Breaking: Alessandra Chillemi si racconta
La campionessa italiana, innamorandosi da bambina di questo stile di ballo, ha affrontato un mondo maschile, talvolta ostile e sprezzante: ma passione e grinta sono state più forti
Nell’anno in cui il breaking, che il grande pubblico conosce come “break dance”, arriverà alle Olimpiadi di Parigi, la campionessa italiana Alessandra Chillemi si racconta in una videointervista per la serie “Zeta”, che è online sui siti di RedBull ed Eurosport e che approfondisce sogni, paure, vittorie e difficoltà di un gruppo di atleti della “generazione zeta”: famosi, pluripremiati, applauditi, ma pur sempre ragazzi di vent’anni con le speranze e le delusioni di tutti i loro coetanei.
Ecco le confidenze e i passaggi salienti del racconto della venticinquenne b-girl (così si chiamano le praticanti di questo stile di ballo).
Alessandrina ha scoperto il breaking all’età di 6 anni: da allora, con determinazione, ne ha fatto non solo la passione di una vita ma anche una professione.
Una grintosa “underdog”
Bambina (prima) e ragazza (poi) in uno sport prettamente maschile, la campionessa non nasconde le difficoltà incontrate, di fronte alle quali ha sempre voluto far vedere a tutti che, su quella strada, avrebbe avuto un futuro. E ha mantenuto la parola, cominciando presto a segnalarsi, a vincere, a battere ragazzi più grandi che “si arrabbiavano” di fronte a quella “underdog” tanto dotata. Fra i vecchi video disseminati nell’intervista, ce ne sono alcuni con un’Alessandrina piccolissima, in età scolare, che esegue passi, gesti ed evoluzioni di breaking con una grinta, una scioltezza e una predisposizione naturale davvero sorprendenti. La b-girl racconta di averne “sentite di tutti i colori”, proprio in quanto femmina: ne è stata ferita ma non limitata, anzi, già dall’infanzia voleva dimostrare che una bambina poteva fare tanto.
Percorsi controcorrente
Così, oltre alla break dance, ha affrontato anche un altro percorso controcorrente: timida e insicura, ha deciso che voleva fare l’arbitro di calcio e ci è riuscita. A Messina, sua città natale, era l’unica donna: per questo è stato ancora più difficile gestire 22 ragazzi (più quelli in panchina). Ma tutte le esperienze l’hanno forgiata e ha avuto sempre un fan speciale, il nonno, con il quale aveva un rapporto bellissimo e che le trasmetteva sempre forti energie. Al Mondiale del 2019 la campionessa ricorda di essere arrivata dopo un incidente, ma con l’incoraggiamento del nonno (“spacca tutto”), che è deceduto poco dopo la sua partenza: un ulteriore incitamento, per lei, a non fermarsi, a combattere e a mettersi in evidenza per lui.
Un mezzo di comunicazione
Il fil rouge che emerge in tutto il racconto di Alessandrina è quanto per lei il breaking sia un mezzo di comunicazione, di condivisione e di gioia: quando gareggia, quando affronta le sfide, sorride sempre perché la sua voglia di vivere esplode e perché si diverte. Per lei questo sport è un gioco, come lo era da bambina, quando le coetanee giocavano con le bambole e lei imitava di nascosto i passi di break dance che vedeva eseguire ai suoi vicini di casa.
Ti potrebbe interessare anche:
- Sport e “state of mind”, un legame inscindibile
- Glutei: push up training con le cavigliere
- Metafit: prova un nuovo training tonificante e bruciagrassi
- Pilates: via la cervicalgia con la palla morbida
- Yoga per modellare le braccia