Le leucemie
Rappresentano i tumori ematologici più frequenti dell’età infantile (nel caso della leucemia linfoide acuta), ma non risparmiano nemmeno gli adulti e gli ultra sessantenni (nel caso delle leucemie mieloidi acute). Fortunatamente, le leucemie sono anche fra i tumori con le più alte percentuali di guarigione, perlomeno alcune forme (molte quelle dei bambini). Ecco di che cosa si tratta.
Che cosa sono
Le leucemie sono tumori che colpiscono le cellule del sangue.
Ma come nascono? In condizioni normali, le cellule del sangue sono soggette a un continuo ricambio a opera del midollo osseo, contenuto nel tessuto spugnoso di alcune ossa (bacino, ossa lunghe, sterno).
In pratica, quando le cellule vecchie muoiono, il midollo osseo le sostituisce con cellule nuove, prodotte a partire da cellule staminali emopoietiche, ossia cellule immature presenti nel midollo stesso e in grado, in quanto cellule madri progenitrici, di trasformarsi proprio negli elementi corpuscolati del sangue.
Dalle cellule staminali emopoietiche hanno origine due linee di cellule:
– la linea mieloide, da cui si generano i globuli rossi, alcuni tipi di globuli bianchi e le piastrine;
– la linea linfoide, da cui si generano i linfociti (untipo di globuli bianchi).
In alcuni casi, le cellule staminali subiscono un’alterazione nel loro Dna, producendo pertanto non più cellule fisiologiche ma cellule neoplastiche (cellule staminali leucemiche) che, progressivamente, sostituiscono quelle normali.
In questo caso, si crea pertanto un “clone leucemico” per cui le cellule staminali proliferano in maniera incontrollata, interferendo con la crescita e lo sviluppo delle normali cellule del sangue e invadendo i tessuti sani. La persona, di conseguenza, ha un numero insufficiente di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.
Le cause e i fattori di rischio
Come per la maggior parte dei tumori, anche per le leucemie è difficile identificare le cause esatte. Spesso, dipendono da anomalie nel Dna acquisite (non sono ereditarie).
L’età di esordio è variabile: può essere molto precoce o anche tardiva. Tuttavia, in genere le leucemie colpiscono i bambini in prima età scolare.
Per quanto riguarda gli adulti, sono considerati fattori di rischio: l’esposizione a dosi massicce di radiazioni, l’esposizione a sostanze come il benzene e la formaldeide (utilizzate nell’industria petrolifera e chimica), la radioterapia, l’età avanzata e il sesso maschile.
* Gli esperti distinguono fra leucemie acute e leucemie croniche: le prime sono caratterizzate da una comparsa precoce dei sintomi e da un aumento veloce delle cellule tumorali. Nella leucemia cronica invece le cellule maligne tendono a proliferare più lentamente. Con il tempo, però, anche le forme croniche diventano più aggressive.
* Le leucemie linfoidi (con proliferazione incontrollata e accumulo di cellule immature linfoidi) sono malattie tipicamente infantili: interessano più i bambini degli adulti e rappresentano il primo tumore dell’età infantile. Le leucemie croniche invece sono più frequenti nell’età adulta.
I sintomi
Le forme acute sono più facili da riconoscere perché causano sintomi precoci, che possono peggiorare velocemente. I sintomi più comuni? febbre, mal di testa, sudorazioni notturne, stanchezza e affaticamento, facilità al sanguinamento, dolori ossei e articolari, perdita di peso, suscettibilità alle infezioni, ingrossamento della milza e dei linfonodi.
Tuttavia, occorre tenere presente che in relazione al numero e alla caratteristiche della popolazione leucemica (mieloide o linfoide) si possono avere disturbi differenti.
Infatti, le cellule leucemiche, circolando, raggiungono tutti gli organi, lo stomaco, l’intestino, i reni, i polmoni e il sistema nervoso. La sintomatologia è pertanto molto varia.
Le leucemie croniche, invece, specialmente nelle fasi inziali, possono essere silenti.
Le cure
Ovviamente, i trattamenti cambiano in relazione al caso specifico: tutto dipende, infatti, dall’età del paziente, dal tipo di leucemia da cui è stato colpito, dallo stadio della malattia, dal fatto che sia cronica o acuta.
In genere, comunque, i medici prescrivono più terapie in associazione o in sequenza, fra cui:
– la chemioterapia per bocca o per via endovenosa. Talvolta i farmaci chemioterapici vengono somministrati per mezzo di un catetere;
– i farmaci biologici;
– le terapie che stimolano il sistema immunitario a riconoscere e a distruggere le cellule leucemiche;
– il trapianto di cellule staminali emopoietiche. In pratica, si distruggono le cellule malate con alte dosi di chemio o radioterapia e si infondono cellule staminali emopoietiche prelevate da un soggetto sano (dal midollo osseo del bacino o dal sangue periferico). Dopo 10-20 giorni, il nuovo midollo inizia a funzionare, producendo le cellule del sangue e le cellule immunitarie, che riconoscono come estranee le cellule malate del paziente e le aggrediscono.
– Radioterapia e chirurgia vengono usate solo raramente.
Il protocollo standard
I protocolli standard per la cura della maggior parte delle leucemie acute prevedono quattro fasi, che durano complessivamente due anni:
induzione: è la fase più aggressiva, che dura circa un mese. Nei primissimi giorni, si usa cortisone per bocca, in grado di uccidere le cellule leucemiche. Poi, si procede con l’infusione di potenti chemioterapici, capaci di eradicare le cellule malate;
consolidamento: questa fase, che dura qualche mese, ha l’obiettivo di consolidare la remissione di malattia. Si utilizzano sempre chemioterapici, ma diversi da quelli usati nella prima fase;
reinduzione: è una nuova fase aggressiva, in cui si utilizzano chemioterapici (gli stessi della prima fase) ad alte dosi per via endovenosa, allo scopo di uccidere le cellule malate rimaste. Il trattamento dura circa due mesi. Generalmente viene eseguito se alla fine della prima induzione la risposta alla chemioterapia non è stata ottimale;
mantenimento: questa fase continua per circa un anno. Il paziente viene ricoverato in day hospital a cadenza abbastanza regolare, prende farmaci, effettua controlli regolari e, talvolta, per le leucemie linfatiche acute del bambino, viene sottoposto all’esame del liquido cefalorachidiano (fluido che si trova nel sistema nervoso centrale), con iniezioni nel sistema nervoso centrale di farmaci che impediscono la ricaduta di malattia in tale sede.
Quando serve il trapianto
Se la cura farmacologica non ha avuto successo o se il tumore è molto aggressivo, in genere, si procede con il trapianto di midollo osseo. È importante specificare che il trapianto non è una procedura esente da rischio. Esiste una mortalità del 10-15% legata alla procedura (e alle sue complicanze). Inoltre, specie negli adulti, vi è una possibilità di recidiva di malattia a quattro-cinque anni.
Il trapianto più facile è quello da fratelli compatibili. Se non ci sono fratelli o familiari compatibili, si ricorre al Registro dei donatori, un elenco dei cittadini che si sono dichiarati disponibili a donare il midollo e sono stati giudicati idonei alla procedura. Una terza opzione è rappresentata dal trapianto di cellule emopoietiche prelevate dal cordone ombelicale al momento del parto e donate dalle neomamme, disponibili in banche mondiali.
Negli ultimi anni si stanno impiegando per la cura di questa malattia anche i cosiddetti “farmaci intelligenti”.
La leucemia linfoblastica acuta
La più comune forma di leucemia infantile è la leucemia linfoblastica acuta, che rappresenta l’80% circa di tutti i casi di leucemia acuta infantile.
Consiste in una crescita incontrollata delle cellule staminali del midollo osseo, in particolare delle
cellule immature precursori dei linfociti, chiamate blasti leucemici linfoidi.
Questa proliferazione altera la produzione delle altre cellule ematiche normali, con una conseguente riduzione, nel sangue, del numero di globuli rossi e piastrine e con variazioni del numero dei globuli bianchi, che in alcuni casi diminuiscono molto, mentre in altri aumentano a dismisura.
I sintomi più comuni della leucemia linfoblastica acuta sono: anemia, pallore, facile affaticabilità, piccole macchie sulla cute, ematomi spontanei, perdita di sangue dal naso o dalle gengive, tracce di sangue nelle feci o nelle urine, febbre e infezioni di varia natura che non guariscono con le normali cure e si protraggono a lungo.
Oggi, l’80% dei bambini con leucemia linfoblastica acuta guarisce: non ha cioè ricadute di malattia a cinque anni dalla diagnosi. Tutto merito dei progressi raggiunti dalla medicina negli ultimi decenni.
La leucemia mieloide acuta
La leucemia mieloide acuta è una leucemia tipica degli adulti e degli anziani. È altresì il secondo tipo di leucemia infantile più diffuso: rappresenta, infatti, il 13% di tutte le leucemie diagnosticate in bambini fino a 14 anni.
Si tratta di un tumore a carico dei mielociti, le cellule da cui originano i globuli bianchi. In caso di malattia, essi si accumulano nel midollo osseo e causano una riduzione di globuli rossi, leucociti e piastrine.
I sintomi sono simili a quelli provocati dalla leucemia linfoblastica acuta: anemia, debolezza, affaticabilità, mancanza di respiro anche per sforzi lievi, tendenza alle emorragie di cute e mucose, episodi febbrili e infezioni ricorrenti.
Il protocollo di cura è analogo a quello di altre forme di leucemia: quattro fasi di trattamento chemioterapico.
Dopo la terapia di consolidamento è possibile procedere con un trapianto di cellule staminali emopoietiche, capaci cioè di generare le cellule del sangue.
La leucemia mieloide promielocitica
Si tratta di un particolare sottotipo della leucemia mieloide acuta, caratterizzata dalla comparsa di una serie di emorragie dovute a una riduzione del numero di piastrine e a un’alterazione del meccanismo coagulativo. I ricercatori hanno capito che associando alla normale chemioterapia la somministrazione di un derivato della vitamina A, l’acido trans-retinoico, le percentuali di guarigione aumentano moltissimo. Questa sostanza, infatti, è in grado di trasformare le cellule tumorali in cellule normali (le restanti cellule malate sono distrutte dalla chemioterapia).
La leucemia linfatica cronica
La leucemia linfatica cronica (Llc) è un tumore del sangue dovuto a un accumulo di linfociti nel sangue, nel midollo osseo e negli organi linfatici (linfonodi e milza). È una malattia tipica dell’anziano.
Nella maggior parte dei casi, la Llc viene diagnosticata per caso, nel corso di un esame del sangue eseguito per un’altra ragione oppure perché si nota un linfonodo ingrossato oppure, più frequentemente, perché la persona ha un numero elevato, anche di molto, dei linfociti (normalmente sono < 5.000 per microlitro).
Infatti, nelle fasi iniziali non causa sintomi. Quando si manifesta, i disturbi più caratteristici sono perdita di peso, febbre, astenia (anche per comparsa di anemia), adenopatia generalizzata (i linfonodi si ingrossano, appaiono di consistenza elastica e non sono dolorosi al tatto).
È frequente anche l’ingrossamento di milza (splenomegalia) e fegato (epatomegalia). Con il progredire della malattia possono comparire altri sintomi come stanchezza, pallore, palpitazioni, emorragie, difese basse, disturbi autoimmuni.
Non sempre la malattia va trattata, a volte basta una sorveglianza attiva regolare. Se si decide di iniziare una cura, spesso si utilizzano i chemioterapici. In rari casi, si procede invece con il trapianto di cellule staminali nei pazienti non anziani.
Negli ultimi anni sono entrati a far parte dei trattamenti disponibili per la Llc diversi anticorpi monoclonali usati da soli o in combinazione con la chemioterapia.
La leucemia mieloide cronica
È una forma rara, ma non rarissima, di leucemia mieloide. È relativamente frequente nei giovani adulti (30-50 anni) e, come la leucemia linfatica cronica, può essere asintomatica nella sua fase iniziale.
Ecco perché non di rado la malattia viene diagnostica in maniera occasionale durante l’esecuzione di un emocromo. In questo caso la conta dei leucociti (in particolar modo dei neutrofili) è molto aumentata. Si può anche avere incremento dei basofili e delle piastrine.
La patologia è caratterizzata dalla presenza di un’alterazione specifica della cellula staminale mieloide che subisce una traslocazione nel suo Dna tra il cromosoma 9 e 22 creando un gene chiamato Philadelphia Ph+ (perché scoperto negli anni 60).
La cellula con la presenza del cromosoma Ph+ diventa cellula tumorale, determinando una crescita incontrollata dei leucociti granulati (neutrofili in particolare). Il processo può durare molti anni.
Tipicamente i pazienti hanno una milza molto ingossata (splenomegalia) il cui polo inferiore può arrivare sino all’inguine.
Quando diventa sintomatica, oltre a febbre e infezioni, la patologia può causare una perdita di peso, anche a causa della splenomegalia che riduce il volume dello stomaco determinando rapidamente senso di sazietà.
Un tempo la malattia era mortale per evoluzione in leucemia acuta. Oggi esistono farmaci target (inibitori della tirosinochinasi) che riparano la cellula malata, trasformando la malattia da potenzialmente fatale in curabile con semplice terapia per bocca.