15/09/2020

La malattia infiammatoria pelvica

Nota con l’acronimo PID, dall’inglese Pelvic Inflammatory Disease, la malattia infiammatoria pelvica è un’infezione che coinvolge il tratto superiore dell’apparato genitale femminile (ovaie, tube, utero e cervice) interessando a volte anche il peritoneo, la sacca di tessuto che avvolge i visceri. Se non viene curata tempestivamente e in maniera opportuna, può avere conseguenze irreparabili sulla fertilità.

I sintomi

Va detto che la malattia può essere priva di sintomi anche per un lungo periodo. Gli eventuali disturbi che l’accompagnano sono invece piuttosto marcati.
Il più evidente è il dolore, intenso e persistente, in genere localizzato nella zona del basso ventre. Possono inoltre comparire febbre, perdite vaginali di colore verdognolo e, quasi sempre, di odore sgradevole e/o con sanguinamento, dolore durante i rapporti sessuali, bruciore alla minzione.

Le cause

La malattia infiammatoria pelvica è spesso dovuta all’aggressione da parte di un batterio. Tra i responsabili più frequenti ci sono la Neisseria gonorrhoeae e la Clamidia (che provocano malattie a trasmissione sessuale), ma a volte sono implicati microbi che non necessariamente si trasmettono con i rapporti sessuali, come per esempio l’Escherichia coli (responsabile anche di molte forme di cistite) e lo streptococco.
La PID non è solo causata da microrganismi che dalla vagina risalgono nella parte alta dell’apparato genitale ma, sia pure molto più raramente, può rappresentare la complicazione di un’infezione che coinvolge l’intestino, dovuta per esempio alla formazione di diverticoli o a un’appendicite.
Tra gli imputati indiretti ci sono i rapporti sessuali non protetti dal profilattico con partner occasionali: abitudini sessuali disordinate aumentano infatti la possibilità di contrarre un’infezione da Clamidia o la gonorrea.

La diagnosi

Nella maggior parte dei casi il ginecologo riesce a fare la diagnosi semplicemente valutando i sintomi.
Per avere conferma di quello che sospetta può prescrivere un’analisi di laboratorio, da effettuare sulle secrezioni prelevate dal collo dell’utero e dalla vagina: questo serve a identificare il batterio responsabile della PID.
L’ecografia viene in genere prescritta per escludere che negli organi coinvolti si sia raccolto del pus (ascesso).

Le conseguenze

La malattia infiammatoria pelvica, se non curata, può diventare cronica, cioè l’infezione può permanere, andando incontro a periodi di remissione, in cui i sintomi si attenuano, ma a frequenti riacutizzazioni (cioè i sintomi possono ricomparire più e più volte). Nei casi più gravi può danneggiare tube e ovaie al punto da causare sterilità.

Da sapere

Secondo i dati di Epicentro, centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute, dell’Istituto Superiore di Sanità, il 10-40% delle donne con infezione da Clamidia non curata sviluppa una malattia infiammatoria pelvica che ha come conseguenza un danno delle tube che a sua volta si rende responsabile del 30-40% dei casi di infertilità femminile.
In più, le donne con malattia infiammatoria pelvica hanno una probabilità 6-10 volte maggiore di gravidanza ectopica, cioè con l’embrione che si annida nelle tube e non nell’utero. Nel 40-50% delle gravidanze ectopiche si riscontra la malattia infiammatoria pelvica.

Le cure

La cura è rappresentata dall’assunzione di antibiotici che il medico prescrive nel momento in cui sospetta la PID, senza aspettare di avere conferma dell’infezione attraverso altre indagini.
Questo perché, quanto prima si interviene tanto più diminuisce il rischio di complicazioni e aumentano le probabilità di guarire.
A volte è necessario il ricovero in ospedale per la somministrazione degli antibiotici per via endovenosa. I rapporti sessuali devono essere sospesi. La terapia antibiotica deve essere effettuata anche dal partner.