24/10/2017

Mal di schiena cronico

In alcuni casi il mal di schiena diventa cronico, incidendo sulla qualità della vita. Infatti, quando non viene affrontato nel modo corretto, può trasformarsi in un problema più complesso, che è definito come sindrome biopsicosociale. Può causare limitazioni nel movimento, compromettere la qualità della vita, impattare sulle relazioni sociali, diminuire la capacità lavorativa.

Si parla di mal di schiena cronico quando il dolore alla colonna vertebrale persiste per almeno tre-sei mesi, arrivando a compromettere la qualità di vita della persona.

Le cause

Alla base del mal di schiena cronico possono esserci tantissimi fattori diversi. Nella maggior parte dei casi, è difficile identificare il problema scatenante: la persona si rivolge al medico in fase avanzata, quando al disturbo originario ne sono subentrati molti altri.

Il dolore può essere il risultato di un mix di cause diverse, come difetti di postura, sforzi e vizi ripetuti dovuti alla professione svolta, malattie infiammatorie, pregressi interventi chirurgici. Più raramente la colpa è di un trauma.

In alcuni casi, i dolori alla colonna nascono per problemi addominali. Anche la gravidanza e la menopausa possono contribuire allo sviluppo del problema.

[new_accordion_slh_item title="La lombalgia secondaria"]

Il mal di schiena cronico può anche essere la conseguenza di altre malattie della colonna. In questo caso si parla di lombalgia secondaria ed è più facile identificare la causa originaria del problema.

Fra le malattie che più frequentemente possono provocare un mal di schiena cronico, c’è sicuramente la spondilolistesi, la scoliosi grave dell’adulto, la stenosi del canale vertebrale, le spondiloartriti, ossia malattie infiammatorie reumatiche, l’infiammazione del nervo sciatico e, più raramente, l’ernia del disco.

I sintomi

Si tratta di un dolore di difficile identificazione e definizione: in alcuni casi è limitato alla schiena, in altri si irradia fino a glutei, fianchi e gambe. Ogni persona riferisce sensazioni differenti.

Del resto, bisogna considerare che le strutture che possono essere interessate dal problema sono varie: i dischi intervertebrali, le vertebre, le faccette articolari (la parte posteriore delle vertebre), i muscoli, la capsula che avvolge le articolazioni che collegano le vertebre.

Le cure

Ovviamente, se il problema dipende da una malattia specifica, si cerca di intervenire, se possibile, su quella. Per esempio, in caso di spondiloartrite si possono prescrivere farmaci specifici, come antinfiammatori o cortisonici, abbinati a una riabilitazione fisica. Quando, invece, le cause del problema sono più sfumate, l’approccio è di più ampio respiro.

In genere, non si punta quasi mai a combattere solo il dolore. I farmaci antidolorifici possono essere prescritti quando il male diventa insopportabile, ma vanno presi esclusivamente al bisogno.

In caso di mal di schiena cronico di bassa disabilità, spesso, viene consigliata la back school. Si tratta di un metodo terapeutico particolare: alle persone riunite in piccoli gruppi, vengono insegnati esercizi, ma anche norme comportamentali e posturali, finalizzati a sviluppare benefici in tutti gli ambiti (domestico, lavorativo e sociale).

La riabilitazione

Se il problema è più serio, è necessario affidarsi a uno specialista in malattie vertebrali, l’unico in grado di impostare un approccio riabilitativo specifico, costituito da un trattamento cognitivo comportamentale abbinato a esercizi di recupero funzionale.

Il trattamento cognitivo comportamentale è una tecnica di derivazione psicologica, in cui il fisioterapista insegna alla persona a modificare il proprio stile di vita, spiegandole quali sono le posture e gli atteggiamenti che possono peggiorare il problema e quali sono, invece, i comportamenti che possono aiutarla a stare meglio.La chirurgia

Se il problema non migliora con nessun trattamento, si può arrivare a prendere in considerazione l’intervento chirurgico. L’eventuale indicazione chirurgica e il tipo di intervento (artrodesi, protesi discali, interventi percutanei) devono essere attentamente valutati dal neurochirurgo o chirurgo vertebrale.