LAMIVUDINA AU 28CPR RIV 100MG
55,31 €
Prezzo indicativo
Data ultimo aggiornamento: 13/05/2021
Lamivudina Aurobindo Italia è indicato per il trattamento dell’epatite B cronica nei pazienti adulti con: • Malattia epatica compensata con evidenza di attiva replicazione virale, livelli sierici di alanina aminotransferasi (ALT) persistentemente elevati ed evidenza istologica di infiammazione attiva del fegato e/o fibrosi. L’inizio del trattamento con lamivudina deve essere considerato solo quando non sia disponibile o appropriato l’impiego di un agente antivirale alternativo con una maggiore barriera genetica alla resistenza (vedere paragrafo 5.1). • Malattia epatica scompensata in associazione con un secondo agente senza resistenza crociata a lamivudina (vedere paragrafo 4.2).
Ogni compressa rivestita con film contiene 100 mg di lamivudina.Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
Controindicazioni
- Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.
Posologia
- La terapia con lamivudina deve essere iniziata da un medico esperto nel trattamento dell’epatite B cronica.
Posologia Adulti La dose raccomandata di lamivudina è di 100 mg una volta al giorno.
Nei pazienti con malattia epatica scompensata, lamivudina deve essere sempre usata in associazione con un secondo agente antivirale senza resistenza crociata a lamivudina, per ridurre il rischio di resistenza ed ottenere una rapida soppressione virale.
Durata del trattamento La durata ottimale del trattamento non è nota.
• Nei pazienti con epatite B cronica (CHB) HBeAg positiva senza cirrosi, il trattamento deve essere somministrato per almeno 6-12 mesi dopo che la sieroconversione HBeAg (scomparsa di HBeAg e HBV DNA con rilevazione di HBeAb) è stata confermata, per limitare il rischio di ricaduta virologica, oppure fino alla sieroconversione HBsAg o se si verifica perdita di efficacia (vedere paragrafo 4.4).
I livelli sierici di ALT e HBV DNA devono essere monitorati regolarmente dopo la sospensione del trattamento per rilevare ogni ricaduta virologica tardiva.
• nei pazienti con CHB HBeAg negativa (mutanti pre-core) senza cirrosi, il trattamento deve essere somministrato almeno fino alla sieroconversione HBs oppure se vi è evidenza di perdita di efficacia.
Con il trattamento prolungato si raccomanda un regolare controllo, per confermare che la continuazione della terapia scelta rimanga appropriata per il paziente.
• nei pazienti con malattia epatica scompensata o cirrosi, e in quelli sottoposti a trapianto di fegato, non è raccomandata la sospensione del trattamento (vedere paragrafo 5.1).
Se lamivudina viene interrotta, i pazienti devono essere periodicamente controllati allo scopo di evidenziare una epatite recidivante (vedere paragrafo 4.4).
Resistenza clinica Nei pazienti con CHB, sia HBeAg positiva che HBeAg negativa, lo sviluppo del mutante YMDD (tirosina-metionina-aspartato-aspartato) dell’HBV può portare ad una diminuita risposta terapeutica a lamivudina, evidenziata da un aumento dell’HBV DNA e di ALT rispetto ai precedenti livelli in corso di trattamento.
Per ridurre il rischio di resistenza nei pazienti trattati con lamivudina in monoterapia, un passaggio a - oppure l’aggiunta di - un agente alternativo senza resistenza crociata a lamivudina, sulla base delle linee guida terapeutiche, devono essere presi in considerazione qualora l’HBV DNA sierico rimanga rilevabile a 24 settimane o oltre di trattamento (vedere paragrafo 5.1).
Per il trattamento dei pazienti con co-infezione da HIV e che ricevono attualmente, o stanno per ricevere la terapia con lamivudina o l’associazione lamivudina/zidovudina, deve essere mantenuta la dose di lamivudina prescritta per l’infezione da HIV (in genere 150 mg due volte al giorno in associazione con altri antiretrovirali).
Popolazioni speciali Compromissione renale Nei pazienti con compromissione renale da moderata a severa, le concentrazioni di lamivudina nel siero (AUC) sono aumentate a causa della ridotta clearance renale.
Il dosaggio deve pertanto essere ridotto nei pazienti con clearance della creatinina inferiore a 50 ml/minuto.
Se sono richieste dosi inferiori ai 100 mg, si deve impiegare una soluzione orale di lamivudina (vedere Tabella 1 seguente).
Tabella 1: Dosaggio di lamivudina nei pazienti con clearance renale ridotta.
* Lamivudina soluzione orale contenente 5 mg/ml di lamivudina.Clearance della creatinina (ml/min) Dose iniziale di lamivudina soluzione orale* Dose di mantenimento una volta al giorno da 30 a < 50 20 ml (100 mg) 10 ml (50 mg) da 15 a < 30 20 ml (100 mg) 5 ml (25 mg) da 5 a < 15 7 ml (35 mg) 3 ml (15 mg) < 5 7 ml (35 mg) 2 ml (10 mg)
I dati disponibili in pazienti sottoposti ad emodialisi intermittente (per una durata inferiore o uguale a 4 ore di dialisi 2-3 volte a settimana) indicano che dopo la riduzione della dose iniziale di lamivudina per compensare la clearance della creatinina, durante la dialisi non è necessaria nessun’altra modifica di dosaggio.
Compromissione epatica I dati ottenuti nei pazienti con compromissione epatica, compresi quelli con malattia epatica avanzata in attesa di trapianto, mostrano che la farmacocinetica di lamivudina non è significativamente influenzata da disfunzioni epatiche.
In base a tali dati, non è necessario un aggiustamento della posologia nei pazienti con compromissione epatica a meno che non sia accompagnata da compromissione renale.
Anziani Nei pazienti anziani, il normale invecchiamento accompagnato dal declino della funzionalità renale non ha alcun effetto clinicamente significativo sull’esposizione a lamivudina, se si escludono i pazienti con clearance della creatinina inferiore a 50 ml/min.
Popolazione pediatrica La sicurezza e l’efficacia di lamivudina nei neonati, nei bambini e negli adolescenti al di sotto dei 18 anni di età non sono state stabilite.
I dati al momento disponibili sono riportati nei paragrafi 4.4 e 5.1 ma non può essere fatta alcuna raccomandazione sulla posologia.
Modo di somministrazione Uso orale.
Lamivudina può essere assunta con o senza cibo. Avvertenze e precauzioni
- Riacutizzazione dell’epatite Riacutizzazione durante il trattamento Le riacutizzazioni spontanee dell’epatite B cronica sono relativamente comuni e sono caratterizzate da aumenti transitori di ALT nel siero.
Dopo l’inizio della terapia antivirale, ALT del siero può aumentare in alcuni pazienti mentre i livelli sierici di HBV DNA diminuiscono.
Nei pazienti con malattia epatica compensata questi aumenti di ALT del siero in generale non sono stati accompagnati da un aumento delle concentrazioni della bilirubina sierica o da segni di scompenso epatico.
Con una terapia prolungata sono state identificate sub-popolazioni virali HBV con ridotta suscettibilità a lamivudina (mutante YMDD dell’HBV).
In alcuni pazienti lo sviluppo del mutante YMDD dell’HBV può portare a riacutizzazione dell’epatite evidenziata soprattutto da innalzamento dei valori sierici di ALT e ricomparsa dell’HBV DNA (vedere paragrafo 4.2).
Nei pazienti con presenza del mutante YMDD dell’HBV si deve considerare un passaggio a/o l’aggiunta di un agente alternativo senza resistenza crociata a lamivudina sulla base delle linee guida terapeutiche (vedere paragrafo 5.1).
Riacutizzazione dopo la sospensione del trattamento Riacutizzazione acuta dell’epatite è stata osservata nei pazienti che avevano sospeso la terapia per l’epatite B ed era in generale evidenziata dall’innalzamento dei valori sierici di ALT e dalla ricomparsa dell’HBV DNA.
Negli studi controllati di fase III con nessun trattamento attivo di follow-up, l’incidenza dell’innalzamento dei valori sierici di ALT dopo trattamento (più di tre volte rispetto ai valori basali) è stata maggiore nei pazienti trattati con lamivudina (21%) rispetto a quelli che ricevevano il placebo (8%).
Tuttavia, la percentuale di pazienti che avevano avuto aumenti dopo il trattamento associati con incrementi della bilirubina è stata più bassa e simile in entrambi i gruppi di trattamento (vedere la Tabella 3 nel paragrafo 5.1).
Per i pazienti trattati con lamivudina la maggior parte dell’innalzamento dei valori sierici di ALT dopo trattamento si è verificata tra le 8 e le 12 settimane dopo il trattamento.
La maggior parte degli eventi è risultata essere autolimitante, tuttavia si sono osservati alcuni decessi.
Se lamivudina viene sospesa, i pazienti devono essere periodicamente monitorati sia a livello clinico che attraverso la valutazione di test sierici di funzionalità epatica (livelli di ALT e bilirubina) per almeno quattro mesi, e in seguito come previsto dalla pratica clinica.
Riacutizzazione nei pazienti con cirrosi scompensata Coloro che subiscono il trapianto e i pazienti con cirrosi scompensata corrono maggior rischio di replicazione virale attiva.
A causa di una ridotta funzionalità epatica in questi pazienti, la riattivazione dell’epatite dovuta alla sospensione di lamivudina o alla perdita di efficacia durante il trattamento può provocare scompenso grave, anche fatale.
Questi pazienti devono essere controllati per i parametri clinici, virologici e sierologici associati con l’epatite B, per la funzione epatica e renale e per la risposta antivirale durante il trattamento (almeno ogni mese), e, se il trattamento viene sospeso per qualsiasi ragione, per almeno 6 mesi dopo il trattamento.
I parametri di laboratorio da controllare devono includere (come minimo) ALT sierica, la bilirubina, l’albumina, l’azotemia, la creatinina e lo stato virologico: antigeni/anticorpi HBV, e dove possibile, le concentrazioni sieriche di DNA dell’HBV.
I pazienti che manifestano segni di insufficienza epatica durante o dopo il trattamento devono essere controllati più frequentemente come ritenuto appropriato.
Per i pazienti che manifestano evidenza di epatite ricorrente dopo trattamento, non esistono dati sufficienti sul beneficio di una ripresa del trattamento con lamivudina.
Disfunzione mitocondriale È stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che in vitro causano un grado variabile di danno mitocondriale.
Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita.
I principali eventi avversi riportati sono disturbi ematologici (anemia, neutropenia), disturbi metabolici (iperlipasemia).
Sono stati riportati disturbi neurologici a comparsa ritardata (ipertonia, convulsioni, anomalie comportamentali).
I disturbi neurologici potrebbero essere transitori o permanenti.
Ogni bambino esposto in utero ad analoghi nucleosidici e nucleotidici, deve essere sottoposto a follow-up clinico e di laboratorio e deve essere controllato a fondo per quanto riguarda una possibile disfunzione mitocondriale in caso di comparsa dei segni e sintomi rilevanti.
Pazienti pediatrici Lamivudina è stata somministrata ai bambini (dai 2 anni in poi) e agli adolescenti con epatite B cronica compensata.
Tuttavia a causa della limitazione dei dati, la somministrazione di lamivudina in questa popolazione di pazienti non è attualmente raccomandata (vedere paragrafo 5.1).
Epatite Delta o epatite C L’efficacia di lamivudina in pazienti con concomitante infezione da epatite Delta o epatite C non è stata stabilita e si raccomanda cautela.
Trattamenti immunosoppressivi Esistono dati limitati sull’uso di lamivudina nei pazienti HBeAg negativi (mutanti pre-core) e in quelli sottoposti a concomitanti regimi immunosoppressivi, compresa la chemioterapia antineoplastica.
Lamivudina deve essere usata con cautela in tali pazienti.
Monitoraggio Durante la terapia con lamivudina, i pazienti devono essere controllati regolarmente.
I livelli sierici di ALT e dell’HBV DNA devono essere controllati ad intervalli di 3 mesi e nei pazienti HBeAg positivi, l’HBeAg deve essere valutato ogni 6 mesi.
Co-infezioni da HIV Per il trattamento dei pazienti con co-infezione da HIV e che ricevono, o stanno per ricevere la terapia con lamivudina o l’associazione lamivudina/zidovudina, deve essere mantenuta la dose di lamivudina prescritta per l’infezione da HIV (in genere 150 mg due volte al giorno in associazione con altri antiretrovirali).
Nei pazienti con co-infezione da HIV che non richiedono terapia antiretrovirale, esiste il rischio di mutazione HIV quando lamivudina viene usata da sola per il trattamento dell’epatite B cronica.
Trasmissione dell’epatite B Non sono disponibili informazioni sulla trasmissione materno-fetale del virus dell’epatite B nelle donne in gravidanza trattate con lamivudina.
Devono essere seguite le normali procedure raccomandate per l’immunizzazione contro il virus dell’epatite B nei bambini.
I pazienti devono essere informati che la terapia con lamivudina non ha dimostrato di essere in grado di ridurre il rischio di trasmissione del virus dell’epatite B.
Pertanto devono continuare ad essere adottate adeguate precauzioni.
Interazioni con altri medicinali Lamivudina non deve essere assunta con qualsiasi altro medicinale contenente lamivudina o medicinali contenenti emtricitabina (vedere paragrafo 4.5).
L’associazione di lamivudina con cladribina non è raccomandata (vedere paragrafo 4.5).
Lamivudina Aurobindo Italia contiene sodio Questo medicinale contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per compressa, cioè è essenzialmente ‘senza sodio’. Interazioni
- Sono stati effettuati studi di interazione solo negli adulti.
La probabilità di interazioni metaboliche è bassa a causa del limitato metabolismo, del basso legame con le proteine plasmatiche e della eliminazione renale pressoché completa della sostanza nella sua forma immodificata.
Lamivudina è prevalentemente eliminata per secrezione cationica attiva.
Deve esser tenuta in considerazione la possibilità di interazioni con altri medicinali somministrati in concomitanza, particolarmente se la loro via di eliminazione principale è la secrezione renale attiva per mezzo del sistema di trasporto dei cationi organici, per esempio trimetoprim.
Altri medicinali (per esempio ranitidina, cimetidina) vengono eliminati solo in parte tramite questo meccanismo e non hanno mostrato di interagire con lamivudina.
Le sostanze prevalentemente escrete tramite il sistema attivo degli anioni organici oppure tramite filtrazione glomerulare difficilmente danno luogo ad interazioni significative, dal punto di vista clinico, con lamivudina.
La somministrazione di trimetoprim/sulfametossazolo 160 mg/800 mg determina un aumento di circa il 40% dell’esposizione a lamivudina.
Lamivudina non ha alcun effetto sulla farmacocinetica del trimetoprim o del sulfametossazolo.
Tuttavia, non è necessaria alcuna modifica posologica di lamivudina, a meno che il paziente non abbia insufficienza renale.
È stato osservato un lieve aumento della Cmax (28%) di zidovudina quando somministrata in associazione a lamivudina; tuttavia l’esposizione complessiva (AUC) non risulta alterata in modo significativo.
Zidovudina non ha effetti sulla farmacocinetica di lamivudina (vedere paragrafo 5.2).
Lamivudina non presenta alcuna interazione farmacocinetica con l’alfa-interferone, quando i due medicinali sono somministrati insieme.
Nei pazienti che ricevevano lamivudina in concomitanza con comuni medicinali immunosoppressori (per es.
ciclosporina A) non è stata riscontrata alcuna interazione sfavorevole rilevante dal punto di vista clinico.
Tuttavia, non sono stati realizzati studi formali sulle interazioni.
Emtricitabina A causa di somiglianze, lamivudina non deve essere somministrata in concomitanza ad altri analoghi della citidina come emtricitabina.
Inoltre, lamivudina non deve essere presa con qualsiasi altro medicinale contenente lamivudina (vedere paragrafo 4.4).
Cladribina In vitro, lamivudina inibisce la fosforilazione intracellulare di cladribina portando ad un potenziale rischio di perdita di efficacia di cladribina in caso di associazione in ambito clinico.
Alcune evidenze cliniche supportano anche una possibile interazione tra lamivudina e cladribina.
Pertanto, la somministrazione concomitante di lamivudina con cladribina non è raccomandata (vedere paragrafo 4.4).
Sorbitolo La somministrazione concomitante di sorbitolo soluzione (3,2 g, 10,2 g, 13,4 g) con una singola dose di 300 mg (dose giornaliera adulto per l’HIV) di lamivudina soluzione orale ha determinato diminuzioni dose-dipendenti del 14%, 32% e 36% nell’esposizione a lamivudina (AUC∞) e del 28%, 52% e 55% nella Cmax di lamivudina negli adulti.
Quando possibile, evitare la co-somministrazione cronica di lamivudina con medicinali contenenti sorbitolo o altri poli-alcoli ad azione osmotica o alcoli monosaccaridici (per esempio xilitolo, mannitolo, lactitolo, maltitolo).
Qualora la co-somministrazione cronica non possa essere evitata, prendere in considerazione un monitoraggio più frequente della carica virale dell’HBV. Effetti indesiderati
- Riassunto del profilo di sicurezza L’incidenza di reazioni avverse e le anomalie di laboratorio (ad eccezione dell’innalzamento dei livelli di ALT e CPK, vedere di seguito) sono risultate simili tra i pazienti trattati con placebo e quelli trattati con lamivudina.
Le reazioni avverse più comunemente riportate erano malessere ed affaticamento, infezioni del tratto respiratorio, mal di gola e disturbi tonsillari, cefalea, dolore e crampi addominali, nausea, vomito e diarrea.
Riassunto tabulare delle reazioni avverse Le reazioni avverse sono elencate di seguito in base alla classificazione sistemica organica e alla frequenza.
Le categorie di frequenza sono solo assegnate a quelle reazioni avverse considerate almeno possibilmente correlate causalmente a lamivudina.
Le frequenze sono definite come: molto comune (≥ 1/10), comune (≥ 1/100 a < 1/10), non comune (≥ 1/1.000 a < 1/100), raro (≥ 1/10.000 a < 1/1.000), molto raro (< 1/10.000) e non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
Le categorie di frequenza assegnate alle reazioni avverse sono soprattutto basate sull’esperienza proveniente dagli studi clinici comprendenti un totale di 1171 pazienti con epatite B cronica trattati con lamivudina 100 mg.
* La frequenza osservata negli studi clinici di fase III nel gruppo in trattamento con lamivudina non è stata maggiore di quella osservata nel gruppo trattato con placebo.Patologie del sistema emolinfopoietico Non nota Trombocitopenia Disturbi del metabolismo e della nutrizione Molto raro Acidosi lattica Disturbi del sistema immunitario Raro Angioedema Patologie epatobiliari Molto comune Aumento dei livelli di ALT (vedere paragrafo 4.4) Le riacutizzazioni dell’epatite rilevate essenzialmente dagli incrementi di ALT sieriche sono state riportate durante il trattamento e dopo la sospensione di lamivudina.
La maggior parte degli eventi è stata di natura autolimitante tuttavia molto raramente sono stati osservati casi fatali (vedere paragrafo 4.4).Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Comune Eruzione cutanea, prurito Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Comune Aumento dei livelli di CPK Comune Disturbi muscolari, comprendenti mialgia e crampi* Non nota Rabdomiolisi
Popolazione pediatrica Sulla base dei dati limitati nei bambini da 2 a 17 anni di età, non è stato identificato alcun nuovo problema di sicurezza rispetto agli adulti.
Altre popolazioni speciali In pazienti con infezione da HIV sono stati riferiti casi di pancreatite e neuropatie periferiche (o parestesie).
In pazienti con epatite B cronica, non è stata osservata alcuna differenza nell’incidenza di questi eventi fra pazienti trattati con lamivudina e con placebo.
Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale.
Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse. Gravidanza e allattamento
- Gravidanza Gli studi nell’animale con lamivudina hanno mostrato un aumento delle morti embrionali precoci nei conigli ma non nei ratti (vedere paragrafo 5.3).
Nell’uomo è stato dimostrato il verificarsi del passaggio di lamivudina attraverso la placenta.
I dati disponibili nell’uomo dall’Antiretroviral Pregnancy Registry che riportano più di 1.000 esiti dopo esposizione dal primo trimestre e più di 1.000 esiti dal secondo e terzo trimestre nelle donne in gravidanza non indicano alcun effetto in termini di malformazione e a livello feto/neonatale.
Meno dell’1% di queste donne erano state trattate per l’HBV, mentre la maggior parte erano state trattate per l’HIV a dosaggi più alti e con altri medicinali concomitanti.
Lamivudina può essere usata durante la gravidanza se clinicamente necessario.
Per le pazienti che vengono trattate con lamivudina e successivamente iniziano una gravidanza, si deve considerare la possibilità di una ricomparsa dell’epatite a seguito della sospensione di lamivudina.
Allattamento Sulla base di più di 200 coppie madre/figlio in trattamento per l’HIV, le concentrazioni sieriche di lamivudina nei bambini allattati al seno da madri in trattamento per l’HIV sono molto basse (meno del 4% delle concentrazioni sieriche materne) e progressivamente diminuiscono a livelli non rilevabili quando i bambini allattati al seno raggiungono le 24 settimane di età.
La quantità totale di lamivudina ingerita da un bambino allattato al seno è molto bassa e pertanto è probabile che ciò porti ad esposizioni che esercitano un effetto antivirale sub-ottimale.
L’epatite B materna non comporta una controindicazione all’allattamento al seno se il neonato viene adeguatamente gestito per la prevenzione dell’epatite B alla nascita e non vi è evidenza che la bassa concentrazione di lamivudina nel latte materno comporti reazioni avverse nei bambini allattati al seno.
Pertanto, l’allattamento al seno può essere preso in considerazione nelle madri che allattano trattate con lamivudina per l’HBV tenendo in considerazione il beneficio dell’allattamento al seno per il bambino e il beneficio della terapia per la madre.
Qualora vi sia trasmissione materna dell’HBV, nonostante l’adeguata profilassi, deve essere presa in considerazione l’interruzione dell’allattamento al seno per ridurre il rischio di emergenza di mutanti resistenti a lamivudina nel neonato.
Fertilità Studi sulla riproduzione negli animali non hanno mostrato alcun effetto sulla fertilità maschile o femminile (vedere paragrafo 5.3).
Disfunzione mitocondriale È stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che in vitro causano un grado variabile di danno mitocondriale.
Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita (vedere paragrafo 4.4). Conservazione
- Questo medicinale non richiede condizioni particolari per la conservazione.
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Segnalazione degli effetti indesiderati
Se dovesse manifestarsi un qualsiasi effetto indesiderato, compresi quelli non elencati in questo foglio, è doveroso rivolgersi al proprio medico, ad uno specialista e/o al farmacista. La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Gli effetti indesiderati possono essere segnalati direttamente tramite il sistema nazionale di segnalazione all'indirizzo www.agenziafarmaco.it/it/responsabili. Segnalando gli effetti indesiderati si può contribuire a fornire maggiori informazioni sulla sicurezza di questo medicinale.