25/09/2018

Glutine e intolleranze: serve davvero mangiare gluten free?

Simona Lovati
A cura di Simona Lovati
Pubblicato il 25/09/2018 Aggiornato il 25/09/2018

Troppo spesso demonizzato ed eliminato dalla dieta, il glutine in realtà non è dannoso per il nostro benessere, a meno che non si soffra di celiachia o gluten sensitivity. Facciamo chiarezza con l’aiuto di un esperto

glutine

Il glutine è sempre più spesso sotto accusa. Ma cos’è e perché sempre più spesso si ricorre a un’alimentazione “gluten free”? Lo abbiamo chiesto al professor Luca Piretta, gastroenterologo nutrizionista e docente dell’Università Campus Biomedico a Roma.

Nelle farine e come addensante

Quello che comunemente viene definito glutine in realtà, così come tale negli alimenti non esiste. Questa sostanza è il risultato dell’unione della proteina vegetale gliadina (presente in frumento, orzo, farro e segale) con altre proteine e acqua durante l’impasto delle farine. Nell’industria alimentare è usato come addensante, per la sua  elasticità e viscosità che dà consistenza agli alimenti.

Il problema celiachia

La celiachia, la forme più grave e scientificamente provata di intolleranza al glutine, si sviluppa in persone geneticamente predisposte soprattutto quando ci sono disfunzioni gastro-intestinali, stress, assunzione di antibiotici, un microbiota intestinale alterato oppure  malattie immunitarie. Nei celiaci, che nel nostro paese sono l’1 % della popolazione, l’assunzione di glutine dà origine alla formazione di alcuni anticorpi che vanno a distruggere progressivamente i villi intestinali: in questo modo l’organismo non riesce più ad assorbire alcuni nutrienti.

I sintomi da non trascurare

Non è detto che la celiachia si manifesti fin da bambini. Tutt’altro. Spesso la malattia fa il suo esordio più avanti negli anni e i sintomi non si limitano alle difficoltà digestive (diarrea, gonfiore, dolori addominali): si possono presentare anche mal di testa, prurito e stanchezza cronica, meno riconoscibili. Per accertarsi di soffrirne è necessario sottoporsi a un esame del sangue ricercando particolari anticorpi. Se il risultato del test, che ha un’attendibilità pari al 95 %,  è positivo si esegue come controprova una gastroscopia con biopsia per analizzare un campione del tessuto intestinale.

Work in progress

Esistono poi soggetti che soffrono di ipersensibilità ai cereali contenenti glutine, la cosiddetta “gluten sensitivity”. Una condizione più frequente rispetto alla celiachia (ne soffre il 5% della popolazione italiana) e che non coinvolge il sistema immunitario. Gli studi su questo disturbo sono ancora in corso: non si è nemmeno certi che il fattore scatenante sia proprio il glutine. Quel che è certo è che le persone coinvolte hanno una risposta anomala all’ingestione dei cereali che contengono questa proteina. In questo caso, una volta esclusa la celiachia (e in attesa che vengano messi a disposizioni dei markers diagnostici sicuri che rilevino l’ipersensibilità al glutine) l’unico modo di capire se si soffre di gluten sensitivity è quella di sospendere l’assunzione del glutine e valutare se i sintomi scompaiono e se successivamente ricompaiono  quando questo si reintroduce.

Senza glutine per tutti?

Assolutamente no. Non c’è nessun vantaggio dal punto di vista della salute: nonostante questo il 20 % degli italiani segue una dieta priva di glutine senza un reale motivo, se non seguendo mode e fake news.

L’alternativa

Chi ha problemi di celiachia o di ipersensibilità oltre a scegliere gli alimenti gluten free, ormai sempre più comuni, può sostituire il comune frumento e le altre farine che contengono glutine  con altri cereali o pseudo cereali che ne sono naturalmente privi. Tra questi, riso, mais, quinoa, amaranto, miglio, sorgo, grano saraceno.