La tubercolosi (TBC)
La tubercolosi, detta Tbc, è una delle malattie più antiche: ne è stata trovata traccia nelle mummie egizie. Causata da batteri, di frequente interessa i polmoni, ma può colpire anche altri organi. Esiste in Italia, in seno al ministero della Salute, un registro dei casi di tubercolosi grazie a cui se ne conosce la diffusione e l’andamento.
Nell’arco di 50 anni, dal 1955 al 2008, il numero annuale di casi di Tbc registrati è passato da 12.247 a 4.418. La mortalità è diminuita da 22,5 casi ogni 100.000 nel 1955 a 0,7 ogni 100.000 nel 2006. L’attuale situazione epidemiologica relativa alla tubercolosi in Italia è caratterizzata da una bassa incidenza nella popolazione generale, tant’è che il nostro Paese è tra quelli in cui è meno frequente (meno di 20 casi ogni 100.000 cittadini).
Nel 2016 sono stati notificati 4.032 casi di tubercolosi e questo dato segnala un leggero calo rispetto agli ultimi 10 anni: dal 2012 al 2016 in Italia il tasso di notifica di tbc è diminuito in media del 1,8% per anno.
I SINTOMI
In primo luogo va detto che i sintomi della tubercolosi, che dimostrano che la malattia è conclamata, possono comparire fino a due anni dopo il contagio, ovvero dopo l’acquisizione dell’infezione.
Inoltre solo il 10-15% delle persone infette, cioè nel cui organismo è penetrato il batterio responsabile dalla malattia, sviluppano i sintomi della Tbc, che quindi può rimanere latente per anni o anche per sempre: a questo proposito si ipotizza che ci siano persone geneticamente predisposte a svilupparla ed altre che, al contrario, siano protette da questa eventualità per questioni genetiche.
Una persona infetta ma non malata, cioè che non accusa sintomi, non può trasmettere ad altri la malattia. La tubercolosi è trasmessa solo da chi ha la malattia in fase attiva.
Le manifestazioni che caratterizzano la Tbc sono tosse, perdita di peso non giustificata da una dieta dimagrante, dolore al torace, febbre intermittente, sudorazione notturna, mancanza di appetito, stanchezza invincibile. La tosse, con il passare delle settimane, può associarsi alla presenza di sangue nell’espettorato.
Se interessa i polmoni, come avviene nella maggior parte dei casi, la Tbc determina in essi delle lesioni, anche importanti, costituite da buchi (detti “caverne”) che si formano nel tessuto polmonare.
Più raramente la Tbc coinvolge distretti del corpo diversi dai polmoni, creando in essi danni che in assenza di cure portano a conseguenze irreversibili. In ordine di frequenza possono essere interessati: i linfonodi, la pleura, le vie urinarie e l’apparato genitale, le ossa, le articolazioni, le meningi, il peritoneo.
LE CAUSE
Responsabile della malattia è il batterio Mycobacterium tuberculosis (o bacillo di Koch). Del contagio sono responsabili persone ammalate in fase attiva e la trasmissione avviene tramite la saliva.
Una volta contratto il batterio, come già detto, è possibile non andare mai incontro allo sviluppo della malattia, la quale tende a conclamarsi quando l’organismo per qualsiasi ragione si indebolisce. Più di preciso, l’infezione latente diventa malattia allo stadio attivo ogni qualvolta il sistema di difesa naturale dell’organismo perde parte della sua efficienza.
L’Aids (sindrome da immunodeficienza acquisita), che per sua caratteristica attacca il sistema di difesa dell’organismo, spesso agisce da fattore scatenante della tubercolosi.
Tra le altre condizioni che possono favorire lo sviluppo di una tubercolosi latente ci sono le leucemie, la silicosi, il diabete insulino-dipendente, la malnutrizione. Ovviamente, se il Mycobacterium tuberculosis non è penetrato nell’organismo, nessuna malattia può scatenare la Tbc.
LE CONSEGUENZE
La tubercolosi non curata comporta un danno ai polmoni (o a eventuali altri organi coinvolti) e una condizione di generale decadimento fisico che nell’arco anche di poco tempo può portare al decesso. Nel mondo la Tbc attualmente è la nona causa di morte.
LA DIAGNOSI
Circa 8 settimane dopo il contagio, con un test cutaneo si può accertare se è avvenuto il contagio. Il test più utilizzato è la “intradermoreazione” (detta “test di Mantoux”), che si effettua inoculando nella cute del braccio una particolare sostanza, la tubercolina.
Se nel punto dell’inoculazione compare un pomfo rossastro significa che l’organismo è venuto a contatto con il batterio, anche se questo non vuol dire che la malattia si conclamerà.
In questa eventualità, cioè in caso di Mantoux positivo, viene prescritta una radiografia del torace, volta a verificare se la Tbc ha già impresso i suoi segni sul torace. Allo stesso tempo, viene prescritta l’analisi dell’espettorato, per avere conferma al microscopio della presenza del bacillo di Koch.
IL TEST DI MANTOUX
Il test di Mantoux è considerato positivo, cioè indica che nell’organismo è penetrato il batterio responsabile della Tbc, quando sul braccio in cui viene inoculata la sostanza (tubercolina) compare una reazione simile a una puntura di insetto (pomfo in rilievo).
L’eventuale comparsa di un eritema (arrossamento circoscritto) attorno alla zona dell’inoculazione non ha alcun valore per la diagnosi, cioè non indica nulla. La positività del test è determinata solo da un pomfo di dimensioni superiori ai 5 millimetri: sotto questa dimensione il test è negativo. La lettura è comunque tanto più precisa e affidabile quanto più il personale sanitario che valuta il risultato è esperto.
Il test positivo non è in grado di indicare quando è stata contratta l’infezione né di predire se e quando la Tbc si conclamerà. Un test positivo rimane positivo per sempre, anche quando la malattia guarisce completamente dopo essersi conclamata, quindi non ha senso ripeterlo. Il test produce il suo risultato dopo 48-72 ore dall’inoculazione: in questo lasso di tempo la zona non deve essere lavata, né disinfettata, perché diversamente c’è il rischio di sfalsare il risultato.
LE CURE
La cura è farmacologica e, secondo quanto indicato anche dalle linee guida americane, si avvale dell’impiego di antibiotici, in particolare di isoniazide, rifampicina, etambutolo (o streptomicina) e pirazinamide che devono essere assunti, anche in associazione, per periodi di tempo molto lunghi, anche fino a sei mesi.
I principi attivi indicati sono detti “di prima linea”, cioè sono in assoluto i più efficaci per debellare il bacillo di Koch.
Nel caso in cui, come a volte accade, si verificasse il fenomeno dell’antibiotico-resistenza (cioè le medicine non hanno effetto) si deve ricorrere ad altri antibiotici, detti di seconda linea, che possono determinare maggiori effetti indesiderati. La farmacoresistenza più segnalata riguarda i principi attivi rifampicina e isoniazide.
In generale, quando il medico sospetta la Tbc è bene che non attenda l’esito del test o di altre indagini, ma inizi subito a somministrare l’antibiotico, perché quanto più tempestivamente si intraprende la cura tanto più aumentano le probabilità di guarire in tempi rapidi. In generale, se la Tbc viene diagnosticata precocemente e la cura viene seguita con scrupolo e attenzione dalla persona colpita, ci sono buone probabilità di guarigione.
LA VACCINAZIONE
Esiste una vaccinazione contro la Tbc che viene raccomandata ad alcune categorie di popolazione: soprattutto bambini e adolescenti (figli di tubercolotici, abitanti in zone con alta diffusione del bacillo tubercolare), ma anche adulti (personale ospedaliero, studenti di medicina e militari).