Spencer: arriva finalmente al cinema la Diana ribelle di Kristen Stewart
Dopo tanta attesa debutta anche nelle sale italiane il biopic di Pablo Larraín su Lady D
A dirla tutta lo aspettiamo da dicembre, incuriositi dalle prime recensioni post-Venezia e dai pronostici sugli Oscar che una volta tanto hanno azzeccato almeno la rosa delle nomination. E dopo tanta attesa Spencer arriva finalmente nelle sale, promettendo di raccontare i retroscena immaginari delle vacanze di Natale più tese di Lady D, quelle in cui ha deciso di mandare all’aria un matrimonio reale pur di ritrovare la sua libertà. Un momento catartico che pare Kristen Stewart abbia interpretato magistralmente, conquistandosi la sua prima nomination agli Academy Awards come migliore attrice protagonista.
Una fiaba al contrario
L’approccio di Pablo Larraín al biopic non è cambiato dai tempi di Jackie (2016). Sia Jacqueline Kennedy che Diana Spencer hanno vissuto momenti difficili e dolorosi di cui ogni dettaglio è diventato di dominio pubblico, a volte sfiorando i limiti della decenza giornalistica. Per il regista cileno raccontare tutta la storia di Lady D sarebbe superfluo e anche un filo pedante: molto più interessante immaginare le conversazioni avvenute a porte chiuse, cercando di catturare tutte le ambiguità di quella che ha definito “una fiaba alla rovescia”.
Per vivere davvero felice e contenta, infatti, la principessa deve disfarsi del principe e tornare a sentirsi una donna del popolo.
O quasi, dal momento che Diana era pur sempre figlia di visconti e che pur perdendo il titolo di Altezza Reale conservò quello di Principessa del Galles.
Tre giorni nella vita di Lady D
Siamo nei primi anni ’90, quando la famiglia reale è riunita come di consueto a Sandringham per festeggiare il Natale. Una sorta di armistizio nella guerra fredda in cui si è trasformato il matrimonio di Carlo e Diana: lui non la ama e lei lo sa benissimo, soffrendo oltre che per la freddezza del marito anche per le continue incomprensioni con l’ingombrante suocera. E naturalmente per la rigida etichetta di corte che le impedisce di mantenere un briciolo di autonomia, trasformando ogni sbavatura in un errore madornale. Arrivare dopo la Regina significa mancare di rispetto alla sua autorità, scegliere il colore sbagliato per andare in Chiesa è un affronto alla tradizione, mostrare le proprie emozioni davanti alle telecamere un imperdonabile passo falso. A Diana non è concesso neppure avere un (legittimo) travaso di bile quando si rende conto che Carlo ha avuto il cattivo gusto di regalare la stessa collana di perle sia a lei che a Camilla.
Insomma, queste vacanze diventeranno una tre giorni di pura insofferenza che le renderà sempre più chiaro come per salvarsi non abbia altra scelta che fuggire il più velocemente possibile.
Rabbia e solitudine
Se la Diana di Emma Corrin in The Crown è un uccellino in gabbia, quella di Kristen Stewart somiglia più all’eroina di un romanzo gotico. È arrabbiata, irrequieta, paranoica e piena di contraddizioni. Un ritratto immaginario che cerca di catturare i suoi punti di forza e le sue fragilità, frutto di una full-immersion di documentari, interviste e biografie.
Nel film le vulnerabilità di Lady D vengono citate tutte, senza distinguere i fatti dai pettegolezzi: la bulimia, l’autolesionismo, la solitudine, la profonda angoscia causata da un matrimonio infelice in cui è di fatto l’altra donna. E per rendere l’atmosfera ancora più alienante, per tutto il film Diana è tormentata da visioni di Anna Bolena, la moglie di Enrico VIII decapitata per fare posto all’amante. Il resto della storia lo raccontano abiti e gioielli, scelti liberamente dalla costumista Jacqueline Durran per rievocare lo stile di Diana e farne una parte integrante della narrazione, senza badare ai vincoli cronologici
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