Festa del Cinema di Roma 2023: Unfitting, il corto sul body shaming di Giovanna Mezzogiorno
L'attrice Giovanna Mezzogiorno debutta alla regia con il cortometraggio Unfitting, che racconta una storia di body shaming, presentato alla Festa del Cinema di Roma
La 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma verrà ricordata anche per quella con il più alto tasso di esordi alla regia di attrici italiane.
Dopo Paola Cortellesi, Kasia Smutniak e Mia Benedetta (ad Alice nella Città) arriva Giovanna Mezzogiorno con Unfitting, cortometraggio che racconta una storia di body shaming di ispirazione autobiografica (presentato nella sezione delle Proiezioni Speciali).
Nel cast troviamo Carolina Crescentini, Ambra Angiolini, Massimiliano Caiazzo, Marco Bonini, Moira Mazzantini e Fabio Volo.
Cosa c’è da sapere su Unfitting
Unfitting nasce da un’idea della giornalista Silvia Grilli (direttrice del settimanale Grazia) a cui Giovanna Mezzogiorno aveva raccontato gli episodi di bullismo che aveva subito dopo la maternità quando il suo corpo era cambiato. In seguito aveva notato che anche su internet si parlava con insistenza proprio dei kg che aveva preso e così ha chiesto all’attrice di scrivere questo corto, coinvolgendo poi nella produzione Manuela Cacciamani (Founder One More Pictures) e il brand luxury Bulgari.
La protagonista di Unfitting (interpretata da Carolina Crescentini) si chiama proprio Giovanna ed è un’attrice che subisce un susseguirsi di ordinaria crudeltà dalla regista, dal produttore, dall’ufficio stampa, dall’agente mentre una sola voce si erge in sua difesa: quella di un giovane collega.
Una storia che è ambientata nel mondo dello spettacolo, ma in cui è facile ritrovarsi perché ogni donna, nella vita di tutti i giorni, viene perennemente giudicata (e troppo spesso bullizzata) per il proprio fisico.
La parola alla regista
«È una questione su cui si chiacchiera tanto, ma non viene mai raccontato quanto può essere grave per una persona. Non pretendo io di cambiare le cose, anche perché è frutto di una cultura millenaria, però bisogna rendersi conto che può essere devastante in fase adolescenziale e non deve essere sottovalutato. A me è successo più avanti, ora ho quasi 50 anni, ma fa sempre male» – racconta Giovanna Mezzogiorno – «Durante la gravidanza ho preso 20 kg, poi sono stata pigra e ho fatto una vita più casalinga che lavorativa, quindi è stata anche un po’ colpa mia e a 40 anni e più difficile perdere peso, ma il problema è mio non degli altri, che invece la usano come arma per offendere, denigrare, ricamare leggende (tipo che fossi malata). Tutto questo è grave e può rovinare la vita di una persona. Ci vuole molta resistenza, perché prima devi farti passare lo sbigottimento e poi riuscire a riderne. È per questo che nel corto ironizzo su queste cose».
E aggiunge: «Le donne non sono solidali, in maniera abbastanza dichiarata. Io non ho niente da insegnare a nessuno, ma non sono antagonista per natura e gli altri non dovrebbero esserlo in generale. Non mi occupo e non giudico le vite degli altri che non conosco, ma nessuno sa della vita intima degli altri. Io sarò sempre gentile con queste persone, non perché sono falsa ma per il fatto che sono educata».
La parola al cast
«Io vivo lo stesso bullismo che ha vissuto Giovanna. Mi chiedono spesso di perdere peso. Io per fortuna ho un buon carattere e cerco di essere autoironica, che è anche la mia difesa quando vengo bullizzata, prendo in giro la situazione per stemparare. L’unico modo è ridere di me o della situazione, ma è una continua mancanza di rispetto ed educazione. Se questo corto può fare sentire a disagio queste persone per noi è già un risultato» – dice Carolina Crescentini – «Si parla tanto di emancipazione, ma si continua con queste chiacchiere da bar. Ci sono delle mie colleghe che, per non fare la prova abiti e non vivere quella umiliazione, si rivolge al vintage per non stare in questo gioco cattivissimo. E questo non è giusto. Noi siamo chiamate a fare il nostro lavoro per quello che possiamo portare emotivamente, cosa che dovrebbe essere più importante del giro vita. Penso sia arrivato il momento di mettere certe persone al loro posto».
Cosa dice la parte maschile del cast? «Questo progetto ci ha permesso di trattare il tema in maniera specifica, ovvero nel nostro mondo che si nutre tanto anche del chiacchiericcio, che fa passare in secondo piano il talento» – sottolinea Massimiliano Caiazzo – «Per me è stato un regalo affrontare questo tema dal punto di vista con un personaggio empatico. L’arte magari non può cambiare le cose, ma scuotere le persone si».
«Io sono dentro a questa operazione per due motivi: l’amicizia fraterna con Giovanna (che dura da trent’anni) e la mia militanza maschile nella questione di genere» – dice invece Marco Bonini – «L’emancipazione femminile va avanti dagli anni’60, quella maschile non è mai partita. Dobbiamo cambiare il paradigma che veda il maschile e il femminile non attraverso una forma estetica, ma attraverso una relazione, deve prevedere una nuova idea di maschile che non c’è».
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