Caffè: berlo abitualmente fa bene anche al cuore
La scienza conferma che la caffeina, assunta abitualmente in quantità moderate, protegge le arterie e stimola il metabolismo. E pure il cervello ringrazia
Il piacere del caffè, preparato con moka, espresso e filtri (non per bollitura, che estrae sostanze che aumentano i livelli di colesterolo nel sangue), non deve essere precluso a chi soffre di ipertensione, malattie cardiovascolari e diabete. Un parere favorevole emerge da ricerche condotte nel mondo tra il 2010 e il 2016.
A dosi moderate, pari a 3-4 tazzine al giorno, il caffè filtrato si conferma non solo una bevanda sicura, ma anche positiva per la salute.
Tra gli ipertesi consumatori non abituali è emerso, in uno studio, un aumento transitorio (3 ore) della pressione dopo l’ingestione di caffeina, ma tale aumento non si osserva tra i consumatori abituali.
Pressione sotto controllo
La caffeina, una volta raggiunte le piccole arterie renali, blocca un tipo di recettori che, se stimolati, interferiscono con il buon funzionamento degli organi vitali. Ecco perché il caffè migliora la diuresi e l’eliminazione del sodio, con un effetto positivo sula pressione. Da non dimenticare, inoltre, l’azione positiva esercitata sull’elasticità dei vasi, grazie al maggior rilascio e alla maggiore emivita dell’ossido nitrico, molecola ad azione vasodilatante.
Protegge anche dal diabete
Per quanto riguarda lo sviluppo di diabete di tipo 2, i risultati sono tutti a favore del consumo di caffè, con o senza caffeina.
Secondo gli studi, i mediatori di questo effetto protettivo sono i polifenoli: acidi clorogenici, chinidine, lignani, trigonelline. Tutti migliorano la sensibilità all’insulina e inducono un aumento dell’adiponectina, ormone che riduce la resistenza all’insulina. Inoltre i polifenoli del caffè rallentano l’assorbimento degli zuccheri e aumentano il rilascio di GLP-1 (glucagon-like peptide-1), un altro ormone deputato al controllo del metabolismo glucidico e con effetto protettivo sulle cellule beta del pancreas.
Ma in consumo deve essere abituale
Limitazioni o divieti non hanno quindi ragione d’essere, neppure per chi soffre di malattie cardiovascolari o diabete. L’unica cautela va riservata a un consumo, anche ridotto, da parte di soggetti ad alto rischio di infarto: in questo caso l’assenza di abitudine all’assunzione è un fattore di rischio.
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