La sindrome dell’ovaio policistico
La sindrome dell’ovaio policistico (Pcos) è il disturbo più comune tra le donne in età fertile. Si stima che, nel mondo, ne sia interessato addirittura il 7-10 per cento della popolazione femminile con meno di 40 anni.
Le statistiche dicono che nella sola Italia si riscontra nel 5-15 per cento delle donne in età riproduttiva. Il problema viene classificato tra i disturbi endocrino-metabolici (anche se coinvolge l’apparato riproduttivo) in quanto è indotto da uno squilibrio ormonale.
I sintomi
La sindrome dell’ovaio policistico è definita “sindrome” in quanto si manifesta con numerosi sintomi, più o meno marcati, che non necessariamente compaiono insieme, ma che si associano in una significativa percentuale di casi. Ecco i più comuni.
– Presenza sulle ovaie (di solito lungo il perimetro) di piccole cisti: in genere sono più di 10, di diametro compreso tra 3 e 9 millimetri. Si tratta di follicoli (cioè gli involucri che contengono l’ovocita in via di maturazione) che non sono arrivati a liberare il loro contenuto, cioè l’ovocita. Per questa ragione rimangono nell’ovaio impedendo che svolga correttamente la sua funzione: produrre ormoni. Per individuarli è sufficiente un’ecografia transvaginale.
– Assenza o ridotta ovulazione: l’ovocita contenuto nel follicolo non completa il suo processo di maturazione e, appunto, dà luogo a una cisti. Mese dopo mese le cisti aumentano di numero.
– Irregolarità del ciclo mestruale (nel 60 per cento dei casi le mestruazioni sono irregolari, nel 30 per cento dei casi sono assenti).
– Presenza di un’elevata quantità di ormoni maschili (testosterone) che comporta come conseguenza un vistoso aumento dei peli (su gambe, braccia, viso). Questo incremento anomalo di ormoni maschili è evidenziabile con un esame del sangue.
– Acne e, più in generale, pelle grassa.
– Obesità e, in particolare, accumulo di adipe a livello viscerale, cioè tra le anse dell’intestino. Quest’ultima eventualità si evidenzia con una larghezza eccessiva della circonferenza vita (oltre gli 88 centimetri). Il sovrappeso si riscontra nel 30-70% dei casi.
– Insulinoresistenza: si tratta della condizione in cui l’insulina, l’ormone prodotto dal pancreas per veicolare gli zuccheri degli alimenti nelle cellule dell’organismo per nutrirle, smette di svolgere il suo compito in modo corretto. Ne consegue che lo zucchero non utilizzato continua a circolare nel sangue, provocando un aumento della glicemia (rilevabile con un semplice esame del sangue), per cui il pancreas a scopo compensatorio continua a mandare in circolo insulina nel tentativo di ripristinare il metabolismo degli zuccheri. L’insulina prodotta in eccesso stimola le ovaie a produrre testosterone in quantità molto più elevata di quella normale, determinando lo squilibrio che caratterizza la sindrome. L’insulinoresistenza si riscontra in oltre il 70 per cento dei casi di sindrome dell’ovaio policistico.
Le cause
La causa della sindrome non è ancora stata individuata con precisione. Di certo si sa che il disturbo dipende da un aumento della produzione da parte delle ovaie degli ormoni androgeni (in particolare, testosterone) che prendono il sopravvento sugli ormoni femminili (estrogeni e progesterone) determinando lo squilibrio che caratterizza la sindrome.
Tra le ipotesi con cui i ricercatori cercano di spiegare la ragione dell’alterata funzionalità delle ovaie c’è che il danno dipenda da una loro intrinseca caratteristica.
Si sa con un buon margine di sicurezza che il grasso accumulato in grandi quantità a livello addominale immette nel sangue sostanze (acidi grassi) che favoriscono l’insulinoresistenza. Questa a sua volta stimola la produzione di testosterone da parte delle ovaie quindi può essere considerata fattore di rischio per la sindrome e, allo stesso tempo, concausa.
Quasi di sicuro la sindrome ha anche una componente genetica, come del resto succede con la sindrome metabolica.
La diagnosi
Per la diagnosi di ovaio policistico è sufficiente un’ecografia delle ovaie attraverso cui si individuano le piccole cisti che caratterizzano il disturbo.
Di norma, il ginecologo prescrive anche esami del sangue per il dosaggio della glicemia e dell’insulinemia (quantità di insulina nel sangue).
Segni come il sovrappeso, la presenza eccessiva di peluria, l’irregolarità mestruale costituiscono per il medico un’ulteriore conferma della presenza della malattia.
Le conseguenze
Il rischio più importante per la salute è legato alla probabilità di sviluppare il diabete mellito di tipo 2 e, si ipotizza, anche malattie che interessano il cuore.
Nell’immediato, la conseguenza più significativa è rappresentata dalla diminuzione della fertilità: nel 40-60 per cento dei casi le donne con sindrome dell’ovaio policistico non riescono infatti a dare inizio a una gravidanza, ma non potrebbe essere altrimenti perché la cattiva funzionalità delle ovaie comporta cicli mensili anovulatori, cioè senza ovulazione.
Occhio alla sindrome metabolica
Nelle donne con ovaio policistico si osservano spesso i segni della cosiddetta sindrome metabolica, una condizione che, secondo le linee guida del National Cholesterol Education Program, può essere diagnosticata se sono presenti 3 delle 5 condizioni elencate qui sotto.
I grandi fattori di rischio modificabili sono l’alimentazione scorretta e la vita sedentaria. C’è poi una predisposizione familiare che dovrebbe suggerire in modo ancora più imperioso di mangiare in modo corretto (anche sotto il profilo della quantità) e di fare abitualmente movimento. È a rischio chi ha:
– circonferenza vita maggiore di 88 centimetri nella donna (nell’uomo maggiore di 102 centimetri);
– pressione del sangue superiore o uguale a 130 per la massima e a 85 per la minima (donne e uomini);
– colesterolo HDL (buono) inferiore a 50 milligrammi per decilitro di sangue (inferiore a 40 negli uomini);
– trigliceridi superiori a 150 milligrammi per decilitro di sangue (donne e uomini;
– glicemia superiore a 110 milligrammi per decilitro di sangue (donne e uomini).
Le cure
La cura consiste nell’assunzione di preparati ormonali capaci di contrastare la massiccia presenza degli ormoni maschili. Tra i farmaci più usati: flutamide, finasteride, ciproterone acetato, drospirenone, dienogest, clormadinone.
Il medico può ritenere necessario prescrivere la metformina, un principio attivo che contrasta l’eccessiva produzione di insulina.
Per favorire o migliorare l’ovulazione nelle donne che vogliono un figlio, ci sono farmaci che danno ottimi risultati: il clomifene, il serofene, le gonadotropine sintetiche o estrattive. In genere un breve ciclo di terapia con uno di questi principi attivi (selezionato dal medico) permette di dare inizio a una gravidanza alla maggior parte delle donne con sindrome dell’ovaio policistico.
Una dieta equilibrata, ragionevolmente calorica, povera di zuccheri semplici e di alimenti ad alto contenuto di colesterolo (uova, latte e derivati, insaccati) è comunque d’obbligo per recuperare il peso ideale.
Sempre in relazione allo stile di vita, è raccomandato il movimento: l’ideale è camminare almeno cinque volte alla settimana per almeno 45-50 minuti di seguito a passo sostenuto.
Un aiuto dalla melatonina
Un gruppo di medici e ricercatori dell’Università Cattolica e della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma ha scoperto che la melatonina, l’ormone secreto quando cala il buio per favorire il sonno, può curare la sindrome dell’ovaio policistico.
Lo studio, pubblicato dalla rivista scientifica Reproductive Sciences, è stato condotto su 40 donne con ovaio policistico a cui è stata somministrata ogni giorno per sei mesi la melatonina. Al termine, si è verificata una riduzione dei livelli di ormoni androgeni, la regolarizzazione del ciclo mestruale, il ripristino dell’ovulazione, un miglioramento dell’acne e dell’eccesso di peluria.
L’idea di usare la melatonina per la cura della sindrome è nata da ricerche precedenti che avevano evidenziato che nelle ovaie ci sono recettori specifici per la melatonina e che quest’ultima influenza positivamente la produzione di ormoni femminili.
La melatonina offre un ulteriore vantaggio: è un integratore alimentare e non un farmaco in senso stretto, quindi espone a minori effetti indesiderati. Il suo utilizzo però, se mai un domani dovesse rientrare tra le cure ufficiali della sindrome dell’ovaio policistico, dovrà essere valutato dal medico curante.