03/10/2019

Ad Astra, lo space thriller con Brad Pitt

Veronica Colella Pubblicato il 03/10/2019 Aggiornato il 03/10/2019

Lo spazio freddo e ostile di James Gray sembra troppo cupo agli spettatori. Nonostante l'intervento di Brad Pitt per rendere il finale meno pessimista

Ad Astra

Dopo una tiepida accoglienza a Venezia, è arrivato al cinema Ad Astra: un thriller fantascientifico che ha tirato fuori la parte più vulnerabile di Brad Pitt, nei panni di un astronauta alla ricerca del padre scomparso. In questi primi giorni di programmazione in Italia Brad Pitt ha dovuto vedersela con… Brad Pitt. Infatti il film più visto della settimana è sempre C’era una volta a… Hollywood di Quentin Tarantino con Brad ancora protagonista.  Pur incuriosendo, Ad Astra secondo gli spettatori è un po’ troppo cupo. E il paragone con i grandi classici del genere (2001 Odissea nello spazio per primo) appare azzardato.

Nello spazio freddo e ostile

Il regista James Gray ha voluto infondere un pizzico di realismo nelle avventure spaziali. Dimenticate lo spirito avventuroso di Star Trek, dove lo spazio è l’ultima frontiera da conquistare.

Se c’è una festa al di là della nostra galassia non siamo stati invitati e per adesso l’universo è un posto ostile, in cui è molto facile perdere la ragione.

L’ambizione di Gray e del suo co-sceneggiatore Ethan Gross era di avvicinarsi alle atmosfere cariche di inquietudine di Cuore di tenebra, il romanzo di Joseph Conrad che negli anni ‘70 ha ispirato Apocalypse Now.

Un figlio alla ricerca del padre

In un futuro non troppo lontano, dove la Luna pullula di pirati e Marte è stato colonizzato con successo, la vita sulla Terra è minacciata da misteriose tempeste elettromagnetiche provenienti dai dintorni di Nettuno. Con massimo sgomento della NASA stessa, pare che la responsabile sia l’astronave della missione Lima, partita sedici anni prima con a capo il comandante Clifford McBride (Tommy Lee Jones) per cercare forme di vita intelligenti nell’universo e data per dispersa. A risolvere questo mistero sarà il figlio Roy (Brad Pitt), anche lui astronauta, incaricato dai suoi superiori di inviare un messaggio al padre e scoprire finalmente cosa ne è stato dell’equipaggio. Il sospetto è che Clifford abbia compromesso la sicurezza della missione, rifiutandosi di tornare sulla Terra e arrivando addirittura a sequestrare l’intera nave pur di non ammettere il fallimento. Testardo quanto il padre, Roy non si accontenta del ruolo di messaggero e decide di spingersi ai confini del sistema solare pur di ritrovarlo. Nel cast, oltre ai protagonisti Brad Pitt e Tommy Lee Jones, ci sono anche Liv Tyler (Eve, la moglie di Roy), Ruth Negga (Helen Lantos, figlia di due astronauti della missione Lima) e Donald Sutherland (Thomas Pruitt, un vecchio compagno di Clifford).

Quattro mesi di discussioni

Ad Astra è uno space-thriller dal tocco freudiano, il cui pessimismo è stato tenuto a freno dall’intervento della sua superstar. La prima sceneggiatura aveva toni ancora più cupi, ispirati da una lunga riflessione sulla tendenza a puntare alle stelle come via di fuga dalla realtà e dalla letteratura scientifica degli anni ’50. Gray è rimasto particolarmente affascinato dalle teorie di Enrico Fermi, il premio Nobel per la fisica che pose la domanda: «Se l’Universo e la nostra galassia pullulano di civiltà sviluppate, dove sono tutte quante?». Tra le numerose soluzioni avanzate, quelle che più hanno colpito l’immaginazione di Gray sono le più tristi, ma per nostra fortuna Brad Pitt l’ha convinto a non maltrattare il pubblico con un finale eccessivamente deprimente. Ci sono voluti quattro mesi di intense discussioni e compromessi, ma alla fine Gray ha capitolato, togliendosi però la soddisfazione di accennare al finale che avrebbe voluto. Volete un indizio? Secondo Gray, per capire tutto basta chiudere gli occhi prima degli ultimi 50 secondi del film.