PHESGO SC 1F 15ML 1200MG+600MG
11.980,68 €
Prezzo indicativo
Data ultimo aggiornamento: 10/09/2022
Carcinoma mammario in fase iniziale Phesgo è indicato per l’uso in associazione con chemioterapia nel: • trattamento neoadiuvante di pazienti adulti con carcinoma mammario HER2 positivo, localmente avanzato, infiammatorio o allo stadio iniziale ad alto rischio di recidiva (vedere paragrafo 5.1); • trattamento adiuvante di pazienti adulti con carcinoma mammario HER2 positivo allo stadio iniziale ad alto rischio di recidiva (vedere paragrafo 5.1). Carcinoma mammario metastatico Phesgo è indicato per l’uso in associazione con docetaxel in pazienti adulti con carcinoma mammario HER2 positivo, metastatico o localmente recidivato non operabile, non trattati in precedenza con terapia anti-HER2 o chemioterapia per la malattia metastatica.
Phesgo 600 mg/600 mg soluzione iniettabile Un flaconcino di soluzione da 10 mL contiene 600 mg di pertuzumab e 600 mg di trastuzumab. Ogni mL di soluzione contiene 60 mg di pertuzumab e 60 mg di trastuzumab. Phesgo 1200 mg/600 mg soluzione iniettabile Un flaconcino di soluzione da 15 mL contiene 1200 mg di pertuzumab e 600 mg di trastuzumab. Ogni mL di soluzione contiene 80 mg di pertuzumab e 40 mg di trastuzumab. Pertuzumab e trastuzumab sono anticorpi monoclonali umanizzati immunoglobulinici (Ig)G1, prodotti nelle cellule di mammifero (cellule ovariche di criceto cinese) mediante tecnologia del DNA ricombinante (acido deossiribonucleico). Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Controindicazioni
- Ipersensibilità ai principi attivi o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.
Posologia
- Phesgo deve essere iniziato solo sotto la supervisione di un medico esperto nella somministrazione di farmaci antitumorali.
Phesgo deve essere somministrato da un operatore sanitario esperto nella gestione dell’anafilassi e in un ambiente con immediata disponibilità di apparecchiature per la rianimazione (vedere paragrafo 4.4).
Al fine di evitare errori terapeutici è importante verificare l’etichetta del flaconcino per assicurarsi che il medicinale che si sta preparando e somministrando sia Phesgo.
I pazienti attualmente in trattamento con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa possono passare a Phesgo.
Il passaggio dal trattamento con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa a Phesgo (o viceversa) è stato esaminato nello studio MO40628 (vedere paragrafi 4.8 e 5.1).
Posologia I pazienti trattati con Phesgo devono presentare uno stato di tumore HER2 positivo, definito da un punteggio all’immunoistochimica (IHC) di 3+ e/o un rapporto ≥ 2,0 secondo la valutazione mediante ibridazione in situ (ISH) eseguita con un test convalidato.
Per garantire il raggiungimento di risultati accurati e riproducibili, i test devono essere eseguiti in un laboratorio specializzato, che può assicurare la validazione delle procedure d’analisi.
Per le istruzioni complete sull’esecuzione e interpretazione dei test, fare riferimento al foglio illustrativo dei test HER2 validati.
Per le raccomandazioni relative alla dose di Phesgo nel carcinoma mammario in fase iniziale e metastatico, fare riferimento alla Tabella 1.
Tabella 1 Raccomandazioni relative alla posologia e alla somministrazione di Phesgo
a I pazienti devono essere tenuti sotto osservazione per verificare la comparsa di reazioni all’iniezione e di reazioni di ipersensibilità.Dose(indipendentemente dal peso corporeo) Durata indicativa dell’iniezione sottocutanea Tempo di osservazione ab Dose di carico 1200 mg pertuzumab/ 600 mg trastuzumab 8 minuti 30 minuti Dose di mantenimento(ogni 3 settimane) 600 mg pertuzumab/ 600 mg trastuzumab 5 minuti 15 minuti
b Il periodo di osservazione deve iniziare dopo la somministrazione di Phesgo e venire completato prima della successiva somministrazione della chemioterapia.
Nei pazienti in terapia con un taxano, la somministrazione di quest’ultimo deve essere successiva a quella di Phesgo.
Quando viene somministrato con Phesgo, la dose iniziale raccomandata di docetaxel è di 75 mg/m² e successivamente può essere aumentata fino a 100 mg/m² sulla base del regime scelto e della tollerabilità della dose iniziale.
In alternativa, docetaxel può essere somministrato dall’inizio a una dose di 100 mg/m² con una cadenza di 3 settimane, sempre sulla base del regime scelto.
Se si utilizza un regime a base di carboplatino, la dose raccomandata per docetaxel è di 75 mg/m² per tutto il trattamento (senza aumento della dose).
Quando viene somministrato con Phesgo nel setting adiuvante, la dose raccomandata di paclitaxel è di 80 mg/m² una volta alla settimana per 12 cicli settimanali.
Nei pazienti trattati con un regime a base di antracicline, Phesgo deve essere somministrato dopo il completamento dell’intero regime a base di antracicline (vedere paragrafo 4.4).
Carcinoma mammario metastatico Phesgo deve essere somministrato in associazione con docetaxel.
Il trattamento con Phesgo può essere continuato fino alla progressione della malattia o allo sviluppo di tossicità non gestibile anche nel caso in cui la terapia con docetaxel venga interrotta (vedere paragrafo 4.4).
Carcinoma mammario in fase iniziale Nel setting neoadiuvante, Phesgo deve essere somministrato da 3 a 6 cicli in associazione con chemioterapia nell’ambito di un regime completo per il trattamento del carcinoma mammario in fase iniziale (vedere paragrafo 5.1).
Nel setting adiuvante Phesgo deve essere somministrato per un anno in totale (per un massimo di 18 cicli oppure fino a recidiva della malattia o allo sviluppo di tossicità non gestibile, a seconda di quale evento si verifichi per primo) nell’ambito di un regime completo per il trattamento del carcinoma mammario in fase iniziale e indipendentemente dal timing dell’intervento chirurgico.
Il trattamento deve comprendere chemioterapia standard a base di antracicline e/o taxani.
La somministrazione del trattamento con Phesgo deve essere iniziata il Giorno 1 del primo ciclo di trattamento contenente taxani e deve essere continuata anche nel caso in cui la chemioterapia venga interrotta.
Dosi ritardate od omesse Se il tempo trascorso tra due iniezioni successive è: • inferiore a 6 settimane, la dose di mantenimento da 600 mg/600 mg di Phesgo deve essere somministrata non appena possibile.
Successivamente, continuare con la somministrazione ogni 3 settimane; • pari o superiore a 6 settimane, la dose di carico da 1200 mg/600 mg di Phesgo deve essere somministrata nuovamente, seguita successivamente dalla dose di mantenimento da 600 mg/600 mg di Phesgo ogni 3 settimane.
Modifiche della dose Per Phesgo non sono raccomandate riduzioni della dose.
L’eventuale necessità di interrompere il trattamento con Phesgo rimane a discrezione del medico.
I pazienti possono continuare la terapia durante i periodi di mielosoppressione reversibile indotta da chemioterapia ma devono essere attentamente monitorati per individuare potenziali complicanze neutropeniche che possano insorgere in questo lasso di tempo.
Per le modifiche della dose di docetaxel e di altri chemioterapici, vedere il relativo riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP).
Passaggio dalla somministrazione di pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa a Phesgo • Nei pazienti in trattamento con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa nei quali siano trascorse meno di 6 settimane dalla somministrazione dell’ultima dose, Phesgo deve essere somministrato come dose di mantenimento da 600 mg di pertuzumab/600 mg di trastuzumab e ogni 3 settimane per le somministrazioni successive.
• Nei pazienti in trattamento con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa nei quali siano trascorse 6 o più settimane dalla somministrazione dell’ultima dose, Phesgo deve essere somministrato come dose di carico da 1200 mg di pertuzumab/600 mg di trastuzumab seguita da una dose di mantenimento da 600 mg di pertuzumab/600 mg di trastuzumab ogni 3 settimane per le somministrazioni successive.
Disfunzione del ventricolo sinistro Il trattamento con Phesgo deve essere sospeso per almeno 3 settimane in caso di segni e sintomi che suggeriscano insufficienza cardiaca congestizia.
Il trattamento con Phesgo deve essere interrotto se l’insufficienza cardiaca sintomatica viene confermata (per informazioni più dettagliate vedere paragrafo 4.4).
Pazienti con carcinoma mammario metastatico I pazienti devono presentare un valore pre-trattamento della frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) ≥ 50%.
Il trattamento con Phesgo deve essere sospeso per almeno 3 settimane in caso di: • una riduzione della LVEF a valori inferiori al 40% • una LVEF tra 40% e 45% associata a una diminuzione ≥ 10% rispetto al valore pre-trattamento.
La somministrazione di Phesgo può essere ripresa se la LVEF è ritornata a valori >45% o 40-45% associata ad una riduzione < 10% rispetto ai valori pre-trattamento.
Pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale I pazienti devono presentare un valore pre-trattamento della LVEF ≥ 55% (≥ 50% dopo il completamento della componente antraciclinica della chemioterapia, se somministrata).
Il trattamento con Phesgo deve essere sospeso per almeno 3 settimane in caso di una riduzione della LVEF a valori inferiori al 50% associata a una diminuzione ≥ 10% rispetto al valore pre-trattamento.
La somministrazione di Phesgo può essere ripresa se la LVEF è ritornata a valori ≥ 50% o ad una riduzione < 10% rispetto ai valori pre-trattamento.
Popolazioni particolari Anziani Nel complesso non sono state osservate differenze nell’efficacia di Phesgo tra i pazienti di età ≥ 65 anni e i pazienti di età < 65 anni.
Non è necessario un aggiustamento della dose di Phesgo nei pazienti di età ≥ 65 anni.
I dati nei pazienti di età > 75 anni sono limitati.
Per la valutazione della sicurezza nei pazienti anziani, vedere paragrafo 4.8.
Compromissione renale Non sono necessari aggiustamenti della dose di Phesgo in pazienti con compromissione renale lieve o moderata.
Non è possibile fornire raccomandazioni per la dose in pazienti con compromissione renale severa a causa dei limitati dati farmacocinetici (PK) disponibili (vedere paragrafo 5.2).
Compromissione epatica La sicurezza e l’efficacia di Phesgo non sono state studiate in pazienti con compromissione della funzionalità epatica.
È improbabile che nei pazienti con compromissione della funzionalità epatica siano necessari aggiustamenti della dose.
Non sono raccomandati specifici aggiustamenti della dose (vedere paragrafo 5.2).
Popolazione pediatrica La sicurezza e l’efficacia di Phesgo non sono state stabilite nei bambini e negli adolescenti al di sotto dei 18 anni di età.
Non vi è un impiego rilevante di Phesgo nella popolazione pediatrica per il trattamento del carcinoma mammario.
Modo di somministrazione Phesgo deve essere somministrato unicamente mediante iniezione sottocutanea.
Phesgo non è destinato alla somministrazione endovenosa.
Il sito d’iniezione deve essere alternato soltanto tra la coscia destra e quella sinistra.
Le nuove iniezioni devono essere somministrate ad almeno 2,5 cm di distanza dal precedente punto di iniezione e mai in zone in cui la cute è arrossata, livida, sensibile o indurita.
La dose non deve essere suddivisa tra due siringhe né tra due punti d’iniezione.
Durante il trattamento con Phesgo la somministrazione per via sottocutanea di altri farmaci deve avvenire preferibilmente mediante iniezione in altri siti.
La dose di carico e la dose di mantenimento devono essere somministrate rispettivamente nell’arco di 8 e 5 minuti.
Si raccomanda un periodo di osservazione di 30 minuti dopo il completamento della somministrazione della dose di carico di Phesgo e di 15 minuti dopo il completamento della somministrazione della dose di mantenimento per rilevare l’eventuale comparsa di reazioni all’iniezione (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
Reazioni all’iniezione Se il paziente sviluppa sintomi correlati all’iniezione, è possibile rallentare o sospendere l’iniezione (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
Anche il trattamento con ossigeno, beta agonisti, antistaminici, somministrazione rapida di liquidi per via endovenosa e antipiretici può contribuire ad alleviare i sintomi sistemici.
Reazioni di ipersensibilità/anafilassi Se il paziente manifesta una reazione di grado 4 secondo i Criteri comuni di terminologia per gli eventi avversi del National Cancer Institute (NCI-CTCAE; anafilassi), broncospasmo o sindrome da distress respiratorio acuto, l’iniezione deve essere interrotta immediatamente e in via definitiva (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
Per le istruzioni sull’uso e sulla manipolazione del medicinale prima della somministrazione, vedere paragrafo 6.6. Avvertenze e precauzioni
- Tracciabilità Al fine di migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, il nome e il numero di lotto del medicinale somministrato devono essere chiaramente registrati.
Disfunzione del ventricolo sinistro (inclusa insufficienza cardiaca congestizia) Sono state riferite diminuzioni della LVEF con medicinali che bloccano l’attività di HER2, compresi pertuzumab e trastuzumab.
L’incidenza di disfunzione sistolica ventricolare sinistra sintomatica (LVD [insufficienza cardiaca congestizia]) è risultata superiore nei pazienti trattati con pertuzumab in associazione con trastuzumab e chemioterapia rispetto a trastuzumab e chemioterapia.
I casi di insufficienza cardiaca sintomatica segnalati nel setting adiuvante sono stati riscontrati per la maggior parte in pazienti trattati con chemioterapia a base di antracicline (vedere paragrafo 4.8).
In base agli studi condotti su pertuzumab e.v.
in associazione con trastuzumab e chemioterapia i pazienti trattati in precedenza con antracicline o radioterapia nell’area del torace possono essere a maggior rischio di diminuzione della LVEF.
I pazienti con anamnesi di malattia cardiaca o condizioni mediche gravi, anamnesi di disaritmie ventricolari o fattori di rischio per disaritmie ventricolari sono stati esclusi dallo studio registrativo FEDERICA condotto con Phesgo sul carcinoma mammario in fase iniziale nel setting (neo)adiuvante.
Phesgo non è stato valutato in pazienti con: valore pre-trattamento della LVEF <55% (carcinoma mammario in fase iniziale) o < 50% (carcinoma mammario metastatico); anamnesi di insufficienza cardiaca congestizia (CHF); condizioni che possono compromettere la funzionalità del ventricolo sinistro, quali ipertensione non controllata, infarto miocardico recente, grave aritmia cardiaca che necessiti di trattamento o precedente esposizione ad una dose cumulativa di antracicline > 360 mg/m² di doxorubicina o equivalente.
Inoltre, l’uso di pertuzumab in associazione con trastuzumab e chemioterapia non è stato valutato in pazienti con diminuzioni della LVEF < 50% durante la precedente terapia adiuvante con trastuzumab.
È opportuno valutare la LVEF prima dell’inizio di Phesgo e a intervalli regolari durante il trattamento (ad es.
una volta durante il trattamento neoadiuvante e ogni 12 settimane nel setting adiuvante o metastatico) per assicurare che la LVEF rientri entro i limiti normali.
Se la LVEF è diminuita come indicato nel paragrafo 4.2 e in occasione della valutazione successiva non è migliorata o è ulteriormente peggiorata, deve essere seriamente presa in considerazione la sospensione di Phesgo, a meno che non si ritenga che i benefici per il singolo paziente superino i rischi.
Il rischio cardiaco deve essere attentamente valutato e bilanciato con la necessità medica del singolo paziente prima di utilizzare Phesgo in associazione con un’antraciclina.
Sulla base delle attività farmacologiche di farmaci diretti contro HER2 e antracicline, l’uso concomitante di Phesgo e queste ultime può portare ad un aumento del rischio di tossicità cardiaca rispetto all’uso sequenziale.
Nell’ambito dello studio FEDERICA l’uso sequenziale di Phesgo (in associazione con un taxano) è stato valutato dopo la somministrazione di doxorubicina quale componente di due regimi a base di antracicline, mentre nell’ambito degli studi APHINITY e BERENICE l’uso sequenziale di pertuzumab e.v.
(in associazione con trastuzumab e un taxano) è stato valutato dopo la somministrazione di epirubicina o doxorubicina quale componente di vari regimi a base di antracicline.
Tuttavia, in merito all’uso concomitante di pertuzumab e.v.
in associazione con trastuzumab e un’antraciclina sono disponibili solo dati di sicurezza limitati.
Nello studio TRYPHAENA pertuzumab e.v.
in associazione con trastuzumab è stato somministrato in concomitanza con epirubicina, come parte del regime FEC (5fluorouracile, epirubicina, ciclofosfamide; vedere paragrafi 4.8 e 5.1).
Sono stati trattati soltanto pazienti naïve alla chemioterapia che hanno ricevuto basse dosi cumulative di epirubicina (fino a 300 mg/m²).
In questo studio la sicurezza cardiaca è risultata simile a quella osservata nei pazienti trattati con lo stesso regime ma con la somministrazione sequenziale di pertuzumab (dopo chemioterapia FEC).
Reazioni correlate all’iniezione/infusione Phesgo è stato associato a reazioni correlate all’iniezione (vedere paragrafo 4.8), definite come qualsiasi reazione sistemica con sintomi quali febbre, brividi, cefalea, probabilmente causati da un rilascio di citochine verificatosi entro 24 ore dalla somministrazione di Phesgo.
Si raccomanda l’attenta osservazione del paziente durante la somministrazione della dose di carico di Phesgo e nei 30 minuti successivi, nonché durante la somministrazione della dose di mantenimento di Phesgo e nei 15 minuti successivi.
Se si verifica una reazione all’iniezione significativa, l’iniezione deve essere rallentata o sospesa e devono essere somministrate terapie mediche appropriate.
I pazienti devono essere sottoposti ad attenta valutazione clinica ed essere strettamente monitorati fino alla completa risoluzione dei segni e dei sintomi.
Nei pazienti che manifestano gravi reazioni all’iniezione occorre prendere in considerazione l’interruzione permanente del trattamento.
La valutazione clinica deve fondarsi sulla gravità della precedente reazione e sulla risposta alla terapia somministrata per la reazione avversa (vedere paragrafo 4.2).
Sebbene con l’uso di Phesgo non siano stati osservati esiti fatali a seguito di reazioni correlate all’iniezione, occorre prestare cautela in quanto reazioni fatali correlate all’iniezione sono state associate alla somministrazione endovenosa di pertuzumab in combinazione con trastuzumab endovena e chemioterapia.
Reazioni di ipersensibilità/anafilassi I pazienti devono essere sottoposti a stretta osservazione al fine di rilevare l’insorgenza di reazioni di ipersensibilità.
Con l’uso di pertuzumab in associazione con trastuzumab e chemioterapia sono state riscontrate reazioni di ipersensibilità severe, comprese anafilassi ed eventi con esito fatale (vedere paragrafo 4.8).
La maggior parte delle reazioni anafilattiche si è manifestata entro i primi 6-8 cicli di trattamento quando pertuzumab e trastuzumab sono stati somministrati in associazione con chemioterapia.
I medicinali per il trattamento di tali reazioni devono essere pertanto sempre disponibili per l’uso immediato, unitamente alle attrezzature di emergenza.
La somministrazione di Phesgo deve essere definitivamente interrotta in caso di reazioni di ipersensibilità di grado 4 NCI-CTCAE (anafilassi), broncospasmo o sindrome da distress respiratorio acuto (vedere paragrafo 4.2).
L’uso di Phesgo è controindicato in pazienti con ipersensibilità nota a pertuzumab, trastuzumab o a uno qualsiasi dei suoi eccipienti (vedere paragrafo 4.3).
Neutropenia febbrile I pazienti trattati con Phesgo in associazione con un taxano sono a maggior rischio di sviluppare neutropenia febbrile.
I pazienti trattati con pertuzumab e.v.
in associazione con trastuzumab e docetaxel sono a maggior rischio di sviluppare neutropenia febbrile rispetto ai pazienti trattati con placebo, trastuzumab e docetaxel, soprattutto durante i primi 3 cicli di trattamento (vedere paragrafo 4.8).
Nello studio CLEOPATRA condotto sul carcinoma mammario metastatico, la conta dei neutrofili al nadir era simile nei pazienti del gruppo trattato con pertuzumab e nei pazienti del gruppo trattato con placebo.
La più alta incidenza di neutropenia febbrile nei pazienti trattati con pertuzumab era associata ad un’incidenza superiore di mucosite e diarrea in questi pazienti.
Deve essere considerato un trattamento sintomatico per la mucosite e la diarrea.
Non è stato riferito alcun evento di neutropenia febbrile dopo l’interruzione del trattamento con docetaxel.
Diarrea Phesgo può indurre diarrea severa.
La diarrea è più frequente durante la somministrazione concomitante con terapia a base di taxani.
I pazienti anziani (≥ 65 anni) possono presentare un rischio maggiore di diarrea rispetto ai pazienti più giovani (< 65 anni).
La diarrea deve essere trattata secondo la pratica clinica standard e le linee guida.
Un intervento precoce con loperamide, fluidi e sostituzione di elettroliti, in particolare nei pazienti anziani e in caso di diarrea severa o prolungata, deve essere preso in considerazione.
In caso di mancato miglioramento delle condizioni del paziente, deve essere considerata l’interruzione del trattamento con Phesgo.
Quando la diarrea è sotto controllo, il trattamento con Phesgo può essere ripristinato.
Eventi polmonari Nel contesto post-commercializzazione, con l’uso di trastuzumab sono stati riferiti eventi polmonari severi, risultati occasionalmente fatali.
Sono stati inoltre segnalati casi di malattia polmonare interstiziale, inclusi infiltrati polmonari, sindrome da distress respiratorio acuto, polmonite, infiammazioni polmonari, versamento pleurico, distress respiratorio, edema polmonare acuto e insufficienza respiratoria.
I fattori di rischio associati a malattia polmonare interstiziale includono una terapia precedente o concomitante con altri trattamenti antineoplastici come taxani, gemcitabina, vinorelbina e radioterapia, per i quali tale associazione è già nota.
Questi eventi possono verificarsi nel contesto di una reazione all’infusione oppure avere un’insorgenza tardiva.
I pazienti che manifestano dispnea a riposo, dovuta a complicanze di tumori avanzati e comorbilità, possono correre un rischio più elevato di manifestare eventi polmonari.
Questi pazienti non devono pertanto essere trattati con Phesgo.
In presenza di infiammazioni polmonari occorre osservare cautela, specialmente in pazienti trattati in concomitanza con taxani.
Eccipienti Questo medicinale contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per dose, cioè essenzialmente “senza sodio”. Interazioni
- Non sono stati condotti studi formali di interazione farmacologica.
Pertuzumab In un sottostudio dello studio registrativo randomizzato CLEOPATRA nel carcinoma mammario metastatico, condotto su 37 pazienti, non sono state osservate interazioni farmacocinetiche tra pertuzumab e trastuzumab o tra pertuzumab e docetaxel.
Inoltre, l’analisi farmacocinetica di popolazione non ha mostrato evidenza di interazione farmacologica tra pertuzumab e trastuzumab o tra pertuzumab e docetaxel.
L’assenza di interazioni farmacologiche è stata confermata dai dati farmacocinetici emersi dagli studi NEOSPHERE e APHINITY.
In cinque studi sono stati valutati gli effetti di pertuzumab sulla farmacocinetica di farmaci citotossici somministrati in concomitanza, docetaxel, paclitaxel, gemcitabina, capecitabina, carboplatino ed erlotinib.
Non si è evidenziata alcuna interazione farmacocinetica tra pertuzumab e questi farmaci.
La farmacocinetica di pertuzumab in questi studi è risultata sovrapponibile a quella osservata negli studi che prevedevano trattamenti in monoterapia.
Trastuzumab Non sono stati effettuati studi formali di interazione farmacologica.
Non sono state osservate interazioni clinicamente significative fra trastuzumab e i medicinali co-somministrati durante gli studi clinici.
Effetto di trastuzumab sulla farmacocinetica di altri agenti antineoplastici I dati farmacocinetici emersi dagli studi BO15935 e M77004 condotti su donne affette da carcinoma mammario metastatico HER2 positivo hanno suggerito che l’esposizione a paclitaxel e doxorubicina (e ai loro metaboliti principali 6-α-idrossipaclitaxel, POH e doxorubicinolo, DOL) non veniva alterata in presenza di trastuzumab (dose di carico da 8 mg/kg o 4 mg/kg per via endovenosa seguita rispettivamente da 6 mg/kg ogni 3 settimane o 2 mg/kg settimanalmente per via endovenosa).
Trastuzumab può però aumentare l’esposizione complessiva di un metabolita della doxorubicina (7deossi-13 diidro-doxorubicinone, D7D).
La bioattività di D7D e l’impatto clinico dell’aumento di questo metabolita non erano chiari.
I dati emersi dallo studio JP16003, uno studio a braccio singolo su trastuzumab (dose di carico da 4 mg/kg per via endovenosa e 2 mg/kg per via endovenosa settimanalmente) e docetaxel (60 mg/m² per via endovenosa) condotto su donne giapponesi con carcinoma mammario metastatico HER2 positivo, hanno suggerito che la somministrazione concomitante di trastuzumab non aveva effetti sulla farmacocinetica di una singola dose di docetaxel.
Lo studio JP19959 è stato un sottostudio di BO18255 (ToGA), condotto su pazienti giapponesi di ambo i sessi con tumore gastrico in stadio avanzato per valutare la farmacocinetica di capecitabina e cisplatino usati con o senza trastuzumab.
I risultati di questo sottostudio hanno suggerito che l’esposizione ai metaboliti bioattivi (per es.
5-FU) di capecitabina non risulta influenzata dall’uso concomitante di cisplatino o dall’uso concomitante di cisplatino più trastuzumab.
Capecitabina ha però mostrato concentrazioni più alte e un’emivita maggiore quando associata a trastuzumab.
I dati hanno inoltre indicato che la farmacocinetica di cisplatino non è stata alterata dall’uso concomitante di capecitabina, né dall’uso concomitante di capecitabina più trastuzumab.
I dati di farmacocinetica provenienti dallo studio H4613g/GO01305 in pazienti con carcinoma mammario metastatico o localmente avanzato inoperabile HER2 positivo hanno suggerito che trastuzumab non ha impattato sulla farmacocinetica di carboplatino.
Effetto degli agenti antineoplastici sulla farmacocinetica di trastuzumab Confrontando le concentrazioni sieriche simulate di trastuzumab dopo somministrazione di trastuzumab in monoterapia (dose di carico da 4 mg/kg / 2 mg/kg settimanalmente per via endovenosa) e le concentrazioni sieriche osservate in donne giapponesi con carcinoma mammario metastatico HER2 positivo (studio JP16003), non è stata rilevata alcuna evidenza di un effetto sulla farmacocinetica di trastuzumab derivante dalla somministrazione concomitante di docetaxel.
Il confronto dei risultati di farmacocinetica emersi da due studi di fase II (BO15935 e M77004) e di uno studio di fase III (H0648g) nei quali i pazienti sono stati trattati in concomitanza con trastuzumab e paclitaxel e di due studi di fase II nei quali trastuzumab è stato somministrato in monoterapia (W016229 e MO16982), in donne con carcinoma mammario metastatico HER2 positivo indica che le concentrazioni sieriche minime singole e medie di trastuzumab intra- e interstudio sono state diverse, ma non è emerso un chiaro effetto della somministrazione concomitante di paclitaxel sulla farmacocinetica di trastuzumab.
Un confronto tra i dati farmacocinetici di trastuzumab provenienti dallo studio M77004 in cui donne con carcinoma mammario metastatico HER2 positivo sono state sottoposte a trattamento concomitante con trastuzumab, paclitaxel e doxorubicina, ed i dati di farmacocinetica di trastuzumab negli studi in cui trastuzumab era stato somministrato in monoterapia (H0649g) o in associazione con antraciclina più ciclofosfamide o paclitaxel (Studio H0648g), hanno suggerito che doxorubicina e paclitaxel non hanno effetto sulla farmacocinetica di trastuzumab.
I dati di farmacocinetica provenienti dallo studio H4613g/GO01305 hanno suggerito che carboplatino non ha avuto alcun effetto sulla farmacocinetica di trastuzumab.
Non sembra che la somministrazione concomitante di anastrozolo abbia avuto effetti sulla farmacocinetica di trastuzumab. Effetti indesiderati
- Riassunto del profilo di sicurezza Le reazioni avverse al farmaco (ADR) più frequentemente segnalate (≥30%) nei pazienti trattati con Phesgo o pertuzumab e.v.
in associazione a trastuzumab e chemioterapia sono state alopecia diarrea, nausea, anemia, astenia e artralgia.
Gli eventi avversi gravi (SAE) (≥ 1%) più comunemente segnalati in pazienti trattati con Phesgo o pertuzumab e.v.
in associazione a trastuzumab sono stati neutropenia febbrile, insufficienza cardiaca, piressia, neutropenia, sepsi neutropenica, conta dei neutrofili diminuita e polmonite.
Nel complesso il profilo di sicurezza di Phesgo è risultato in linea con quello noto di pertuzumab e.v.
in associazione a trastuzumab, con una ADR aggiuntiva di reazione in sede di iniezione (14,9% versus 0,4%) Tabella delle reazioni avverse Il profilo di sicurezza di pertuzumab in associazione a trastuzumab è stato valutato in 3834 pazienti affetti da carcinoma mammario HER2 positivo negli studi registrativi CLEOPATRA, NEOSPHERE, TRYPHAENA, APHINITY e FEDERICA.
Il profilo è risultato in generale uniforme tra i diversi studi, sebbene l’incidenza e le reazioni avverse più comuni varino se pertuzumab in combinazione con trastuzumab viene somministrato in associazione ad agenti antineoplastici o meno.
Nella Tabella 2 sono presentate le ADR segnalate con l’uso di pertuzumab in associazione con trastuzumab e chemioterapia nell’ambito dei seguenti studi clinici registrativi (n= 3834) e nel setting post-marketing.
• CLEOPATRA, in cui pertuzumab è stato somministrato in associazione con trastuzumab e docetaxel a pazienti affetti da carcinoma mammario metastatico (n= 453); • NEOSPHERE (n= 309) e TRYPHAENA (n= 218), in cui pertuzumab è stato somministrato nel setting neoadiuvante in associazione con trastuzumab e chemioterapia a pazienti affette da carcinoma mammario localmente avanzato, infiammatorio o allo stadio iniziale; • APHINITY, in cui pertuzumab è stato somministrato nel setting adiuvante in associazione con trastuzumab e chemioterapia a base di antracicline o non antracicline oppure chemioterapia contenente taxani a pazienti affetti da carcinoma mammario allo stadio iniziale (n= 2.364); • FEDERICA, in cui Phesgo (n= 243) o pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa (n= 247) è stato somministrato in combinazione con chemioterapia a pazienti affetti da carcinoma mammario allo stadio iniziale.
Poiché pertuzumab viene usato in associazione con trastuzumab e chemioterapia, risulta difficile stabilire il nesso causale di una reazione avversa a un medicinale specifico.
Le ADR di seguito elencate sono riportate in base alla classificazione per sistemi e organi (SOC) secondo MedDRA e alle seguenti categorie di frequenza: • molto comune (≥ 1/10); • comune (≥ 1/100, < 1/10); • non comune (≥ 1/1.000, < 1/100); • raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000); • molto raro (< 1/10.000); • non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
All’interno di ciascuna classe di frequenza e della classe sistemico-organica (SOC), le ADR sono presentate in ordine di gravità decrescente.
Tabella 2 Sintesi delle ADR osservate in pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab nell’ambito degli studi clinici registrativi^ e nel setting post-marketing†
^ La Tabella 2 riporta i dati aggregati emersi dall’intero periodo di trattamento dello studio CLEOPATRA (data di cut-off dei dati: 11 febbraio 2014; numero mediano di cicli di pertuzumab: 24), dal periodo di trattamento neoadiuvante degli studi NEOSPHERE (numero mediano di cicli di pertuzumab: 4 in tutti i bracci di trattamento) e TRYPHAENA (numero mediano di cicli di pertuzumab: 3-6 in tutti i bracci di trattamento), dal periodo di trattamento dello studio APHINITY (numero mediano di cicli di pertuzumab: 18) e dal periodo di trattamento dello studio FEDERICA (numero mediano di cicli di Phesgo: 7).Classificazione per sistemi e organi Molto comune Comune Non comune Raro Infezioni ed infestazioni Rinofaringite Paronichia Infezione delle vie respiratorie superiori Patologie del sistema emolinfopoietico Neutropenia febbrile* Neutropenia Leucopenia Anemia Disturbi del sistema immunitario Reazione all’infusione°°, * Ipersensibilità°, * Ipersensibilità al farmaco°, * Reazione anafilattica°, * Sindrome da rilascio di citochine°° Disturbi del metabolismo e della nutrizione Appetito ridotto Sindrome da lisi tumorale† Disturbi psichiatrici Insonnia Patologie del sistema nervoso Neuropatia periferica Cefalea Disgeusia Neuropatia sensitiva periferica Capogiro Parestesia Patologie dell’occhio Lacrimazione aumentata Patologie cardiache Disfunzione del ventricolo sinistro ** Insufficienza cardiaca congestizia** Patologie vascolari Vampata di calore Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Tosse Epistassi Dispnea Malattia polmonare interstiziale Versamento pleurico Patologie gastrointestinali Diarrea Vomito Stomatite Nausea Stipsi Dispepsia Dolore addominale Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Alopecia Eruzione cutanea Alterazione ungueale Prurito Pelle secca Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Mialgia Artralgia Dolore a un arto Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione Infiammazione delle mucose Edema periferico Piressia Stanchezza Astenia Reazione in sede di iniezione °°° Brividi Dolore Edema
* Sono state riportate ADR con esito fatale.
** Per l’intero periodo di trattamento nei 5 studi (CLEOPATRA, NEOSPHERE, TRYPHAENA, APHINITY, FEDERICA).
L’incidenza della disfunzione del ventricolo sinistro e dell’insufficienza cardiaca congestizia rispecchiano i termini preferiti MedDRA riportati nei singoli studi.
° La reazione di ipersensibilità/anafilattica è definita da una serie di termini MedDRA.
°° La reazione all’infusione include una serie di differenti termini MedDRA all’interno di un intervallo di tempo ed è definita come qualsiasi evento sistemico segnalato come reazione di ipersensibilità, reazione anafilattica, reazione acuta all’infusione o sindrome da rilascio di citochine verificatosi durante un’infusione o nelle 24 ore successive.
°°°Osservata soltanto con Phesgo (correlata alla somministrazione sottocutanea).
† ADR riportate nel setting post-marketing.
Descrizione di reazioni avverse selezionate Disfunzione del ventricolo sinistro Phesgo in associazione a chemioterapia Nello studio registrativo FEDERICA l’incidenza di insufficienza cardiaca sintomatica (classe III o IV secondo la New York Heart Association, NYHA) associata a una diminuzione della LVEF di almeno il 10% rispetto al basale e fino a un valore inferiore al 50% è risultata pari all’1,2% dei pazienti trattati con Phesgo in confronto allo 0,8% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa.
Dei pazienti che avevano manifestato insufficienza cardiaca sintomatica, nessuno dei pazienti trattati con Phesgo mostrava una risoluzione della diminuzione della LVEF alla data di cut-off dei dati e un paziente ha dovuto interrompere il trattamento con Phesgo a causa di un evento di insufficienza cardiaca sintomatica.
Diminuzioni asintomatiche o lievemente sintomatiche (classe II secondo NYHA) della LVEF di almeno il 10% rispetto al basale e fino a un valore inferiore al 50% (confermate dalla seconda misurazione della LVEF) sono state segnalate nello 0,8% dei pazienti trattati con Phesgo e nel 4% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa; in uno dei pazienti del gruppo trattato con Phesgo si è osservata una reversibilità completa della diminuzione della LVEF alla data di cut-off dei dati e due pazienti hanno dovuto interrompere il trattamento con Phesgo (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).
Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia Nello studio registrativo CLEOPATRA l’incidenza della LVD durante il trattamento in studio è risultata superiore nel gruppo trattato con placebo rispetto al gruppo trattato con pertuzumab (rispettivamente 8,6% e 6,6%).
L’incidenza di LVD sintomatica è risultata a sua volta inferiore nel gruppo trattato con pertuzumab (1,8% nel gruppo trattato con placebo versus 1,5% nel gruppo trattato con pertuzumab) (vedere paragrafo 4.4).
Nello studio neoadiuvante NEOSPHERE, in cui alle pazienti sono stati somministrati 4 cicli di pertuzumab come trattamento neoadiuvante, l’incidenza di LVD (nel corso dell’intero periodo di trattamento) è risultata superiore nel gruppo trattato con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel (7,5%) rispetto al gruppo trattato con trastuzumab e docetaxel (1,9%).
Nel gruppo trattato con pertuzumab e trastuzumab è stato osservato un caso di LVD sintomatica.
Nello studio neoadiuvante TRYPHAENA l’incidenza di LVD (nel corso dell’intero periodo di trattamento) è risultata dell’8,3% nel gruppo trattato con pertuzumab + trastuzumab e FEC (5fluorouracile, epirubicina, ciclofosfamide) seguiti da pertuzumab + trastuzumab e docetaxel, del 9,3% nel gruppo trattato con pertuzumab + trastuzumab e docetaxel dopo FEC e del 6,6% nel gruppo trattato con pertuzumab in associazione con TCH (docetaxel, carboplatino e trastuzumab).
L’incidenza di LVD sintomatica (insufficienza cardiaca congestizia) è risultata dell’1,3% sia nel gruppo trattato con pertuzumab + trastuzumab e docetaxel dopo FEC (ad esclusione di una paziente che ha manifestato LVD sintomatica durante il trattamento con FEC prima di ricevere pertuzumab + trastuzumab e docetaxel) sia nel gruppo trattato con pertuzumab in associazione con TCH.
Nessuna paziente del gruppo trattato con pertuzumab + trastuzumab e FEC seguiti da pertuzumab + trastuzumab e docetaxel ha manifestato LVD sintomatica.
Nella fase neoadiuvante dello studio BERENICE l’incidenza di LVD sintomatica di classe III/IV secondo NYHA (insufficienza cardiaca congestizia secondo gli NCI-CTCAE v.4) si è attestata all’1,5% nel gruppo trattato con il regime dose dense doxorubicina e ciclofosfamide (AC) seguito da pertuzumab + trastuzumab e paclitaxel, mentre nessun paziente (0%) ha manifestato LVD sintomatica nel gruppo trattato con il regime FEC seguito da pertuzumab in associazione con trastuzumab e docetaxel.
L’incidenza di LVD asintomatica (riduzione della frazione di eiezione secondo gli NCI-CTCAE v.4) si è attestata al 7% nel gruppo trattato con il regime dose dense AC seguito da pertuzumab + trastuzumab e paclitaxel, e al 3,5% nel gruppo trattato con il regime FEC seguito da pertuzumab + trastuzumab e docetaxel.
Nello studio APHINITY l’incidenza di insufficienza cardiaca sintomatica (classe III o IV secondo NYHA), associata a una diminuzione della LVEF di almeno il 10% rispetto al basale e fino a un valore inferiore al 50%, si è attestata al di sotto dell’1% (0,6% dei pazienti trattati con pertuzumab versus 0,3% dei pazienti trattati con placebo).
Alla data di cut-off dei dati, il 46,7% dei pazienti trattati con pertuzumab e il 57,1% dei pazienti trattati con placebo che avevano manifestato insufficienza cardiaca sintomatica mostravano una risoluzione della diminuzione della LVEF (ovvero presentavano 2 misurazioni consecutive della LVEF al di sopra del 50%).
Gli eventi sono stati segnalati per la maggior parte in pazienti trattati con antracicline.
Diminuzioni asintomatiche o lievemente sintomatiche (classe II secondo NYHA) della LVEF di almeno il 10% rispetto al basale e fino a un valore inferiore al 50% sono state riportate nel 2,7% dei pazienti trattati con pertuzumab e nel 2,8% dei pazienti trattati con placebo; di questi, nel 79,7% dei pazienti trattati con pertuzumab e nell’80,6% dei pazienti trattati con placebo si è osservata una reversibilità della diminuzione di LVEF alla data di cut-off dei dati.
Reazioni all’iniezione/infusione Phesgo in associazione a chemioterapia Nello studio registrativo FEDERICA una reazione all’iniezione/infusione è stata definita come qualsiasi reazione sistemica riportata nelle 24 ore successive alla somministrazione di Phesgo o di pertuzumab per via endovenosa, in associazione con trastuzumab (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).
Nello 0,8% dei pazienti trattati con Phesgo sono state segnalate reazioni all’iniezione, mentre nel 10,7% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa sono state segnalate reazioni all’infusione.
Le reazioni sistemiche all’iniezione/infusione osservate con Phesgo o con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa sono state principalmente brividi, piressia o vomito.
Le reazioni in sede d’iniezione sono state definite come qualsiasi reazione locale riportata nelle 24 ore successive alla somministrazione di Phesgo, sono state segnalate nel 14,9% dei pazienti trattati con Phesgo e sono tutte risultate eventi di grado 1 o 2.
Le reazioni locali al sito d’iniezione osservate con Phesgo sono state perlopiù dolore o eritema al sito d’iniezione.
Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia Negli studi registrativi una reazione correlata alla somministrazione è stata definita come qualsiasi evento segnalato come reazione di ipersensibilità, reazione anafilattica, reazione acuta all’infusione o sindrome da rilascio di citochine verificatosi durante un’infusione o nello stesso giorno dell’infusione.
Nello studio registrativo CLEOPATRA, la dose iniziale di pertuzumab veniva somministrata il giorno prima della somministrazione di trastuzumab e docetaxel per permettere la valutazione delle reazioni associate a pertuzumab.
Nel primo giorno in cui veniva somministrato solo pertuzumab, la frequenza complessiva delle reazioni all’infusione è stata del 9,8% nel gruppo trattato con placebo e del 13,2% nel gruppo trattato con pertuzumab; la maggior parte delle reazioni all’infusione è stata di intensità lieve o moderata.
Le reazioni all’infusione più comuni (≥ 1,0%) nel gruppo trattato con pertuzumab sono state piressia, brividi, stanchezza, cefalea, astenia, ipersensibilità e vomito.
Durante il secondo ciclo, in cui tutti i medicinali sono stati somministrati nello stesso giorno, le reazioni all’infusione più comuni (≥ 1,0%) nel gruppo trattato con pertuzumab sono state stanchezza, ipersensibilità al farmaco, disgeusia, ipersensibilità, mialgia e vomito (vedere paragrafo 4.4).
Negli studi condotti nel setting neoadiuvante e adiuvante, pertuzumab è stato somministrato lo stesso giorno dell’altro trattamento in studio.
Le reazioni all’infusione si sono manifestate nel 18,6% - 25,0% dei pazienti il primo giorno della somministrazione di pertuzumab (in associazione con trastuzumab e chemioterapia).
La tipologia e la gravità degli eventi erano in linea con quelle osservate nello studio CLEOPATRA e la maggior parte delle reazioni si è manifestata con severità lieve o moderata.
Reazioni di ipersensibilità/anafilassi Phesgo in associazione con chemioterapia Nello studio registrativo FEDERICA la frequenza complessiva di eventi di ipersensibilità/anafilassi segnalati in correlazione alla terapia a bersaglio molecolare anti-HER2 è stata dell’1,6% nel gruppo trattato con Phesgo versus l’1,2% nel gruppo trattato con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa e nessuno di questi eventi era di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE v.4 (vedere paragrafo 4.4).
Un paziente ha manifestato un evento di ipersensibilità/anafilassi durante o subito dopo la somministrazione di Phesgo al momento del primo ciclo, che ha comportato l’interruzione della terapia (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).
Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia Nello studio registrativo CLEOPATRA nel carcinoma mammario metastatico, la frequenza complessiva di eventi di ipersensibilità/anafilassi segnalati dallo sperimentatore durante l’intera durata del trattamento è stata del 9,3% tra i pazienti trattati con placebo e dell’11,3% tra i pazienti trattati con pertuzumab, rispettivamente il 2,5% e il 2,0% dei quali era di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE.
Complessivamente, 2 pazienti del gruppo trattato con placebo e 4 pazienti del gruppo trattato con pertuzumab hanno manifestato eventi descritti dallo sperimentatore come anafilassi (vedere paragrafo 4.4).
In generale, la maggior parte delle reazioni di ipersensibilità è stata di gravità lieve o moderata e si è risolta con il trattamento.
In base alle modifiche apportate al trattamento dello studio, la maggior parte delle reazioni è stata valutata secondaria alle infusioni di docetaxel.Nell’ambito degli studi condotti nel setting neoadiuvante e adiuvante, gli eventi di ipersensibilità/anafilassi erano in linea con quelli osservati nello studio CLEOPATRA.
Nello studio NEOSPHERE due pazienti del gruppo trattato con pertuzumab e docetaxel hanno sviluppato anafilassi.
In entrambi gli studi TRYPHAENA e APHINITY la frequenza complessiva delle reazioni di ipersensibilità/anafilassi è risultata superiore nel gruppo trattato con pertuzumab e TCH (rispettivamente 13,2% e 7,6%) di cui il 2,6% e l’1,3% di tali reazioni era di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE.
Neutropenia febbrile Phesgo in associazione a chemioterapia Nello studio registrativo FEDERICA eventi di neutropenia febbrile si sono verificati nel 6,5% dei pazienti trattati con Phesgo e nel 5,6% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa.
Come per gli studi registrativi condotti su pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa, è stata osservata un’incidenza maggiore di neutropenia febbrile tra i pazienti asiatici trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa (13,0%); analogamente, l’incidenza di neutropenia febbrile nei pazienti asiatici trattati con Phesgo è risultata maggiore (13,7%).
Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia Nello studio registrativo CLEOPATRA la maggioranza dei pazienti di entrambi i gruppi di trattamento ha manifestato almeno un evento di leucopenia (63,0% dei pazienti del gruppo trattato con pertuzumab e 58,3% dei pazienti del gruppo trattato con placebo), e si è trattato per lo più di eventi di natura neutropenica (vedere paragrafo 4.4).
Si è manifestata neutropenia febbrile nel 13,7% dei pazienti trattati con pertuzumab e nel 7,6% dei pazienti trattati con placebo.
In entrambi i gruppi di trattamento la proporzione di pazienti che ha manifestato neutropenia febbrile è risultata maggiore nel primo ciclo di terapia e in seguito è diminuita costantemente.
È stato osservato un aumento dell’incidenza di neutropenia febbrile tra i pazienti asiatici di entrambi i gruppi di trattamento rispetto ai pazienti di altre etnie e di altre zone geografiche.
Tra i pazienti asiatici l’incidenza di neutropenia febbrile è stata più alta nel gruppo trattato con pertuzumab (25,8%) rispetto al gruppo trattato con placebo (11,3%).
Nello studio NEOSPHERE l’8,4% dei pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel ha manifestato neutropenia febbrile rispetto al 7,5% dei pazienti trattati con trastuzumab e docetaxel.
Nello studio TRYPHAENA la neutropenia febbrile si è osservata nel 17,1% dei pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab + TCH e nel 9,3% dei pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel dopo FEC.
Nello studio TRYPHAENA l’incidenza della neutropenia febbrile è stata maggiore nei pazienti a cui sono stati somministrati sei cicli di pertuzumab rispetto ai pazienti a cui sono stati somministrati tre cicli di pertuzumab, indipendentemente dalla chemioterapia.
Come per lo studio CLEOPATRA, è stata osservata una maggiore incidenza di neutropenia e neutropenia febbrile tra i pazienti asiatici, rispetto ad altri pazienti, in entrambi gli studi in neoadiuvante.
Nello studio NEOSPHERE l’8,3% dei pazienti asiatici trattati in neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel ha manifestato neutropenia febbrile rispetto al 4,0% dei pazienti asiatici trattati in neoadiuvante con trastuzumab e docetaxel.
Nello studio APHINITY si è manifestata neutropenia febbrile nel 12,1% dei pazienti trattati con pertuzumab e nell’11,1% dei pazienti trattati con placebo.
Come per gli studi CLEOPATRA, TRYPHAENA e NEOSPHERE, nello studio APHINITY è stata osservata una maggiore incidenza di neutropenia febbrile tra i pazienti asiatici trattati con pertuzumab rispetto ai pazienti di altre razze (15,9% dei pazienti trattati con pertuzumab e 9,9% dei pazienti trattati con placebo).
Diarrea Phesgo in associazione a chemioterapia Nello studio registrativo FEDERICA si è manifestata diarrea nel 61,7% dei pazienti trattati con Phesgo e nel 59,1% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa.
Casi di diarrea di grado ≥ 3 sono stati riportati nel 7,3% dei pazienti del braccio trattato con Phesgo rispetto al 5,2% dei pazienti del braccio trattato con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa.
Nella maggioranza dei casi, gli eventi segnalati si sono manifestati con una severità di grado 1 o 2.
L’incidenza più alta di diarrea (tutti i gradi) è stata riportata durante il periodo di concomitanza tra la terapia a bersaglio molecolare e la chemioterapia con taxano (57,7% dei pazienti nel braccio trattato con Phesgo rispetto al 53,6% dei pazienti nel braccio trattato con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa) (vedere paragrafo 4.4).
Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia Nello studio registrativo CLEOPATRA nel carcinoma mammario metastatico, si è manifestata diarrea nel 68,4% dei pazienti trattati con pertuzumab e nel 48,7% dei pazienti trattati con placebo (vedere paragrafo 4.4).
La maggior parte degli eventi è stata di gravità da lieve a moderata e si è manifestata nei primi cicli di trattamento.
L’incidenza di diarrea di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE è stata del 9,3% nei pazienti trattati con pertuzumab rispetto al 5,1% dei pazienti trattati con placebo.
La durata mediana dell’episodio più lungo è stata di 18 giorni nei pazienti trattati con pertuzumab e di 8 giorni nei pazienti trattati con placebo.
I casi di diarrea hanno risposto positivamente alla terapia proattiva con farmaci antidiarroici.
Nello studio NEOSPHERE si è manifestata diarrea nel 45,8% dei pazienti trattati in neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel rispetto al 33,6% dei pazienti trattati con trastuzumab e docetaxel.
Nello studio TRYPHAENA si è manifestata diarrea nel 72,3% dei pazienti trattati in neoadiuvante con pertuzumab + TCH e nel 61,4% dei pazienti trattati in neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel dopo FEC.
In entrambi gli studi la maggior parte degli eventi è stata di severità da lieve a moderata.
Nello studio APHINITY è stata segnalata una maggiore incidenza di diarrea nel braccio trattato con pertuzumab (71,2%) rispetto al braccio trattato con placebo (45,2%).
Eventi di diarrea di grado ≥ 3 sono stati riportati nel 9,8% dei pazienti nel braccio trattato con pertuzumab rispetto al 3,7% dei pazienti nel braccio trattato con placebo.
Nella maggioranza dei casi, gli eventi segnalati si sono manifestati con una severità di grado 1 o 2.
L’incidenza più alta di diarrea (tutti i gradi) è stata riportata durante il periodo di concomitanza tra la terapia a bersaglio molecolare e la chemioterapia con taxano (61,4% dei pazienti nel braccio trattato con pertuzumab rispetto al 33,8% dei pazienti nel braccio trattato con placebo).
L’incidenza della diarrea è risultata molto più bassa dopo l’interruzione della chemioterapia, interessando, nel periodo di sola terapia con farmaci a bersaglio molecolare, il 18,1% dei pazienti nel braccio trattato con pertuzumab rispetto al 9,2% dei pazienti nel braccio trattato con placebo.
Eruzione cutanea Phesgo in associazione a chemioterapia Nello studio registrativo FEDERICA si è manifestata eruzione cutanea nel 18,1% dei pazienti trattati con Phesgo e nel 21,8% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa.
Nella maggioranza dei casi, gli eventi di eruzione cutanea si sono manifestati con una gravità di grado 1 o 2.
Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia Nello studio registrativo CLEOPATRA nel carcinoma mammario metastatico, si è manifestata eruzione cutanea nel 51,7% dei pazienti trattati con pertuzumab rispetto al 38,9% dei pazienti trattati con placebo.
La maggior parte degli eventi ha presentato una severità di grado 1 o 2, si è manifestata nei primi due cicli e ha risposto alle terapie standard come il trattamento dell’acne per via topica od orale.
Nello studio NEOSPHERE si è manifestata eruzione cutanea nel 40,2% dei pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel rispetto al 29,0% dei pazienti trattati con trastuzumab e docetaxel.
Nello studio TRYPHAENA si è manifestata eruzione cutanea nel 36,8% dei pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab + TCH e nel 20,0% dei pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel dopo FEC.
L’incidenza di eruzione cutanea è stata più alta nei pazienti a cui sono stati somministrati sei cicli di pertuzumab rispetto ai pazienti a cui sono stati somministrati tre cicli di pertuzumab, indipendentemente dalla chemioterapia.
Nello studio APHINITY la reazione avversa di eruzione cutanea si è manifestata nel 25,8% dei pazienti nel braccio trattato con pertuzumab rispetto al 20,3% dei pazienti nel braccio trattato con placebo.
La maggior parte degli eventi di eruzione cutanea era di grado 1 o 2.
Anomalie di laboratorio Phesgo in associazione a chemioterapia Nello studio registrativo FEDERICA l’incidenza di neutropenia di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE v.4 era equilibrata tra i due gruppi di trattamento (14,5% dei pazienti trattati con Phesgo e 13,9% dei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa).
Pertuzumab per via endovenosa in associazione a trastuzumab e chemioterapia Nello studio registrativo CLEOPATRA nel carcinoma mammario metastatico, l’incidenza di neutropenia di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE v.3 era equilibrata tra i due gruppi di trattamento (86,3% dei pazienti trattati con pertuzumab e 86,6% dei pazienti trattati con placebo, incluso rispettivamente il 60,7% e il 64,8% di neutropenia di grado 4).
Nello studio NEOSPHERE l’incidenza di neutropenia di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE v.3 è stata del 74,5% in pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel rispetto all’84,5% in pazienti trattati con trastuzumab e docetaxel, incluso rispettivamente il 50,9% e il 60,2% di neutropenia di grado 4.
Nello studio TRYPHAENA l’incidenza di neutropenia di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE v.3 è stata dell’85,3% in pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab + TCH e del 77,0% in pazienti trattati nel setting neoadiuvante con pertuzumab, trastuzumab e docetaxel dopo FEC, incluso rispettivamente il 66,7% e il 59,5% di neutropenia di grado 4.
Nello studio APHINITY l’incidenza di neutropenia di grado 3-4 secondo gli NCI-CTCAE v.4 è stata del 40,6% in pazienti trattati con pertuzumab, trastuzumab e chemioterapia rispetto al 39,1% in pazienti trattati con placebo, trastuzumab e chemioterapia, incluso rispettivamente il 28,3% e il 26,5% di neutropenia di grado 4.
Immunogenicità Come per tutte le proteine terapeutiche, nei pazienti trattati con Phesgo esiste la possibilità di una risposta immunitaria a pertuzumab e trastuzumab.
Nello studio FEDERICA l’incidenza di anticorpi anti-pertuzumab e anti-trastuzumab sviluppati a seguito del trattamento si è attestata rispettivamente al 6,1% (15/245) e allo 0,4% (1/245) nei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa.
Tra i pazienti risultati positivi agli anticorpi anti-pertuzumab, sono stati riscontrati anticorpi neutralizzanti anti-pertuzumab in due pazienti.
L’incidenza di anticorpi anti-pertuzumab e anti-trastuzumab rilevata a qualsiasi timepoint (compreso il basale) si è attestata rispettivamente al 10,3% (26/252) e all’1,2% (3/252) nei pazienti trattati con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa.
Tra questi pazienti, sono stati riscontrati anticorpi neutralizzanti anti-pertuzumab in tre pazienti.
L’incidenza di anticorpi anti-pertuzumab, anti-trastuzumab e anti-ialuronidasi umana ricombinante sviluppati dal trattamento si è attestata rispettivamente all’8,3% (20/241), all’1,7% (4/241) e al 3,8% (9/238) nei pazienti trattati con Phesgo.
Tra questi pazienti, sono stati riscontrati anticorpi neutralizzanti anti-pertuzumab in due pazienti, e sono stati riscontrati anticorpi neutralizzanti anti-trastuzumab in un paziente.
L’incidenza di anticorpi anti-pertuzumab, anti-trastuzumab e anti-ialuronidasi umana ricombinante rilevata a qualsiasi timepoint (compreso il basale) si è attestata rispettivamente al 12,1% (30/248), al 3,2% (8/248) e al 9% (22/245) nei pazienti trattati con Phesgo.
Tra questi pazienti sono stati riscontrati anticorpi neutralizzanti anti-pertuzumab in tre pazienti, sono stati riscontrati anticorpi neutralizzanti anti-trastuzumab in un paziente e sono stati riscontrati anticorpi anti-ialuronidasi umana ricombinante in un paziente.
La rilevanza clinica dello sviluppo di anticorpi anti-pertuzumab, anti-trastuzumab o anti-ialuronidasi umana ricombinante dopo il trattamento con Phesgo non è nota.
Passaggio dal trattamento con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa a Phesgo (o viceversa) Lo studio MO40628 ha esaminato la sicurezza del passaggio da pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa a Phesgo per via sottocutanea (Braccio A) e viceversa (Braccio B) con l’obiettivo primario di valutare la preferenza del paziente per Phesgo (vedere paragrafo 5.1 per i dettagli sul disegno dello studio).
Tra i pazienti del Braccio A, l’incidenza di effetti indesiderati durante i Cicli 1-3 (trattamento endovenoso) si è attestata al 77,5% (62/80 pazienti), contro il 72,5% (58/80 pazienti) durante i Cicli 46 (trattamento sottocutaneo).
Tra i pazienti del Braccio B l’incidenza di AE durante i Cicli 1-3 (trattamento sottocutaneo) si è attestata al 77,5% (62/80 pazienti), contro il 63,8% (51/80 pazienti) durante i Cicli 4-6 (trattamento endovenoso), principalmente a causa della maggiore incidenza di reazioni locali nel sito di iniezione (tutte di grado 1 o 2) durante la somministrazione di Phesgo.
La percentuale di effetti indesiderati gravi pre-switch (Cicli 1-3), di reazioni avverse di grado 3 e di interruzioni di trattamento dovute a eventi avversi è stata bassa (<6%) e simile alla percentuale post-switch (Cicli 4-6).
Nessun evento avverso di grado 4 o 5 è stato osservato.
Pazienti anziani Nel complesso, nello studio FEDERICA non sono state osservate differenze nella sicurezza tra i pazienti di età ≥ 65 anni e i pazienti di età < 65 anni.
Tuttavia, negli studi clinici registrativi su pertuzumab condotti con pertuzumab per via endovenosa in associazione con trastuzumab, appetito ridotto, anemia, peso diminuito, astenia, disgeusia, neuropatia periferica, ipomagnesemia e diarrea si sono manifestati con un’incidenza ≥ 5% più elevata nei pazienti di età ≥ 65 anni (n= 418) rispetto a quanto riscontrato nei pazienti di età < 65 anni (n= 2926).
Sono disponibili dati limitati tratti dagli studi clinici nei pazienti di età > 75 anni trattati con Phesgo o con pertuzumab e trastuzumab per via endovenosa.
I dati post-marketing non mostrano differenze nella sicurezza di pertuzumab in associazione con trastuzumab tra i pazienti di età ≥ 65 anni e i pazienti di età < 65 anni.
Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale.
Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’allegato V. Gravidanza e allattamento
- Donne in età fertile/contraccezione Le donne in età fertile devono usare metodi contraccettivi efficaci durante il trattamento con Phesgo e nei 7 mesi successivi alla somministrazione dell’ultima dose.
Gravidanza Negli studi sugli animali, pertuzumab ha evidenziato tossicità riproduttive.
I dati relativi all’uso di pertuzumab in donne in gravidanza sono un numero limitato.
Sulla base degli studi sugli animali, non è noto se trastuzumab possa avere effetti sulla capacità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3).
Tuttavia, dopo la commercializzazione, in donne in gravidanza trattate con trastuzumab sono stati segnalati casi di alterazione della funzionalità e/o della crescita renale fetale in associazione a oligoidramnios, alcuni dei quali associati a ipoplasia polmonare del feto ad esito fatale.
In base ai suddetti studi sugli animali e ai dati post-commercializzazione, Phesgo deve essere pertanto evitato durante la gravidanza, a meno che il potenziale beneficio per la madre superi il potenziale rischio per il feto.
Le donne che iniziano una gravidanza devono essere messe al corrente della possibilità di danno al feto.
Se una donna in gravidanza viene trattata con Phesgo o se una paziente inizia una gravidanza durante il trattamento con Phesgo o nei 7 mesi successivi alla somministrazione dell’ultima dose di Phesgo, è consigliabile un attento monitoraggio da parte di un’équipe multidisciplinare.
Allattamento Poiché le IgG umane vengono secrete nel latte materno e il potenziale di assorbimento e danno per il neonato non è noto, le donne non devono allattare al seno durante la terapia con Phesgo e per almeno 7 mesi dopo la somministrazione dell’ultima dose.
Fertilità Pertuzumab Non sono stati condotti studi specifici sugli animali per valutare l’effetto di pertuzumab sulla fertilità.
In studi di tossicità a dose ripetuta su pertuzumab non sono stati osservati effetti avversi sugli organi riproduttivi maschili e femminili nelle scimmie cynomolgus per un periodo massimo di 6 mesi (vedere paragrafo 5.3).
Trastuzumab Studi sulla riproduzione condotti nella scimmia cynomolgus con trastuzumab non hanno rivelato alcuna evidenza di alterata fertilità negli esemplari femmina (vedere paragrafo 5.3). Conservazione
- Conservare in frigorifero (2°C-8°C).
Non congelare.
Conservare il flaconcino nell’astuccio esterno per tenere il medicinale al riparo dalla luce.
Per le condizioni di conservazione dopo l’apertura del medicinale vedere paragrafi 6.3 e 6.6.
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Segnalazione degli effetti indesiderati
Se dovesse manifestarsi un qualsiasi effetto indesiderato, compresi quelli non elencati in questo foglio, è doveroso rivolgersi al proprio medico, ad uno specialista e/o al farmacista. La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Gli effetti indesiderati possono essere segnalati direttamente tramite il sistema nazionale di segnalazione all'indirizzo www.agenziafarmaco.it/it/responsabili. Segnalando gli effetti indesiderati si può contribuire a fornire maggiori informazioni sulla sicurezza di questo medicinale.