KISPLYX 30CPS 10MG

2.792,59 €

Prezzo indicativo

Principio attivo: LENVATINIB MESILATO
  • ATC: L01EX08
  • Descrizione tipo ricetta: RNRL - LIMITATIVA NON RIPETIB.
  • Presenza Glutine:
  • Presenza Lattosio:

Data ultimo aggiornamento: 19/07/2023

Kisplyx è indicato per il trattamento di adulti affetti da carcinoma a cellule renali (RCC) avanzato: • in associazione a pembrolizumab, come trattamento di prima linea (vedere paragrafo 5.1). • in associazione a everolimus, dopo una precedente terapia anti-VEGF (fattore di crescita vascolare endoteliale) (vedere paragrafo 5.1).
Kisplyx 4 mg capsule rigide Ogni capsula rigida contiene 4 mg di lenvatinib (come mesilato).Kisplyx 10 mg capsule rigide Ogni capsula rigida contiene 10 mg di lenvatinib (come mesilato). Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

Controindicazioni

Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.
Allattamento (vedere paragrafo 4.6).

Posologia

Il trattamento deve essere iniziato e supervisionato da un operatore sanitario esperto nell’uso di terapie oncologiche.
Posologia Kisplyx in associazione a pembrolizumab come trattamento di prima linea La dose raccomandata di lenvatinib è 20 mg (due capsule da 10 mg) per via orale una volta al giorno in associazione a pembrolizumab 200 mg ogni 3 settimane oppure 400 mg ogni 6 settimane somministrato come infusione endovenosa nell’arco di 30 minuti.
La dose giornaliera di lenvatinib deve essere modificata secondo necessità, in base al piano di gestione della dose/tossicità.
Il trattamento con lenvatinib deve proseguire fino a progressione della malattia o a comparsa di tossicità inaccettabile.
Il trattamento con pembrolizumab deve essere continuato fino a progressione della malattia, a comparsa di tossicità inaccettabile o fino alla durata massima della terapia specificata per pembrolizumab.
Per informazioni complete sul dosaggio di pembrolizumab, vedere il Riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP) di pembrolizumab.
Kisplyx in associazione a everolimus come trattamento di seconda linea La dose giornaliera raccomandata di lenvatinib è 18 mg (una capsula da 10 mg e due capsule da 4 mg) per via orale una volta al giorno, in associazione a 5 mg di everolimus una volta al giorno.
La dose giornaliera di lenvatinib ed eventualmente di everolimus deve essere modificata se necessario, secondo il piano di gestione della dose/tossicità.
Per informazioni complete sul dosaggio di everolimus, vedere il RCP di everolimus.
Se un paziente omette una dose di lenvatinib e non può assumerla entro 12 ore, tale dose deve essere saltata e la dose successiva deve essere assunta all’orario di somministrazione abituale.
Il trattamento deve continuare fino a quando si osserva un beneficio clinico o fino a quando si verifica una tossicità inaccettabile.
Aggiustamento della dose e interruzione di lenvatinib La gestione delle reazioni avverse può richiedere la sospensione della somministrazione, l’aggiustamento o l’interruzione della terapia con lenvatinib (vedere paragrafo 4.4).
Le reazioni avverse da lievi a moderate (ad es.
di grado 1 o 2) non giustificano in genere la sospensione della terapia con lenvatinib a meno che non risultino intollerabili per il paziente nonostante una gestione ottimale delle stesse.
Le reazioni avverse severe (ad es.
di grado 3) o intollerabili richiedono la sospensione di lenvatinib fino al miglioramento della reazione a grado da 0 a 1 o ritorno al basale.
La gestione medica ottimale (ossia, il trattamento o la terapia) di nausea, vomito e diarrea deve essere avviata prima di qualsiasi sospensione della terapia o di una riduzione della dose di lenvatinib; la tossicità gastrointestinale deve essere trattata attivamente al fine di ridurre il rischio di sviluppo di compromissione renale o insufficienza renale (vedere paragrafo 4.4).
Per le tossicità ritenute correlate a lenvatinib (vedere Tabella 2), al momento della risoluzione/miglioramento di una reazione avversa a grado da 0 a 1 o ritorno al basale, il trattamento deve essere ripreso a una dose ridotta di lenvatinib, come indicato nella Tabella 1.
Tabella 1 Modifiche della dose rispetto alla dose giornaliera raccomandata di lenvatiniba
  Dose di lenvatinib in associazione a pembrolizumab Dose di lenvatinib in associazione a everolimus
Dose giornaliera raccomandata 20 mg per via orale una volta al giorno (due capsule da 10 mg) 18 mg per via orale una volta al giorno (una capsula da 10 mg + due capsule da 4 mg)
Prima riduzione della dose 14 mg per via orale una volta al giorno (una capsula da 10 mg + una capsula da 4 mg) 14 mg per via orale una volta al giorno (una capsula da 10 mg + una capsula da 4 mg)
Seconda riduzione della dose 10 mg per via orale una volta al giorno (una capsula da 10 mg) 10 mg per via orale una volta al giorno (una capsula da 10 mg)
Terza riduzione della dose 8 mg per via orale una volta al giorno (due capsule da 4 mg) 8 mg per via orale una volta al giorno (due capsule da 4 mg)
a Sono disponibili dati limitati per dosi inferiori a 8 mg 
Quando usato in associazione a pembrolizumab, uno o entrambi i medicinali devono essere sospesi secondo necessità.
Lenvatinib deve essere sospeso, ridotto nella dose o interrotto secondo necessità.
Sospendere o interrompere pembrolizumab secondo le istruzioni riportate sul RCP di pembrolizumab.
Per pembrolizumab non sono raccomandate riduzioni della dose.
Per le tossicità ritenute correlate a everolimus, il trattamento deve essere sospeso, ridotto alla somministrazione a giorni alterni o interrotto (vedere RCP di everolimus per le raccomandazioni di aggiustamento della dose relative a reazioni avverse specifiche).
Per le tossicità ritenute correlate sia a lenvatinib sia a everolimus, la dose di lenvatinib deve essere ridotta (vedere Tabella 1) prima di ridurre everolimus.
Tutti i trattamenti devono essere interrotti in caso di reazioni potenzialmente pericolose per la vita (ad es.
di grado 4), ad eccezione delle anomalie di laboratorio giudicate non potenzialmente pericolose per la vita, che possono essere gestite come reazioni severe (ad es.
di grado 3).
I gradi si basano sui criteri comuni di terminologia per gli eventi avversi (CTCAE) del National Cancer Institute (NCI).
Tabella 2 Reazioni avverse che richiedono una modifica della dose di lenvatinib
Reazione avversa Severità Azione Ridurre la dose e riprendere lenvatinib
Ipertensione Grado 3 (nonostante una terapia antipertensiva ottimale) Sospendere Risoluzione a grado 0, 1 o 2.
Vedere linee guida dettagliate nella Tabella 3, paragrafo 4.4.
Grado 4 Interrompere Non riprendere
Proteinuria ≥ 2 g/24 ore Sospendere Risoluzione a meno di 2 g/24 ore
Sindrome nefrosica ------- Interrompere Non riprendere
Compromissione o insufficienza renale Grado 3 Sospendere Risoluzione a grado 0-1 o ritorno ai valori al basale
Grado 4* Interrompere Non riprendere
Disfunzione cardiaca Grado 3 Sospendere Risoluzione a grado 0-1 o ritorno ai valori al basale
Grado 4 Interrompere Non riprendere
PRES/RPLS Qualsiasi grado Sospendere Considerare la ripresa del trattamento a una dose ridotta in caso di risoluzione a grado 0-1
Epatotossicità Grado 3 Sospendere Risoluzione a grado 0-1 o ritorno ai valori al basale
Grado 4* Interrompere Non riprendere
Tromboembolia arteriosa Qualsiasi grado Interrompere Non riprendere
Emorragia Grado 3 Sospendere Risoluzione a grado 0-1
Grado 4 Interrompere Non riprendere
Perforazione gastrointestinale o fistola Grado 3 Sospendere Risoluzione a grado 0-1 o ritorno ai valori al basale
Grado 4 Interrompere Non riprendere
Fistola non gastrointestinale Grado 4 Interrompere Non riprendere
Prolungamento dell’intervallo QT > 500 ms Sospendere Risoluzione a < 480 ms o ritorno ai valori al basale
Diarrea Grado 3 Sospendere Risoluzione a grado 0-1 o ritorno ai valori al basale
Grado 4 (nonostante la gestione medica) Interrompere Non riprendere
* Le anomalie di laboratorio di grado 4 giudicate non potenzialmente pericolose per la vita possono essere gestite secondo le modalità previste per le reazioni severe (ad es.
di grado 3) Popolazioni speciali Per informazioni sull’esperienza clinica con il trattamento di associazione a lenvatinib e pembrolizumab, vedere paragrafo 4.8.
I pazienti di età ≥ 65 anni con ipertensione al basale o quelli con compromissione renale sembrano avere una tollerabilità ridotta a lenvatinib (vedere paragrafo 4.8).
Non sono disponibili dati per l’associazione a lenvatinib ed everolimus per la maggior parte delle popolazioni speciali.
Le informazioni seguenti derivano dall’esperienza clinica con lenvatinib in monoterapia nei pazienti con carcinoma differenziato della tiroide (DTC, vedere RCP di Lenvima).
Tutti i pazienti, eccetto quelli con compromissione epatica o renale severa (vedere di seguito), devono iniziare il trattamento alla dose raccomandata di 20 mg di lenvatinib una volta al giorno con pembrolizumab o 18 mg di lenvatinib con 5 mg di everolimus, assunta una volta al giorno come indicato; in seguito, la dose deve essere ulteriormente aggiustata sulla base della tollerabilità individuale.
Pazienti con ipertensione La pressione arteriosa deve essere ben controllata prima del trattamento con lenvatinib e deve essere monitorata a intervalli regolari durante il trattamento (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
Pazienti con compromissione epatica Sono disponibili dati limitati per l’associazione a lenvatinib e pembrolizumab in pazienti con compromissione epatica.
Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale dell’associazione sulla base della funzionalità epatica nei pazienti con compromissione epatica lieve (Child-Pugh A) o moderata (Child-Pugh B).
Nei pazienti con compromissione epatica severa (Child-Pugh C), la dose iniziale raccomandata di lenvatinib è 10 mg una volta al giorno.
Fare riferimento al RCP di pembrolizumab per il dosaggio nei pazienti con compromissione epatica.
Ulteriori aggiustamenti della dose possono essere necessari in funzione della tollerabilità individuale.
Nei pazienti con compromissione epatica severa, la terapia di associazione deve essere usata solo se il beneficio previsto supera il rischio (vedere paragrafo 4.8).
Non sono disponibili dati per l’associazione a lenvatinib ed everolimus in pazienti con compromissione epatica.
Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale dell’associazione sulla base della funzionalità epatica nei pazienti con compromissione epatica lieve (Child-Pugh A) o moderata (Child-Pugh B).
Nei pazienti con compromissione epatica severa (Child-Pugh C), la dose iniziale raccomandata di lenvatinib è 10 mg una volta al giorno in associazione alla dose di everolimus raccomandata per i pazienti con compromissione epatica severa nel RCP di everolimus.
Ulteriori aggiustamenti della dose possono essere necessari in funzione della tollerabilità individuale.
Nei pazienti con compromissione epatica severa, la terapia di associazione deve essere usata solo se il beneficio previsto supera il rischio (vedere paragrafo 4.8).
Pazienti con compromissione renale Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale sulla base della funzionalità renale nei pazienti con compromissione renale lieve o moderata.
Nei pazienti con compromissione renale severa, la dose iniziale raccomandata è 10 mg di lenvatinib una volta al giorno.
Fare riferimento al RCP di pembrolizumab o di everolimus per il dosaggio nei pazienti con compromissione renale.
Ulteriori aggiustamenti della dose possono essere necessari in funzione della tollerabilità individuale.
I pazienti con malattia renale allo stadio terminale non sono stati studiati; pertanto, l’uso di lenvatinib in questi pazienti non è raccomandato (vedere paragrafo 4.8).
Popolazione anziana Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale sulla base dell’età.
Sono disponibili dati limitati sull’uso in pazienti di età ≥ 75 anni (vedere paragrafo 4.8).
Popolazione pediatrica Lenvatinib non deve essere usato nei bambini di età inferiore a 2 anni a causa di problematiche di sicurezza individuate negli studi sugli animali (vedere paragrafo 5.3).
La sicurezza e l’efficacia di lenvatinib nei bambini di età compresa tra 2 e < 18 anni non sono state ancora stabilite (vedere paragrafo 5.1).
Non ci sono dati disponibili.
Origine etnica Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale sulla base della razza (vedere paragrafo 5.2).
I dati attualmente disponibili sono descritti nel paragrafo 4.8.
Peso corporeo inferiore a 60 kg Non è necessario un aggiustamento della dose iniziale sulla base del peso corporeo.
Sono disponibili dati limitati in merito al trattamento con lenvatinib in associazione a everolimus in pazienti con peso corporeo inferiore a 60 kg affetti da RCC (vedere paragrafo 4.8).
Performance status I pazienti con performance status secondo ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) uguale o superiore a 2 sono stati esclusi dallo Studio 205 sull’RCC (vedere paragrafo 5.1).
I pazienti con KPS (Karnofsky Performance Status) < 70 sono stati esclusi dallo Studio 307 (CLEAR).
Il rapporto beneficio/rischio in questi pazienti non è stato valutato.
Modo di somministrazione Lenvatinib è per uso orale.
Le capsule devono essere assunte ogni giorno circa alla stessa ora, con o senza cibo (vedere paragrafo 5.2).
I caregiver non devono aprire la capsula, al fine di evitare l’esposizione ripetuta al suo contenuto.
Le capsule di lenvatinib possono essere ingerite intere con acqua o somministrate come sospensione preparata disperdendo le capsule intere in acqua, succo di mela o latte.
La sospensione può essere somministrata per via orale o mediante sondino per alimentazione.
Se somministrata tramite sondino per alimentazione, la sospensione deve essere preparata con acqua (vedere paragrafo 6.6 per la preparazione e somministrazione della sospensione).
Se non viene utilizzata al momento della preparazione, la sospensione di lenvatinib può essere conservata in un contenitore coperto e deve essere refrigerata a una temperatura compresa tra 2 °C e 8 °C per massimo 24 ore.
Una volta prelevata dal frigorifero, la sospensione deve essere agitata per circa 30 secondi prima dell’uso.
Se non viene somministrata entro 24 ore, la sospensione deve essere eliminata.

Avvertenze e precauzioni

Ipertensione Ipertensione è stata segnalata nei pazienti trattati con lenvatinib ed è comparsa di solito precocemente durante il trattamento (vedere paragrafo 4.8).
La pressione arteriosa (PA) deve essere ben controllata prima di iniziare il trattamento con lenvatinib e, se i pazienti hanno una diagnosi di ipertensione, devono essere in terapia con una dose stabile di antipertensivi da almeno 1 settimana prima di iniziare il trattamento con lenvatinib.
Sono state segnalate complicanze gravi di ipertensione scarsamente controllata, compresa dissezione dell’aorta.
Il rilevamento precoce e la gestione efficace dell’ipertensione sono importanti per ridurre al minimo la necessità di sospendere la somministrazione e di ridurre la dose di lenvatinib.
La somministrazione di antipertensivi deve iniziare non appena si conferma un innalzamento della PA.
La PA deve essere monitorata dopo 1 settimana di trattamento con lenvatinib, poi ogni 2 settimane per i primi 2 mesi e successivamente una volta al mese.
La scelta del trattamento antipertensivo deve essere personalizzata in base alle circostanze cliniche del paziente e deve seguire la pratica medica standard.
Per i pazienti in precedenza normotesi, la monoterapia con una delle classi di antipertensivi deve essere iniziata quando si osserva un innalzamento della PA.
Per i pazienti che sono già in terapia antipertensiva, può essere aumentata la dose del farmaco correntemente impiegato, se opportuno, o si devono aggiungere uno o più farmaci di una diversa classe di antipertensivi.
Se necessario, gestire l’ipertensione secondo le raccomandazioni contenute nella Tabella 3.
Tabella 3 Gestione raccomandata dell’ipertensione
Livello di pressione arteriosa (PA) Azione raccomandata
PA sistolica da ≥ 140 mmHg fino a < 160 mmHg o PA diastolica da ≥ 90 mmHg fino a < 100 mmHg Continuare lenvatinib e iniziare la terapia antipertensiva, se non già in corso OPPURE Continuare lenvatinib e aumentare la dose della terapia antipertensiva attuale, oppure iniziare una terapia antipertensiva supplementare
PA sistolica ≥ 160 mmHg o PA diastolica ≥ 100 mmHg nonostante una terapia antipertensiva ottimale 1.
Sospendere lenvatinib
2.
Quando la PA sistolica è ≤ 150 mmHg, la PA diastolica è ≤ 95 mmHg e il paziente segue una terapia antipertensiva a dose stabile da almeno 48 ore, riprendere lenvatinib a una dose ridotta (vedere paragrafo 4.2)
Conseguenze potenzialmente letali (ipertensione maligna, deficit neurologico o crisi ipertensiva) È indicato un intervento urgente.
Interrompere lenvatinib e istituire una gestione medica appropriata.
Aneurismi e dissezioni arteriose L’uso di inibitori del pathway del VEGF in pazienti con o senza ipertensione può favorire la formazione di aneurismi e/o dissezioni arteriose.
Prima di iniziare lenvatinib, questo rischio deve essere attentamente considerato in pazienti con fattori di rischio quali ipertensione o storia anamnestica di aneurisma.
Donne in età fertile Le donne in età fertile devono usare metodi contraccettivi altamente efficaci durante il trattamento con lenvatinib e per un mese dopo l’interruzione del trattamento (vedere paragrafo 4.6).
Non è noto attualmente se lenvatinib aumenti il rischio di eventi tromboembolici in caso di associazione con contraccettivi orali.
Proteinuria Proteinuria è stata segnalata nei pazienti trattati con lenvatinib ed è comparsa di solito precocemente durante il trattamento (vedere paragrafo 4.8).
Le proteine urinarie devono essere monitorate regolarmente.
Se si rileva un livello di proteine urinarie ai test con striscia reattiva ≥ 2+, può essere necessario sospendere, aggiustare la dose o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2).
Casi di sindrome nefrosica sono stati segnalati nei pazienti che usano lenvatinib.
Il trattamento con lenvatinib deve essere interrotto in caso di sindrome nefrosica.
Insufficienza e compromissione renali Compromissione renale e insufficienza renale sono state segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8).
Il fattore di rischio primario identificato è stato la disidratazione e/o l’ipovolemia dovute a tossicità gastrointestinale.
La tossicità gastrointestinale deve essere gestita attivamente, al fine di ridurre il rischio di sviluppare compromissione renale o insufficienza renale.
Si deve usare cautela nei pazienti trattati con sostanze che agiscono sul sistema renina-angiotensinaaldosterone, dato il rischio potenzialmente più elevato di insufficienza renale acuta con la terapia di associazione.
Può essere necessario sospendere, aggiustare la dose o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2).
Se i pazienti presentano una compromissione renale severa, la dose iniziale di lenvatinib deve essere aggiustata (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).
Disfunzione cardiaca Insufficienza cardiaca (< 1%) e riduzione della frazione di eiezione ventricolare sinistra sono state segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8).
I pazienti devono essere monitorati per rilevare sintomi o segni clinici di scompenso cardiaco, poiché può essere necessario sospendere, aggiustare la dose o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2).
Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES)/Sindrome da leucoencefalopatia posteriore reversibile (RPLS) PRES, nota anche come RPLS, è stata segnalata nei pazienti trattati con lenvatinib (< 1%; vedere paragrafo 4.8).
La PRES è un disturbo neurologico che può presentarsi con cefalea, crisi convulsiva, letargia, confusione, alterazione della funzione mentale, cecità e altri disturbi visivi o neurologici.
Può essere presente ipertensione da lieve a severa.
Per confermare la diagnosi di PRES è necessaria una risonanza magnetica.
Devono essere prese idonee misure per controllare la pressione arteriosa (vedere paragrafo 4.4, Ipertensione).
Nei pazienti con segni o sintomi di PRES, può essere necessario sospendere, aggiustare la dose o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2).
Epatotossicità Fra le reazioni avverse a carico del fegato più comunemente segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib vi sono stati aumenti dell’alanina aminotransferasi, aumenti dell’aspartato aminotransferasi e aumenti della bilirubinemia.
Insufficienza epatica ed epatite acuta (< 1%; vedere paragrafo 4.8) sono state segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib.
I casi di insufficienza epatica sono stati in genere segnalati in pazienti con metastasi epatiche in progressione.
I test di funzionalità epatica devono essere controllati prima dell’inizio del trattamento, poi ogni 2 settimane per i primi 2 mesi e successivamente una volta al mese durante il trattamento.
In caso di epatotossicità può essere necessario sospendere, aggiustare la dose o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2).
Se i pazienti hanno compromissione epatica severa, la dose iniziale di lenvatinib deve essere aggiustata (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).
Tromboembolia arteriosa Casi di tromboembolia arteriosa (accidente cerebrovascolare, attacco ischemico transitorio ed infarto miocardico) sono stati segnalati nei pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8).
Lenvatinib non è stato studiato nei pazienti che hanno avuto tromboembolia arteriosa nei 6 mesi precedenti e pertanto deve essere usato con cautela in tali pazienti.
La decisione di effettuare il trattamento deve basarsi su una valutazione del rapporto beneficio/rischio del singolo paziente.
Il trattamento con lenvatinib deve essere interrotto in seguito a un evento trombotico arterioso.
Emorragia Casi gravi di emorragie correlate al tumore, inclusi eventi emorragici con esito fatale, si sono verificati negli studi clinici e sono stati segnalati nell’esperienza post-marketing (vedere paragrafo 4.8).
Nella sorveglianza post-marketing, emorragie dell’arteria carotide gravi e con esito fatale sono state osservate con maggiore frequenza nei pazienti con carcinoma anaplastico della tiroide (Anaplastic Thyroid Carcinoma, ATC) rispetto a DTC o ad altri tipi di tumore.
Il grado di invasione/infiltrazione tumorale dei principali vasi sanguigni (ad es.
arteria carotide) deve essere considerato, a causa del potenziale rischio di emorragia severa associata a riduzione del tumore/necrosi in seguito alla terapia con lenvatinib.
Alcuni casi di sanguinamento si sono verificati secondariamente a riduzione del tumore e formazione di fistole, ad es.
fistole tracheo-esofagee.
Casi di emorragia intracranica con esito fatale sono stati riportati in alcuni pazienti con o senza metastasi cerebrali.
È stato segnalato anche sanguinamento in sedi diverse da quella cerebrale (ad es.
tracheale, intraddominale, polmonare).
In caso di sanguinamento, può essere necessario sospendere, aggiustare o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2, Tabella 2).
Perforazione gastrointestinale e formazione di fistole Perforazione gastrointestinale o fistole sono state segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8).
Nella maggior parte dei casi, perforazione gastrointestinale e fistole si sono verificate in pazienti con fattori di rischio, quali precedente intervento chirurgico o radioterapia.
In caso di perforazione o fistola gastrointestinale, può essere necessario sospendere, aggiustare la dose o interrompere la somministrazione (vedere paragrafo 4.2).
Fistola non gastrointestinale I pazienti possono avere un maggiore rischio di sviluppare fistole durante il trattamento con lenvatinib.
Casi di formazione o ingrossamento di fistole che coinvolgono aree del corpo diverse dallo stomaco o dall’intestino sono stati osservati negli studi clinici e nell’esperienza post-marketing (ad es.
fistole tracheali, tracheo-esofagee, esofagee, cutanee e del tratto genitale femminile).
Inoltre, è stato riportato pneumotorace con e senza chiara evidenza di fistola broncopleurica.
Alcuni casi di fistola e di pneumotorace si sono verificati in associazione a regressione del tumore o necrosi.
Un precedente intervento chirurgico e la radioterapia possono essere fattori di rischio concomitanti.
Anche le metastasi polmonari possono aumentare il rischio di pneumotorace.
Lenvatinib non deve essere iniziato in pazienti con fistola, per evitarne il peggioramento, e lenvatinib deve essere definitivamente interrotto in pazienti con coinvolgimento del tratto esofageo o tracheobronchiale e qualsiasi fistola di grado 4 (vedere paragrafo 4.2); sono disponibili informazioni limitate sulla sospensione o riduzione della dose nella gestione di altri eventi, ma un peggioramento è stato osservato in alcuni casi, pertanto si richiede cautela.
Lenvatinib può influire negativamente sul processo di guarigione delle ferite, come avviene per altri agenti della stessa classe.
Prolungamento dell’intervallo QT Un prolungamento dell’intervallo QT/QTc è stato riportato con un’incidenza più elevata nei pazienti trattati con lenvatinib rispetto ai pazienti trattati con placebo (vedere paragrafo 4.8).
L’elettrocardiogramma deve essere monitorato in tutti i pazienti, con particolare attenzione a quelli affetti da sindrome congenita del QT lungo, insufficienza cardiaca congestizia, bradiaritmie e nei pazienti che assumono medicinali noti per prolungare l’intervallo QT, inclusi antiaritmici di classe Ia e III.
Lenvatinib deve essere sospeso nel caso in cui si manifesti un prolungamento dell’intervallo QT superiore a 500 ms.
Il trattamento con lenvatinib deve essere ripreso a una dose ridotta una volta che il prolungamento del QTc è ridotto a < 480 ms o al ritorno ai valori al basale.
Disturbi elettrolitici, quali ipokaliemia, ipocalcemia o ipomagnesiemia, aumentano il rischio di prolungamento del QT; pertanto, le anomalie degli elettroliti devono essere monitorate e corrette in tutti i pazienti prima di iniziare il trattamento.
Durante il trattamento si deve considerare il monitoraggio periodico dell’ECG e degli elettroliti (magnesio, potassio e calcio).
I livelli ematici di calcio devono essere monitorati almeno una volta al mese e, in caso di necessità, si deve prevedere un’integrazione di calcio durante il trattamento con lenvatinib.
Se necessario, si deve sospendere la somministrazione o ridurre la dose di lenvatinib in base alla gravità, alla presenza di alterazioni all’ECG e alla persistenza dell’ipocalcemia.
Alterazione della soppressione dell’ormone tireostimolante/Disfunzione tiroidea Ipotiroidismo è stato segnalato in pazienti trattati con lenvatinib (vedere paragrafo 4.8).
La funzione tiroidea deve essere monitorata prima di iniziare il trattamento e periodicamente durante tutto il trattamento con lenvatinib.
L’ipotiroidismo deve essere trattato secondo la pratica medica standard al fine di mantenere uno stato eutiroideo.
Lenvatinib altera la soppressione tiroidea esogena (vedere paragrafo 4.8).
I livelli di ormone tireostimolante (TSH) devono essere monitorati a intervalli regolari e la somministrazione di ormone tiroideo deve essere aggiustata al fine di raggiungere livelli di TSH adeguati, secondo l’obiettivo terapeutico del paziente.
Diarrea Diarrea è stata segnalata frequentemente nei pazienti trattati con lenvatinib ed è comparsa di solito precocemente durante il trattamento (vedere paragrafo 4.8).
Si deve provvedere immediatamente alla gestione medica della diarrea al fine di prevenire la disidratazione.
Il trattamento con lenvatinib deve essere interrotto in caso di persistenza di diarrea di grado 4 nonostante la gestione medica.
Complicanze della guarigione delle ferite Non sono stati condotti studi formali sull’effetto di lenvatinib sulla guarigione delle ferite.
Compromissione del processo di guarigione delle ferite è stata segnalata in pazienti trattati con lenvatinib.
Nei pazienti che devono essere sottoposti a procedure chirurgiche maggiori si deve prendere in considerazione la sospensione temporanea di lenvatinib.
L’esperienza clinica relativa ai tempi di ripresa di lenvatinib dopo una procedura chirurgica maggiore è limitata.
Pertanto la decisione di iniziare nuovamente lenvatinib dopo tale procedura deve essere basata sul giudizio clinico di un’adeguata guarigione delle ferite.
Osteonecrosi della mandibola (ONJ) Casi di ONJ sono stati riportati in pazienti trattati con lenvatinib.
Alcuni casi sono stati riportati in pazienti che erano stati sottoposti in precedenza o contemporaneamente a una terapia antiriassorbimento osseo e/o con altri inibitori dell’angiogenesi, per es., bevacizumab, inibitori delle tirosin chinasi (TKI) o inibitori di mTOR.
Perciò è necessario adottare cautela in caso di somministrazione concomitante o sequenziale di lenvatinib con la terapia antiassorbimento e/o con altri inibitori dell’angiogenesi.
Le procedure dentali invasive sono un fattore di rischio identificato.
Prima del trattamento con lenvatinib, è necessario prendere in considerazione un esame dentale e appropriate cure odontoiatriche.
In pazienti sottoposti a terapia precedente o corrente con bifosfonati per via endovenosa, se possibile, dovrebbero essere evitate le procedure dentali invasive (vedere paragrafo 4.8).
Popolazioni speciali Sono disponibili dati limitati per i pazienti di origine etnica diversa da quella caucasica o asiatica e in pazienti di età ≥ 75 anni.
Lenvatinib deve essere utilizzato con cautela in tali pazienti, data la ridotta tollerabilità di lenvatinib nei pazienti asiatici e anziani (vedere paragrafo 4.8).
Non sono disponibili dati sull’uso di lenvatinib immediatamente successivo alla terapia con sorafenib o con altri trattamenti antitumorali e può esserci un rischio potenziale di tossicità additive, a meno che non sia previsto un adeguato periodo di washout tra i trattamenti.
Il periodo minimo di washout negli studi clinici è stato di 4 settimane.

Interazioni

Effetto di altri medicinali su lenvatinib Agenti chemioterapici La somministrazione concomitante di lenvatinib, carboplatino e paclitaxel non ha avuto un impatto significativo sulla farmacocinetica di nessuna di queste tre sostanze.
Inoltre, nei pazienti con RCC, la somministrazione concomitante di everolimus non ha influito in modo significativo sulla farmacocinetica di lenvatinib.
Effetto di lenvatinib su altri medicinali Substrati del CYP3A4 Uno studio clinico di interazione farmacologica (DDI) in pazienti oncologici ha mostrato che le concentrazioni plasmatiche di midazolam (un substrato sensibile del CYP3A e della P-gp) non sono state alterate in presenza di lenvatinib.
Inoltre, nei pazienti con RCC, la somministrazione concomitante di lenvatinib non ha influito in modo significativo sulla farmacocinetica di everolimus.
Non si attendono pertanto interazioni farmacologiche significative tra lenvatinib e altri substrati del CYP3A/della P-gp.
Contraccettivi orali Non è noto attualmente se lenvatinib possa ridurre l’efficacia dei contraccettivi ormonali; pertanto, le donne che usano contraccettivi ormonali orali devono adottare un metodo di barriera supplementare (vedere paragrafo 4.6).

Effetti indesiderati

Riassunto del profilo di sicurezza Il profilo di sicurezza di lenvatinib si basa su dati aggregati provenienti da 497 pazienti con RCC trattati con lenvatinib in associazione a pembrolizumab, incluso lo Studio 307 (CLEAR); 62 pazienti con RCC trattati con lenvatinib in associazione a everolimus nello Studio 205; 458 pazienti con DTC e 496 pazienti con HCC trattati con lenvatinib in monoterapia.
Lenvatinib in associazione a pembrolizumab nell’RCC Il profilo di sicurezza di lenvatinib in associazione a pembrolizumab si basa sui dati provenienti da 497 pazienti con RCC.
Le reazioni avverse riportate con maggiore frequenza (verificatesi in ≥ 30% dei pazienti) sono state diarrea (61,8%), ipertensione (51,5%), stanchezza (47,1%), ipotiroidismo (45,1%), appetito ridotto (42,1%), nausea (39,6%), stomatite (36,6%), proteinuria (33,0%), disfonia (32,8%) e artralgia (32,4%).
Le reazioni avverse gravi (grado ≥ 3) più comuni (≥ 5%) sono state ipertensione (26,2%), lipasi aumentata (12,9%), diarrea (9,5%), proteinuria (8,0%), amilasi aumentata (7,6%), peso diminuito (7,2%) e stanchezza (5,2%).
L’interruzione di lenvatinib, pembrolizumab o entrambi a causa di una reazione avversa si è verificata nel 33,4% dei pazienti; nel 23,7% per lenvatinib e nel 12,9% per entrambi gli agenti.
Le reazioni averse più comuni (≥ 1%) che hanno portato all’interruzione di lenvatinib, pembrolizumab o entrambi sono state infarto miocardico (2,4%), diarrea (2,0%), proteinuria (1,8%) ed eruzione cutanea (1,4%).
Le reazioni avverse che hanno portato più comunemente all’interruzione di lenvatinib (≥ 1%) sono state infarto miocardico (2,2%), proteinuria (1,8%) e diarrea (1,0%).
Sospensioni della somministrazione di lenvatinib, pembrolizumab o entrambi a causa di una reazione avversa si sono verificate nell’80,1% dei pazienti; lenvatinib è stato sospeso nel 75,3% dei pazienti ed entrambi i farmaci nel 38,6% dei pazienti.
La dose di lenvatinib è stata ridotta nel 68,4% dei pazienti.
Le reazioni avverse più comuni (≥ 5%) che hanno comportato una riduzione della dose o lasospensione di lenvatinib sono state diarrea (25,6%), ipertensione (16,1%), proteinuria (13,7%), stanchezza (13,1%), appetito ridotto (10,9%), eritrodisestesia palmo-plantare (PPE) (10,7%), nausea (9,7%), astenia (6,6%), stomatite (6,2%), lipasi aumentata (5,6%) e vomito (5,6%).
Lenvatinib in associazione a everolimus nell’RCC Il profilo di sicurezza di lenvatinib in associazione a everolimus si basa sui dati provenienti da 62 pazienti, che consentono la caratterizzazione solo delle reazioni avverse comuni al farmaco nei pazienti con RCC dello Studio 205.
Le reazioni avverse riportate in questo paragrafo si basano sui dati di sicurezza combinati di 62 pazienti con RCC dello Studio 205 (vedere paragrafo 5.1) e 458 pazienti con DTC (vedere RCP di Lenvima).
Le reazioni avverse più frequentemente riportate nella popolazione di pazienti con RCC dello Studio 205 e con DTC (verificatesi in ≥ 30% dei pazienti) sono state diarrea (80,6%), ipertensione (70,1%)*, stanchezza (59,7%), appetito ridotto (53,7%), calo ponderale (52,6%)*, vomito (48,4%), nausea (45,2%), proteinuria (38,9%)*, stomatite (36,9%)*, cefalea (35,8%)*, disfonia (35,6%)*, eritrodisestesia palmo-plantare (34,1%)*, edema periferico (33,9%) e ipercolesterolemia (30,6%).
Ipertensione e proteinuria tendono a verificarsi precocemente durante il trattamento con lenvatinib (vedere paragrafi 4.4 e 4.8; le frequenze contrassegnate da un asterisco si riferiscono alla popolazione di pazienti con DTC).
Le reazioni avverse gravi più importanti comprendevano insufficienza e compromissione renali (11,3%), tromboembolia arteriosa (3,9%)*, insufficienza cardiaca (1,6%), emorragia cerebrale (1,6%), emorragia tumorale intracranica (0,7%)*, PRES/RPLS (0,2%)* e insufficienza epatica (0,2%)* (le frequenze contrassegnate da un asterisco si riferiscono alla popolazione di pazienti con DTC).
Nello Studio 205 sul RCC (vedere paragrafo 5.1), le reazioni avverse hanno comportato una riduzione della dose nel 67,7% dei pazienti e 18 (29,0%) pazienti hanno interrotto il trattamento.
Le reazioni avverse più comuni (≥ 5%) che hanno comportato una riduzione della dose nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus sono state diarrea (21,0%), trombocitopenia (6,5%) e vomito (6,5%).
Tabella delle reazioni avverse per gli studi in RCC, DTC e HCC Reazioni avverse simili sono state osservate negli studi clinici condotti nel RCC e nel DTC.
Le reazioni avverse che si verificano con maggiore frequenza nell’associazione di lenvatinib ed everolimus, rispetto a lenvatinib in monoterapia, sono ipotiroidismo (incluso aumento dei livelli ematici di ormone tireostimolante), ipercolesterolemia e diarrea severa.
Le reazioni avverse che si sono verificate con maggiore frequenza nell’associazione di lenvatinib e pembrolizumab, rispetto a lenvatinib in monoterapia, sono state ipotiroidismo (incluso aumento dei livelli ematici di ormone tireostimolante), ipercolesterolemia, diarrea, lipasi aumentata, amilasi aumentata, eruzione cutanea (inclusa eruzione maculopapulare) e creatinina ematica aumentata.
Le reazioni avverse osservate negli studi clinici e segnalate nell’uso post-marketing di lenvatinib sono elencate nella Tabella 4.
Le reazioni avverse note che si verificano con lenvatinib o i componenti della terapia di associazione somministrati da soli possono verificarsi anche durante il trattamento con questi medicinali somministrati in associazione, sebbene tali reazioni non siano state segnalate negli studi clinici condotti sulla terapia di associazione.
Per ulteriori informazioni sulla sicurezza di lenvatinib somministrato in associazione, fare riferimento al RCP dei rispettivi componenti della terapia di associazione.
Le frequenze sono definite come:
molto comune (≥ 1/10)
comune (≥ 1/100, < 1/10)
non comune (≥ 1/1.000, < 1/100)
raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000)
molto raro (< 1/10.000)
non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili)
All’interno di ciascuna classe di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine di gravità decrescente.
Tabella 4 Reazioni avverse segnalate nei pazienti trattati con lenvatinib§
Classificazione per sistemi e organi (secondo MedDRA) Monoterapia/associazione con everolimus Associazione con pembrolizumab
Infezioni ed infestazioni 
Molto comune Infezione delle vie urinarie 
Comune  Infezione delle vie urinarie
Non comune Ascesso perineale Ascesso perineale
Patologie del sistema emolinfopoietico  
Molto comune Trombocitopeniaa 
Leucopeniaa
Neutropeniaa
Comune Linfopeniaa Trombocitopeniaa
  Leucopeniaa
Neutropeniaa
Linfopeniaa
Non comune Infarto della milza 
Patologie endocrine  
Molto comune Ipotiroidismo* Ipotiroidismo*
Ormone tireostimolante ematico aumentato‡, * Ormone tireostimolante ematico aumentato‡, *
Disturbi del metabolismo e della nutrizione  
Molto comune Ipocalcemia Appetito ridotto
Ipercolesterolemiab, * Calo ponderale
Ipokaliemia Ipercolesterolemiab, *
Appetito ridotto 
Calo ponderale
Comune Disidratazione Ipocalcemia
Ipomagnesiemiab Ipokaliemia
  Disidratazione
Ipomagnesiemiab
Disturbi psichiatrici  
Molto comune Insonnia Insonnia
Patologie del sistema nervoso  
Molto comune Capogiro Capogiro
Cefalea Cefalea
Disgeusia Disgeusia
Comune Accidente cerebrovascolare 
Non comune Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile Accidente cerebrovascolare
Monoparesi Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile
Attacco ischemico transitorio Attacco ischemico transitorio
Patologie cardiache  
Comune Infarto miocardicoc, † Infarto miocardicoc, †
Insufficienza cardiaca QT dell’elettrocardiogramma prolungato
QT dell’elettrocardiogramma prolungato 
Frazione di eiezione ridotta
Non comune  Insufficienza cardiaca
Frazione di eiezione ridotta
Patologie vascolari  
Molto comune Emorragiad, †, ‡ Emorragiad, †, ‡
Ipertensionee, ‡ Ipertensionee, †, ‡
Ipotensione 
Comune  Ipotensione
Non nota Aneurismi e dissezioni arteriose Aneurismi e dissezioni arteriose
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche  
Molto comune Disfonia Disfonia
Comune Embolia polmonare Embolia polmonare
Non comune Pneumotorace Pneumotorace
Patologie gastrointestinali
Molto comune Diarrea, * Diarrea, *
Dolori addominali e gastrointestinalif Dolori addominali e gastrointestinalif
Vomito Vomito
Nausea Nausea
Infiammazione oraleg Infiammazione oraleg
Dolore oraleh Dolore oraleh
Stipsi Stipsi
Dispepsia Dispepsia
Bocca secca Bocca secca
  Lipasi aumentata*
Amilasi aumentata*
Comune Fistola anale Pancreatitei
Flatulenza Flatulenza
Lipasi aumentata Colite
Amilasi aumentata 
Non comune Pancreatitei Colite Fistola anale
Patologie epatobiliari   
Molto comune Bilirubina ematica aumentataj, ‡ Aspartato aminotransferasi aumentata
Ipoalbuminemia Alanina aminotransferasi aumentata
Aspartato aminotransferasi aumentata 
Alanina aminotransferasi aumentata
Comune Insufficienza epaticak, †, ‡ Colecistite
Encefalopatia epatical, †, ‡ Funzione epatica anormale
Colecistite Ipoalbuminemia
Fosfatasi alcalina ematica aumentata Bilirubina ematica aumentataj, ‡
Funzione epatica anormale Fosfatasi alcalina ematica aumentata
Gamma-glutamil transferasi aumentata Gamma-glutamil transferasi aumentata
Non comune Danno epatocellulare/epatitem Insufficienza epaticak, †, ‡
  Encefalopatia epatical, ‡
Danno epatocellulare ed epatitem
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Molto comune Eritrodisestesia palmo-plantare Eritrodisestesia palmo-plantare
Eritema palmare Eruzione cutanea*
Eruzione cutanea 
Alopecia
Comune Ipercheratosi Alopecia
  Ipercheratosi
Non comune  Eritema palmare
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Molto comune Dolore dorsale Dolore dorsale
Artralgia Artralgia
Mialgia Mialgia
Dolore a un arto Dolore a un arto
Dolore muscoloscheletrico Dolore muscoloscheletrico
Non comune Osteonecrosi della mandibola 
Patologie renali e urinarie
Molto comune Proteinuria Proteinuria Creatinina ematica aumentata*, †
Comune Insufficienza renalen, †, ‡ Insufficienza renalen
Compromissione renale Urea ematica aumentata
Creatinina ematica aumentata 
Urea ematica aumentata
Non comune Sindrome nefrosica Compromissione renale
  Sindrome nefrosica
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Molto comune Stanchezza Stanchezza
Astenia Astenia
Edera periferico Edema periferico
Comune Malessere Malessere
Non comune Guarigione compromessa** Fistola non gastrointestinale°
  Guarigione compromessa**
Non nota Fistola non gastrointestinale° 
§: Le frequenze relative alle reazioni avverse presentate nella Tabella 4 possono non essere completamente attribuibili al solo lenvatinib ma possono contenere contributi da parte della malattia sottostante o di altri medicinali utilizzati in associazione.
*: Queste reazioni avverse si verificano con maggiore frequenza con la terapia di associazione rispetto a lenvatinib in monoterapia.
**: Identificate nell’uso post-marketing di lenvatinib.
: Comprende casi con esito fatale.
‡: Vedere paragrafo 4.8 Descrizione di reazioni avverse selezionate per l’ulteriore caratterizzazione.
I termini seguenti sono stati combinati: a: Trombocitopenia comprende trombocitopenia e conta delle piastrine diminuita.
Neutropenia comprende neutropenia e conta dei neutrofili diminuita.
Leucopenia comprende leucopenia e conta leucocitaria diminuita.
Linfopenia comprende linfopenia e conta linfocitaria diminuita.
b: Ipomagnesiemia comprende ipomagnesiemia e magnesio ematico diminuito.
Ipercolesterolemia comprende ipercolesterolemia e colesterolo ematico aumentato.
c: Infarto miocardico comprende infarto miocardico e infarto miocardico acuto.
d: Comprende tutti i termini relativi all’emorragia: I termini relativi all’emorragia osservati in 5 o più pazienti con RCC trattati con lenvatinib più pembrolizumab sono stati: epistassi, ematuria, contusione, sanguinamento gengivale, emorragia rettale, emottisi, ecchimosi ed ematochezia.
e: Ipertensione comprende: ipertensione, crisi ipertensiva, pressione arteriosa diastolica aumentata, ipertensione ortostatica e pressione arteriosa aumentata.
f: Dolore addominale e gastrointestinale comprende: fastidio addominale, dolore addominale, dolore addominale inferiore, dolore addominale superiore, dolorabilità addominale, fastidio epigastrico e dolore gastrointestinale.
g: Infiammazione orale comprende: stomatite aftosa, ulcera aftosa, erosione gengivale, ulcera gengivale, eruzione vescicolare della mucosa orale, stomatite, glossite, ulcerazione della bocca e infiammazione della mucosa.
h: Dolore orale comprende: dolore orale, glossodinia, dolore gengivale, fastidio orofaringeo, dolore orofaringeo e fastidio alla lingua.
i: Pancreatite comprende: pancreatite e pancreatite acuta.
j: Bilirubina ematica aumentata comprende: iperbilirubinemia, bilirubina ematica aumentata, ittero e bilirubina coniugata aumentata.
Ipoalbuminemia comprende ipoalbuminemia e albumina ematica diminuita.
k: Insufficienza epatica comprende: insufficienza epatica, insufficienza epatica acuta e insufficienza epatica cronica.
l: Encefalopatia epatica comprende: encefalopatia epatica, coma epatico, encefalopatia metabolica ed encefalopatia.
m: Danno epatocellulare ed epatite comprende: danno epatico da farmaci, steatosi epatica e lesione epatica colestatica.
n: Insufficienza renale comprende: insufficienza prerenale acuta, insufficienza renale, insufficienza renale acuta, danno renale acuto e necrosi tubulare renale.
o: Le fistole non gastrointestinali comprendono casi di fistola insorta in sedi diverse dallo stomaco e dall’intestino, quali fistola tracheale, tracheo-esofagea, esofagea, cutanea e del tratto genitale femminile.
Descrizione di reazioni avverse selezionate Ipertensione (vedere paragrafo 4.4) Nello studio CLEAR (vedere paragrafo 5.1), l’ipertensione è stata segnalata nel 56,3% dei pazienti del gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab e nel 42,6% dei pazienti nel gruppo trattato con sunitinib.
La frequenza dell’ipertensione aggiustata in base all’esposizione è stata di 0,65 episodi per paziente-anno nel gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab e di 0,73 episodi per pazienteanno nel gruppo trattato con sunitinib.
Il tempo mediano all’insorgenza di ipertensione nei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab è stato di 0,7 mesi.
Reazioni di grado 3 o superiore si sono verificate nel 28,7% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab rispetto al 19,4% dei pazienti nel gruppo trattato con sunitinib.
Nel 16,8% dei pazienti con ipertensione sono state apportate modifiche alla dose di lenvatinib (sospensione della somministrazione nel 9,1% dei pazienti e riduzione della dose nell’11,9% dei pazienti).
Nello 0,9% dei pazienti, l’ipertensione ha portato all’interruzione definitiva del trattamento con lenvatinib.
Nello Studio 205 nel RCC (vedere paragrafo 5.1), ipertensione è stata segnalata nel 41,9% dei pazienti del gruppo trattato con lenvatinib più everolimus (l’incidenza di ipertensione di grado 3 o di grado 4 è stata del 12,9%) e nel 10,0% dei pazienti del gruppo trattato con everolimus (l’incidenza di ipertensione di grado 3 o di grado 4 è stata del 2,0%).
Il tempo mediano all’insorgenza di ipertensione nei pazienti del gruppo trattato con lenvatinib più everolimus è stato di 4,9 settimane (qualsiasi grado) e di 6,9 settimane (grado ≥ 3).
Nello Studio 303 nel DTC (vedere RCP di Lenvima), ipertensione (comprendente ipertensione, crisi ipertensiva, pressione arteriosa diastolica aumentata e pressione arteriosa aumentata) è stata segnalata nel 72,8% dei pazienti trattati con lenvatinib e nel 16,0% dei pazienti del gruppo trattato con placebo.
Il tempo mediano all’insorgenza di ipertensione nei pazienti trattati con lenvatinib è stato di 16 giorni.
Reazioni di grado 3 o superiore (inclusa 1 reazione di grado 4) si sono verificate nel 44,4% dei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto al 3,8% dei pazienti trattati con placebo.
Nella maggior parte dei casi i pazienti si sono ripresi o l’evento si è risolto dopo la sospensione della somministrazione o la riduzione della dose, avvenuta rispettivamente nel 13,0% e nel 13,4% dei pazienti.
Nell’1,1% dei pazienti, l’ipertensione ha portato all’interruzione definitiva del trattamento.
Proteinuria (vedere paragrafo 4.4) Nello Studio 205 nel RCC (vedere paragrafo 5.1), proteinuria è stata segnalata nel 30,6% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus (l’8,1% era di grado ≥ 3) e nel 14,0% dei pazienti del gruppo trattato con everolimus (il 2,0% era di grado ≥ 3).
Il tempo mediano all’insorgenza di proteinuria nei pazienti del gruppo trattato con lenvatinib più everolimus è stato di 6,1 settimane (qualsiasi grado) e di 20,1 settimane (grado ≥ 3).
La proteinuria ha portato all’interruzione definitiva del trattamento nel 4,8% dei pazienti.
Nello studio nel DTC (vedere RCP di Lenvima), proteinuria è stata segnalata nel 33,7% dei pazienti trattati con lenvatinib e nel 3,1% dei pazienti del gruppo trattato con placebo.
Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 6,7 settimane.
Reazioni di grado 3 si sono verificate nel 10,7% dei pazienti trattati con lenvatinib e in nessuno dei pazienti trattati con placebo.
La maggior parte dei casi ha avuto un esito di recupero o risoluzione dopo la sospensione della somministrazione o la riduzione della dose, avvenuta rispettivamente nel 16,9% e nel 10,7% dei pazienti.
La proteinuria ha portato all’interruzione definitiva del trattamento nello 0,8% dei pazienti.
Insufficienza e compromissione renali (vedere paragrafo 4.4) Nello Studio 205 nel RCC (vedere paragrafo 5.1), l’8,1% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus ha sviluppato insufficienza renale e il 3,2% ha sviluppato compromissione renale (il 9,7% dei pazienti ha avuto un evento di insufficienza o compromissione renale di grado 3).
Nel gruppo trattato con everolimus in monoterapia il 2,0% dei pazienti ha sviluppato insufficienza renale (il 2,0% era di grado 3).
Nello studio nel DTC (vedere RCP di Lenvima), il 5,0% dei pazienti ha sviluppato insufficienza renale e l’1,9% compromissione renale, (il 3,1% dei pazienti ha avuto un evento di insufficienza o compromissione renale di grado ≥ 3).
Nel gruppo placebo, lo 0,8% dei pazienti ha sviluppato insufficienza o compromissione renale (lo 0,8% era di grado ≥ 3).
Disfunzione cardiaca (vedere paragrafo 4.4) Nello Studio 205 nel RCC (vedere paragrafo 5.1), riduzione della frazione di eiezione/insufficienza cardiaca è stata segnalata nel 4,8% dei pazienti (il 3,2% era di grado ≥ 3) nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus e nel 4,0% del gruppo trattato con everolimus (il 2,0% era di grado ≥ 3).
Il tempo mediano all’insorgenza di riduzione della frazione di eiezione e insufficienza cardiaca è stato di 15,7 settimane (qualsiasi grado) e di 32,8 settimane (grado ≥ 3) nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus.
Nello studio nel DTC (vedere RCP di Lenvima), riduzione della frazione di eiezione/insufficienza cardiaca è stata segnalata nel 6,5% dei pazienti (l’1,5% era di grado ≥ 3) nel gruppo trattato con lenvatinib e nel 2,3% del gruppo trattato con placebo (nessuno era di grado ≥ 3).
Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES)/Sindrome da leucoencefalopatia posteriore reversibile (RPLS) (vedere paragrafo 4.4) Nello Studio 205 nel RCC (vedere paragrafo 5.1), vi è stato 1 evento di PRES (grado 3) nel gruppo trattato con lenvatinib, verificatosi dopo 18,4 settimane di trattamento.
Non vi sono state segnalazioni nel gruppo lenvatinib più everolimus o nel gruppo everolimus in monoterapia.
Nello studio nel DTC (vedere RCP di Lenvima), vi è stato 1 evento di PRES (grado 2) nel gruppo trattato con lenvatinib e nessuna segnalazione nel gruppo placebo.
Tra i 1.166 pazienti trattati con lenvatinib, vi sono stati 4 casi (0,3%) di PRES (lo 0,3% era di grado 3 o 4), tutti risoltisi dopo la sospensione del trattamento e/o della dose o l’interruzione definitiva del trattamento.
Epatotossicità (vedere paragrafo 4.4) Nello studio CLEAR (vedere paragrafo 5.1), le reazioni avverse di natura epatica più comunemente segnalate nel gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab sono state aumento dei livelli degli enzimi epatici, inclusi aumenti dell’alanina aminotransferasi (11,9%), dell’aspartato aminotransferasi (11,1%) e della bilirubina ematica (4,0%).
Eventi simili si sono verificati nel gruppo trattato con sunitinib a frequenze rispettivamente pari al 10,3%, 10,9% e 4,4%.
Il tempo mediano all’insorgenza di eventi epatici è stato di 3,0 mesi (qualsiasi grado) nel gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab e di 0,7 mesi nel gruppo trattato con sunitinib.
La frequenza degli eventi di epatotossicità aggiustata in base all’esposizione è stata di 0,39 episodi per paziente-anno nel gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab e di 0,46 episodi per paziente-anno nel gruppo trattato con sunitinib.
Reazioni di natura epatica di grado 3 si sono verificate nel 9,9% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab e nel 5,3% dei pazienti trattati con sunitinib.
Le reazioni di natura epatica hanno portato a sospensioni e riduzioni della dose di lenvatinib rispettivamente nell’8,5% e nel 4,3% dei pazienti e all’interruzione definitiva di lenvatinib nell’1,1% dei pazienti.
Nello Studio 205 nel RCC (vedere paragrafo 5.1), le reazioni avverse di natura epatica più comunemente segnalate nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus sono state aumento dei livelli degli enzimi epatici, inclusi aumento dell’alanina aminotransferasi (9,7%), dell’aspartato aminotransferasi (4,8%), della fosfatasi alcalina (4,8%) e della bilirubina ematica (3,2%).
Il tempo mediano all’insorgenza di eventi epatici nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus è stato di 6,7 settimane (qualsiasi grado) e di 14,2 settimane (grado ≥ 3).
Reazioni di natura epatica di grado 3 si sono verificate nel 3,2% dei pazienti del gruppo trattato con lenvatinib più everolimus.
Le reazioni di natura epatica hanno portato a sospensioni e riduzioni della dose rispettivamente nell’1,6% e nell’1,6% dei pazienti e all’interruzione definitiva nel 3,2% dei pazienti.
Nello studio nel DTC (vedere RCP di Lenvima), le reazioni avverse di natura epatica più comunemente segnalate sono state ipoalbuminemia (9,6% lenvatinib vs 1,5% placebo) e aumento dei livelli degli enzimi epatici, inclusi aumenti dell’alanina aminotransferasi (7,7% lenvatinib vs 0 placebo), dell’aspartato aminotransferasi (6,9% lenvatinib vs 1,5% placebo) e della bilirubina ematica (1,9% lenvatinib vs 0 placebo).
Il tempo mediano all’insorgenza delle reazioni epatiche nei pazienti trattati con lenvatinib è stato di 12,1 settimane.
Reazioni di natura epatica di grado 3 o superiore (incluso 1 caso di insufficienza epatica di grado 5) si sono verificate nel 5,4% dei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto allo 0,8% dei pazienti trattati con placebo.
Le reazioni di natura epatica hanno portato a sospensioni e riduzioni della dose rispettivamente nel 4,6% e 2,7% dei pazienti e all’interruzione definitiva nello 0,4%.
Tra i 1.166 pazienti trattati con lenvatinib, vi sono stati 3 casi (0,3%) di insufficienza epatica, tutti con esito fatale.
Uno si è verificato in un paziente che non presentava metastasi epatiche.
Vi è stato anche un caso di epatite acuta in un paziente che non presentava metastasi epatiche.
Tromboembolia arteriosa (vedere paragrafo 4.4) Nello studio CLEAR (vedere paragrafo 5.1), il 5,4% dei pazienti del gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab ha riportato eventi di tromboembolia arteriosa (di cui il 3,7% era di grado ≥ 3) rispetto al 2,1% dei pazienti del gruppo trattato con sunitinib (di cui lo 0,6% era di grado ≥ 3).
Nessun evento è stato fatale.
La frequenza aggiustata in base all’esposizione degli episodi di tromboembolia arteriosa è stata di 0,04 episodi per paziente-anno nel gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab e di 0,02 episodi per paziente-anno nel gruppo trattato con sunitinib.
L’evento di tromboembolia arteriosa segnalato più comunemente nel gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab è stato l’infarto miocardico (3,4%).
Un solo evento di infarto miocardico (0,3%) si è verificato nel gruppo trattato con sunitinib.
Il tempo mediano all’insorgenza di eventi di tromboembolia arteriosa è stato di 10,4 mesi nel gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab.
Nello Studio 205 nel RCC (vedere paragrafo 5.1), l’1,6% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus ha riferito eventi di tromboembolia arteriosa.
Il tempo all’insorgenza è stato di 69,6 settimane.
Nel gruppo everolimus, il 6,0% dei pazienti ha riferito tromboembolia arteriosa (il 4,0% era di grado ≥ 3).
Nello studio nel DTC (vedere RCP di Lenvima), eventi di tromboembolia arteriosa sono stati segnalati nel 5,4% dei pazienti trattati con lenvatinib e nel 2,3% dei pazienti nel gruppo placebo.
Tra i 1.166 pazienti trattati con lenvatinib, vi sono stati 5 casi (0,4%) di tromboembolia arteriosa (3 casi di infarto del miocardio e 2 casi di accidente cerebrovascolare) con esito fatale.
Emorragia (vedere paragrafo 4.4) Nello Studio 205 nel RCC (vedere paragrafo 5.1), emorragia è stata segnalata nel 38,7% (l’8,1% era di grado ≥ 3) dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus.
Le reazioni che si sono verificate con un’incidenza ≥ 2,0% sono state: epistassi (22,6%), ematuria (4,8%), ematoma (3,2%) ed emorragia gastrica (3,2%).
Il tempo mediano alla prima insorgenza nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus è stato di 10,2 settimane (qualsiasi grado) e di 7,6 settimane (grado ≥ 3).
L’incidenza di emorragia grave è stata del 4,8% (emorragia cerebrale, emorragia gastrica ed emartrosi).
L’interruzione del trattamento a causa di eventi emorragici si è verificata nel 3,2% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus.
Vi è stato un caso di emorragia cerebrale con esito fatale nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus e un caso di emorragia intracranica con esito fatale nel gruppo trattato con lenvatinib.
Nello studio nel DTC (vedere RCP di Lenvima), emorragia è stata segnalata nel 34,9% (l’1,9% era di grado ≥ 3) dei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto al 18,3% (il 3,1% era di grado ≥ 3) dei pazienti trattati con placebo.
Le reazioni che si sono verificate con un’incidenza di ≥ 0,75% superiore al placebo sono state: epistassi (11,9%), ematuria (6,5%), contusione (4,6%), sanguinamento gengivale (2,3%), ematochezia (2,3%), emorragia rettale (1,5%), ematoma (1,1%), emorragia delle emorroidi (1,1%), emorragia laringea (1,1%), petecchie (1,1%) ed emorragia da tumore intracranico (0,8%).
In questo studio, vi è stato 1 caso di emorragia intracranica con esito fatale tra i 16 pazienti che erano stati trattati con lenvatinib e presentavano metastasi del SNC al basale.
Il tempo mediano alla prima insorgenza nei pazienti trattati con lenvatinib è stato di 10,1 settimane.
Non sono state osservate differenze fra i pazienti trattati con lenvatinib e quelli trattati con placebo nell’incidenza di reazioni gravi (3,4% vs 3,8%), reazioni che hanno portato all’interruzione anticipata (1,1% vs 1,5%) o reazioni che hanno portato alla sospensione (3,4% vs 3,8%) o alla riduzione (0,4% vs 0) della dose.
Tra i 1.166 pazienti trattati con lenvatinib, emorragia di grado 3 o superiore è stata segnalata nel 2% dei pazienti, 3 pazienti (0,3%) hanno avuto un’emorragia di grado 4 e 5 pazienti (0,4%) hanno avuto una reazione di grado 5, inclusi emorragia arteriosa, ictus emorragico, emorragia da tumore intracranico, emottisi ed emorragia tumorale.
Ipocalcemia (vedere paragrafo 4.4, Prolungamento dell’intervallo QT) Nello Studio 205 nel RCC (vedere paragrafo 5.1), ipocalcemia è stata segnalata nell’8,1% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus (il 3,2% era di grado ≥ 3) e nel 4,0% dei pazienti nel gruppo trattato con everolimus (nessuna era di grado ≥ 3).
Il tempo mediano all’insorgenza di ipocalcemia nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus è stato di 28,3 settimane (qualsiasi grado) e di 45,9 settimane (grado ≥ 3).
Vi è stato un evento avverso emerso dal trattamento (TEAE) di grado 4.
Nessun evento di ipocalcemia ha richiesto la riduzione o la sospensione della dose, e nessun paziente ha interrotto il trattamento a causa di ipocalcemia.
Nello studio nel DTC (vedere RCP di Lenvima), ipocalcemia è stata segnalata nel 12,6% dei pazienti trattati con lenvatinib rispetto a nessun caso nel braccio placebo.
Il tempo mediano alla prima insorgenza nei pazienti trattati con lenvatinib è stato di 11,1 settimane.
Reazioni di grado 3 o 4 di gravità si sono verificate nel 5,0% dei pazienti trattati con lenvatinib rispetto a 0 pazienti trattati con placebo.
La maggior parte delle reazioni si è risolta dopo il trattamento di supporto, senza sospensione o riduzione della dose, avvenute rispettivamente nell’1,5% e nell’1,1% dei pazienti; 1 paziente con ipocalcemia di grado 4 ha interrotto definitivamente il trattamento.
Perforazione gastrointestinale e formazione di fistola (vedere paragrafo 4.4) Nello Studio 205 nel RCC (vedere paragrafo 5.1), l’1,6% dei casi di appendicite perforata (di grado 3) si è verificato nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus; non vi sono state segnalazioni nei gruppi trattati con lenvatinib o everolimus.
Nello studio nel DTC, eventi di perforazione gastrointestinale o fistola sono stati segnalati nell’1,9% dei pazienti trattati con lenvatinib e nello 0,8% dei pazienti nel gruppo placebo.Fistole non gastrointestinali (vedere paragrafo 4.4) L’uso di lenvatinib è stato associato a casi di fistole, incluse reazioni con esito fatale.
Casi di fistole che interessavano aree del corpo diverse dallo stomaco o dall’intestino sono stati segnalati in varie indicazioni.
Le reazioni sono state riportate in vari momenti nel corso del trattamento, da due settimane a più di 1 anno dall’inizio del trattamento con lenvatinib, con una latenza mediana di circa 3 mesi.Prolungamento dell’intervallo QT (vedere paragrafo 4.4) Nello Studio 205 nel RCC (vedere paragrafo 5.1), aumenti dell’intervallo QTc superiori a 60 ms sono stati segnalati nell’11% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus.
L’incidenza di intervallo QTc maggiore di 500 ms è stata del 6% nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus.
Non vi sono state segnalazioni di un prolungamento dell’intervallo QTc superiore a 500 ms o di aumenti maggiori di 60 ms nel gruppo trattato con everolimus.
Nello studio nel DTC (vedere RCP di Lenvima), prolungamento dell’intervallo QT/QTc è stato segnalato nell’8,8% dei pazienti trattati con lenvatinib e nell’1,5% dei pazienti del gruppo trattato con placebo.
L’incidenza di prolungamento dell’intervallo QT maggiore di 500 ms è stata del 2% nei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto a nessuna segnalazione nel gruppo placebo.
Ormone tireostimolante ematico aumentato (vedere paragrafo 4.4) Nello studio CLEAR (vedere paragrafo 5.1), ipotiroidismo si è verificato nel 47,2% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab e nel 26,5% dei pazienti nel gruppo trattato con sunitinib.
La frequenza dell’ipotiroidismo aggiustata in base all’esposizione è stata di 0,39 episodi per paziente-anno nel gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab e di 0,33 episodi per pazienteanno nel gruppo trattato con sunitinib.
In generale, la maggior parte degli eventi di ipotiroidismo nel gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab è stata di grado 1 o 2.
Ipotiroidismo di grado 3 è stato segnalato nell’1,4% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab rispetto a nessun evento nel gruppo trattato con sunitinib.
Al basale, il 90% dei pazienti del gruppo trattato con lenvatinib più pembrolizumab e il 93,1% dei pazienti nel gruppo trattato con sunitinib avevano livelli di TSH al basale ≤ limite superiore di normalità.
Aumenti del TSH > limite superiore di normalità sono stati osservati nel contesto post-basale nell’85,0% dei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab rispetto al 65,6% dei pazienti trattati con sunitinib.
Nei pazienti trattati con lenvatinib più pembrolizumab, gli eventi di ipotiroidismo hanno comportato una modifica della dose di lenvatinib (riduzione o sospensione) nel 2,6% dei pazienti e l’interruzione di lenvatinib in 1 paziente.
Nello Studio 205 nel RCC (vedere paragrafo 5.1), ipotiroidismo si è verificato nel 24% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus e nel 2% dei pazienti nel gruppo trattato con everolimus.
Tutti gli eventi di ipotiroidismo nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus erano di grado 1 o 2.
Nei pazienti con TSH nella norma al basale, un aumento del livello di TSH è stato osservato al postbasale nel 60,5% dei pazienti trattati con lenvatinib più everolimus, rispetto a nessuno dei pazienti trattati con everolimus in monoterapia.
Nello studio nel DTC (vedere RCP di Lenvima), l’88% di tutti i pazienti aveva un livello di TSH al basale inferiore o pari a 0,5 mU/l.
In quei pazienti con TSH nella norma al basale, un aumento del livello di TSH oltre 0,5 mU/l è stato osservato al post-basale nel 57% dei pazienti trattati con lenvatinib, rispetto al 14% dei pazienti trattati con placebo.
Diarrea (vedere paragrafo 4.4) Nello Studio 205 nel RCC (vedere paragrafo 5.1), diarrea è stata segnalata nell’80,6% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus (il 21,0% era di grado ≥ 3) e nel 34,0% dei pazienti nel gruppo trattato con everolimus (il 2,0% era di grado ≥ 3).
Il tempo mediano all’insorgenza è stato di 4,1 settimane (qualsiasi grado) e di 8,1 settimane (grado ≥ 3) nel gruppo trattato con lenvatinib più everolimus.
La diarrea è stata la causa più frequente di sospensione/riduzione della dose e si è ripresentata nonostante la riduzione della dose.
La diarrea ha comportato l’interruzione del trattamento in un paziente.
Nello studio nel DTC (vedere RCP di Lenvima), diarrea è stata segnalata nel 67,4% dei pazienti nel gruppo trattato con lenvatinib (il 9,2% era di grado ≥ 3) e nel 16,8% dei pazienti nel gruppo placebo (nessun caso era di grado ≥ 3).
Popolazione pediatrica Vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico.Altre popolazioni speciali Anziani Nello studio CLEAR, i pazienti di età ≥ 75 anni hanno avuto un’incidenza più elevata (differenza ≥ 10%) di proteinuria rispetto ai pazienti di età < 65 anni.
I dati relativi ai pazienti di età ≥ 75 anni con RCC sono limitati.
Tuttavia, nel DTC i pazienti di età ≥ 75 anni hanno avuto una maggiore probabilità di manifestare ipertensione di grado 3 o 4, proteinuria, appetito ridotto e disidratazione.
Sesso Nello studio CLEAR, i maschi hanno avuto un’incidenza più elevata (differenza ≥ 10%) di diarrea rispetto alle femmine.
Nei pazienti con DTC, le donne hanno avuto una più elevata incidenza di ipertensione (inclusa ipertensione di grado 3 o 4), proteinuria e PPE, mentre gli uomini hanno avuto una più elevata incidenza di riduzione della frazione di eiezione e di perforazione gastrointestinale e formazione di fistole.
Origine etnica Nello studio CLEAR, i pazienti asiatici hanno avuto un’incidenza più elevata (differenza ≥ 10%) rispetto ai pazienti caucasici di eritrodisestesia palmo-plantare, proteinuria e ipotiroidismo (incluso ormone tiroideo ematico aumentato), mentre i pazienti caucasici hanno avuto un’incidenza più elevata di stanchezza, nausea, artralgia, vomito e astenia.
I dati relativi a pazienti asiatici provenienti dallo Studio 205 sul RCC sono limitati.
Tuttavia, nel DTC, i pazienti asiatici hanno avuto una più elevata incidenza rispetto ai pazienti caucasici di edema periferico, ipertensione, stanchezza, PPE, proteinuria, stomatite, trombocitopenia e mialgia, mentre i pazienti caucasici hanno avuto un’incidenza più elevata di diarrea, peso diminuito, nausea, vomito, stipsi, astenia, dolore addominale, dolore a un arto e bocca secca.
Ipertensione al basale Nello studio CLEAR, i pazienti con ipertensione al basale hanno avuto un’incidenza più elevata di proteinuria rispetto ai pazienti senza ipertensione al basale.
Nel DTC, i pazienti con ipertensione al basale hanno avuto una più elevata incidenza di ipertensione di grado 3 o 4, proteinuria, diarrea e disidratazione e hanno manifestato più casi gravi di disidratazione, ipotensione, embolia polmonare, versamento pleurico maligno, fibrillazione atriale e sintomi gastrointestinali (dolore addominale, diarrea, vomito).
Nello Studio 205 nel RCC, i pazienti con ipertensione al basale hanno avuto una più elevata incidenza di disidratazione, stanchezza e ipertensione di grado 3 o 4.
Diabete al basale Nello Studio 205 nel RCC, i pazienti con diabete al basale hanno avuto un’incidenza più elevata di ipertensione di grado 3 o 4, ipertrigliceridemia e insufficienza renale acuta.
Compromissione epatica I dati relativi a pazienti con compromissione epatica nel RCC sono limitati.
Tuttavia, nel DTC i pazienti con compromissione epatica al basale hanno avuto una più elevata incidenza di ipertensione e PPE e una più elevata incidenza di ipertensione di grado 3 o 4, astenia, stanchezza e ipocalcemia, rispetto ai pazienti con funzione epatica normale.
Compromissione renale Nel DTC, i pazienti con compromissione renale al basale hanno avuto una più elevata incidenza di ipertensione di grado 3 o 4, proteinuria, stanchezza, stomatite, edema periferico, trombocitopenia, disidratazione, prolungamento del QT all’elettrocardiogramma, ipotiroidismo, iponatriemia, ormone tireostimolante ematico aumentato e polmonite, rispetto ai pazienti con funzione renale normale.
Questi pazienti hanno avuto inoltre un’incidenza più elevata di reazioni renali e una tendenza verso un’incidenza più elevata di reazioni epatiche.
Nello Studio 205 nel RCC, i pazienti con compromissione renale al basale hanno avuto una più elevata incidenza di stanchezza di grado 3.
Pazienti con peso corporeo < 60 kg I dati relativi a pazienti con peso corporeo < 60 kg nel RCC sono limitati.
Tuttavia, nel DTC, i pazienti con basso peso corporeo (< 60 kg) hanno avuto un’incidenza più elevata di PPE, proteinuria, ipocalcemia e iponatriemia di grado 3 o 4 e una tendenza verso una più elevata incidenza di appetito ridotto di grado 3 o 4.
Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale.
Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’allegato V.

Gravidanza e allattamento

Donne in età fertile/Contraccezione nelle donne Le donne in età fertile devono evitare di iniziare una gravidanza e adottare misure contraccettive altamente efficaci durante il trattamento con lenvatinib e per almeno un mese dopo la fine del trattamento.
Non è noto attualmente se lenvatinib possa ridurre l’efficacia dei contraccettivi ormonali; pertanto, le donne che usano contraccettivi ormonali orali devono adottare un metodo di barriera supplementare.
Gravidanza Non esistono dati relativi all’uso di lenvatinib in donne in gravidanza.
Lenvatinib è risultato embriotossico e teratogeno quando è stato somministrato a ratti e conigli (vedere paragrafo 5.3).
Lenvatinib non deve essere usato durante la gravidanza se non in caso di assoluta necessità e dopo un’attenta valutazione delle necessità della madre e del rischio per il feto.
Allattamento Non è noto se lenvatinib sia escreto nel latte materno.
Lenvatinib ed i suoi metaboliti sono escreti nel latte di ratto (vedere paragrafo 5.3).
Il rischio per i neonati o lattanti non può essere escluso, pertanto lenvatinib è controindicato durante l’allattamento (vedere paragrafo 4.3).
Fertilità Non sono noti gli effetti nell’uomo.
Tuttavia, tossicità testicolare e ovarica è stata osservata nei ratti, nei cani e nelle scimmie (vedere paragrafo 5.3).

Conservazione

Non conservare a temperatura superiore a 25°C.
Conservare nel blister originale per proteggere il medicinale dall’umidità.

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Segnalazione degli effetti indesiderati
Se dovesse manifestarsi un qualsiasi effetto indesiderato, compresi quelli non elencati in questo foglio, è doveroso rivolgersi al proprio medico, ad uno specialista e/o al farmacista. La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Gli effetti indesiderati possono essere segnalati direttamente tramite il sistema nazionale di segnalazione all'indirizzo www.agenziafarmaco.it/it/responsabili. Segnalando gli effetti indesiderati si può contribuire a fornire maggiori informazioni sulla sicurezza di questo medicinale.