26/10/2017

L’iperglicemia

Quando i livelli della glicemia si alzano troppo (iperglicemia), la persona corre una serie di rischi per la sua salute, in primo luogo la possibilità di sviluppare il diabete di tipo 2 conclamato.

Ecco cosa fare in questi casi.

Le persone a rischio

Ci sono alcune persone che presentano un rischio elevato di sviluppare il diabete di tipo 2. Sono quelle che hanno un Bmi – indice di massa corporea (calcolo matematico in grado di catalogare una persona come normopeso, sovrappeso o obesa. Si ottiene dividendo il peso espresso in chilogrammi per il quadrato dell’altezza espressa in metri) uguale o maggiore di 25 e una o più tra le seguenti condizioni:

inattività fisica;

familiarità di primo grado per diabete tipo 2 (genitori, fratelli);

appartenenza a gruppo etnico ad alto rischio (Asia meridionale, Nord Africa, Medio Oriente, Caraibi);

ipertensione arteriosa (uguale o maggiore 140/90 mmHg) o terapia antipertensiva in atto;

bassi livelli di colesterolo Hdl (minore 35 mg/dl) e/o elevati valori di trigliceridi (maggiori 250 mg/dl);

nella donna, parto di un neonato di peso superiore a 4 kg o pregresso diabete gestazionale;

sindrome dell’ovaio policistico o altre condizioni di insulino-resistenza come l’acanthosis nigricans (malattia della pelle);

evidenza clinica di malattie cardiovascolari;

– HbA1c uguale o maggiore di 39 mmol/mol (5,7%), Igt o Ifg in un precedente test di screening.

In presenza di questi fattori di rischio, le linee guida attuali suggeriscono di eseguire gli esami per la diagnosi del diabete (Link a misurazione glicemia).

La condizione di pre-diabete

Fra stato di normalità e diabete di tipo 2 esiste una condizione intermedia, detta di pre-diabete. Quando si verifica? Essenzialmente in tre casi.

  1. Se i valori di glucosio dopo almeno otto ore di digiuno, in almeno due misurazioni di laboratorio, risultano compresi fra i 100 e i 125 mg/dl, in termini medici si parla di alterata glicemia a digiuno o Ifg. Secondo le stime, in questi casi il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 è pari al 30%: 1 persona su 3 con questa alterata glicemia a digiuno svilupperà il diabete.
  2. Spesso un Ifg nasconde un diabete o un’alterata tolleranza ai carboidrati: per questo, in genere, si completa la valutazione con il test del carico orale di glucosio, che consente di vedere se dopo l’ingestione di carboidrati la glicemia è normale o più o meno alta. Chi, dopo carico orale di glucosio, ha una glicemia compresa fra 140 e 200 mg/dl ha una ridotta tolleranza al glucosio o Igt ed è a rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari.
  3. Valori di emoglobina glicata o HbA1c (Link a misurazione glicemia). compresi fra 6.0 e 6,4% configurano una condizione di pre-diabete.

La prevenzione è possibile

Il pre-diabete non va sottovalutato. È stato dimostrato, infatti, che se si riducono i valori di glicemia sin dalla fase di pre-diabete, si può ritardare o prevenire la comparsa del diabete di tipo 2.

I soggetti con pre-diabete possono intervenire attivamente per ridurre il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. In linea generale, è utile:

svolgere un’attività fisica regolare (20-30 minuti al giorno o 150 minuti alla settimana);

ridurre l’apporto totale di grassi, in particolare degli acidi grassi saturi (tipici dei grassi animali a eccezione dei pesci, sono contenuti soprattutto in burro, strutto, carni e formaggi oppure in alcuni prodotti vegetali);

aumentare il consumo di fibre vegetali;

privilegiare gli alimenti a basso indice glicemico (Link a stile di vita);

correggere un’eventuale situazione di sovrappeso od obesità, se necessario rivolgendosi a un medico nutrizionista.

Quando servono i farmaci

In casi particolari, come nelle persone con rischio molto elevato di sviluppare il diabete di tipo 2 (quelle con una storia di diabete gestazionale, obesità severa e rapida progressione dell’iperglicemia), si potrebbe valutare, in aggiunta all’intervento sullo stile di vita, un trattamento farmacologico (metformina, acarbosio, glitazoni).

Occorre sapere, però, che fra le indicazioni ministeriali per tali farmaci non c’è la prevenzione. La loro prescrizione nel pre-diabete, dunque, è off label, ossia fuori dalle indicazioni: una possibilità di prescrizione concessa per tutti i medicinali.

Il diabete vero e proprio

Se non si interviene correttamente, il pre-diabete può evolvere in diabete di tipo 2.

Se la glicemia aumenta molto rapidamente può determinare sintomi quali poliuria (emissione di grandi quantità di urine), polidipsia (necessità di bere grandi quantità di liquidi per la grande sete), perdita di peso senza una causa apparente.

Nella maggior parte dei casi però la glicemia aumenta progressivamente nel corso di mesi o anni senza dare sintomi evidenti.

In assenza di sintomi, il riscontro di valori alti di glicemia deve essere, per sicurezza, confermato almeno due volte. Si parla di diabete quando:

la glicemia a digiuno (cioè a distanza di almeno 8 ore dall’ultimo pasto) è uguale o superiore a 126 mg/dl (milligrammi per decilitro di sangue) in almeno due occasioni,

la glicemia a distanza di due ore dalla somministrazione per bocca di 75 g di glucosio è di 200 mg/dl o più;

la glicemia misurata in qualunque momento della giornata è di 200 mg/dl o più.

Una malattia del metabolismo

Il diabete è una malattia cronica in cui, oltre all’aumento della concentrazione di glucosio nel sangue, sono presenti anche altre alterazioni nel metabolismo (insieme delle reazioni chimiche che, tra le altre cose, trasformano il cibo in energia) degli zuccheri e dei grassi.

Alla base c’è un difetto assoluto o relativo dell’insulina, l’ormone che regola l’ingresso e l’utilizzo del glucosio nelle cellule, consentendo all’organismo di impiegare gli zuccheri presenti nei cibi per produrre energia o per creare scorte sotto forma di glicogeno, e permette il deposito dei trigliceridi alimentari nelle cellule adipose sotto forma di grasso.

In pratica, in presenza di diabete l’insulina è prodotta in quantità insufficiente dal pancreas oppure le cellule dell’organismo rispondono poco alla sua azione (condizione detta di insulino-resistenza).

In entrambi i casi, il risultato è simile: il glucosio non riesce a essere usato dalle cellule per produrre energia o a essere immagazzinato dal fegato e dai muscoli sotto forma di glicogeno e finisce con l’aumentare nel sangue.

Anche il livello dei trigliceridi circolanti aumenta.

Due tipi principali

Di diabete non ne esiste un solo tipo. I principali sono due (vedi capitoli 6 e 7).

Diabete di tipo 1

Subentra quando il pancreas non è più in grado di produrre insulina a causa della distruzione delle beta cellule (le uniche nel nostro corpo che producono insulina, che è l’unico ormone capace di abbassare la glicemia) da parte del sistema immunitario (sistema naturale di difesa) che non le riconosce più come proprie. Si tratta di una forma di diabete più frequente nelle persone giovani (bambini ed adolescenti), ma che può manifestarsi anche in età adulta.

Diabete di tipo 2

Si ha quando la capacità di produrre insulina è conservata, ma le cellule rispondono meno alla sua azione (insulino-resistenza). Di conseguenza, nei tessuti entra una quantità minore di glucosio e i suoi livelli nel sangue aumentano. Il pancreas risponde a questo innalzamento della glicemia producendo e rilasciando una maggiore quantità di insulina allo scopo di riportare la glicemia ai livelli normali. A lungo andare, però, l’organo non riesce più a produrre insulina nelle quantità necessarie per superare l’insulino-resistenza e i livelli di glicemia si alzano progressivamente. Questo spiega perché, dopo anni di diabete di tipo 2, il pancreas si esaurisce, la produzione di insulina diventa insufficiente per abbassare le glicemia e può essere necessaria la terapia insulinica. Questo tipo di diabete è più frequente nelle persone obese, di età superiore ai 40-50 anni, ma sta diventando comune anche nelle fasce più giovani della popolazione, addirittura fra adolescenti e bambini. È la forma di diabete più diffusa.