15/01/2018

I disturbi della tiroide in gravidanza

La gravidanza comporta un notevole incremento della funzione tiroidea, più evidente se la tiroide funzionava male già prima del concepimento.

Le donne in età fertile, quindi, dovrebbero sottoporsi a controlli della funzionalità tiroidea già prima del concepimento e poi durante la gravidanza e, se necessario, anche dopo il parto. È importante la stretta collaborazione tra ginecologo ed endocrinologo.

I fattori di rischio

Ecco in quali casi è particolarmente utile un monitoraggio:

 condizioni di carenza iodica,

 anamnesi familiare positiva per malattie della tiroide,

 storia di alterazioni della funzione tiroidea,

 segni o sintomi di malattie della tiroide,

 età superiore ai 30 anni,

 positività degli anticorpi anti-tiroide,

 malattie autoimmuni, diabete di tipo 1

 infertilità o storia di parto pre-termine,

 esposizione a radiazioni ionizzanti del collo o della testa,

 grave sovrappeso oppure obesità,

 trattamento con amiodarone e litio.

I cambiamenti durante i nove mesi

Durante la gravidanza la tiroide cresce di volume, aumentano la richiesta di iodio e la produzione di ormoni tiroidei.

Questo avviene perché è maggiore la quantità di gonadotropina corionica beta-Hcg, un ormone prodotto dalla placenta che possiede un effetto Tsh-mimetico, ovvero simile a quello dell’ormone stimolante la tiroide (che a sua volta tenderà a diminuire).

Aumenta anche il fabbisogno di iodio perché l’attività della tiroide della mamma si intensifica e inizia il passaggio attraverso la placenta per soddisfare i fabbisogni fetali.

Inoltre, si ha un’impennata dell’eliminazione dello iodio attraverso i reni. Aumenta la Tbg (thyroxine-binding globulin), proteina di trasporto degli ormoni tiroidei, che causa variazioni di T4 e una progressiva riduzione dell’ormone con il progredire della gestazione.

Inizia anche la deiodinazione di T3 e T4 da parte delle deiodasi placentari, enzimi che regolano l’attivazione degli ormoni tiroidei togliendo atomi di iodio dalla loro molecola. Tutte queste variazioni della fisiologia tiroidea aumentano la richiesta di introito di iodio con la dieta.

Una carenza di iodio in gravidanza può comportare la comparsa di gozzo materno e fetale, ipotiroidismo, aumentato rischio di aborto, deficit neuro-cognitivi nel bambino.

È importante che le donne in gravidanza assumano la giusta quantità di iodio con la dieta, superiore a quello normalmente raccomandato in età fertile pari a 150 mcg al giorno. In gravidanza e in allattamento il fabbisogno aumenta fino a 250 mcg al giorno.

I disturbi possibili

La donna può avere disturbi che segnalano un cattivo funzionamento della tiroide, prima, durante e dopo la gravidanza.

Alterazioni della funzione tiroidea possono causaredifficoltà nel concepimento o una maggiore incidenza di aborti spontanei.

Durante la gravidanza si può avere un’eccessiva produzione ormonale (ipertiroidismo) o un calo della stessa (ipotiroidismo) con conseguenze negative sulla salute del feto e della donna.

Noduli tiroidei già presenti prima del concepimento possono andare incontro a un aumento delle loro dimensioni.

Dopo che è nato il bambino, variazioni del sistema immunitario correlate alla gravidanza possono causare una tiroidite post partum, malattia infiammatoria transitoria, per la quale è importante fare una diagnosi appropriata, perché i sintomi determinati dalle alterazioni della funzione tiroidea (ansia, stanchezza, nervosismo, disturbi del sonno) possono compromettere un rapporto sereno con il neonato.

È importante ricordare l’importanza della diagnosi e della cura delle malattie tiroidee prima del concepimento.

L’ipotirodismo

Una ridotta produzione di ormoni tiroidei in gravidanza (ipotiroidismo) può determinare un aumentato rischio di aborto spontaneo e di parto prematuro, morte fetale, basso peso alla nascita, pre-eclampsia e ipertensione gravidica, cretinismo del neonato.

È importante indagare l’anamnesi farmacologica per escludere un eventuale utilizzo di farmaci che possono aver indotto ipotiroidismo, oppure una pregressa esposizione a terapia ionizzante.

Le cure

Una volta fatta la diagnosi è necessario iniziare subito la terapia sostitutiva con levotiroxina al fine di portare i valori di Tsh a valori normali per il trimestre di gravidanza.

È indicata ovviamente una valutazione endocrinologica e la corretta gestione della terapia sostitutiva in gravidanza. Nelle donne già in trattamento con levotiroxina dovrebbe essere aumentata la dose in modo tale da ottimizzare i valori sierici di Tsh.

Durante la gravidanza spesso sono richiesti aggiustamenti nella quantità di levotiroxina somministrata, per cui possono essere indicati dosaggi del Tsh ogni 4 settimane, soprattutto durante la prima metà del periodo di gestazione. La corretta quantità dovrà essere stabilita dall’endocrinologo in base ai valori del Tsh.

L’ipertiroidismo

Un aumento della produzione di ormoni tiroidei in gravidanza (ipertiroidismo) può causare parto pretermine, ridotta crescita intrauterina e basso peso alla nascita, pre-eclampsia, ipertiroidismo fetale, gozzo fetale.

Le cause sono diverse: le più frequenti sono l’ipertiroidismo gravidico e la malattia di Basedow. Nella diagnosi differenziale tra queste due forme è fondamentale la ricerca degli anticorpi anti recettore del Tsh, che sono positivi nella malattia di Basedow e negativi nell’ipertiroidismo gravidico.

Nel sospetto di un ipertiroidismo in gravidanza è importante eseguire un’approfondita anamnesi e un attento esame obiettivo, il dosaggio degli ormoni tiroidei e degli anticorpi anti recettore del Tsh, l’ecografia tiroidea. La scintigrafia tiroidea non è indicata in gravidanza perché comporta esposizione a radioisotopi radioattivi.

– L’ipertiroidismo gravidico

Compare nell’uno-tre per cento delle gravidanze, è limitato alla prima metà della gestazione e regredisce nei mesi successivi.

Spesso si associa a livelli soppressi di Tsh, con T4 libero aumentato e assenza di autoanticorpi. Compare come conseguenza degli elevati livelli di beta-hcg, un ormone placentare che ha effetto stimolante sulla tiroide simile a quello del Tsh simile.

– La malattia di Basedow

In questo caso i problemi per madre e feto sono maggiori. Gli anticorpi anti recettore del Tsh sono in grado di attraversare la placenta e possono agire sulla tiroide fetale e neonatale causando ipertiroidismo.

Nel feto possono essere presenti segni di ipertiroidismo, come tachicardia, gozzo fetale, riduzione della crescita, accelerata maturazione ossea.

Gli ormoni FT4 e Tsh dovrebbero essere controllati ogni 2-4 settimane all’inizio della cura, ogni 4-6 settimane dopo il raggiungimento dei valori ormonali ottimali. La malattia di Basedow può migliorare spontaneamente nel secondo e terzo trimestre per il decrescere degli anticorpi anti-recettore del Tsh.

La prevenzione e le cure

È necessario normalizzare la funzione tiroidea prima del concepimento, quindi è importante usare metodi contraccettivi finché la malattia non è ben controllata.

Il trattamento dell’ipertiroidismo prima o durante la gravidanza si avvale soprattutto dei farmaci anti-tiroidei, mentre l’intervento chirurgico di asportazione della tiroide è indicato in caso di intolleranza ai farmaci o necessità di un elevato dosaggio di medicinale.

In gravidanza i farmaci anti-tiroidei devono essere usati al dosaggio più basso possibile per evitare effetti collaterali e malformazioni. La terapia con radioiodio è fortemente controindicata.

I noduli tiroidei

Durante la gravidanza la condizione di carenza di iodio, l’effetto della beta-hcg e degli elevati livelli di estrogeni possono portare a un incremento dei noduli tiroidei, sia benigni sia maligni.

Quando sono presenti noduli tiroidei, è bene rivolgersi allo specialista endocrinologo, che valuterà l’opportunità di un controllo degli ormoni, di un’ecografia o di un agoaspirato nei casi che lo richiedono.

Le cure

In caso di tumori maligni della tiroide ben differenziati, riscontrati nel primo-secondo trimestre di gravidanza e senza coinvolgimento linfonodale, è indicato il solo follow-up ecografico del nodulo.

La tiroidectomia totale (asportazione totale della tiroide) può essere posticipata al dopo parto poiché la prognosi non varia. È indicata solo in caso di crescita tumorale rapida, comparsa di sintomi compressivi o di linfonodi con metastasi. Per i tumori diagnosticati nel terzo trimestre la tiroidectomia totale è da programmare dopo il parto.

Le donne che sono state sottoposte ad asportazione di tumore tiroideo ben differenziato di origine follicolare devono programmare la gravidanza almeno 6-12 mesi dopo l’ablazione con radioiodio o altro esame scintigrafico con iodio e devono continuare la cura Tsh soppressiva anche durante la gravidanza.

La tiroide post partum

La tiroidite post-partum è una malattia infiammatoriadella tiroide che può presentarsi nel primo anno a partire dalla nascita del bambino.

Si osserva generalmente in donne con predisposizione ai problemi autoimmuni, dovuta a una maggiore risposta del sistema immunitario dopo l’immuno-tolleranza indotta dalla gravidanza. La tiroidite si articola in due fasi.

 La prima è quella della tireotossicosi, che compare nei primi mesi del dopo parto con sintomi di solito sfumati che non richiedono alcun trattamento. Questa prima fase si risolve spontaneamente entro alcuni mesi.

– La seconda fase è quella dell’ipotiroidismo, che può comparire tra il 3° e il 12° mese dopo il parto.

Le cure

Il trattamento con levotiroxina viene stabilito in base ai valori di Tsh, in funzione dell’entità dei sintomi e valutando il desiderio della donna di una nuova gravidanza.

In caso di tiroidite post partum è importante il controllo della funzione tiroidea nel tempo, visto che le donne affette da questo disturbo hanno un maggior rischio di sviluppare un ipotiroidismo permanente negli anni successivi.