Piedi impeccabili: le soluzioni (sempre meno invasive) per l’alluce valgo
Se sull’alluce noti una sporgenza verso l’interno più o meno dolorosa è il momento di intervenire. L’ortopedico ci spiega di cosa si tratta e cosa si può fare
Non è solo una questione estetica, anche se la stagione estiva che ci invita a scoprire il piede con sandali e infradito non è certo d’aiuto. L’alluce valgo è un’alterazione strutturale del piede che evolve deviando l’alluce formando un rigonfiamento dal dolore più o meno intenso a seconda dell’entità del problema. «L’alluce valgo è conseguenza di una predisposizione dovuta alle caratteristiche del piede. Le donne sono le più colpite perché hanno una maggiore tendenza ai piedi piatti, cioè una malformazione dell’appoggio della volta plantare al suolo. Senza dimenticare che indossando calzature dalla punta stretta e troppo compressiva tollerano meno il disturbo», spiega il dottor Fabrizio De Marchi, responsabile dell’Unità Operativa di Ortopedia II all’Istituto Clinico Villa Aprica di Como (Gruppo San Donato).
Per non peggiorare
La gravità del problema dipende da quanto l’alluce è deviato, anche se i sintomi variano da persona a persona e dalla forma del piede e non solo dall’entità della deviazione: se il piede è pronato, cioè il calcagno è deviato verso l’esterno (valgo) e la volta tende ad appiattirsi e ad appoggiarsi verso l’interno, si può inserire un plantare ortopedico nella scarpa per evitare il peggioramento.
Sempre per questo scopo, ci sono tutori e protezioni che permettono anche una riduzione dei disturbi. Quando però il valgismo dell’alluce è già comparso, il trattamento è chirurgico.
L’uso di tutori e protezioni non porta alla soluzione del problema, ma solo a una riduzione dei disturbi o a un rallentamento del peggioramento progressivo, che è inevitabile.
La chirurgia
L’intervento chirurgico si chiama osteotomia – ne esistono diverse tecniche, circa 400 – che in generale consiste nel tagliare il primo metatarso dell’alluce deviato, correggendone la posizione e spostandone la parte terminale (testa) verso l’interno. Prima di sottoporsi all’operazione, se non ci sono patologie particolari in atto, occorre eseguire alcuni accertamenti di routine: una radiografia in carico per valutare l’entità della deformità e di quanto occorre spostare la testa del metatarso, un elettrocardiogramma ed esami del sangue per potere praticare un’anestesia periferica, in genere dal ginocchio in giù. Di norma l’intervento è in day surgery o con il ricovero di una notte. Il metodo utilizzato può essere a cielo aperto, tramite incisione nella parte interna del piede, oppure mini invasivo per mezzo di un taglio più piccolo nel quale viene introdotta una speciale sega che taglia l’osso. La testa del metatarsale viene dislocata quanto serve, si può poi fissare con viti o fili metallici o con materiali riassorbibili. I tempi di guarigione dipendono dalla capacità e velocità dell’osso di consolidarsi.
Dopo l’intervento
«Dopo l’operazione si indossa un’apposita calzatura per un mese, in seguito una scarpa comoda e mano a mano si ritorna alle normali attività. È comunque fondamentale iniziare al momento giusto, su consiglio del chirurgo, a muovere il piede e l’alluce, perché la complicanza più frequente è proprio una rigidità del dito che causa fastidio nell’uso di calzature più strette o con tacco», conclude De Marchi.
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