Mal di testa nei bambini
Cosa è, come si manifesta, i sintomi e le cause, le possibili cure e la prevenzione di questa tipologia di mal di testa
Il mal di testa costituisce la causa più frequente di dolore in età evolutiva. Studi epidemiologici segnalano che in Germania il 65% dei ragazzi all’età di 14 anni ha sofferto di episodi di cefalea e che il 10,5% ne soffre con frequenza settimanale. Secondo tali indagini, la cefalea in età evolutiva colpisce tra il 4 ed il 20% in età prescolare e tra il 38 ed il 50% in età scolare intorno ai sette anni, per arrivare al 57-82% a quindici anni. Inoltre è una delle prime cause di assenza scolastica e interferisce sulle attività quotidiane del ragazzino.
Nella maggior parte dei casi la cefalea è essenziale o primaria (ossia, non legata ad altre malattie), ma può essere secondaria a disturbi anche seri. Importanti sono gli aspetti emotivi nella comparsa del mal di testa: infatti, spesso il sintomo si manifesta in concomitanza di eventi traumatici per il bambino, come separazione dei genitori, difficoltà scolastiche, nascita di un fratellino. Alla luce di queste considerazioni è necessario che la diagnosi sia precoce e corretta.
Come si arriva alla diagnosi
La diagnosi di cefalea nel bambino viene effettuata dal pediatra partendo da una accurata anamnesi con il bambino stesso e con i genitori. La difficoltà, quando si ha a che fare con i bambini, consiste nel farsi descrivere con precisione i sintomi: più il bambino è piccolo, più è difficile capire se si tratta di cefalea. È necessario basare la diagnosi sulla valutazione comportamentale, sulle limitate descrizioni sintomatologiche e sui resoconti forniti dai genitori.
È importante capire quando il piccolo ha iniziato ad avvertire i disturbi, informarsi sull’intensità e la durata degli attacchi, discutere della familiarità, della presenza di sintomi associati come febbre, vomito, eventuali malattie.
Si procede poi con un esame obiettivo e un’accurata analisi neurologica: particolare attenzione deve essere rivolta all’esclusione di segni di alterazione dello stato di coscienza, di ipertensione endocranica, di alterazioni dell’occhio.
Uno strumento utile è il diario della cefalea, da compilare per monitorare la frequenza e le caratteristiche del disturbo. Se il ragazzino è abbastanza grande se ne può occupare lui stesso, in caso contrario saranno i genitori a farlo.
Gli esami strumentali
Eventuali esami strumentali non vengono eseguiti di routine, ma solo se il bambino presenta sintomi neurologici o se lo specialista nota sintomi riconducibili a una possibile malattia. Quando, oltre alla cefalea, compaiono sintomi che suggeriscono una crisi epilettica, può essere utile un elettroencefalogramma.
L’aspetto psicologico
Una volta esclusa l’assenza di malattie all’origine del sintomo cefalea, è necessario capire se ci siano fattori psicologici (come conflitti o tensioni emotive) in grado di scatenare le crisi. Focalizzare l’attenzione su tali aspetti non significa sottovalutare quelli organici, ma affrontare il problema da una prospettiva integrata, che valuti il delicato rapporto tra mente e corpo.
Primaria o secondaria
Anche nel bambino e nell’adolescente esistono la cefalea primaria, ossia indipendente da problemi di salute sottostanti, e la cefalea secondaria, causata da altri disturbi più o meno seri. Nella maggior parte dei casi si tratta di cefalea primaria. Le più frequenti in età evolutiva sono l’emicrania e la cefalea tensiva, distinte in base alla modalità di presentazione del dolore e degli eventuali sintomi associati. Spesso, nel bambino è possibile incontrare casi di cefalea con caratteristiche miste. Molto rara è la cefalea a grappolo.
Se invece viene diagnosticata una cefalea secondaria, il piccolo potrà essere indirizzato allo specialista di riferimento:
– se c’è il sospetto che il mal di testa dipenda da un problema visivo, il bambino verrà inviato dall’oculista;
– se si pensa che sia legato a una sinusite sarà opportuna una visita otorinolaringoiatrica. Le sinusiti sono una frequente causa di mal di testa a partire dagli otto anni in poi. Il disturbo si presenta spesso anche in seguito a forme influenzali con le loro complicanze di faringite, laringite, rinite acuta o cronica;
– se dipende da una malocclusione dentale, l’ortodontista che provvederà a rimediare con un adeguato apparecchio ortodontico.
Il mal di testa secondario può avere inoltre origine da infezioni, come influenze, encefaliti o meningiti (ma in questo caso compaiono anche febbre, dolori osteo-muscolari, malessere generalizzato) e, in qualche raro caso, da tumori cerebrali o da malformazioni.
Qualche volta soffrono di cefalea anche i bambini nei primissimi anni di vita, che manifestano il disagio con pianti e nervosismo. A questa età sono comunque più frequenti altri sintomi che vengono definiti “equivalenti” emicranici e che consistono in: vomito periodico, mal d’auto, dolori agli arti inferiori (che vengono interpretati come “dolori della crescita”), dolori addominali, torcicollo parossistico e vertigini.
L’emicrania
È caratterizzata da dolore di tipo pulsante, di intensità media o severa tale da limitare o impedire lo svolgimento dell’attività quotidiana. Non sempre monolaterale, peggiora con l’attività fisica e dura da due a 24 ore (anche se solitamente nel bambino la durata è inferiore rispetto all’adulto). Possono comparire il fastidio per la luce (fotofobia), per i rumori (fonofobia) e per gli odori (osmofobia). Sono frequenti nausea, vomito, dolori addominali e pallore. Il bambino appare abbattuto, sonnolento e sente il bisogno di interrompere le attività. Spesso è costretto a stare a casa da scuola o a tornare a casa.
Solitamente l’emicrania è del tipo senza aura, ma qualche volta possono comparire disturbi della vista (visione di luci, offuscamento della vista, perdita transitoria di parte del campo visivo), formicolii e riduzione della sensibilità di un arto, difficoltà a parlare.
Le cure
L’emicrania si affronta mettendo il piccolo a letto, al buio, e cercando di attutire le fonti di rumore e gli odori. È bene che il bambino non faccia movimento perché l’attività fisica peggiora la sintomatologia.
Per quanto riguarda i farmaci, è possibile fargli assumere paracetamolo ai primi sintomi. Efficaci (dopo i 12 anni) possono essere anche l’ibuprofene e i triptani (sumatriptan), ma in Italia è approvato solo lo spray nasale da 10 mg.
In caso di frequenti episodi di cefalea (plurisettimanali) può essere indicato un trattamento preventivo con l’obiettivo di ridurre la frequenza e l’intensità delle crisi e migliorare la qualità di vita. È però necessario evitare l’eccessivo ricorso a farmaci sintomatici poiché si corre il rischio di sviluppare una cefalea da abuso di farmaci. Si può invece ricorrere a integratori alimentari specifici, disponibili in commercio da soli o in associazione, come triptofano, niacina, vitamina B2, coenzima Q, riboflavina, magnesio, palmitoiletanolamide o Pea (un antidolorifico naturale).
La cefalea tensiva
La forma più frequente in adolescenza è caratterizzata da dolore bilaterale, di intensità medio-lieve, di tipo gravativo-costrittivo (la sensazione è quella di una morsa che stringe il capo). La durata è variabile da minuti a giorni e può evolvere in una forma cronica. Possono essere presenti fono e fotofobia, non nausea. Non peggiora con l’attività fisica (che secondo studi recenti sembra avere un effetto preventivo) ma può causare difficoltà di concentrazione nello studio.
La cura
Anche in questo caso la terapia di prima scelta è il paracetamolo da assumere per bocca. Attenzione all’abuso: tra gli adolescenti aumentano anche i casi di mal di testa cronici dovuti agli antidolorifici usati impropriamente come cura. L’abuso di antidolorifici non solo porta alla cronicizzazione della cefalea, ma ha ricadute negative sulla vita dei ragazzi.
La cefalea a grappolo
È una forma rara in età pediatrica. Si manifesta con attacchi di dolore intenso monolaterale che coinvolge le orbite, la zona sovrastante e le aree temporali (ai lati della testa). Dura da 15-180 minuti e si verifica da una volta ogni 2 giorni a 8 volte al giorno.
I dolori sono associati a uno o più di questi sintomi: lacrimazione, congestione nasale, sudorazione del viso, gonfiore palpebrale. Numerosi soggetti sono inquieti e agitati durante l’attacco. In questi bambini il dolore tende a ripetersi con notevole regolarità, alla stessa ora (specie di notte), per un periodo generalmente variabile fra i 15 e i 30 giorni.
La cura
Negli attacchi di lieve-media entità, si ottengono benefici somministrando ossigeno per via inalatoria, oppure si può assumere un triptano, il sumatriptan in spray nasale da 10 mg (ma solo dopo i 12 anni). Per la cura preventiva (profilassi) può essere usato il topiramato o il litio carbonato sotto stretto monitoraggio per tenere sotto controllo gli effetti collaterali.