House of Gucci: moda, avidità e amore tossico
A metà tra la soap e il true crime, House of Gucci arriva nelle sale dal 16 dicembre. Protagonista assoluta Lady Gaga, vedova nera di Adam Driver
Melodrammatico, patinato e tanto, tanto controverso. House of Gucci di Ridley Scott è un film che ha fatto discutere ancora prima di uscire in sala, complice la reazione fortemente negativa degli eredi della maison. Nel film la dinastia Gucci è rappresentata come una famiglia potente e infelice, dilaniata dall’avidità e dall’orgoglio.
Non esattamente un ritratto lusinghiero, ma la vera pietra dello scandalo è la parziale riabilitazione di Patrizia Reggiani: mandante di un omicidio, sì, ma anche vittima di una cultura familista e maschilista che non ha fatto altro che sottoporla a continue umiliazioni.
Dalle prime recensioni sembrano esserci tutte le premesse per un perfetto film da popcorn.
Cosa non si fa per orgoglio
Liberamente ispirato al libro omonimo di Sara Gay Forden (Garzanti), House of Gucci mette al centro della storia l’incontro fatale tra Maurizio Gucci (Adam Driver) e la socialite Patrizia Reggiani (Lady Gaga), nel 1978. La famiglia di lui la considera una scaltra cacciatrice di dote, lei invece parla ancora di Maurizio come del suo grande amore. Questo nonostante abbia commissionato il suo omicidio nel 1995, dopo essere stata messa da parte per una donna più giovane.
La loro storia si intreccia con quella della dinastia Gucci, marchio ereditato dai fratelli Aldo e Rodolfo (Al Pacino e Jeremy Irons) e dai rispettivi figli. Le ambizioni di Maurizio e Patrizia vanno di pari passo con quelle del cugino Paolo (un irriconoscibile Jared Leto), figlio stravagante e creativo di Aldo che dopo aver tentato di utilizzare il nome di Gucci senza il consenso del padre e dello zio viene brutalmente licenziato dalla maison. L’intera famiglia è avvinta in una lotta per il potere fatta di ritorsioni e tradimenti, mentre il risentimento di Patrizia cresce sempre di più.
Seducente e pericolosa
Sappiamo tutti com’è andata a finire: dopo il divorzio, quando Maurizio manifesta l’intenzione di risposarsi con l’amante Paola Franchi (Camille Cottin), Patrizia lo fa uccidere. Per stizza, non per odio, ci tiene a precisare oggi, intervistata dal Corriere della Sera. E nessuno l’avrebbe mai saputo, se non fosse stato per le intercettazioni telefoniche che la mettono spalle al muro insieme a tutti i suoi complici, inclusa la sensitiva Giuseppina Auriemma (Salma Hayek), amica e confidente.
A rimanere affascinata dalla sua storia è stata soprattutto Lady Gaga, che tuttavia ha preferito non incontrarla per non lasciarsi influenzare troppo: “nessuno può dirmi chi è Patrizia Reggiani, nemmeno Patrizia Reggiani”. Ha preferito prepararsi al ruolo passando in rassegna la filmografia di Gina Lollobrigida e Sofia Loren, tingendosi i capelli di nero per sentirsi più vicina alle sue radici e imparando da una dialect coach a imitare l’accento italiano (con risultati discutibili, ma impegno lodevole). Nella sua mente Patrizia è una vittima ma anche un predatore, una contraddizione da sciogliere. Studiare i diversi stili di caccia di gatti, volpi e pantere le è stato d’aiuto per infondere al personaggio le giuste caratteristiche, ha raccontato al Guardian.
Per il suo stile anche la costumista Janty Yates si è ispirata a quello di Gina Lollobrigida, attingendo alla moda degli anni ’60 e ’70 e recuperando accessori vintage di Bulgari e Boucheron su eBay.
Perché alla famiglia Gucci non è piaciuto
La famiglia Gucci non ha gradito la ricostruzione della vicenda, troppo indulgente nei confronti di Patrizia Reggiani e poco rispettosa verso la memoria di Aldo Gucci. Non solo la produzione non si è curata di interpellare gli eredi, ma ha preferito glissare strategicamente sulla presenza di tante donne in posizioni di potere all’interno dell’azienda, che facessero parte della famiglia o no. Patricia Gucci è stata molto critica anche nei confronti di Al Pacino, ritenendo che la sua interpretazione abbia trasformato il padre da personificazione dell’eleganza a “un minuscolo delinquente sovrappeso”, offendendo la sua dignità. Tantomeno ha apprezzato la sceneggiatura di Becky Johnston e Roberto Bentivegna, colpevoli di aver rappresentato gli uomini della sua famiglia come un gruppo di criminali di bassa lega, ignoranti e insensibili al mondo che li circonda. Neppure Jared Leto le è sembrato in parte, troppo caricaturale e tragicamente malvestito. Il regista Ridley Scott non si è lasciato scomporre, prendendo le difese del cast e respingendo al mittente l’accusa di voler lucrare sulla storia della famiglia.
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