Alla Festa del cinema di Roma il pubblico ha “Il vizio della speranza”
Dopo incontri, anteprime mondiali, ma anche allagamenti e contestazioni alla sindaca Raggi, la Festa del cinema si chiude premiando il film di Edoardo De Angelis, una metafora sulla vita che resiste
Ne sono successe di cose, in questi 10 giorni di Festa del Cinema a Roma. Grandi premi Oscar come Martin Scorsese, Cate Blanchett, Isabelle Huppert o Giuseppe Tornatore arrivati per raccontarsi al pubblico, concerti sold out (di Francesco De Gregori e degli Afterhours), ottimi film in anteprima come Beautiful Boy di Felix Van Groeninger, Green Book di P. Farrelly o A private war di M. Heineman ma anche grandinate, allagamenti sul red carpet (e sulle strade di accesso all’Auditorium), scioperi dei mezzi e persino manifestazioni contro la sindaca Virginia Raggi.
Insomma tanto cinema ma non solo, come forse è giusto che sia in una manifestazione che non intende essere solo una carrellata di film, ma un’occasione per immergersi in storie che narrano i nostri tempi.
Vince il cinema italiano crudo (ma vero)
Forse non è un caso, dunque, se il Premio del pubblico Bnl di questa tredicesima edizione del Festa di Roma sia andato al film Il vizio della speranza di Edoardo De Angelis, secondo lavoro del regista di Indivisibili sulla storia di una giovane donna che tenta di riscattarsi da un destino che l’ha costretta a barcamenarsi nella povertà più assoluta, tra malavita, prostituzione, povertà e disgustosi traffici di bambini. Un film amaro e bellissimo, nelle sale italiane solo dal 22 novembre, che sulla scia di Dogman di Matteo Garrone o Non essere cattivo di Claudio Caligari esprime il miglior cinema italiano degli ultimi anni, meno timoroso di mostrare le realtà più crude e disperate delle nostre periferie, ma così umane da essere apprezzate e comprese anche dal grande pubblico.
In & Out
Di certo, la differenza con l’altro film italiano scelto per la chiusura è stata lampante. Per l’ultimo giorno di Festa sul grande schermo dell’Auditorium è arrivato Notti Magiche, il nuovo lavoro di Paolo Virzì scritto con Francesca Archibugi e Francesco Piccolo in uscita il prossimo 8 novembre. Una sorta di ritorno alle origini per il regista livornese, che dopo La prima cosa bella e La pazza gioia ha tentato di tornare all’ironia, alla freschezza e alla spontaneità di Ovosodo e Baci e Abbracci, per raccontare la storia di tre giovani sceneggiatori alle prese con l’affascinante ma ridicolo “apparato” del cinema nella Roma del 1990. Il risultato però è un autogol (giusto per restare in tema con i Mondiali di calcio a cui fa riferimento il titolo) perché il film prova a fare una caricatura divertente dei registi e dei produttori dell’epoca, ma finisce per farla allo stesso genere cinematografico di Virzì. Peccato.
Al prossimo anno!
E così, tra un genere italiano che decolla (quello post-realista) e uno che momentaneamente tramonta (quello ironico di nicchia), la Festa di Roma archivia il tappeto rosso con un 6% di pubblico in più e un il 48% di post in più su Instagram. Segnale, forse, che la gente ama ancora il cinema di qualità e che – per citare Scerbanenco, come fa il film vincitore di quest’anno: “la speranza è un vizio che nessuno riesce a togliersi completamente”.
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