18/02/2022

Trend moda, la plastica è out

Laura Frigerio
A cura di Laura Frigerio
Pubblicato il 18/02/2022 Aggiornato il 16/03/2022

Il nostro guardaroba potrebbe essere meno ecologico di quanto possiamo pensare. Ecco qualche suggerimento per eliminare ogni residuo di plastica (e non solo) abbracciando delle scelte totalmente green

moda plastic free

Per anni abbiamo abusato di un materiale altamente inquinante come la plastica e purtroppo solo oggi ci siamo resi conto delle conseguenze, piuttosto serie.

Se si continua con le cattive abitudini la situazione potrebbe peggiorare e questo riguarda ogni parte del mondo e ogni cittadino: la plastica è dannosa per l’ambiente ma anche per la nostra salute.

A sottolinearlo è una recente ricerca elaborata da dall’Università di New York (e pubblicata sulla rivista Environmental Pollution), che ha dimostrato il legame tra alcuni decessi prematuri e l’esposizione agli ftalati (composti chimici impiegati soprattutto per la produzione del PVC).

Attenzione alle fibre sintetiche

Probabilmente le fashion addicted più green avranno già eliminato o almeno diminuito gli accessori di plastica, ma è importante sapere che quest’ultima la si può trovare anche in alcuni tessuti. A svelarcelo è uno studio pubblicato dalla BBC, secondo il quale un capo su due è composto da plastica: il 49% dei 10000 prodotti presi in esame, infatti, risulta interamente realizzato in poliestere, acrilico, nylon ed elastan. Si tratta di fibre sintetiche economiche e durevoli molto utilizzate, ma che richiedono enormi quantità di energia per essere prodotte e contribuiscono in maniera significativa al rilascio di microplastiche nell’acqua, nell’aria e, di conseguenza, anche nell’organismo umano.

La prestigiosa rivista Nature, infatti, ha scritto di quanto l’uso del poliestere dalle aziende del settore abbigliamento abbia contribuito all’alta concentrazione di particelle di microplastiche nell’Oceano Artico (si parla di 40 per metro cubo, quindi parecchie).

L’incidenza della “throw away culture”

A peggiorare la situazione ci pensa la “throw away culture” che incentiva il famoso “usa e getta” ed è legato strettamente alla crescita delle catene del fast fashion. In sostanza oggi si tende, per poter sfoggiare sempre qualcosa di nuovo, ad acquistare capi che costano meno (prodotti in primis con fibre sintetiche) per poterli buttare senza pensieri al primo segno di usura. Peccato che i tempi di smaltimento di questi tessuti siano decisamente poco “fast”, senza parlare del fatto che anche il loro lavaggio (quando vengono ancora usati) inquina e non poco. Secondo uno studio svolto da alcuni ricercatori dell’Università della California (pubblicato nel 2020), sono ben 167 mila le tonnellate di fibre plastiche che vengono riversate nei mari come conseguenza dei lavaggi di abiti a mano o in lavatrice.

Quindi che fare? La rivista National Geographic consiglia di non superare la temperatura di 30° e privilegiare il detersivo liquido, poiché quello in polvere ha un effetto abrasivo sulle fibre. E poi perché non tornare alle sane abitudini delle nostre mamme e nonne che preferivano acquistare meno abiti, ma di più alta qualità?

Quali materiali scegliere

Viene quindi spontaneo pensare che la soluzione possa essere scegliere vestiti e accessori in plastica riciclata. Però il Financial Times ci mette in guardia: i danni potrebbero essere maggiori. Il motivo? Per i capi d’abbigliamento, non c’è modo di riciclare nuovamente la plastica e termina così il suo ciclo di vita, senza parlare del fatto che le microplastiche verrebbero comunque rilasciate durante la produzione, il lavaggio e lo smaltimento delle fibre sintetiche. La rivista scientifica Popular Science individua un altro falso mito: i materiali in PU, meglio noti come “finta pelle” non sono per nulla eco, in quanto realizzati con polimeri termoplastici o PVC, che per la loro produzione richiedono grandi quantità di energia, acqua e prodotti chimici.

Quindi cosa fare se si vuole un guardaroba plastic free? Scegliere materiali come la juta, in grado di assorbire 15 tonnellate di anidride carbonica rilasciandone 11 di ossigeno in una sola stagione, aiutando a pulire l’aria.
C’è poi la pelle, realizzata a partire da prodotti di scarto, che si inserisce all’interno di un’economia di riciclo. L’importante è che sia meta-free.
E ancora: il lino, un materiale comodo, versatile e soprattutto biodegradabile composto per il 70% da cellulosa; il cupro (indicato da El País come uno dei materiali di tendenza per la prossima stagione), realizzato con materie prime riciclate come il cotone; il lyocell, una fibra tessile estratta dalla cellulosa della pianta di eucalipto.
Sapete poi che anche la canna da zucchero viene usata per i vestiti e ora anche per le mascherine? Invece (come riporta la versione inglese di Fashion United) una startup finlandese è riuscita a realizzare scarpe da tennis utilizzando i fondi del caffè (gni paio è composto da 21 tazze).
Inoltre i ricercatori della Penn State University sono riusciti a scoprire l’enorme potenziale dei denti di seppia che, grazie alle proteine che la compongono, risulta molto simile alla seta. Lo sapevate poi che con le foglie di loro si ricavano dei capi idrorepellenti?
Infine, come ricorda il Financial Times, molti stilisti stanno tornando alle origini utilizzando coloranti vegetali per tingere i tessuti, così come si faceva fino a metà del XIX secolo. Un metodo decisamente meno inquinante.