16/10/2017

Il cuore ingrossato

Il cuore può sviluppare anche malattie di forma più che di funzione. Una di queste è il cuore ingrossato, una condizione che può essere presente fin dalla nascita o svilupparsi nel corso degli anni a causa di vari fattori. Essa può avere conseguenze anche molto gravi sulla vita della persona. Seguendo le cure più adeguate, però, è possibile contenere i rischi.

Una dilatazione dei ventricoli

Per cuore ingrossato si intende una condizione caratterizzata da un ingrossamento e dilatazione di una o entrambe le camere ventricolari. Solitamente, il ventricolo interessato è quello sinistro. In termini medici questa situazione è definita come cardiomiopatia dilatativa.

La cardiomiopatia dilatativa affligge dalle cinque alle sette persone per 100.000 abitanti ogni anno ed è tre volte più comune negli uomini che nelle donne.

Non è quasi mai un disturbo innocuo. Al contrario, ha varie conseguenze, spesso serie, sulla vita della persona. Nel tempo, infatti, provoca un grande affaticamento.

C’è una sola forma benigna: il cosiddetto “cuore d’atleta”. In questo caso il muscolo cardiaco si è ipertrofizzato in seguito a sforzi intensi: come i bicipiti o i pettorali si ingrossano con il body building, così il muscolo cardiaco può ingrossarsi con l’attività sportiva.

Le cause

Talvolta il cuore è ingrossato fin dalla nascita. Se la malattia interessa almeno due membri della stessa famiglia si parla di cardiomiopatia familiare, geneticamente trasmessa. Occorre sapere, infatti, che esistono geni che controllano l’espressione di singoli costituenti delle proteine che compongono il muscolo cardiaco (come desmina, actina cardiaca, catena pesante della beta-miosina): se essi sono alterati, può comparire una cardiomiopatia dilatativa.

Se invece il cuore si ingrossa nel corso degli anni, i fattori in gioco sono davvero tanti. Ecco i principali:

agenti infettivi: spesso il cuore si ingrossa dopo che l’organismo è entrato in contatto con virus, funghi, batteri o protozoi. Succede per lo più in seguito a permanenze all’estero, in ambienti tropicali o esotici;

fattori autoimmunitari: le persone con un cuore ingrossato presentano delle anomalie del sistema immunitario, come la presenza di anticorpi anti-cuore organospecifici in grado di danneggiare alcuni elementi che costituiscono il muscolo cardiaco (mitocondri cardiaci, miosina, actina);

alcolici: chi soffre di problemi di alcolismo può avere conseguenze negative anche a livello cardiaco;

uso di alcuni farmaci: i medicinali possono agire direttamente come sostanze tossiche (come fanno alcuni farmaci antitumorali) oppure indirettamente, in alcuni soggetti ipersensibili;

ipertensione: una pressione troppo alta, anche se tenuta sotto controllo, a lungo andare può portare a un eccessivo sviluppo di uno o di entrambi i ventricoli;

ischemia: la causa può anche essere un infarto che causa la morte di una parte del ventricolo, che quindi non si contrae più in maniera sincrona con le altre zone del cuore. La zona andata in necrosi si assottiglia e si dilata progressivamente sotto la spinta del sangue e può andare progressivamente incontro alla formazione di un aneurisma (dilatazione localizzata), o, se l’infarto è esteso, a una vera e propria cardiomiopatia dilatativa post-infartuale.

altri fattori: la malattia può derivare anche da punture di alcuni insetti, radiazioni, ipertermia (aumento della temperatura corporea) o ipotermia (abbassamento della temperatura corporea).

Occorre ricordare, infine, che esiste anche una forma idiopatica, cioè senza una causa conosciuta.

I sintomi

In molti casi, specialmente nelle fasi iniziali, la cardiomiopatia dilatativa è caratterizzata dalla totale mancanza di sintomi. Questo accade perché il cuore è un organo abbastanza “elastico”, può cioè dilatarsi in una certa misura, senza che l’individuo se ne accorga.

Esistono, però, alcuni campanelli d’allarme generali, che sono gli stessi dello scompenso cardiaco e si sviluppano in modo graduale. Dipendono dal fatto che il cuore non riesce più a svolgere al meglio le sue funzioni. Sono: dispnea: alterazione della normale respirazione, che diventa difficile, forzata, affannosa o troppo lenta; astenia: riduzione della forza muscolare; dolore al petto; edemi periferici; senso di spossatezza generale, che rende difficile anche lo svolgimento delle semplici attività quotidiane.

Se si dilata anche la parte destra

Se la dilatazione interessa anche la parte destra del cuore la prognosi è solitamente più seria. In questo caso il sintomo caratteristico è rappresentato da dolori addominali, accompagnati da accumulo di liquido nel fegato ed edema alle gambe.

Nel 10% delle persone possono essere presenti anche dei dolori toracici, sia sotto sforzo sia a riposo. Infine, nel 50% dei casi subentrano anche aritmie (variazioni del ritmo, della regolarità e della frequenza delle contrazioni cardiache).

Questi sintomi possono svilupparsi gradualmente nell’arco di mesi o anni oppure presentarsi in maniera acuta. Nel caso delle forme infettive sono solitamente accompagnati da rialzo febbrile.

Le cure con i farmaci

Nel 90% dei casi il problema può essere tenuto efficacemente sotto controllo attraverso trattamenti specifici in grado di curare le cause alla base, una dieta corretta (a basso contenuto di sale) e/o una cura farmacologica. I farmaci più usati sono:

i cardiocinetici, che aiutano il cuore a contrarsi;

i diuretici, che agiscono principalmente riducendo il sovraccarico di volume di sangue, che un cuore ingrossato non riesce a pompare;

gli Ace-inibitori, che he agiscono sul rimodellamento ventricolare al fine di contenere un’ulteriore dilatazione;

i betabloccanti, che riducono l’eccessivo stimolo del sistema simpatico sul cuore;

gli antialdosteronici, che diminuiscono la fibrosi del cuore.

In genere, questi farmaci vanno usati per tutta la vita, per lo più sotto forma di compresse: le dosi variano a seconda della serietà del quadro clinico, del peso corporeo della persona e della risposta dell’organismo alla cura stessa. Talvolta può essere necessario il ricovero in ospedale per eseguire una cura per via endovenosa.

La resincronizzazione cardiaca

Nelle forme più avanzate può essere necessario ricorrere alla resincronizzazione cardiaca o a dispositivi di assistenza della funzionalità del ventricolo sinistro.

La resincronizzazione cardiaca prevede l’impianto nel torace di un dispositivo che invia impulsi elettrici nelle cavità cardiache in un momento preciso del ciclo cardiaco, per permettere al cuore di battere in modo più coordinato e sincronizzato e quindi più efficace.

I dispositivi di assistenza della funzionalità del ventricolo sono pompe meccaniche che sostituiscono la funzione della parte danneggiata di cuore, ristabilendo un flusso sanguigno vicino a quello normale.

Se nemmeno queste cure hanno successo è necessario un trapianto cardiaco.

Gli interventi più innovativi

Da qualche anno si stanno sperimentando nuove terapie chirurgiche per la cura della cardiomiopatia dilatativa, come la mioplastica.

Si tratta di un intervento che consiste nell’asportazione della parte di ventricolo dilatata. Al suo posto può essere inserita parte del muscolo pettorale.

In alternativa, si può anche rimuovere la zona dilatata e ricucire insieme il resto del ventricolo, riducendo quindi il volume della cavità cardiaca e riportandolo alle sue dimensioni originali (ventricolo-plastica).

Un altro approccio, ancora in fase sperimentale, prevede l’iniezione di cellule staminali (cellule che hanno la capacità poi di diventare cellule miocardiche) nelle zone del ventricolo andate in necrosi in seguito a un infarto: queste cellule servono a rigenerare il tessuto morto.