Anosmia: un mondo senza odori
Il nostro olfatto è un senso a rischio, che va curato se dà forfait
È difficile immaginarsi un mondo senza odori, buoni o cattivi che siano. Eppure, per le persone che soffrono di anosmia, cioè la perdita totale dell’olfatto, temporanea o permanente, questa è la realtà da affrontare ogni giorno con spiccate doti di adattamento. «In base ai più recenti dati scientifici si stima che in età adulta i disturbi o le alterazione dell’olfatto, la cosiddetta disosmia, possano interessare fino al 22% della popolazione a livello globale», commenta il professor Pasquale Capaccio, professore associato di Otorinolaringoiatria all’Università degli Studi di Milano e otorinolaringoiatra della Casa di Cura La Madonnina nel capoluogo lombardo.
Studi recenti indicano come l’anosmia totale possa interessare fino al cinque per cento della popolazione generale.
Un’altra sfumatura del disturbo è rappresentata dalla cacosmia, ovvero percepire un odore piacevole come poco gradito, e la parosmia, quando lo stimolo odoroso viene sentito come diverso da quello effettivo.
Per approfondire la situazione
Ad oggi non esiste una tecnica obiettiva che possa rilevare il grado della capacità olfattiva di una persona. L’esame di riferimento rimane invece l’olfattometria che è un test soggettivo. Questo strumento di diagnosi, non invasivo e non doloroso, prevede di fare annusare alla persona un certo numero di odori tramite gli sniffing sticks, cioè bastoncini impregnati di diversi sentori, a distanza di un determinato lasso di tempo uno dall’altro, per non fare confusione tra gli odori. «Se non si riesce a risalire a una causa scatenante, è opportuno indagare con una TAC del massiccio facciale per escludere la rinosinusite cronica o una risonanza magnetica dell’encefalo, per escludere o confermare eventuali problemi neurologici», dice Capaccio.
Cosa si può fare
Il farmaco. Qualunque sia l’evento che ha provocato l’anosmia o qualsivoglia modifica olfattiva, il cortisone è l’unica terapia che può dare buoni risultati dimostrati su basi scientifiche. Le modalità di somministrazione sono per bocca, per via intramuscolare o in spray nasale in caso di rinosinusite cronica.
Esercizi mirati. La terapia miofunzionale oro-facciale è la tecnica più innovativa in assoluto e consiste nel fare praticare al paziente un’attività motoria mirata per naso e bocca, con esercizi guidati da esperti. L’obiettivo è stimolare questi organi ad apprezzare di nuovo gli odori. Tra gli esercizi ci sono movimenti per la muscolatura della bocca e della lingua. E ancora cercare di alzare e abbassare le ali del naso.
Il training olfattivo. È un metodo per cercare di favorire la memoria olfattiva nella corteccia cerebrale, facendo annusare odori piuttosto intensi. In questo modo, si cerca di stimolare il più possibile la via olfattoria che parte dalla mucosa del naso e arriva fino alla corteccia cerebrale olfattoria. Diverse analisi effettuate con risonanza magnetica hanno evidenziato come questa tecnica possa persino aumentare il volume del bulbo olfattivo, cioè la prima porta di accesso delle informazioni veicolate dai neuroni olfattivi. «È necessario sottoporsi a un ciclo di sedute di circa 30 minuti ciascuna, per un periodo che può durare da un minimo di tre/quattro settimane a un massimo di tre mesi», conclude il professor Capaccio.
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