OCREVUS INFUS 1FL 300MG 10ML

9.309,29 €

Prezzo indicativo

Principio attivo: OCRELIZUMAB
  • ATC: L04AG08
  • Descrizione tipo ricetta: OSP - USO OSPEDALIERO
  • Presenza Glutine:
  • Presenza Lattosio:

Data ultimo aggiornamento: 04/09/2018

Ocrevus è indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da forme recidivanti di sclerosi multipla (SMR) con malattia attiva definita in base alle caratteristiche cliniche o radiologiche (vedere paragrafo 5.1). Ocrevus è indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da sclerosi multipla primariamente progressiva (SMPP) in fase precoce in termini di durata della malattia e livello di disabilità, e con caratteristiche radiologiche tipiche di attività infiammatoria (vedere paragrafo 5.1).
Ogni flaconcino contiene 300 mg di ocrelizumab in 10 mL a una concentrazione di 30 mg/mL. La concentrazione finale del medicinale dopo diluizione è di circa 1,2 mg/mL. Ocrelizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato prodotto da cellule di ovaio di criceto cinese mediante la tecnologia del DNA ricombinante. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

Controindicazioni

• Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1; • Infezione attiva in corso (vedere paragrafo 4.4); • Pazienti in stato severamente immunocompromesso (vedere paragrafo 4.4); • Neoplasie maligne attive note (vedere paragrafo 4.4).

Posologia

Il trattamento deve essere iniziato e supervisionato da un medico specializzato, esperto nella diagnosi e nel trattamento di condizioni neurologiche e che abbia accesso a idonee misure di supporto medico per gestire reazioni severe, come le reazioni gravi correlate all’infusione (Infusion-Related Reaction, IRR).
Premedicazione per reazioni correlate all’infusionePrima di ogni infusione di ocrelizumab si devono somministrare le seguenti due premedicazioni allo scopo di ridurre la frequenza e la severità delle IRR (per ulteriori indicazioni su come ridurre le IRR, vedere paragrafo 4.4): • 100 mg di metilprednisolone (o un equivalente) per via endovenosa circa 30 minuti prima di ciascuna infusione; • antistaminico circa 30-60 minuti prima di ciascuna infusione.
Si può inoltre valutare l’opportunità di somministrare una premedicazione con un antipiretico (per es.
paracetamolo) circa 30-60 minuti prima di ciascuna infusione.
Posologia Dose iniziale La dose iniziale di 600 mg è somministrata mediante due diverse infusioni endovenose: una prima infusione da 300 mg, seguita da una seconda infusione da 300 mg 2 settimane più tardi (vedere Tabella 1).
Dosi successive In seguito le dosi successive di ocrelizumab vengono somministrate mediante singola infusione endovenosa da 600 mg ogni 6 mesi (vedere Tabella 1).
La prima dose successiva da 600 mg deve essere somministrata sei mesi dopo la prima infusione della dose iniziale.
Si deve mantenere un intervallo minimo di 5 mesi tra le dosi di ocrelizumab.
Modifiche dell’infusione in caso di IRR IRR potenzialmente letale Se si osservano segni di una IRR potenzialmente letale o invalidante durante un’infusione, come ipersensibilità acuta o sindrome da distress respiratorio acuto, l’infusione deve essere interrotta immediatamente e il paziente deve ricevere un trattamento appropriato.
In questi pazienti l’infusione deve essere sospesa in modo permanente (vedere paragrafo 4.3).
IRR severa Se un paziente manifesta una IRR severa (per es.
dispnea) o un insieme di sintomi quali rossore, febbre e mal di gola, l’infusione deve essere interrotta immediatamente e il paziente deve ricevere un trattamento sintomatico.
L’infusione deve essere ripresa soltanto dopo che tutti i sintomi si sono risolti.
Alla ripresa, la velocità di infusione iniziale deve essere la metà della velocità di infusione utilizzata al momento dell’insorgenza della reazione.
Per le successive nuove infusioni non è necessario attuare alcuna modifica dell’infusione, a meno che il paziente manifesti una IRR.
IRR da lieve a moderata Se un paziente manifesta una IRR da lieve a moderata (per es.
cefalea), la velocità di infusione deve essere ridotta e portata a metà della velocità utilizzata al momento dell’insorgenza dell’evento.
Questa velocità ridotta deve essere mantenuta per almeno 30 minuti.
Se tollerata, la velocità di infusione potrà essere aumentata in base alla velocità di infusione iniziale del paziente.
Per le successive nuove infusioni non è necessario attuare alcuna modifica dell’infusione, a meno che il paziente manifesti una IRR.
Modifiche della posologia durante il trattamento I suddetti esempi di interruzione e rallentamento della somministrazione della dose (per IRR lievi/moderate e severe) determineranno una modifica della velocità di infusione e un aumento della durata complessiva dell’infusione, ma non della dose totale.
Non sono raccomandate riduzioni della dose.
Dosi ritardate o dimenticate Se si dimentica un’infusione, questa dovrà essere somministrata il prima possibile; non si deve attendere la successiva dose programmata.
Tra una dose e l’altra si deve mantenere l’intervallo di trattamento di 6 mesi (minimo 5 mesi; vedere Tabella 1).
Popolazioni speciali Adulti di età superiore a 55 anni In base ai dati limitati disponibili (vedere paragrafi 5.1 e 5.2), non è necessaria alcuna correzione della posologia nei pazienti di età superiore a 55 anni.
I pazienti arruolati negli studi clinici in corso continuano a essere trattati con ocrelizumab 600 mg ogni sei mesi dopo aver compiuto 55 anni di età.
Alterazione della funzionalità renale La sicurezza e l’efficacia di ocrelizumab in pazienti con funzionalità renale alterata non sono state oggetto di studi specifici.
Pazienti con lieve compromissione della funzionalità renale sono stati inclusi negli studi clinici.
Non vi sono esperienze in pazienti con compromissione della funzionalità renale moderata e severa.
Ocrelizumab è un anticorpo monoclonale ed è eliminato mediante catabolismo (ossia degradazione in peptidi e aminoacidi) e non si prevede la necessità di aggiustamenti posologici nei pazienti con compromissione della funzionalità renale (vedere paragrafo 5.2).
Alterazione della funzionalità epatica La sicurezza e l’efficacia di ocrelizumab in pazienti con compromissione epatica non sono state oggetto di studi specifici.
Pazienti con una compromissione epatica lieve sono stati inclusi negli studi clinici.
Non vi sono esperienze in pazienti con compromissione epatica moderata e severa.
Ocrelizumab è un anticorpo monoclonale ed è eliminato mediante catabolismo (piuttosto che mediante metabolismo epatico) e non si prevede la necessità di aggiustamenti posologici nei pazienti con compromissione epatica (vedere paragrafo 5.2).
Popolazione pediatrica Nei bambini e negli adolescenti da 0 a 18 anni di età la sicurezza e l’efficacia di ocrelizumab non sono state ancora stabilite.
Non ci sono dati disponibili.
Modo di somministrazione Ocrevus 300 mg concentrato per soluzione per infusione non è destinato alla somministrazione sottocutanea e deve essere somministrato esclusivamente mediante infusione endovenosa.
Per garantire che al paziente venga somministrata la formulazione corretta (per via endovenosa o sottocutanea), come prescritto, è importante controllare le etichette del prodotto.
I pazienti possono iniziare il trattamento con ocrelizumab per via endovenosa o sottocutanea.
Dopo diluizione, il trattamento è somministrato mediante infusione endovenosa attraverso una linea dedicata.
L’infusione non deve essere somministrata come push o bolo endovenoso.Se durante le infusioni precedenti di ocrelizumab i pazienti non hanno manifestato una reazione correlata all’infusione (IRR) grave, le dosi successive possono essere somministrate con un’infusione in tempi ridotti (della durata di 2 ore; vedere Tabella 1, Opzione 2).
Tabella 1 Posologia
  Quantità di ocrelizumab da somministrare Istruzioni per l’infusione
Dose iniziale (600 mg) Suddivisa in 2 infusioni Infusione 1 300 mg in 250 mL • Iniziare l’infusione a una velocità di 30 mL/ora per 30 minuti
Infusione 2 (2 settimane più tardi) 300 mg in 250 mL • La velocità può essere aumentata con incrementi da 30 mL/ora ogni 30 minuti fino a un massimo di 180 mL/ora
• Ogni infusione deve essere somministrata nell’arco di circa 2,5 ore
Dosi successive (600 mg) Infusione singola Una volta ogni 6 mesi Opzione 1 Infusione di durata pari a circa 3,5 ore 600 mg in 500 mL • Iniziare l’infusione a una velocità di 40 mL/ora per 30 minuti
• La velocità può essere aumentata con incrementi da 40 mL/ora ogni 30 minuti fino a un massimo di 200 mL/ora
• Ogni infusione deve essere somministrata nell’arco di circa 3,5 ore
OPPURE
Opzione 2 Infusione di durata pari a circa 2 ore 600 mg in 500 mL • Iniziare l’infusione a una velocità di 100 mL/ora per i primi 15 minuti
• Aumentare la velocità di infusione a 200 mL/ora per i successivi 15 minuti
• Aumentare la velocità di infusione a 250 mL/ora per i successivi 30 minuti
• Aumentare la velocità di infusione a 300 mL/ora per i restanti 60 minuti
• Ogni infusione deve essere somministrata nell’arco di circa 2 ore
Le soluzioni per infusione endovenosa si preparano diluendo il concentrato in una sacca per infusione contenente una soluzione per infusione di cloruro di sodio 9 mg/mL (0,9%) fino a raggiungere una concentrazione finale di ocrelizumab di circa 1,2 mg/mL.
Per istruzioni sulla diluizione del medicinale prima della somministrazione, vedere paragrafo 6.6.
I pazienti devono essere monitorati durante l’infusione e per almeno un’ora dopo il completamento dell’infusione (vedere paragrafo 4.4).

Avvertenze e precauzioni

Tracciabilità Al fine di migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, il nome e numero di lotto del medicinale somministrato devono essere chiaramente registrati.
Reazioni correlate all’infusione (IRR) Ocrelizumab si associa a IRR, che possono essere correlate al rilascio di citochine e/o di altri mediatori chimici.
I sintomi di IRR possono presentarsi durante qualsiasi infusione di ocrelizumab, ma sono stati riferiti con maggiore frequenza durante la prima infusione.
Le IRR possono manifestarsi entro 24 ore dall’infusione (vedere paragrafo 4.8).
Tali reazioni possono presentarsi in forma di prurito, eruzione cutanea, orticaria, eritema, irritazione della gola, dolore orofaringeo, dispnea, edema della faringe o della laringe, rossore, ipotensione, piressia, stanchezza, cefalea, capogiro, nausea, tachicardia e anafilassi.
Prima dell’infusione Gestione delle reazioni severe Si deve disporre di mezzi adeguati per gestire le reazioni severe, come IRR gravi, reazioni di ipersensibilità e/o reazioni anafilattiche.
Ipotensione L’ipotensione può verificarsi come sintomo di una IRR durante le infusioni.
Pertanto, nelle 12 ore precedenti ciascuna infusione e durante l’infusione stessa si deve valutare l’opportunità di sospendere i trattamenti antipertensivi.
I pazienti con anamnesi di insufficienza cardiaca congestizia (New York Heart Association III e IV) non sono stati studiati.
Premedicazione I pazienti devono ricevere una premedicazione per ridurre la frequenza e la gravità delle IRR (vedere paragrafo 4.2).
Durante l’infusione Nei pazienti che manifestano sintomi polmonari severi, come broncospasmo o esacerbazione dell’asma, devono essere adottate le seguenti misure: • si deve interrompere l’infusione immediatamente e in via definitiva; • deve essere somministrato un trattamento sintomatico; • si deve monitorare il paziente fino alla risoluzione dei sintomi polmonari poiché un iniziale miglioramento dei sintomi clinici può essere seguito da un peggioramento.
In termini di sintomi, l’ipersensibilità può essere clinicamente indistinguibile da una IRR.
In caso di sospetta reazione di ipersensibilità durante l’infusione, l’infusione deve essere interrotta immediatamente e in via definitiva (vedere di seguito “Reazioni di ipersensibilità”).
Dopo l’infusione I pazienti devono essere posti sotto osservazione per almeno un’ora dopo il completamento dell’infusione per rilevare eventuali sintomi di IRR.
I medici devono avvisare i pazienti della possibilità che una IRR si verifichi nelle 24 ore successive all’infusione.
Vedere paragrafo 4.2 per una guida sulle modifiche dell’infusione in caso di IRR.
Reazioni di ipersensibilità Può manifestarsi anche una reazione di ipersensibilità (reazione allergica acuta a un medicinale).
Le reazioni di ipersensibilità acute di tipo I (IgE-mediate) possono essere indistinguibili dal punto di vista clinico dai sintomi delle IRR.
Una reazione di ipersensibilità può presentarsi durante qualsiasi somministrazione, ma in genere non si presenta durante la prima somministrazione.
In quelle successive, la manifestazione di sintomi più severi di quelli manifestati in precedenza o di nuovi sintomi severi deve indurre a valutare la possibilità di una reazione di ipersensibilità.
I pazienti con nota ipersensibilità a ocrelizumab IgE- mediata o a uno qualsiasi degli eccipienti non devono essere trattati (vedere paragrafo 4.3).
Infezioni La somministrazione di ocrelizumab deve essere posticipata nei pazienti con un’infezione attiva fino alla risoluzione della stessa.
Prima della somministrazione si raccomanda di verificare lo stato immunitario del paziente, in quanto i pazienti severamente immunocompromessi (per es.
con linfopenia, neutropenia, ipogammaglobulinemia) non devono essere trattati (vedere paragrafi 4.3 e 4.8).
La percentuale complessiva di pazienti che hanno manifestato un’infezione grave (Serious Infection, SI) è risultata simile a quella osservata con i medicinali di confronto (vedere paragrafo 4.8).
La frequenza delle infezioni di grado 4 (potenzialmente letali) e 5 (fatali) si è rivelata bassa in tutti i gruppi di trattamento, ma nella SMPP è risultata superiore con ocrelizumab rispetto al placebo per infezioni potenzialmente letali (1,6% vs 0,4%) e infezioni fatali (0,6% vs 0%).
Tutte le infezioni potenzialmente letali si sono risolte senza interrompere la somministrazione di ocrelizumab.
I pazienti affetti da SMPP con difficoltà di deglutizione sono maggiormente esposti al rischio di polmonite ab ingestis. In questi pazienti, il trattamento con ocrelizumab può incrementare ulteriormente il rischio di polmonite severa.
I medici devono intervenire tempestivamente nei pazienti che manifestano polmonite.
Leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) L’infezione da virus di John Cunningham (JCV) con conseguente sviluppo di PML è stata osservata molto raramente in pazienti trattati con anticorpi anti-CD20, ocrelizumab compreso, e si è associata principalmente a fattori di rischio (popolazione di pazienti per es.
con linfopenia, età avanzata, in politerapia con immunosoppressori).
I medici devono prestare attenzione ai primi segni e sintomi di PML, che possono includere qualsiasi nuova insorgenza o peggioramento di segni e sintomi neurologici, poiché questi possono essere simili alla SM.
In caso di sospetta PML, si deve sospendere la somministrazione di ocrelizumab.
Si deve quindi valutare l’opportunità di eseguire accertamenti, comprese una risonanza magnetica (RM) preferibilmente con contrasto (da confrontare con la RM pre-trattamento), l’analisi di conferma del liquido cerebrospinale (LCS) per ricercare l’acido desossiribonucleico (DNA) del JCV e la ripetizione degli esami neurologici.
Se la PML è confermata, il trattamento deve essere interrotto in via definitiva.
Riattivazione dell’epatite B La riattivazione del virus dell’epatite B (HBV), che in alcuni casi determina epatite fulminante, insufficienza epatica e morte, è stata riferita in pazienti trattati con anticorpi anti-CD20.
Lo screening per l’HBV deve essere eseguito in tutti i pazienti prima dell’inizio del trattamento secondo le linee guida locali.
I pazienti con HBV attivo (ossia un’infezione in corso confermata da risultati positivi dei test HBsAg e anti-HB) non devono essere trattati con ocrelizumab (vedere paragrafo 4.3).
I pazienti con sierologia positiva (ossia con risultati negativi per HBsAg e positivi per l’anticorpo core dell’HB (HBcAb +) e i portatori di HBV (positivi per l’antigene di superficie, HBsAg+) devono consultare un esperto in malattie epatiche prima di iniziare il trattamento e devono essere monitorati e gestiti ai sensi degli standard medici locali per prevenire una riattivazione dell’epatite B.
Neutropenia tardiva Sono stati segnalati casi di neutropenia a esordio tardivo almeno 4 settimane dopo l’ultima infusione di ocrelizumab (vedere paragrafo 4.8).
Sebbene alcuni casi fossero di grado 3 o 4, la maggior parte è stata di grado 1 o 2.
Nei pazienti con segni e sintomi di infezione si raccomanda la misurazione dei neutrofili nel sangue.
Neoplasie maligne Nel periodo controllato degli studi clinici registrativi è stato riferito un numero aumentato di neoplasie maligne (tra cui carcinomi mammari) nei pazienti trattati con ocrelizumab rispetto ai gruppi di controllo.
L’incidenza rientrava nel range di riferimento atteso per la popolazione con SM.
Dopo circa 10 anni di trattamento continuativo con ocrelizumab nel periodo controllato e nella fase di estensione in aperto (Open-Label Extension, OLE) degli studi clinici registrativi l’incidenza delle neoplasie maligne è rimasta nel range di riferimento atteso per la popolazione con SM.
I pazienti con neoplasia maligna attiva nota non devono essere trattati con ocrelizumab (vedere paragrafo 4.3).
Nei pazienti con fattori di rischio noti per lo sviluppo di neoplasie maligne e in quelli sottoposti a monitoraggio attivo per recidiva di neoplasia maligna si deve prendere in considerazione il rapporto beneficio/rischio individuale.
I pazienti devono seguire lo screening standard per il carcinoma mammario in funzione delle linee guida locali.
Trattamento dei pazienti severamente immunocompromessi I pazienti in stato severamente immunocompromesso non devono essere trattati fino a quando la condizione non si risolva (vedere paragrafo 4.3).
In altre patologie autoimmuni l’uso di ocrelizumab in concomitanza con immunosoppressori (per es.
terapia cronica con corticosteroidi, farmaci antireumatici modificanti la malattia [Disease-Modifying Antirheumatic Drug, DMARD] biologici e non biologici, micofenolato mofetile, ciclofosfamide, azatioprina) ha determinato un incremento di infezioni gravi, incluse infezioni opportunistiche.
Le infezioni rilevate hanno incluso, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, polmonite atipica e polmonite da pneumocystis jirovecii, polmonite da varicella, tubercolosi, istoplasmosi.
In rari casi, alcune di queste infezioni hanno avuto un esito fatale.
Un’analisi esplorativa ha identificato i seguenti fattori associati al rischio di infezioni gravi: dosi di ocrelizumab più elevate di quanto raccomandato per la SM, altre comorbilità e uso cronico di immunosoppressori/corticosteroidi.
L’uso di altri immunosoppressori in concomitanza con ocrelizumab non è raccomandato, eccetto per i corticosteroidi utilizzati per il trattamento sintomatico di recidive.
Si dispone di conoscenze limitate in merito alla possibilità che l’uso concomitante di steroidi per il trattamento sintomatico delle recidive sia associato a un aumento del rischio di infezioni nella pratica clinica.
Negli studi registrativi condotti con ocrelizumab nella SM, la somministrazione di corticosteroidi per il trattamento delle recidive non si è associata a un aumento del rischio di infezioni gravi.
Quando si inizia il trattamento con ocrelizumab dopo una terapia immunosoppressiva o quando si inizia una terapia immunosoppressiva dopo ocrelizumab, si deve considerare la possibilità di sovrapposizione degli effetti farmacodinamici (vedere paragrafo 5.1).
Occorre osservare la dovuta cautela nel prescrivere ocrelizumab e prendere in considerazione la farmacodinamica delle altre terapie per la SM modificanti la malattia.
Vaccinazioni La sicurezza dell’immunizzazione con vaccini vivi o vivi attenuati dopo la terapia con ocrelizumab non è stata studiata e la vaccinazione con vaccini vivi o vivi attenuati non è raccomandata durante il trattamento e fino a ricostituzione delle cellule B.
Negli studi clinici, il tempo mediano alla ricostituzione delle cellule B è stato di 72 settimane (vedere paragrafo 5.1).
In uno studio randomizzato in aperto, i pazienti affetti da SMR sono stati in grado di produrre risposte umorali, anche se ridotte, al vaccino con tossoide tetanico, al vaccino antipneumococcico polisaccaridico 23-valente con o senza richiamo, al vaccino con il neoantigene emocianina di Megathura crenulata e al vaccino antinfluenzale stagionale (vedere paragrafi 4.5 e 5.1).
Si raccomanda di vaccinare i pazienti trattati con ocrelizumab con vaccini antinfluenzali stagionali inattivati.
Nel considerare il trattamento con ocrelizumab i medici devono valutare lo stato di immunizzazione del paziente.
I pazienti che necessitano di una vaccinazione devono completare la propria immunizzazione almeno 6 settimane prima di iniziare il trattamento.Esposizione a ocrelizumab in utero e vaccinazioni nei neonati e nei lattanti con vaccini vivi o vivi attenuati A causa della potenziale deplezione delle cellule B nei lattanti di madri che sono state esposte a ocrelizumab durante la gravidanza, si raccomanda di posticipare la vaccinazione con vaccini vivi o vivi attenuati fino al recupero dei livelli di cellule B; pertanto, prima della vaccinazione, si raccomanda di misurare nei neonati e nei lattanti i livelli di cellule B CD19-positive.
Si raccomanda che tutte le vaccinazioni diverse da quelle con vaccini vivi o vivi attenuati seguano il programma di immunizzazione locale.
Per verificare che i soggetti abbiano prodotto una risposta immunitaria protettiva è necessario prendere in considerazione la misurazione dei titoli delle risposte anticorpali indotte dal vaccino, in quanto l’efficacia della vaccinazione potrebbe essere ridotta.
La sicurezza e la tempistica delle vaccinazioni devono essere discusse con il pediatra (vedere paragrafo 4.6).
Sodio Questo medicinale contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per dose, cioè essenzialmente “senza sodio”.

Interazioni

Non sono stati effettuati studi di interazione, poiché non si attendono interazioni attraverso gli enzimi del citocromo P450 o altri enzimi metabolizzanti o trasportatori.
Vaccinazioni La sicurezza dell’immunizzazione con vaccini vivi o vivi attenuati dopo la terapia con ocrelizumab non è stata studiata.
Sono disponibili dati sugli effetti del vaccino con tossoide tetanico, del vaccino antipneumococcico polisaccaridico 23-valente (23-PPV), del vaccino con il neoantigene emocianina di Megathura crenulata e del vaccino antinfluenzale stagionale in pazienti trattati con ocrelizumab (vedere paragrafi 4.4 e 5.1).
Dopo 2 anni di trattamento, la proporzione di pazienti con titoli positivi degli anticorpi contro S.
pneumoniae
, parotite, rosolia e varicella è stata generalmente simile alle proporzioni basali.
Immunosoppressori È sconsigliato usare altre terapie immunosoppressive in concomitanza con ocrelizumab, fatta eccezione per i corticosteroidi per il trattamento sintomatico delle recidive (vedere paragrafo 4.4).

Effetti indesiderati

Riassunto del profilo di sicurezza Nel periodo controllato degli studi clinici registrativi le reazioni avverse più importanti e segnalate con maggiore frequenza sono state IRR (34,3% e 40,1% rispettivamente nella SMR e nella SMPP) e infezioni (58,5% e 72,2% rispettivamente nella SMR e nella SMPP) (vedere paragrafo 4.4).
Nel periodo controllato degli studi clinici registrativi sono stati inclusi 2.376 pazienti in totale; di questi, 1.852 sono entrati nella fase OLE, nel corso della quale sono stati tutti trattati con ocrelizumab.
La fase OLE è stata completata da 1.155 pazienti, portando a circa 10 anni la durata del trattamento continuativo con ocrelizumab (un’esposizione di 15.515 pazienti-anno) tra il periodo controllato e la fase OLE.
Nel complesso, il profilo di sicurezza riscontrato nel corso del periodo controllato e della fase OLE rimane coerente con quello osservato durante il periodo controllato.
Tabella delle reazioni avverse Nella Tabella 2 che segue sono indicate le reazioni avverse riferite nel periodo controllato degli studi clinici registrativi e provenienti dalla segnalazione spontanea.
Le reazioni avverse sono riportate in base alla classificazione per sistemi e organi secondo il Medical Dictionary for Regulatory Activities (MedDRA) e per categorie di frequenza.
Le frequenze sono definite come: molto comune (≥ 1/10), comune (≥ 1/100, < 1/10), non comune (≥ 1/1.000, < 1/100), rara (≥ 1/10.000, < 1/1.000), molto rara (≤ 1/10.000) e non nota (quando non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
All’interno di ciascun raggruppamento per sistemi e organi, le reazioni avverse sono presentate in ordine decrescente di frequenza.
Tabella 2 Reazioni avverse
MedDRA Classificazione per sistemi e organi Molto comune Comune Non Nota
Infezioni ed infestazioni Infezione delle vie respiratorie superiori, nasofaringite, influenza Sinusite, bronchite, herpes orale, gastroenterite, infezione delle vie respiratorie, infezione virale, herpes zoster, congiuntivite, cellulite 
Patologie del sistema emolinfopoietico  Neutropenia Neutropenia ad esordio tardivo²
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche  Tosse, catarro 
Esami diagnostici Immunoglobuline M ematiche ridotte Immunoglobuline G ematiche ridotte 
Traumatismo, avvelenamento e complicazioni da procedura Reazioni correlate all’infusione¹  
¹ Vedere “Descrizione di reazioni avverse selezionate”.
² Osservata nell’esperienza post-marketing.
Descrizione di reazioni avverse selezionate Reazioni correlate all’infusione Nei diversi studi sulla SMR e sulla SMPP, i sintomi associati a IRR hanno incluso, a titolo esemplificativo ma non esaustivo: prurito, eruzione cutanea, orticaria, eritema, rossore, ipotensione, piressia, stanchezza, cefalea, capogiro, irritazione della gola, dolore orofaringeo, dispnea, edema della faringe o della laringe, nausea, tachicardia.
Negli studi controllati non sono state registrate IRR con esito fatale.
Inoltre, i sintomi di IRR nel contesto post-marketing hanno incluso anafilassi.
Negli studi clinici con controllo attivo (SMR), le IRR hanno rappresentato la reazione avversa più comune nel gruppo di trattamento con ocrelizumab, con un’incidenza complessiva del 34,3% rispetto a un’incidenza del 9,9% nel gruppo trattato con interferone beta-1a (infusione di placebo).
L’incidenza di IRR è stata più elevata in assoluto durante la Dose 1, infusione 1 (27,5%) per poi ridursi nel tempo fino al < 10% alla Dose 4.
Nella maggior parte dei casi, in entrambi i gruppi di trattamento le IRR hanno avuto un’intensità da lieve a moderata.
Il 21,7% e il 10,1% dei pazienti trattati con ocrelizumab hanno manifestato IRR rispettivamente lievi e moderate.
Il 2,4% ha manifestato IRR severe e lo 0,1% IRR potenzialmente letali.
Nello studio clinico controllato con placebo (SMPP), le IRR hanno rappresentato la reazione avversa più comune nel gruppo di trattamento con ocrelizumab, con un’incidenza complessiva del 40,1% rispetto a un’incidenza del 25,5% nel gruppo placebo.
L’incidenza di IRR è stata più elevata in assoluto durante la Dose 1, infusione 1 (27,4%) per poi ridursi con le dosi successive fino al < 10% alla Dose 4.
Una proporzione maggiore di pazienti in ciascun gruppo ha manifestato IRR con la prima infusione di ogni dose rispetto alla seconda infusione della stessa dose.
Nella maggior parte dei casi le IRR hanno avuto un’intensità da lieve a moderata.
Il 26,7% e l’11,9% dei pazienti trattati con ocrelizumab hanno manifestato IRR rispettivamente lievi e moderate, l’1,4% ha manifestato IRR severe.
Non vi sono state IRR potenzialmente letali.
Vedere paragrafo 4.4.
Nel periodo controllato e nella fase OLE degli studi clinici sulla SMR e sulla SMPP sono state somministrate ai pazienti circa 20 dosi di ocrelizumab.
L’incidenza di IRR è diminuita al di sotto del 4% entro la Dose 4 della fase OLE nei pazienti con SMR e al di sotto del 5% entro la Dose 5 della fase OLE nei pazienti con SMPP.
Con le dosi somministrate successivamente nel corso della fase OLE l’incidenza di IRR è rimasta bassa.
Durante la fase OLE le IRR hanno avuto un’intensità lieve nella maggior parte dei casi.
L’alternativa dell’infusione in tempi ridotti per le dosi successive In uno studio (sottostudio Shorter Infusion dello studio MA30143) volto a caratterizzare il profilo di sicurezza delle infusioni in tempi ridotti di ocrelizumab (della durata di 2 ore) in pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente, l’incidenza, l’intensità e la tipologia dei sintomi delle IRR sono risultati in linea con quelli delle infusioni somministrate nell’arco di 3,5 ore (vedere paragrafo 5.1).
Il numero complessivo di interventi necessari è risultato basso in entrambi i gruppi di infusione, tuttavia, sono risultati necessari più interventi (rallentamento o interruzioni temporanee) per gestire le IRR nel gruppo di infusione in tempi ridotti (2 ore) rispetto al gruppo di infusione somministrata in 3,5 ore (8,7% contro il 4,8%, rispettivamente).
Infezioni Negli studi con controllo attivo sulla SMR si sono manifestate infezioni nel 58,5% dei pazienti trattati con ocrelizumab e nel 52,5% di quelli trattati con interferone beta-1a.
Infezioni gravi (SI, Serious Infection) sono state sviluppate dall’1,3% dei pazienti trattati con ocrelizumab vs il 2,9% dei pazienti trattati con interferone beta-1a.
Nello studio controllato con placebo sulla SMPP si sono manifestate infezioni nel 72,2% dei pazienti trattati con ocrelizumab e nel 69,9% di quelli trattati con placebo.
SI hanno interessato il 6,2% dei pazienti trattati con ocrelizumab vs il 6,7% dei pazienti trattati con placebo.Durante la fase OLE tutti i pazienti sia dello studio sulla SMR sia dello studio sulla SMPP sono stati trattati con ocrelizumab.
Nella fase OLE il rischio complessivo di SI nei pazienti con SMR e SMPP non ha registrato alcun incremento rispetto a quello riscontrato nel periodo controllato.
Come osservato durante il periodo controllato, il tasso di SI nei pazienti con SMPP è rimasto più elevato rispetto a quello riscontrato nei pazienti con SMR.
In linea con la precedente analisi dei fattori di rischio per le SI in patologie autoimmuni diverse dalla SM (vedere paragrafo 4.4), è stata condotta un’analisi multivariata dei fattori di rischio per le SI utilizzando i dati relativi all’esposizione cumulativa di circa 10 anni ricavati dal periodo controllato e dalla fase OLE degli studi clinici registrativi.
I fattori di rischio per le SI nei pazienti con SMR includono: presenza di almeno 1 comorbilità, recidiva clinica recente e punteggio EDSS ≥ 6,0.
I fattori di rischio per le SI nei pazienti con SMPP includono: indice di massa corporea superiore a 25 kg/m², presenza di almeno 2 comorbilità, punteggio EDSS (Expanded Disability Status Scale) ≥ 6,0 e livelli di IgM < LLN (Lower Limit of Normal).
Le comorbilità hanno compreso, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, patologie cardiovascolari, renali e a carico delle vie urinarie, infezioni pregresse e depressione.
Infezioni delle vie respiratorie La proporzione di infezioni delle vie respiratorie è stata più elevata tra i pazienti trattati con ocrelizumab rispetto a quelli trattati con interferone beta-1a e placebo.
Negli studi clinici sulla SMR, il 39,9% dei pazienti trattati con ocrelizumab e il 33,2% dei pazienti trattati con interferone beta-1a ha manifestato un’infezione delle vie respiratorie superiori, mentre il 7,5% dei pazienti trattati con ocrelizumab e il 5,2% dei pazienti trattati con interferone beta-1a ha manifestato un’infezione delle vie respiratorie inferiori.
Nello studio clinico sulla SMPP, il 48,8% dei pazienti trattati con ocrelizumab e il 42,7% dei pazienti trattati con placebo ha manifestato un’infezione delle vie respiratorie superiori, mentre il 9,9% dei pazienti trattati con ocrelizumab e il 9,2% dei pazienti trattati con placebo ha manifestato un’infezione delle vie respiratorie inferiori.
Le infezioni delle vie respiratorie riferite in pazienti trattati con ocrelizumab hanno avuto un’intensità prevalentemente da lieve a moderata (80-90%).
Herpes Negli studi clinici con controllo attivo (SMR), infezioni da herpes sono state riferite con una frequenza maggiore tra i pazienti trattati con ocrelizumab rispetto a quelli trattati con interferone beta-1a e tra queste vi sono state infezioni da herpes zoster (2,1% vs 1,0%), herpes simplex (0,7% vs 0,1%), herpes orale (3,0% vs 2,2%), herpes genitale (0,1% vs 0%) ed herpes virus (0,1% vs 0%).
Tutte le infezioni hanno avuto una severità da lieve a moderata, eccetto un evento di grado 3, e i pazienti si sono ripresi ricorrendo a terapie standard.
Nello studio clinico controllato con placebo (SMPP) è stata osservata una proporzione di pazienti con herpes orale maggiore (2,7% vs 0,8%) nel braccio di trattamento con ocrelizumab.
Anomalie negli esami di laboratorio Immunoglobuline Il trattamento con ocrelizumab ha determinato una riduzione delle immunoglobuline totali nel periodo controllato degli studi clinici registrativi, principalmente dovuta a una riduzione delle IgM.
I risultati emersi dal periodo controllato e dalla fase OLE degli studi clinici registrativi hanno mostrato un’associazione tra i livelli ridotti di IgG (e meno per IgM o IgA) e un aumento del tasso di SI.
Il 2,1% dei pazienti con SMR e il 2,3% dei pazienti con SMPP hanno manifestato una SI in un arco temporale in cui presentavano livelli di IgG < LLN.
La differenza nel tasso di SI tra i pazienti con livelli di IgG < LLN rispetto ai pazienti con livelli di IgG ≥ LLN non è aumentata nel corso del tempo.
Il tipo, la severità, la latenza, la durata e l’esito delle SI osservate durante gli episodi di diminuzione dei livelli di immunoglobuline al di sotto del limite inferiore di normalità sono risultati coerenti con quelli delle SI complessivamente osservate nei pazienti trattati con ocrelizumab durante il periodo controllato e la fase OLE.
I livelli medi di IgG nei pazienti con SMR e SMPP sono rimasti al di sopra del limite inferiore di normalità (LLN) per l’intero corso dei 10 anni di trattamento continuativo con ocrelizumab.
Linfociti Nella SMR è stata osservata una riduzione dei livelli di linfociti < LLN nel 20,7% dei pazienti trattati con ocrelizumab e nel 32,6% di quelli trattati con interferone beta-1a.
Con la SMPP è stata osservata una riduzione dei livelli di linfociti < LLN nel 26,3% dei pazienti trattati con ocrelizumab e nell’11,7% di quelli trattati con placebo.
La maggior parte di queste riduzioni segnalate nei pazienti trattati con ocrelizumab è stata di severità di grado 1 (< LLN - 800 cellule/mm³) e 2 (tra 500 e 800 cellule/mm³).
Circa l’1% dei pazienti del gruppo ocrelizumab ha manifestato linfopenia di grado 3 (tra 200 e 500 cellule/mm³).
Nessuno dei pazienti ha manifestato linfopenia di grado 4 (< 200 cellule/mm³).
Nei pazienti trattati con ocrelizumab, durante episodi di diminuzione confermata della conta linfocitaria totale, è stato osservato un aumento del tasso di SI.
Il numero di SI era troppo basso per trarre conclusioni definitive.
Neutrofili Nel periodo di trattamento con controllo attivo (SMR) è stata osservata una riduzione dei neutrofili < LLN nel 14,7% dei pazienti trattati con ocrelizumab rispetto al 40,9% dei pazienti trattati con interferone beta-1a.
Nello studio clinico controllato con placebo (SMPP), la proporzione di pazienti trattati con ocrelizumab che ha fatto osservare una riduzione dei neutrofili è stata superiore (12,9%) rispetto ai pazienti trattati con placebo (10,0%).
Tra questi, una percentuale superiore di pazienti (4,3%) nel gruppo ocrelizumab ha manifestato neutropenia di grado uguale o superiore a 2, contro l’1,3% registrato nel gruppo placebo; circa l’1% dei pazienti del gruppo ocrelizumab ha manifestato neutropenia di grado 4, contro lo 0% registrato nel gruppo placebo.
Nella maggior parte dei casi le riduzioni dei neutrofili sono state transitorie (osservate soltanto una volta per singolo paziente trattato con ocrelizumab) e di grado 1 (tra < LLN e 1500 cellule/mm³) e 2 (tra 1000 e 1500 cellule/mm³) di severità.
Nel complesso, circa l’1% dei pazienti nel gruppo ocrelizumab ha manifestato neutropenia di grado 3 o 4.
Un paziente con neutropenia di grado 3 (tra 500 e 1000 cellule/mm³) e un paziente con neutropenia di grado 4 (< 500 cellule/mm³) hanno avuto bisogno di trattamento specifico con fattore stimolante le colonie granulocitarie e hanno proseguito la terapia con ocrelizumab dopo l’episodio.
La neutropenia può verificarsi diversi mesi dopo la somministrazione di ocrelizumab (vedere paragrafo 4.4).
Altro Un paziente trattato con 2000 mg di ocrelizumab è deceduto a causa di sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS) di eziologia ignota a seguito di una risonanza magnetica (RM) 12 settimane dopo l’ultima infusione; una reazione anafilattoide al mezzo di contrasto contenente gadolinio usato nella RM può aver contribuito allo sviluppo della SIRS.
Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale.
Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’Appendice V.

Gravidanza e allattamento

Donne potenzialmente fertili Le donne potenzialmente fertili devono utilizzare misure contraccettive durante la terapia con ocrelizumab e per 12 mesi dopo la somministrazione dell’ultima dose di ocrelizumab.
Gravidanza I dati relativi all’uso di ocrelizumab in donne in gravidanza sono in numero limitato.
Ocrelizumab è un’immunoglobulina G (IgG).
È noto che le IgG attraversano la barriera placentare.
Nei neonati e nei lattanti nati da madri esposte ad ocrelizumab durante la gravidanza va presa in considerazione la possibilità di posticipare la vaccinazione con vaccini vivi o vivi attenuati.
Nei neonati e nei lattanti esposti a ocrelizumab non sono stati raccolti dati sulla conta delle cellule B e non è nota la potenziale durata della deplezione delle cellule B in queste popolazioni (vedere paragrafo 4.4).
In neonati nati da madri esposte ad altri anticorpi anti-CD20 durante la gravidanza sono state riferite deplezioni transitorie delle cellule B periferiche e linfocitopenia.
La deplezione delle cellule B in utero è stata rilevata anche in studi su animali.
Gli studi sugli animali (tossicità embrio-fetale) non indicano effetti teratogeni.
Gli studi sullo sviluppo pre- e post-natale hanno mostrato tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3).
Ocrelizumab deve essere evitato durante la gravidanza a meno che il potenziale beneficio per la madre superi il potenziale rischio per il feto.
Allattamento Non è noto se ocrelizumab o i suoi metaboliti siano escreti nel latte materno.
I dati farmacodinamici/tossicologici disponibili sugli animali hanno mostrato l’escrezione di ocrelizumab nel latte materno (vedere paragrafo 5.3).
Non può essere esclusa la sussistenza di un rischio per i neonati e i lattanti.
Le donne devono essere invitate a interrompere l’allattamento al seno durante la terapia.
Fertilità I dati preclinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base degli studi sulla fertilità maschile e femminile condotti nelle scimmie cynomolgus.

Conservazione

Conservare in frigorifero (2 °C - 8 °C).
Non congelare.
Tenere i flaconcini nell’imballaggio esterno per proteggere il medicinale dalla luce.
Per le condizioni di conservazione dopo la diluizione del medicinale, vedere paragrafo 6.3.

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Segnalazione degli effetti indesiderati
Se dovesse manifestarsi un qualsiasi effetto indesiderato, compresi quelli non elencati in questo foglio, è doveroso rivolgersi al proprio medico, ad uno specialista e/o al farmacista. La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Gli effetti indesiderati possono essere segnalati direttamente tramite il sistema nazionale di segnalazione all'indirizzo www.agenziafarmaco.it/it/responsabili. Segnalando gli effetti indesiderati si può contribuire a fornire maggiori informazioni sulla sicurezza di questo medicinale.