19/02/2019

Mia moglie è depressa, ma non vuole farsi aiutare … aiuto!

Dottor Salvatore Di Salvo Pubblicato il 19/02/2019 Aggiornato il 08/04/2019

I pregiudizi che ancora oggi circolano intorno alla depressione spesso impediscono di rivolgersi al medico per affrontare le cure che di fatto possono alleviare i sintomi e permettere di ricominciare a vivere come prima di ammalarsi.

Una domanda di: Federico
Gentile dottore,
mi rivolgo a lei percé non so più, come si suol dire, a che santo votarmi. Credo che mia moglie, che ha 44 anni, abbia una forma depressiva vera e prpria. Da circa un anno è sempre di cattivo umore, è svogliata su tutto, non ha più voglia di uscire, non si sente con le amiche, si trascura (si lava poco, non va dal parrucchiere, non si veste), la sera alle otto si fa trovare a letto, non prepara la cena, e pensi il giorno di San Valentino non ha aperto per ore il mio regalo che le avevo fatto trovare sul tavolo perché non era curisa di sapere cosa conteneva! Proprio in quest’occasione le ho chiesto ancora di parlare di questo suo stato almeno con il nostro medico di famiglia ma lei ha detto che non ne ha nessuna intenzione perché nessuno secondo lei può aiutarla. Tutto è cominciato quando un anno e mezzo fa ha perso il lavoro. Non abbiamo figli quindi non abbiamo neppure grandi preoccupazioni economiche perché il mio lavoro basta per tutti e due. Cosa posso fare per convincerla a farsi vedere da un medico?
Dottor Salvatore Di Salvo
Dottor Salvatore Di Salvo

Gentile lettore,
in Italia almeno 1,5 milioni di persone sono colpite da depressione mentre il 10% della popolazione italiana, cioè circa 6 milioni di persone, hanno sofferto almeno una volta, nel corso della loro vita, di un episodio depressivo. Secondo le previsioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nell’anno 2020 la depressione sarà la seconda causa di malattia, dopo le malattie cardiovascolari, in tutto il mondo, Italia compresa. Eppure solo il 33% dei pazienti si rivolge a uno specialista per la cura a causa di pregiudizi radicatissimi. Uno di essi riguarda la figura dello psichiatra e può essere esemplificato con questo ragionamento: “Lo psichiatra cura i matti e se mi rivolgo ad uno psichiatra, sono anch’io matto o almeno verrò considerato tale”. La paura di non essere “normale” e, peggio ancora, di non essere giudicato “sano di mente” genera una vergogna più forte del bisogno di chiedere aiuto, anche solo rivolgendosi al medico di base.
Un altro pregiudizio vuole che “gli psicofarmaci siano dannosi” in quanto nell’immaginario collettivo vengono equiparati alle sostanze stupefacenti. Da qui la paura di vederseli prescrivere e, quindi, di dorverli assumere. In realtà la terapia farmacologica può essere dannosa solo se assunta senza l’assistenza dello specialista, e la credenza che correla gli psicofarmaci alle droghe è sbagliata e fuorviante: di fatto, è scientificamente dimostrato che gli antidepressivi non danno dipendenza e che la loro sospensione, graduale e controllata, non determina nessuna sindrome da astinenza. Altro pregiudizio molto diffuso, come testimonia la pratica giornaliera, è quello della “volontà”, in base al quale tutti ritengono (compreso il malato)che sarebbe sufficiente uno sforzo di volontà per superare il disturbo depressivo. Questo pregiudizio prescinde dal livello sociale, dal tipo di cultura e dal livello intellettivo e allo specialista è richiesto uno impegno supplementare per sottolineare la falsità, oltre ai danni, che questa idea scorretta genera, in quanto alimenta i sensi di colpa di cui già la persona depressa è vittima a causa della malattia che, per sua caratteristica, suscita sentimenti di svalutazione di sé, di inadeguatezza.
La infondatezza del pregiudizio sulla forza di volontà come arma per guarire risulta evidente dalle seguenti considerazioni:
– la volontà è la quantità di energia psichica che una persona ha a disposizione e che quindi può investire nelle proprie attività quotidiane
– fa però parte del quadro depressivo, cioè dello stato di malattia, una netta riduzione della quantità di energia di cui una persona può disporre.
Risulta quindi evidente che non si può puntare sulla volontà per il superamento di una crisi depressiva.
Di fatto la depressione è una malattia curabile, specialmente con gli strumenti efficaci di cui oggi disponiamo (e che solo fino a 10-15 anni fa non c’erano). E’ necessario uscire dalla dimensione parascientifica in cui questi disturbi vengono collocati e ricondurre il problema in ambito medico.
La fase acuta del disturbo deve essere attaccata con un intervento psicofarmacologico che, se adeguato e conseguente ad una corretta diagnosi, è in grado di risolvere la sintomatologia nell’80-90 % dei casi. E’ comunque necessario che agli psicofarmaci, che mirano unicamente alla risoluzione dei sintomi, si associno indicazioni personalizzate dello specialista.
La risoluzione della sintomatologia acuta non va intesa come la risoluzione definitiva del problema; è invece importante un’attenta e accurata valutazione della personalità globale, e non solo dei sintomi, in modo da poter fornire, una volta risolto lo stato di sofferenza acuta e a seconda delle necessità individuali, suggerimenti sotto forma di semplici consigli sulla necessità di modificazioni dello stile di vita, oppure prescrizioni di tipo psicoterapeutico. Può infatti servire la psicoterapia e lo psichiatra può indicare a quale tipo di intervento è più opportuno rivolgersi in base al singolo caso: analitico (freudiano, adleriano o junghiano), oppure terapia sistemica o anche di terapia comportamentale. va detto che tutti i tipi di psicoterapia sono validi, purché siano effettuati da persone preparate e competenti.
La conoscenza è l’unico strumento in grado di combattere i pregiudizi, di rendere più efficace l’attacco ai disturbi depressivo-ansiosi, di ridurre il livello soggettivo della sofferenza e, a livello sociale, ridurre l’onere che essi comportano. Nel sito dell’Associazione www.depressione-ansia.it è possibile acquisire molte informazioni e materiale divulgativo (opuscoli, libri, video, audioletture, tutti gratuiti): le consiglio di far leggere qualcosa a sua moglie perché può aiutarla sapere che quello che prova non è un problema esclusivamente suo né dipende da un suo modo di essere, ma è un disturbo che può essere affrontato e risolto se affrontato nel modo giusto, appoggiandosi a uno specialista. Con cordialità.

Il parere dei nostri specialisti ha uno scopo puramente informativo e non può in nessun caso sostituirsi alla visita specialistica o al rapporto diretto con il medico curante. I nostri specialisti mettono a disposizione le loro conoscenze scientifiche a titolo gratuito, per contribuire alla diffusione di notizie mediche corrette e aggiornate.


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