Donne e STEM: i pregiudizi pesano ancora?
Uno degli obiettivi della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza che si celebra l'11 febbraio è combattere gli stereotipi di genere
Non si vive di sole STEM, ovvero di discipline tecnico-scientifiche, ma è indubbio che siano tra le più richieste sul mercato del lavoro. Eppure, arrivate alle scuole secondarie molte ragazze sembrano perdere lo slancio e la passione che le avrebbero portate a scegliere un percorso di studi scientifico. Mettono da parte talento e competenze perché sanno che le aspetta una strada in salita e anche perché subiscono la pressione di preconcetti e stereotipi che sgretolano la loro autostima.
In occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza dell’11 febbraio, la piattaforma online per l’apprendimento delle lingue Babbel, in collaborazione con l’associazione no profit SheTech (nata proprio per colmare il gender gap nel mondo della tecnologia, del digitale e dell’imprenditoria) e Fosforo (la festa della scienza nelle Marche, al cuore di Associazione Culturale NEXT), apre una riflessione sugli stereotipi di genere che in Italia rendono ancora gli ambiti STEM poco inclusivi, a partire dalla scuola.
A svalutarsi si impara da piccole
La predisposizione alle materie scientifiche delle bambine è sottovalutata già in ambito scolastico. E le conseguenze si notano quando arriva il momento di scegliere il percorso accademico.
Secondo recenti dati Istat, a immatricolarsi a corsi dell’area STEM sono circa il 21% delle ragazze che si iscrivono all’università, mentre i ragazzi superano il 40%.
Potrebbe aiutare avere più modelli di riferimento, presentando alle nuove generazioni un quadro più completo della storia della scienza e insegnando a mettere in discussione gli stereotipi di genere.
«Instillare la scintilla della meraviglia e il piacere della scoperta scientifica sin dall’infanzia, aiutando così allo stesso modo bambine e bambini a trovare la propria strada, è uno dei nostri obiettivi» spiega Mattia Crivellini, co-fondatore di Fosforo. «Sebbene l’attuale situazione ci ricordi che abbiamo statistiche insoddisfacenti da questo punto di vista, occorre sempre ricordare a tutti, specialmente alle menti più giovani, gli straordinari risultati che si possono ottenere nella ricerca scientifica da uno sforzo comune, senza distinzione di genere. Non dimentichiamoci che la prima persona a vincere due premi Nobel, rispettivamente nella fisica e nella chimica, è stata una donna: Marie Curie!».
La percezione dall’interno
Non si tratta solo di impedire che future scienziate e ingegnere rinuncino a trovare la loro strada. Un altro problema con cui dovranno confrontarsi è che anche nelle STEM i tassi di occupazione e di retribuzione femminili rimangono più bassi rispetto a quelli maschili.
La percezione è quindi quella di essere svalutate e sottopagate: lo rivela una ricerca condotta da SheTech in collaborazione con IDEM, sottoponendo a un campione di lavoratrici operanti in ambito STEM un questionario sugli ostacoli e sugli stereotipi incontrati nel loro percorso.
Rimane un punto critico la retribuzione, con l’86% delle intervistate convinte che le donne siano pagate meno dei colleghi e il 78% d’accordo sul fatto che in caso di promozione l’aumento salariale sia inferiore rispetto a quello proposto a un uomo, così come appaiono evidenti i limiti posti alle prospettive di carriera. Per l’84% è più probabile che a essere promosso sia un uomo, per il 58% si sente ancora una certa resistenza culturale nell’accettare una responsabile donna da parte degli uomini che lavorano nelle STEM.
Le parole contano
Del resto, il 71.5% ha anche riportato di essere sempre “Signora/Signorina” a prescindere dal titolo, perché ci si aspetta che Dottore/Ingegnere sia di default un uomo. Per non parlare del vecchio preconcetto secondo cui l’emotività tipica delle donne sarebbe in netto contrasto con la razionalità e il pensiero analitico, prerogativa maschile.
Sembrano inezie, eppure le parole contano. «Le parole sono lo specchio di categorie concettuali attraverso cui si divide e comprende la realtà; è quindi necessario lavorare su un linguaggio più inclusivo per combattere le ben radicate diseguaglianze di genere. L’eliminazione dal proprio vocabolario quotidiano delle espressioni sessiste, che veicolano una violenza costante e onnipresente – verbale e psicologica – rappresenta un primo passo da compiere sulla strada verso l’equità in tutti i settori lavorativi», commenta la principal content strategist di Babbel, Sara Garizzo.
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