Tár, quando il potere dà alla testa (anche alle donne)
Arriva in sala il film di Todd Field scritto su misura per Cate Blanchett, nel ruolo di una direttrice d’orchestra ebbra di potere e di talento
Dopo la Coppa Volpi a Venezia, Cate Blanchett potrebbe conquistare il suo terzo Oscar con il ritratto geniale, spietato e surreale di una donna immaginaria ma non per questo meno inquietante.
In arrivo nelle sale italiane dal 9 febbraio, Tàr è la storia di una direttrice d’orchestra all’apice del successo, madre di famiglia e in segreto predatrice di giovani donne promettenti che vivono nella sua ombra.
Power trip al femminile
Nella sua vita Lydia Tàr ha inanellato un successo dopo l’altro. Ha avuto come mentore Leonard Bernstein, ha condotto la Filarmonica di New York e quella di Berlino, ha scritto musica per il cinema, per il teatro e per la televisione, vinto tutti i premi più ambiti dello spettacolo, trovato il tempo di innamorarsi del primo violino della sua orchestra (Sharon, interpretata da Nina Hoss), sposarsi e avere una figlia, Petra. La sua assistente Francesca (Noémie Merlant) pende dalle sue labbra, così come il resto del mondo.
Peccato che nessuna di queste patinate biografie menzioni il suo carattere dispotico, la facilità con cui umilia gli studenti, la tendenza a promuovere le sue favorite e ostacolare chi le si mette di traverso, almeno finché una delle sue giovani amanti non si toglie la vita. Mantenere segreta quella relazione si rivelerà impossibile, in una parabola discendente che porterà Lydia a perdere tutto quello che ha costruito.
Tra entusiasmi e critiche
Le atmosfere cupe di Tàr hanno conquistato Scorsese, entusiasta di aver visto una volta tanto un film che non ha alcuna intenzione di offrire al pubblico un finale rassicurante. Tutto contribuisce a rispecchiare la brutale architettura dell’anima di Lydia, presa dal suo claustrofobico delirio di onnipotenza, un ritorno al cinema come forma d’arte e non solo prodotto di intrattenimento.
Non è d’accordo Marin Alsop, direttrice della Baltimore Symphony Orchestra che da questo film si è sentita offesa su tutti i fronti, “come donna, come direttrice d’orchestra e come lesbica”. Non aiuta che molti dettagli superficiali sembrino essere stati ispirati alla sua vita – sia professionale che familiare – creando un accostamento poco lusinghiero tra il suo nome e quello di Harvey Weinstein o altri uomini la cui carriera è implosa dopo uno scandalo. A suo parere Tàr pecca di immaginazione, ricadendo nello stereotipo trito e ritrito della donna resa folle o isterica dal potere.
Prima l’attrice, poi il ruolo
Senza Cate Blanchett non ci sarebbe stata nessuna Lydia Tàr, ha raccontato il regista Todd Field a Collider.
Una parte cucita su misura per lei, tanto che se avesse rifiutato la parte il copione sarebbe tornato in un cassetto.
Dal canto suo, la Blanchett è rimasta intrigata da un personaggio così pieno di contraddizioni e zone d’ombra, senza preoccuparsi troppo delle polemiche. Anzi, sembra essere convinta che a parità di privilegi (e di egomania) uomini e donne siano davvero destinati a fare le stesse scelte, inclusa quella di calpestare impunemente chi è più debole.
Ti potrebbe interessare anche:
- Sanremo 2023: Marco Mengoni racconta la sua vittoria
- Teatro: gli “Amanti” di Massimiliano Gallo e Fabrizia Sacchi tra sesso, imbrogli ed emozioni
- Sanremo 2023: le pagelle della finale vinta da Marco Mengoni
- Sanremo 2023: top e flop della quarta serata
- Sanremo 2023: le pagelle della quarta serata