Osteoporosi
È una malattia molto diffusa, soprattutto fra le donne. Purtroppo, spesso, è silenziosa: quando si manifesta, infatti, è in una fase già avanzata. Per questo è importante conoscerla e sapere di che cosa di tratta.
Una malattia dello scheletro
L’osteoporosi è una malattia scheletrica sistemica (cioè generale), caratterizzata da una riduzione della massa ossea e da un’alterazione della microarchitettura del tessuto osseo, con conseguente aumento della fragilità ossea e del rischio di frattura.
In linea di massima, più la massa ossea è alta, più l’osso è robusto. Viceversa, più la massa ossea è bassa, più è alto il rischio di fratture.
Le più soggette al problema sono le donne perché hanno un apparato scheletrico meno robusto di quello maschile, una massa ossea minore e vivono più a lungo (il loro scheletro è dunque più soggetto al naturale deterioramento dovuto all’età). Inoltre, la menopausa accelera la perdita di minerale.
Quando si manifesta
Contrariamente a quanto si può pensare, l’osso non è una struttura inerte, ma un tessuto molto attivo, che si rinnova costantemente.
È formato, infatti, da cellule dinamiche e altamente specializzate: gli osteoblasti, che si occupano della formazione di nuovo osso, e gli osteoclasti, che sono incaricati di distruggere e riassorbire l’osso invecchiato.
Questo processo prende il nome di “rimodellamento osseo”. In condizioni normali si svolge con una sequenza prestabilita: prima agiscono gli osteoclasti, che assorbono l’osso vecchio producendo una piccola cavità, poi gli osteoblasti, che vanno a riempire la cavità appena formata con nuovo tessuto.
Questi cicli durano circa 90 giorni ciascuno e si ripetono continuamente. Se la quantità di osso neoformato è pari a quella di osso assorbito si ha una condizione di equilibrio metabolico.
L’osteoporosi subentra quando viene riassorbito più osso di quanto non se ne formi. Come risultato le ossa diventano più deboli e più soggette a fratture.
Con l’età le ossa perdono densità
Il processo di rimodellamento osseo non si ripete sempre uguale, ma assume diverse caratteristiche nelle varie fasi della crescita.
Fino ai 20 anni circa l’osso cresce in peso e volume, accumulando minerali (soprattutto sali di calcio).
Dopo la fase di crescita, inizia quella di consolidamento, che può durare fino ai 25-30 anni. Lo scheletro non cresce più, ma si irrobustisce ulteriormente, raggiungendo il cosiddetto picco di massa ossea, cioè il livello massimo di contenuto di minerali.
Fra i 30 e i 50 anni circa l’osso non accumula più minerali, ma la distruzione è essenzialmente in equilibrio con la ricostruzione.
In seguito, più passano gli anni, più la ricostruzione diventa incapace di tenere il ritmo: con l’avanzare dell’età, infatti, la quantità di osso che si perde aumenta progressivamente.
L’importanza del calcio
Per completare il processo di rimodellamento, lo scheletro ha bisogno di minerali, soprattutto di calcio.
Questa sostanza è la principale componente minerale dell’osso (il 99% di tutto il calcio presente nell’organismo è contenuto nelle ossa) e ne determina la robustezza: maggiore è la quantità di calcio e, in generale, di massa minerale ossea, più robusto è l’osso.
Senza calcio, gli osteoblasti non possono formare nuovo tessuto osseo. Per questo è importante non farsi mai mancare il calcio.
I fattori di rischio
Età avanzata e sesso femminile non sono gli unici fattori di rischio per l’osteoporosi. Ecco gli altri:
– uso prolungato di alcuni farmaci, come cortisone,
anticoagulanti, ormoni della tiroide, diuretici, antiepilettici:
sono in grado di influenzare il metabolismo osseo, favorendo
l’azione degli osteoclasti rispetto a quella degli osteoblasti;
– disturbi intestinali (come la colite):
velocizzano il passaggio degli alimenti lungo l’apparato digestivo, impedendo all’organismo di assorbire il calcio;
– malattie renali: provocano una perdita di calcio
attraverso le urine;
– disturbi della tiroide: causano alterazioni ormonali
e una conseguente riduzione della massa ossea;
– familiarità: una persona che ha genitori o parenti malati
di osteoporosi ha il 30% di probabilità in più di soffrirne a sua volta rispetto a una persona che non presenta casi simili in famiglia;
– dieta povera di calcio o ricca di proteine: si tratta
di sostanze che favoriscono l’eliminazione del calcio con le urine;
– mancanza di moto: il moto infatti stimola il rinnovamento osseo;
– fumo: abbassa il livello degli estrogeni, ormoni
femminili che favoriscono l’attività degli osteoblasti rispetto a quella dei loro antagonisti, cioè gli osteoclasti;
– consumo di alcol: ostacola l’assorbimento del calcio.
I sintomi
La caratteristica dell’osteoporosi è quella di essere “silenziosa”. Soltanto quando è in fase avanzata, a distanza di tempo dall’età di esordio, può manifestarsi con alcuni segnali. Uno dei più tipici è l’incurvamento della colonna vertebrale: con il passare degli anni le vertebre possono assottigliarsi e schiacciarsi sempre di più. Di conseguenza, la persona si “rimpicciolisce”.
Anche i dolori alle ossa, soprattutto se colpiscono la parte bassa della schiena, possono essere un campanello d’allarme.
Il segno più caratteristico della malattia, però, è la frattura da fragilità, che colpisce soprattutto vertebre, polso e femore. Ecco perché le persone con più di 65 anni che subiscono una frattura, soprattutto se per incidenti banali, dovrebbero chiedere ulteriori accertamenti, per scoprire se la colpa di tutto è la debolezza dello scheletro.
Le cure
Per curare la bassa densità minerale ossea, prevenendo così il rischio di frattura, si possono usare vari tipi di farmaci e integratori:
– bisfosfonati (o bifosfonati) come acido zoledronico, alendronato, risedronato, clodronato, ibandronato: bloccano l’attività degli osteoclasti, incrementando o stabilizzando rapidamente la massa ossea e riducendo significativamente la comparsa di fratture;
– ormoni femminili: mimano le funzioni degli estrogeni, la cui produzione cala con l’arrivo della menopausa. Bloccano la demineralizzazione ossea, riducendo sensibilmente l’incidenza di fratture;
– Serm, come il raloxifene: incrementano la massa ossea e riducono il rischio di fratture senza stimolare utero e mammella;
– ranelato di stronzio: agisce favorendo la formazione dell’osso;
– teriparatide e ormone paratiroideo: stimolano la formazione di osso. Sono prescrivibili solo da parte di Centri specialistici autorizzati da Regioni o Province autonome;
– calcitonina: ormone normalmente prodotto dalla tiroide in grado di ostacolare l’attività degli osteoclasti e, quindi, il riassorbimento osseo;
– acido zoledronico: è in grado di ridurre il rischio di fratture nelle aree del corpo tipicamente interessate dall’osteoporosi tra cui l’anca, il polso e la colonna vertebrale;
– denosumab: agisce contro la RANK Ligand, una proteina dello scheletro, che funge da regolatore chiave degli osteoclasti. Aiuta, quindi, a curare e prevenire la perdita e la distruzione ossea;
– integratori: sono prodotti specifici per la mineralizzazione delle ossa, in genere a base di calcio e/o vitamina D (la vitamina D facilita l’assorbimento del calcio).
In caso di fratture
Il trattamento di prima scelta per le fratture da osteoporosi è rappresentato dalla chirurgia. Per quanto riguarda le fratture vertebrali, in genere, si procede con la cosiddetta vertebroplastica: in anestesia solitamente locale, con un apposito ago si inietta nella vertebra un cemento biocompatibile. Questo materiale si espande, riparando la frattura e prevenendo ulteriori cedimenti.
Nel caso di femore e polso, invece, di solito si preferisce optare per l’inserimento, in anestesia generale o locale, di una protesi.
In associazione o in alternativa alla chirurgia, si possono utilizzare le terapie fisiche, come ultrasuoni o ionoforesi e oggi anche i farmaci. I primi studi clinici controllati, infatti, hanno dimostrato che le molecole più usate per la cura e la prevenzione dell’osteoporosi accelerano pure la riparazione ossea.
Le regole di prevenzione
Dopo una certa età, una lenta perdita di minerali da parte dall’osso è normale, eppure non tutte le donne vanno incontro all’osteoporosi. Dipende dalla situazione di partenza. Se il picco di massa ossea era elevato è più probabile che la perdita di calcio non raggiunga mai, o solo molto tardi, livelli “critici”.
Ecco perché è fondamentale accumulare quanta più massa minerale ossea possibile prima dei 25-30 anni e poi adottare tutte le misure di prevenzione necessarie a conservarla. Vediamo come fare.
– Non farsi mancare il calcio
L’unico modo per fornire all’osso i minerali di cui ha bisogno consiste nel seguire una dieta ricca di calcio. Esso è contenuto in quantità significative solo nel latte e nei suoi derivati. Ecco perché questi cibi devono far parte della dieta quotidiana di tutti, fin dalla prima infanzia.
Ci sono comunque altri alimenti che contengono discrete quantità di questo minerale, come pesci piccoli, gamberi, verdure verdi e perfino cioccolato al latte. Il calcio delle verdure, però, è meno assimilabile di quello dei latticini.
– Limitare alcuni alimenti
Moderare il consumo di proteine animali (soprattutto della carne): aumentano la perdita di calcio attraverso l’urina, rendendo lo scheletro più debole e vulnerabile.
Meglio non esagerare nemmeno con gli alimenti acidi (come pomodori, limone, arance) e i soft drink perché incrementano la rimozione dei minerali dall’osso.
Attenzione anche all’alcol, che ostacola l’assorbimento del calcio da parte dell’organismo. Inoltre, agisce sul metabolismo dell’osso, favorendo l’azione negativa degli osteoclasti a sfavore di quella positiva degli osteoblasti. Ecco perché non bisogna berne più di un bicchiere al giorno per le donne e due per gli uomini.
Infine, non bere più di due tazzine al giorno di caffè, soprattutto nella post-menopausa, perché accresce l’eliminazione del calcio con l’urina e le feci.
– Esporsi al sole
Per permettere l’assorbimento del calcio da parte dell’intestino serve la vitamina D. Solo una piccola parte della dose necessaria, circa il 10% di quella totale, viene ricavata dagli alimenti, soprattutto in Italia. Il cibo a più alto contenuto di questa sostanza, infatti, è l’olio di fegato di merluzzo, seguito dall’anguilla.
La maggior quantità di vitamina D viene prodotta dall’organismo per mezzo dei raggi solari: 15 minuti di esposizione giornaliera di viso e braccia sono sufficienti per assicurare una buona sintesi di vitamina D.
– Fare movimento
Come i muscoli, anche le ossa rispondono all’esercizio fisico irrobustendosi. È la ragione per cui lo scheletro di un atleta è molto più robusto di quello di una persona sedentaria.
Le sollecitazioni meccaniche che derivano dal movimento sono importantissime: in giovane età stimolano l’accrescimento osseo e, in seguito, i processi di rimodellamento osseo, che continuano per tutta la vita.
Va bene qualsiasi attività, l’importante è che venga praticata almeno un’ora tre volte alla settimana.