infezione del tratto urinario (12%).
In 7 pazienti (28%) sono state segnalate infezioni gravi che includevano quali eventi avversi osservati con maggiore frequenza: influenza (2 pazienti [8%]) e infezione delle basse vie aeree (2 pazienti [8%]).
Nella fase post-marketing, infezioni virali gravi sono state riportate in pazienti affetti da GPA e MPA trattati con rituximab.
Neoplasie Nello Studio 1 su GPA/MPA, negli studi clinici riferiti alla GPA e MPA, nei pazienti trattati con rituximab, l’incidenza di neoplasie era di 2,00 per 100 paziente/anno alla data di chiusura comune dello studio (quando l’ultimo paziente aveva completato il periodo di osservazione (follow-up).
Sulla base del rapporto standardizzato di incidenza, l’incidenza di neoplasie sembra essere simile a quanto precedentemente riportato nei pazienti con vasculite ANCA associata.
Nello studio clinico condotto su pazienti pediatrici non sono state segnalate neoplasie maligne con un periodo di osservazione (follow-up) fino a 54 mesi.
Reazioni avverse cardiovascolari Nello Studio 1 su GPA/MPA, si sono verificati eventi cardiaci con un tasso di circa 273 per 100 paziente/anno (95% IC 149-470) per il criterio di valutazione (endpoint) primario a 6 mesi.
Il tasso di eventi cardiaci seri era di 2,2 per 100 paziente/anno (95% IC 3-15).
L’evento avverso segnalato più frequentemente è stata la tachicardia (4%) e la fibrillazione atriale (3%) (vedere paragrafo 4.4).
Eventi neurologici Nell’ambito delle patologie autoimmuni, sono stati segnalati casi di sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES)-sindrome della leucoencefalopatia posteriore reversibile (RPLS).
Segni e sintomi includevano disturbo visivo, cefalea, crisi convulsive e alterazione dello stato mentale, con o senza ipertensione associata.
Una diagnosi di PRES/RPLS richiede la conferma attraverso imaging cerebrale.
I casi descritti presentavano fattori di rischio noti per PRES/RPLS, tra cui la malattia preesistente dei pazienti, ipertensione, terapia immunosoppressiva e/o chemioterapia.
Riattivazione dell’epatite B In pazienti affetti da granulomatosi con poliangioite e poliangioite microscopica, in trattamento con rituximab, nella fase successiva all’immissione in commercio è stato segnalato un piccolo numero di casi di riattivazione di epatite B, alcuni ad esito fatale,.
Ipogammaglobulinemia In pazienti adulti e pediatrici affetti da GPA e MPA, in trattamento con rituximab, è stata osservata ipogammaglobulinemia (IgA, IgG o IgM al di sotto del limite inferiore di normalità).
Nello Studio 1 su GPA/MPA, a 6 mesi, gruppo rituximab, il 27%, 58% e 51% dei pazienti con livelli normali di immunoglobuline al basale, avevano bassi livelli di IgA, IgG e IgM, rispettivamente, rispetto al 25%, 50% e 46% del gruppo trattato con ciclofosfamide.
Dopo lo sviluppo di bassi livelli di IgA, IgG o IgM non è stato osservato alcun incremento del tasso di infezioni complessive o di infezioni gravi.
Nello Studio 2 su GPA/MPA, non sono state osservate differenze clinicamente significative tra i due bracci di trattamento, né riduzioni dei livelli totali di immunoglobuline (IgG, IgM o IgA) per l’intera durata dello stesso.
Durante tutto il periodo dello studio clinico condotto su pazienti pediatrici, 3 su 25 (12%) pazienti hanno manifestato un evento di ipogammaglobulinemia e 18 pazienti (72%) presentavano un abbassamento prolungato (definito come concentrazioni di Ig al di sotto del limite inferiore di normalità per almeno 4 mesi) dei livelli di IgG (di questi, 15 pazienti presentavano anche un abbassamento prolungato dei livelli di IgM).
Tre pazienti sono stati trattati con immunoglobuline per via endovenosa (Ig e.v.).
Sulla base dei dati limitati disponibili non è possibile trarre solide conclusioni in merito al fatto che l’abbassamento prolungato dei livelli di IgG e IgM abbia comportato un incremento del rischio di infezioni gravi in questi pazienti.
Le conseguenze della deplezione a lungo termine delle cellule B nei pazienti pediatrici non sono note.
Neutropenia Nello Studio 1 su GPA/MPA, il 24% dei pazienti nel gruppo rituximab (singolo ciclo) e il 23% dei pazienti nel gruppo ciclofosfamide hanno sviluppato neutropenia di grado 3 o superiore secondo CTC.
La neutropenia non è stata associata ad un osservato incremento di infezioni serie nei pazienti trattati con rituximab.
Nello Studio 2 su GPA/MPA, l’incidenza di neutropenia di qualsiasi grado è risultata pari allo 0% per i pazienti trattati con rituximab rispetto al 5% per i pazienti trattati con azatioprina.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Molto raramente, sono stati osservati episodi di necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e sindrome di Stevens-Johnson, alcuni con esito fatale.
Esperienza clinica nel pemfigo volgare Riassunto del profilo di sicurezza nell’ambito dello Studio 1 (ML22196) e dello Studio 2 (WA29330) su PV In uno studio clinico di fase III, randomizzato, controllato, multicentrico e in aperto, condotto su pazienti affetti da pemfigo, di cui 38 con pemfigo volgare (Studio 1 su PV), è stato valutato il profilo di sicurezza di rituximab in associazione con terapia, a breve termine, di glucocorticoidi a basso dosaggio, i pazienti, randomizzati al gruppo rituximab, hanno ricevuto un’infusione endovenosa iniziale di 1000 mg il giorno 1 e una seconda infusione endovenosa di 1000 mg il giorno 15.
La somministrazione per via endovenosa delle dosi di mantenimento da 500 mg è avvenuta al mese 12 e 18.
Al momento della ricaduta i pazienti potevano essere trattati con un’infusione endovenosa di 1000 mg (vedere paragrafo 5.1).
Nello Studio 2 su PV, randomizzato, in doppio cieco, con doppia simulazione, controllato verso trattamento attivo e multicentrico, che ha valutato l’efficacia e la sicurezza di rituximab rispetto a micofenolato mofetile (MMF), in pazienti affetti da pemfigo volgare di grado da moderato a severo, per i quali è stata necessaria la somministrazione di corticosteroidi orali, 67 soggetti con pemfigo volgare hanno ricevuto il trattamento con rituximab (infusione endovenosa iniziale da 1000 mg il Giorno 1 dello studio e seconda infusione endovenosa da 1000 mg il Giorno 15 dello studio, ripetute alle Settimane 24 e 26) per un periodo massimo di 52 settimane (vedere paragrafo 5.1).
In pazienti affetti da pemfigo volgare, il profilo di sicurezza di rituximab è risultato coerente con quello stabilito per altre indicazioni autoimmuni approvate.
Elenco delle reazioni avverse sotto forma di tabella per lo Studio 1 e lo Studio 2 su PV Le reazioni avverse emerse nello Studio 1 e nello Studio 2 su PV sono riportate nella tabella 7.
Nello Studio 1 su PV, le ADR sono state definite come eventi avversi che si sono verificati con un tasso ≥ 5% nei pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab, con una differenza assoluta ≥ 2% in termini di incidenza tra il gruppo trattato con rituximab e il gruppo trattato con prednisone a dose standard fino al mese 24.
Nello Studio 1 nessun paziente ha dovuto interrompere la terapia a causa di una ADR.
Nello Studio 2 su PV, le ADR sono state definite come eventi avversi che si sono manifestati in ≥ 5% dei pazienti del braccio rituximab e che sono stati valutati come correlati al trattamento.
Tabella 7 Reazioni avverse manifestatesi nei pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab, nell’ambito dello Studio 1 (fino al Mese 24) e dello Studio 2 (fino alla Settimana 52) su PV, o durante la sorveglianza successiva all’immissione in commercio.
Classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA Molto comune Comune Non nota
Infezioni ed infestazioni Infezione delle vie respiratorie superiori Infezioni da Herpes virus Herpes zoster Herpes orale Congiuntivite Nasofaringite Candidiasi orale Infezioni del tratto urinario Infezioni virali gravi1,2 Meningoencefalite enterovirale¹
Tumori benigni, maligni e non specificati (incl cisti e polipi)  Papilloma della cute 
Disturbi psichiatrici Disturbo depressivo persistente Depressione maggiore Irritabilità 
Patologie del sistema nervoso Cefalea Capogiro 
Patologie cardiache  Tachicardia 
Patologie gastrointestinali  Dolore addominale superiore 
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Alopecia Prurito Orticaria Patologie della cute 
Patologie del sistema muscoloscheletrico, del tessuto connettivo e delle ossa  Dolore muscoloscheletrico Artralgia Dolore dorsale 
Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione  Stanchezza Astenia Piressia 
Traumatismi, intossicazioni e complicazioni da procedura Reazioni correlate a infusione³  
¹Osservate durante la sorveglianza successiva all’immissione in commercio.
²Vedere anche la sezione infezioni di seguito.
³ Per lo Studio 1 su PV le IRR hanno incluso i sintomi raccolti in occasione della visita successiva prevista dopo ogni infusione e gli eventi avversi verificatisi il giorno dell’infusione o un giorno dopo la stessa.
Per lo Studio 1 su PV i sintomi/termini preferiti associati alle IRR più frequentemente riportati sono stati cefalea, brividi, ipertensione, nausea, astenia e dolore.
Per lo Studio 2 su PV i sintomi/termini preferiti associati alle IRR più frequentemente riportati sono stati dispnea, eritema, iperidrosi, rossore/vampate di calore, ipotensione/bassa pressione arteriosa e eruzione cutanea/eruzione cutanea pruriginosa.
Descrizione di una selezione di reazioni avverse Reazioni correlate a infusione Nello Studio 1 su PV, le reazioni correlate all’infusione (IRR) sono state comuni (58%) e quasi tutte di intensità da lieve a moderata.
La percentuale di pazienti che ha manifestato una IRR è stata pari al 29% (11 pazienti), 40% (15 pazienti), 13% (5 pazienti) e 10% (4 pazienti) a seguito, rispettivamente, della prima, seconda, terza e quarta infusione.
Nessun paziente ha dovuto interrompere la terapia a causa di una IRR.
La tipologia e la gravità dei sintomi di IRR sono risultate simili a quelle osservate nei pazienti affetti da artrite reumatoide e granulomatosi con poliangioite/poliangioite microscopica.
Nello Studio 2 su PV, le IRR si sono manifestate prevalentemente in occasione della prima infusione e la loro frequenza è diminuita con le infusioni successive: il 17,9%, il 4,5%, il 3% e il 3% dei pazienti ha manifestato IRR in occasione, rispettivamente, della prima, seconda, terza e quarta infusione.
In 11 su 15 pazienti che hanno sviluppato almeno una IRR, le reazioni correlate a infusione sono risultate di grado 1 o 2.
In 4 su 15 pazienti sono state segnalate IRR di grado ≥3 che hanno comportato l’interruzione della terapia con rituximab; 3 su 4 pazienti hanno manifestato IRR gravi (potenzialmente letali).
Le IRR gravi si sono verificate in occasione della prima (2 pazienti) o della seconda (1 paziente) infusione e si sono risolte con la somministrazione di un trattamento sintomatico.
Infezioni Nello Studio 1 su PV,14 pazienti (37%) nel gruppo rituximab hanno manifestato infezioni correlate al trattamento rispetto a 15 pazienti (42%) nel gruppo prednisone con dose standard.
Le infezioni più frequentemente segnalate nel gruppo rituximab sono state infezioni da Herpes simplex e Herpes zoster, bronchite, infezioni delle vie urinarie, infezione micotica e congiuntivite.
Tre pazienti (8%) nel gruppo rituximab hanno manifestato, in totale, 5 infezioni gravi (polmonite da Pneumocystis jirovecii, trombosi infettiva, discite intervertebrale, infezione ai polmoni, sepsi stafilococcica) e un paziente (3%) nel gruppo prednisone a dose standard, ha sviluppato un’infezione grave (polmonite da Pneumocystis jirovecii).
Nello Studio 2 su PV, 42 pazienti (62,7%) nel braccio rituximab hanno manifestato infezioni.
Le infezioni più frequentemente segnalate nel gruppo rituximab sono state infezioni delle vie respiratorie superiori, nasofaringite, candidiasi orale e infezioni delle vie urinarie.
Sei pazienti (9%) nel braccio rituximab hanno sviluppato infezioni gravi.
Nella fase post-marketing, infezioni virali gravi sono state riportate in pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab.
Anomalie di laboratorio Nello Studio 2 su PV, nel braccio rituximab, dopo l’infusione, sono state più frequentemente osservate riduzioni transitorie della conta linfocitaria, determinate dalla diminuzione delle popolazioni di cellule T periferiche, e una riduzione transitoria dei livelli di fosforo.
Tali eventi sono stati ritenuti indotti dall’infusione endovenosa di metilprednisolone somministrata come premedicazione.
Sebbene nello Studio 2 su PV sia stata comunemente osservata una riduzione dei livelli di IgG e molto comunemente una riduzione dei livelli di IgM, dopo lo sviluppo di bassi livelli di IgG o IgM non è stata riscontrata alcuna evidenza di aumento del rischio di infezioni gravi.
Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale.
Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sito web nazionale Agenzia Italiana del Farmaco Sito web: https://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse.

Gravidanza e allattamento

Donne in età fertile/Contraccezione Tenuto conto che nei pazienti con deplezione di cellule B rituximab ha un lungo tempo di ritenzione, le donne in età fertile devono usare metodi contraccettivi efficaci nel corso del trattamento e fino a 12 mesi dal completamento della terapia con rituximab.
Gravidanza È noto che le immunoglobuline IgG oltrepassano la barriera placentare.
A seguito di esposizione materna a rituximab, nei neonati umani i livelli di cellule B non sono stati valutati nel corso degli studi clinici.
Non ci sono dati adeguati e ben controllati di studi su donne in gravidanza, comunque in neonati nati da madri esposte a rituximab durante la gravidanza sono state osservate deplezione transitoria delle cellule B e linfocitopenia.
Effetti simili sono stati osservati negli studi condotti sugli animali (vedere paragrafo 5.3).
Per tali ragioni, non si deve somministrare rituximab in donne in gravidanza a meno che il possibile beneficio superi il potenziale rischio.
Allattamento Dati limitati sull'escrezione di rituximab nel latte materno suggeriscono concentrazioni di rituximab molto basse nel latte (dose relativa per lattanti inferiore allo 0,4%).
Pochi casi in osservazione (follow-up) di lattanti allattati con latte materno descrivono la crescita e lo sviluppo fino a 2 anni d’età come normali.
Tuttavia, poiché questi dati sono limitati e i risultati a lungo termine sui lattanti allattati con latte materno rimangono sconosciuti, l’allattamento non è raccomandato durante il trattamento con rituximab e in maniera ottimale nei 6 mesi successivi al trattamento con rituximab.
Fertilità Gli studi condotti sugli animali non hanno rivelato effetti deleteri di rituximab a carico degli organi riproduttivi.

Conservazione

Conservare in frigorifero (2 °C - 8 °C).
Tenere il flaconcino nell’imballaggio esterno per proteggere il medicinale dalla luce.
Per le condizioni di conservazione dopo diluizione del medicinale, vedere paragrafo 6.3.

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Segnalazione degli effetti indesiderati
Se dovesse manifestarsi un qualsiasi effetto indesiderato, compresi quelli non elencati in questo foglio, è doveroso rivolgersi al proprio medico, ad uno specialista e/o al farmacista. La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Gli effetti indesiderati possono essere segnalati direttamente tramite il sistema nazionale di segnalazione all'indirizzo www.agenziafarmaco.it/it/responsabili. Segnalando gli effetti indesiderati si può contribuire a fornire maggiori informazioni sulla sicurezza di questo medicinale.