26/02/2021

Ermal Meta a Sanremo 2021 con una canzone d’amore “verticale”

Laura Frigerio
A cura di Laura Frigerio
Pubblicato il 26/02/2021 Aggiornato il 26/02/2021

A tre anni dalla vittoria con Fabrizio Moro, Ermal Meta torna al Festival di Sanremo con Un milione di cose da dirti

Ermal Meta

Il 71esimo Festival di Sanremo non sarà solo l’occasione per scoprire le nuove leve della musica italiana (tra indie, rap e rock) già “big”, ma anche per ritrovare vecchie conoscenze. Tra di loro Ermal Meta, che torna “sul luogo del delitto” a tre anni di distanza dalla sua vittoria in coppia con Fabrizio Moro con Non mi avete fatto niente (e a quattro dal suo terzo posto con Vietato Morire).

Stavolta niente denuncia sociale per lui, ma una ballad dal titolo Un milione di cose da dirti, che sarà inserita nel suo nuovo album Tribù urbana (in uscita il 12 marzo).

Ce ne ha parlato lo stesso cantautore nel corso di una conferenza via Zoom.

Cosa c’è da sapere sulla canzone

«È una canzone d’amore verticale, una semiretta che parte ma non sai dove va a finire» così Ermal Meta definisce Un milione di cose da dirti. «È una canzone d’amore che si nutre della gioia della consapevolezza di avere avuto qualcosa di importante e non si concentra su ciò che non ha avuto».

Quando l’ha scritta? «Tre anni fa, in un perioro di grande solitudine. La mia vita era piena di piccole e grandi scosse di assestamento e avevo un blocco emotivo. L’unica cosa che potevo fare era scrivere una canzone per potermene liberare. Avrei voluto dire tante cose in quel momento e così mi sono messo in gioco, parlando con qualcuno che in quel momento non c’era e per questo motivo sono riuscito ad esprimermi in maniera aperta».

E aggiunge: «I due personaggi del brano non sono confinati in un nome, ma vengono rappresentati con due immagini per rendere la storia un po’ fiabesca».

Pronto per il Festival

«Non vado al Festival di Sanremo con l’intenzione di salire sul podio» precisa Ermal Meta. «La mia voglia più grande è semplicemente quella di presentare un brano tratto dal mio nuovo album, cercando di cantare al meglio e sperando che chi mi ascolta si emozioni con me».

E come la mettiamo con il Teatro Ariston senza pubblico? «Cantare davanti a un teatro vuoto è un po’ strano, ma alla fine noi artisti rimaniamo sul palco una manciata di minuti. In questa edizione il ruolo più difficile sarà quello dei conduttori che devono portare avanti una diretta per ore».

Perché ha deciso di portare, nella serata delle cover, Caruso di Lucio Dalla? «L’ho scelta perché me l’hanno sconsigliata tutti! Sono fatto così: vado contro quello che può essere un consiglio, anche saggio, perché preferisco misurarmi con i miei limiti, mettermi i guanti di velluto e toccare qualcosa che dovrebbe essere intoccabile».

Ad accompagnarlo ci sarà la Napoli Mandolin Orchestra (in formazione ridotta, per motivi di sicurezza anti-Covid): «Quando ho mandato la registrazione piano-voce di Caruso al maestro Diego Calvetti, che dirigerà l’orchestra, gli ho detto che avrei voluto farla con dei mandolini perché secondo me quella canzone rappresenta la napoletanità e così lui mi ha parlato di questa formazione». E aggiunge: «Non so perché, ma sento un forte legame con Napoli, tanto che la prima volta che ci sono andato mi sono trovato subito a casa. È la città che, secondo me, rappresenta al meglio l’Italia intera».