23/10/2017

L’emicrania

L'emicrania: cosa è, come si manifesta, i sintomi e le cause, le possibili cure e la prevenzione

Solo in Italia oltre sei milioni di persone (in maggioranza donne), pari a più del 10% della popolazione totale, soffrono di emicrania. Secondo alcune indagini, però, appena tre su dieci ricevono una diagnosi corretta e ancora meno sono quelle trattate con i farmaci adeguati. Ecco allora tutto quello che c’è da sapere su questa forma di cefalea.

Di che cosa si tratta

Dopo la cefalea tensiva, è la forma di mal di testa più diffusa. Colpisce il 12% della popolazione adulta, specialmente quella di età compresa fra i 25 e i 55 anni. Può esordire anche molto precocemente, perfino in età infantile. Considerata la fascia di età più colpita, per l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) l’emicrania è causa di maggiore invalidità rispetto ad altre serie malattie neurologiche, come l’epilessia, la sclerosi multipla e il morbo di Parkinson.
Anche questo tipo di mal di testa può essere episodico o cronico: spesso compaiono più attacchi ravvicinati, ma la frequenza è molto variabile, si va da pochi episodi in un anno a crisi due-tre volte alla settimana. È bene sottolineare che chi è soggetto ad attacchi molto frequenti, tra una crisi emicranica e l’altra, sovente soffre anche di cefalea tensiva.

I sintomi

 L’emicrania è caratterizzata da un dolore intenso, un vero e proprio martellamento che generalmente coinvolge un solo lato della testa (solo nel 20% dei casi il dolore è bilaterale) e che si intensifica con il movimento, al punto chi ne soffre è incapace di svolgere le attività quotidiane.

Il dolore è di natura pulsante e ha un esordio progressivo, con coinvolgimento iniziale della zona frontale sopra l’occhio. In un secondo momento le “pulsazioni” si intensificano e arrivano a interessare anche l’intera fronte e la tempia.

Al dolore possono associarsi anche nausea, vomito, fotofobia (fastidio alla luce), fonofobia (fastidio ai suoni), osmofobia (fastidio ai rumori), brividi e pallore.

A volte, gli attacchi di emicrania sono preannunciati da una serie di disturbi che si ripresentano con regolarità, anche il giorno prima di ogni crisi, come irritabilità, stanchezza, sonnolenza e tendenza a cambiare umore. Si tratta dei cosiddetti sintomi prodromici. L’attacco emicranico può durare alcune ore o, nei casi più seri, qualche giorno (fino a tre giorni). In molti casi si manifesta al risveglio.

Quando compare l’aura

In una piccola percentuale di casi, da 10 a 30 minuti prima della crisi o in concomitanza con la crisi stessa, compare la cosiddetta “aura”, cioè una serie di sintomi di tipo neurologico, fortunatamente reversibili.
Il disturbo più frequente è quello visivo: la persona può sviluppare gradualmente piccoli abbagliamenti (come quelli che compaiono dopo aver fissato a lungo una fonte di luce), flash scintillanti, oscuramento o annebbiamento del campo visivo, perdita della vista in un’area limitata dell’occhio.
Raramente l’aura è complessa, cioè caratterizzata da disturbi più estesi, come sensazione di formicolio e intorpidimento a un braccio o disturbi della parola (tipo difficoltà a esprimersi). Questi sintomi insorgono gradualmente e in meno di un’ora scompaiono del tutto.

L’aura può anche essere isolata, ossia non essere seguita dall’emicrania. In tutti i casi, i sintomi sono destinati a regredire spontaneamente, senza lasciare alcun residuo neurologico.

Le cause

Ancora oggi, le cause dell’emicrania non sono ben chiare. Negli anni sono state formulate, però, varie ipotesi. Secondo molti esperti all’origine di tutto c’è un disturbo neurovascolare: durante l’attacco emicranico si verificherebbero prima un restringimento e poi una dilatazione del calibro dei vasi arteriosi in particolari aree cerebrali. Le sostanze chimiche rilasciate dai vasi durante queste variazioni irriterebbero le terminazioni nervose locali, scatenando lo stimolo doloroso.
A ciò si assocerebbe un mal funzionamento della zona del cervello che ha il compito di controllare il dolore. Questo evento, a sua volta, dipenderebbe da un deficit funzionale del sistema antinocicettivo, cioè il sistema che si occupa di contrastare gli stimoli dolorosi attraverso un complesso di cellule (neuroni) localizzate in alcune particolari aree del sistema nervoso.

Le teorie più accreditate

Recenti studi hanno confermato che effettivamente l’emicrania è il risultato finale di una serie concatenata di eventi, che si verificano in soggetti geneticamente predisposti. Secondo queste ricerche, la “miccia” sarebbe innescata da una stimolazione esagerata delle fibre nervose del trigemino che avvolgono i vasi meningei che, a sua volta, avvia una risposta dolorosa che raggiunge i centri cerebrali, da dove viene rimandata nuovamente ai vasi meningei, attivando un circolo vizioso. Nel corso di questo percorso verrebbero liberati alcuni neuropeptidi, sostanze in grado di causare una dilatazione dei vasi sanguigni e un’infiammazione dell’area che li circonda. Questa infiammazione non fa altro che aumentare la dilatazione dei vasi, generando quindi altri stimoli dolorifici che raggiungono nuovamente il cervello.
Infine, alcuni ricercatori hanno ipotizzato che l’emicrania possa essere una reazione difensiva a stimoli esterni e interni che turbano l’equilibrio dell’organismo e ipereccitano il cervello, come variazioni atmosferiche, sensazioni e stimoli di varia natura. In pratica, la crisi dolorosa sarebbe un meccanismo di protezione, che costringe la persona ad allontanarsi dall’evento rischioso.

I fattori scatenanti

Mentre le cause organiche all’origine dell’emicrania non sono ancora completamente definite, molti fattori scatenanti sono stati invece identificati con certezza.

– Lo stress

Sicuramente un ruolo importante è giocato dallo stress. Tuttavia, a differenza della cefalea tensiva, in cui la crisi compare durante l’evento stressante, nell’emicrania il dolore subentra quando la situazione logorante che l’ha innescato è terminata e la persona ha iniziato a rilassarsi. Probabilmente, questo dipende dal fatto che la distensione psicofisica che segue a uno stress provoca una variazione di alcuni equilibri ormonali e biochimici, responsabili in qualche modo della crisi.

Un esempio classico è rappresentato dalla cosiddetta “cefalea da weekend”, un attacco di emicrania che insorge abitualmente durante il fine settimana, quando ci si rilassa.

– L’alimentazione

Questa forma di cefalea può comparire anche dopo l’ingestione di un determinato cibo, verso cui il soggetto è particolarmente suscettibile o che contiene sostanze che hanno la capacità di innescare i meccanismi di attivazione del dolore emicranico (per esempio, contenenti nitrati, come i salumi).

In linea di massima, a causare emicrania con maggiore frequenza, sono: birra, vino, soprattutto rosso, superalcolici, formaggi (in particolare brie, emmental, mozzarella, parmigiano, provolone), carne affumicata, prosciutto invecchiato, carne in scatola, selvaggina, salsiccia, salame, fegato di pollo, aringhe in salamoia, pesce affumicato, fagioli, piselli, crauti, cipolle, olive, patate, fave, susine, fichi, uva passa, avocado, noci, banane mature, cioccolato, pane lievitato caldo.

Occorre tenere presente, però, che non tutti reagiscono allo stesso modo, per cui quello che può essere ben tollerato da una persona può dare fastidio a un’altra. Per questa ragione, è importante che ciascuno individui quali cibi, nel suo caso, possono scatenare il dolore e ne limiti il più possibile il consumo. In questo senso può essere utile compilare un diario alimentare, verificando quindi la concomitanza e la ricorrenza fra l’assunzione di certi cibi e l’insorgenza dell’attacco emicranico.

– Gli ormoni

Nelle donne, un elemento molto critico è costituito dagli squilibri ormonali, soprattutto dalla rapida caduta del tasso di estrogeni. Non a caso, gli attacchi compaiono di frequente in concomitanza con il ciclo mestruale, quando si verifica un brusco calo di questi ormoni, al punto che si parla di emicrania mestruale.

L’International headache society (Ihs), la società internazionale delle cefalee, definisce “emicrania mestruale” la forma di cefalea che si manifesta con regolarità ogni mese e che è caratterizzata dalla comparsa degli attacchi in un periodo di tempo compreso tra i due giorni che precedono le mestruazioni e il primo che le segue. In alcuni casi, le crisi emicraniche che compaiono durante questi giorni tendono a essere più durature, acute e difficili da sedare.

– Altri elementi a rischio

Anche l’eccessiva esposizione al sole, il vento, il freddo, l’altitudine, l’aria viziata e l’inquinamento possono scatenare un attacco di emicrania. Un esempio classico è la cosiddetta “sindrome da scirocco”, in grado di provocare nei soggetti più sensibili spossatezza spesso accompagnata da crisi emicraniche e insonnia.

Altri possibili nemici sono un profumo troppo intenso, una luce forte, un rumore assordante, un suono acuto e improvviso, un aroma pungente.
Nocivi anche i digiuni: quando si assumono pochi zuccheri si può incorrere in una crisi ipoglicemica (il cosiddetto “calo di zuccheri”) che ha un effetto dilatante sui vasi sanguigni del cranio, situazione che può scatenare l’emicrania.
Ovviamente non bisogna dimenticare poi gli altri fattori scatenanti generici, come le alterazioni del ritmo sonno-veglia e il consumo di alcol e fumo.

Le categorie più colpite

L’emicrania è più comune nel sesso femminile rispetto a quello maschile, in un rapporto di circa 3 a 1. Può interessare tutte le fasce d’età, anche se è più comune fra i 25 e i 55 anni. Comunque è diffusa anche fra gli adolescenti e perfino fra i bambini (interessa circa il 3% dei piccoli). Presenta un’elevata predisposizione familiare (circa nel 50% dei casi) e si trasmette soprattutto per via femminile.

Le forme più rare

Esistono anche altri tipi di emicrania, meno frequenti:

– l’emicrania oftalmoplegica, che è molto rara ed è associata a un deficit del terzo, quarto e sesto nervo cranico (nervi oculomotori) e che, oltre al classico attacco emicranico, causa momentanei attacchi di diplopia (difetto visivo per cui un soggetto percepisce le immagini sdoppiate);

– l’emicrania retinica, caratterizzata dalla temporanea ma completa perdita della vista in un occhio;

– le sindromi emicraniche infantili, tipiche dell’infanzia e caratterizzate da vertigini, coliche addominali e vomito (dette anche equivalenti emicranici).

La cura con i triptani

Mentre gli attacchi di cefalea tensiva non sempre necessitano di un trattamento, le crisi emicraniche difficilmente possono essere affrontare senza una cura. Quella ideale è costituita dai triptani. Si tratta, infatti, delle uniche molecole studiate appositamente per questo problema. Recenti studi hanno dimostrato che il loro impiego determina un miglioramento significativo nell’80% degli attacchi di emicrania.

A differenza dei comuni analgesici, che riducono solo i sintomi del dolore, questi medicinali agiscono sulle cause e sui meccanismi dell’attacco emicranico e sono infatti in grado di bloccare la dilatazione dei vasi che si verifica durante l’attacco e di impedire che il dolore si propaghi. Agiscono anche sui sintomi associati all’emicrania, come nausea, vomito, fastidio per le luci e i suoni.

La classe dei triptani è costituita da tanti farmaci diversi per caratteristiche di assorbimento e per durata di attività sul dolore. La scelta del tipo di molecola o dei mix di molecole deve essere compiuta dal medico, in relazione all’andamento dell’attacco, alla sua intensità e alla sua durata.

Si può anche decidere usare di volta in volta trattamenti diversi nella stessa persona. In ogni caso, oggi, si consiglia di ricorrere a questi medicinali fin dall’inizio della crisi per ridurre la gravità e la durata dei sintomi. In attesa che il farmaco faccia effetto, è utile stendersi in un posto tranquillo, lontano da stimoli luminosi, sonori e olfattivi, evitando di muoversi.

Altri farmaci utili

Nei soggetti che non rispondono ai triptani, che non possono usare questi farmaci (per esempio, a causa di alcune malattie del cuore) o che hanno crisi poco frequenti (uno-due attacchi al mese) si possono prescrivere sia i Fans, cioè i farmaci antinfiammatori non steroidei (per esempio, indometacina, ketoprofene, naprossene) sia i derivati dell’ergot.

I derivati dell’ergot hanno un’azione vasocostrittrice, che contrasta la fase di vasodilatazione cranica alla base della comparsa dell’emicrania. Occorre però sapere che possono creare effetti collaterali anche seri se assunti ad alte dosi (possono risultare tossici) e vanno sempre associati agli antiemetici, poiché possono accentuare nausea e vomito.

La prevenzione

Per prevenire gli attacchi di emicrania è importante evitare il più possibile i fattori di rischio. Molti sono comuni alle altre forme di cefalea, di conseguenza le indicazioni utili sono le stesse per tutti. Tuttavia, ci sono anche elementi scatenanti più specifici.
Innanzitutto l’alimentazione. La prima regola è non saltare mai i pasti e non fare passare troppo tempo fra un “rifornimento” e l’altro, per non incappare in un calo di zuccheri. L’ideale è fare una prima colazione completa, abbinando a caffè, tè o latte, biscotti, fette biscottate, magari con marmellata e cereali e prevedere due spuntini a base di frutta o yogurt a metà mattina e a metà pomeriggio.

Per quanto riguarda la scelta degli alimenti, è essenziale che ogni persona compia una sorta di auto-analisi per individuare i cibi che fanno star male e cerchi di non consumarli. Questo, in realtà, vale anche per tutto il resto: ciascuno deve imparare a riconoscere quali sono, nel suo specifico caso, i fattori scatenanti più comuni e cerchi di evitarli.

Se l’emicrania dipende da squilibri ormonali, ad alcune donne in età fertile che soffrono di emicrania senza aura soprattutto prima e durante il ciclo, e non fumano, il medico potrebbe consigliare l’uso della pillola anticoncezionale, che regolarizza i livelli ormonali. Non è detto però che sia sempre la soluzione più adeguata: il disturbo, in alcuni casi, potrebbe anche peggiorare.

Nelle donne in menopausa, invece, se le crisi sono molto frequenti e/o intense e sono accompagnate anche da altre problematiche tipiche del periodo (come le vampate), il medico potrebbe valutare l’opportunità di una terapia ormonale sostitutiva. Anche in questo caso, la risposta va valutata individualmente, essendo possibile anche un aggravamento del quadro.

Consigli utili

– Non soggiornare a lungo in ambienti troppo affollati, rumorosi e poco arieggiati.

– Cercare di cambiare spesso l’aria, aprendo le finestre: bastano pochi minuti per migliorare la qualità dell’aria.

– Evitare i ristoranti etnici, dove spesso gli odori sono molto intensi.

– In casa scegliere un’illuminazione soft e, al lavoro, cambiare le lampadine delle lampade da tavolo se sono troppo forti.

– Ascoltare la musica a basso volume.

– Salire gradualmente in alta quota, se si va in montagna.

– Coprirsi bene, anche testa e orecchie, quando fuori fa molto freddo.

– Non esagerare quando ci si espone al sole e ripararsi sempre la testa con un cappello.

– Stare all’ombra quando si è in spiaggia.

– Uscire il meno possibile nelle giornate ventose, coprendosi molto.

– Non usare creme dai profumi troppo intensi.

– Meglio rinunciare ai profumatori e alle essenze per ambiente o scegliere fragranze delicate.